I presupposti delle misure cautelari o protettive atipiche

Per la concessione di misure cautelari ovvero protettive atipiche, deve sussistere la «proporzionalità tra il tasso di utilità della misura specificamente richiesta rispetto alla soluzione della crisi ipotizzata e il sacrificio richiesto al creditore o al terzo attinto dalla misura».

Il fatto processuale In pendenza della procedura di concordato preventivo , una società richiedeva al Tribunale di Arezzo i la conferma di misure protettive tipiche ai sensi dell'   articolo 54, comma 2, primo e secondo periodo, CCII , ii la disposizione di un provvedimento di divieto ai sensi dell'articolo 94- bis , comma 2, CCII di sospensione o scioglimento dei contratti essenziali necessari per la continuazione della gestione corrente dell'impresa, nonché iii le misure cautelari quali previste dall' articolo 54, comma 1 e 2, terzo periodo, CCII volte alla inibizione di ogni iniziativa giudiziale o stragiudiziale finalizzata allo scioglimento di contratti di locazione, di affitto di azienda e di licenza di marchi. Il decreto Il Tribunale di Arezzo accoglieva l'istanza avente ad oggetto le misure protettive tipiche precisando che si trattava di un rinnovo di adozione delle stesse e non già di una conferma tenuto conto che le stesse fossero già state confermate e prorogate precedentemente, rinnovo consentito dall' articolo 8 CCII . Quanto alle altre richieste, il Giudice dava atto di aver raccolto un parere dei Commissari giudiziali che davano in particolare atto di aver riscontrato «un importante disallineamento tra l'andamento della continuità aziendale e le previsioni di piano » indicando che «le cause dello scostamento [fossero] da imputarsi alla contabilizzazione di ricavi nettamente inferiori rispetto a quelli previsti […] ai quali non [era] corrisposta una riduzione di costi nella stessa misura». Risultavano inoltre essere incrementati sia i debiti commerciali che quelli tributari. La società riferiva che quanto evidenziato dall'organo commissariale fosse imputabile a fattori temporanei e in fase di superamento e quanto al riscontrato incremento dell'esposizione verso l'Erario di non aver versato l'IVA in quanto importo eccedente la soglia fissata per gli atti di ordinaria amministrazione. Il Giudice, malgrado quanto rilevato dall'organo commissariale, riteneva «la prospettiva di risanamento non […] irrimediabilmente perduta e quindi lo scenario concordatario [di] maggiore appetibilità rispetto a qualsiasi altro sbocco della crisi d'impresa», tuttavia disponendo che si tenessero con cadenza almeno mensile, «tendenzialmente qualche giorno prima rispetto alla scadenza del termine per il deposito della relazione informativa periodica da parte dell'impresa, […] incontri tra i professionisti […] e i commissari al fine di esaminare i punti più delicati e potenzialmente critici per il successo dello strumento di regolazione della crisi». Quanto al pagamento dei debiti tributari nel corso della continuità aziendale, il Giudice precisava e disponeva che andasse tempestivamente eseguito dalla ricorrente anche nel caso di superamento della soglia degli atti di ordinaria amministrazione fissata dal Tribunale , stante l'ordinarietà degli atti di pagamento di imposte e tasse, semmai funzionali al buon andamento dello strumento in quanto impeditivi della formazione di oneri aggiuntivi in termini di interessi e sanzioni. Con riferimento alla richiesta di emanazione di un provvedimento di divieto di sospensione o scioglimento di contratti essenziali, il Giudice ne rilevava l'inammissibilità «poiché rivolta alla generalità dei creditori quando, invece, l'articolo 94- bis , comma 2, CCII àncora la misura ai soli «contratti essenziali». La ricorrente, invero, non aveva indicato i rapporti contrattuali coinvolti, né argomentato «alcunché in punto di essenzialità dei contratti medesimi, impedendo così qualsiasi concreto vaglio giurisdizionale di merito». Quanto, infine, alla richiesta di misure cautelari ovvero protettive atipiche tese a «sterilizzare tutti i diritti di autotutela negoziale e di tutela giurisdizionale delle controparti in una serie numerosa di contratti locazione finanziaria, licenza, affitto di azienda e locazione per l'intera durata della procedura di concordato preventivo», il Giudice preliminarmente precisava che dovesse sussistere la « proporzionalità tra il tasso di utilità della misura specificamente richiesta rispetto alla soluzione della crisi ipotizzata e il sacrificio richiesto al creditore o al terzo attinto dalla misura». Nel caso specifico, il Giudice rilevava la carenza del “ nesso di strumentalità ” tra la misura richiesta ed il piano di continuità aziendale presentato, laddove la ricorrente prospettava di voler proseguire con l'esecuzione dei contratti e, quindi, si impegnava a riconoscere i corrispettivi alle controparti contrattuali. Per il Giudice, «la totale sterilizzazione della possibilità in capo all'altro contraente di sciogliersi dal rapporto contrattuale o di richiedere la riconsegna di beni, […] si tradurrebbe in una sorta di “ licenza ” in capo all'imprenditore in concordato di non pagare più il canone/prezzo previsto senza correre alcun rischio ». Pertanto, il presupposto della strumentalità era carente, avuto riguardo all'assoluta genericità della richiesta rivolta contro tutte le controparti contrattuali e quindi «finalizzata platealmente a ottenere una specie di “scudo protettivo” rispetto a qualsivoglia legittima iniziativa da parte dell'altro contraente». Difettava, altresì, il presupposto della proporzionalità tra il sacrificio imposto ai contraenti in bonis «in assenza di un'adeguata spiegazione e di coerenza rispetto all'obiettivo di risanamento». Ne deriva che la richiesta delle misure cautelari o atipiche veniva rigettata per carenza dei presupposti.

