Condannato il pedone imprudente che impatta contro una bici in corsa irrilevante l’avere anche egli riportato un’ecchimosi ad una gamba.
Scenario dell’episodio è una strada cittadina, in zona residenziale, nelle Marche. Una donna, attraversando di fretta la strada, ha urtato una bicicletta in corsa. A seguito dell’impatto ha riportato un’ecchimosi ad una gamba mentre la ciclista ha subito lesioni gravi quali la frattura scomposta del collo e della testa dell’omero destro. Tale condotta è stata ritenuta penalmente rilevante sia in primo che in secondo grado. La donna veniva infatti condannata per il reato di lesioni personali stradali. Nello specifico, le viene addebitato di «avere attraversato la carreggiata, a senso unico di marcia, con passo svelto e senza prestare la dovuta attenzione » e di avere perciò « impattato contro la donna che procedeva in bicicletta – proveniente da destra –, determinandone la caduta a terra» e causandole lesioni gravi . Con ricorso per cassazione però, la difesa sosteneva che non si poteva «ascrivere la colpa esclusiva dell’incidente» alla ricorrente alla luce della «descrizione della dinamica dell'incidente» e tenendo presente che «non è in sé una circostanza imprevedibile» il fatto che «un pedone possa attraversare una strada in una zona residenziale, con presenza di locali, all’ora di pranzo». Inoltre, lamentava « il mancato riconoscimento del concorso di colpa della persona offesa nella causazione dell’incidente» . Tali osservazioni non convincono i magistrati di Cassazione, i quali confermano in via definitiva la condanna per il reato di lesioni personali stradali. Nessun dubbio, difatti, sulla dinamica dell’incidente stradale, anche alla luce delle «attendibili e precise dichiarazioni rese dalla persona offesa e da un teste oculare». In sostanza, si è appurato che la donna « non ha prestato la dovuta e prescritta attenzione nell’attraversare la strada, finendo per travolgere la ciclista, la quale procedeva regolarmente e tenendo la destra, così determinandone la caduta proprio sul margine destro della carreggiata ». Impossibile infine, «ascrivere alla persona offesa la responsabilità dell’accaduto» e, in questa ottica, non ha «alcuna significatività probante la modica ecchimosi alla gamba sinistra riportata nello scontro dalla donna», chiosano i magistrati.
Presidente Di Salvo - Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Ancona, parzialmente riformando in punto di pena la sentenza resa il 22 marzo 2022 dal Tribunale di Pesaro nei confronti di G.L., per averle riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, ha confermato la dichiarazione di colpevolezza dell'imputata per il reato di cui all' articolo 590-bis cod. penumero - altresì condannandola alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile - perché attraversando la carreggiata, a senso unico di marcia, con passo svelto e senza prestare la dovuta attenzione, impattava contro Panfili Liana che procedeva in bicicletta proveniente da destra, determinandone la caduta a terra e lesioni gravi, consistite nella frattura scomposta del collo e della testa dell'omero destro. 2. Avverso la sentenza di appello ricorre l'imputata a mezzo del difensore che solleva due motivi. 2.1. Con il primo motivo, deduce violazione degli articolo 46 e 190 d.lgs. 30 aprile 1992, numero 285 e degli articolo 1227 e 2054 cod. civ. Il Giudice di secondo grado non avrebbe fatto buon uso degli insegnamenti della Corte Suprema perché, pur precisando alcuni elementi di fatto, ascrive la colpa esclusiva del sinistro all'imputata, in aperto contrasto con la descrizione della dinamica del fatto. Che un pedone possa attraversare una strada in una zona residenziale, con presenza di locali, all'ora di pranzo, non è in sé una circostanza imprevedibile. 2.2. Con il secondo motivo deduce motivazione carente e contraddittoria in relazione al mancato riconoscimento del concorso di colpa della persona offesa nella causazione del sinistro, nonché il travisamento della prova. Dopo aver richiamato la ricostruzione della dinamica del sinistro operata dal testimone B., il difensore sostiene che la sentenza non dia conto di quanto dallo stesso riportato. Lamenta poi che siano state ritenute affidabili le dichiarazioni della parte civile e del teste B., senza dare valore alle dichiarazioni dell'imputata e di suo padre. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Oltre ad essere manifestamente infondate, le due doglianze in cui esso si articola sono meramente oppositive e generiche, in quanto reiterative di censure cui la Corte territoriale ha fornito adeguata risposta. Le stesse, inoltre, non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, poiché investono profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in Cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudice e delle ragioni della decisione. Deve poi ricordarsi che la ricostruzione di un incidente stradale, nella sua dinamica e nella sua eziologia, è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione Sez. 4, numero 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679 . Tanto premesso, con motivazione immune da alcuna censura, la Corte territoriale, dopo essersi diffusamente spesa sulle ragioni per le quali ha ritenuto ampiamente attendibili le precise dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal teste oculare B., ha ricordato come sia emerso che l'imputata non avesse prestato la dovuta e prescritta attenzione nell'attraversare la strada, finendo per travolgere la Panfili, la quale procedeva regolarmente, tenendo la destra, così determinandone la caduta proprio sul margine destro della carreggiata. Ha adeguatamente illustrato le ragioni per le quali le dichiarazioni rese dal padre dell'imputata sono apparse non credibili e, per certi versi, illogiche alla medesima stregua in cui ha reputato non credibile l'imputata. Ha poi congruamente disatteso le circostanze di fatto, reintrodotte anche con il presente ricorso e volte ad ascrivere alla persona offesa la responsabilità dell'accaduto p. 8 . Ha motivatamente escluso alcuna significatività probante alla modica ecchimosi alla gamba sinistra riportata dall'imputata nello scontro. 3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.