Giudice Pani Fatto e diritto 1. Giova preliminarmente ricordare qual è il perimetro entro il quale questo giudicante è chiamato a pronunciarsi. Con la memoria del 11.11.2024 successiva al deposito della proposta e del piano e del conseguente provvedimento di apertura del concordato preventivo a norma dell' articolo 47 CCII , la ricorrente ha chiesto 1. la conferma delle misure protettive c.d. tipiche articolo 54, comma 2, primo e secondo periodo, CCII 2. l'applicazione del divieto previsto dall' articolo 94-bis, comma 2, CCII , che così recita «fermo quanto previsto dal comma 1, i creditori interessati dalle misure protettive concesse ai sensi dell'articolo 54, comma 2, non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti essenziali in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo in continuità aziendale. Sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell'impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell'attività del debitore» infine, la concessione di misure cautelari o protettive c.d. atipiche articolo 54, comma 1 e 2, terzo periodo, CCII consistenti a. nell'inibizione da ogni iniziativa stragiudiziale o giudiziale volta allo scioglimento per qualsivoglia titolo contrattuale o legale in relazione a tutti i contratti di locazione o affitto d'azienda o di licenza di utilizzo marchio connessi ai punti vendita gestiti dalla ricorrente meglio dettagliati nella memoria b. nell'inibizione da ogni iniziativa stragiudiziale o giudiziale volta allo scioglimento per qualsivoglia titolo contrattuale o legale oltre all'inibizione di ogni azione volta alla riconsegna di beni in relazione ai contratti di locazione finanziaria in essere meglio dettagliati nella memoria . 2. Come già chiarito nel provvedimento del 13.11.2024, la richiesta sub l va piuttosto riqualificata come istanza di rinnovo delle misure protettive. Ed infatti, le misure protettive c.d. tipiche di cui all' articolo 54, comma 2, primo e secondo periodo, CCII erano già state chieste nel ricorso ex art . 44 CCII e oggetto di conferma da parte del giudice designato con provvedimento del 1.2.2024, per poi essere prorogate di 60 giorni con provvedimento del 28.3.2024. Successivamente non erano state ulteriormente prorogate, e quindi deve ritenersi che, allo stato, tali misure non siano più attive e che per l'appunto la richiesta della ricorrente sia piuttosto volta a determinarne il rinnovo, come del resto consentito dalla legge art . 8 CCII «la durata complessiva delle misure protettive, fino alla omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza o alla apertura della procedura di insolvenza, non può superare il periodo, anche non continuativo, di dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe, tenuto conto delle misure protettive di cui all'articolo 18» . Ciò posto, questo giudicante ha acquisito il parere dei commissari giudiziali, dando poi modo alla ricorrente di prendere posizione sui molteplici profili critici sollevati. In estrema sintesi, l'organo commissariale ha riscontrato un importante disallineamento tra l'andamento della continuità aziendale e le previsioni di piano si riporta un passaggio significativo del parere «le cause dello scostamento sono da imputarsi alla contabilizzazione di ricavi nettamente inferiori rispetto a quelli previsti si registra il - 13% , ai quali non è corrisposta una riduzione di costi nella stessa misura si registrato una riduzione del 3% pari a -133 . Nel Piano la società aveva previsto una contrazione di ricavi durante i mesi estivi, tuttavia, essa risulta sottostimata rispetto ai valori effettivamente contabilizzati - al 30.09.2024 i ricavi stimati ammontano a 4.670K mentre quelli effettivi ammontano a 4.058K -cosicché gli scostamenti cumulati, nei primi mesi contenuti in valore assoluto ed agilmente recuperabili, hanno subito un repentino incremento sino a giungere al 30.09.2024, ad una differenza, come già detto, pari a -61lK» . I commissari hanno altresì segnalato un incremento dei debiti commerciali stimati in -90K e rilevati contabilmente per -392K e del pari un incremento dei debiti tributari stimati in -77K e rilevati contabilmente per -324K . La società ricorrente non ha negato il momento di difficoltà, riconducendolo tuttavia, da un lato, a fattori temporanei e in fase di superamento soprattutto con riferimento ai punti vendita di Bologna e Milano e, dall'altro lato, alla necessità di assorbire appieno le novità organizzative e gestionali apportate dal nuovo management che ha prodotto una relazione illustrativa delle iniziative assunte e da assumere nel breve-medio periodo . Ha inoltre puntualizzato di essere in regola con gli adempimenti contributivi e di non aver pagato l'IVA solo perché di importo superiore alla soglia degli atti di ordinaria amministrazione, avendo in animo di avanzare un'apposita richiesta autorizzativa al Tribunale. Questo giudicante, anche alla luce di quanto emerso nel corso dell'udienza, ritiene che, nonostante l'andamento non buonissimo della continuità nella pendenza del concordato, non vi siano ragioni per negare il rinnovo delle misure protettive c.d. tipiche. Ed infatti, la prospettiva di risanamento non può ritenersi irrimediabilmente perduta e quindi lo scenario concordatario mantiene una maggiore appetibilità rispetto a qualsiasi altro sbocco della crisi d'impresa. Tenuto conto delle criticità che affliggono la continuità, tuttavia, è opportuno disporre che con cadenza almeno mensile, tendenzialmente qualche giorno prima rispetto alla scadenza del termine per il deposito della relazione informativa periodica da parte dell'impresa, siano organizzati incontri tra i professionisti che assistono omissis e i commissari al fine di esaminare i punti più delicati e potenzialmente critici per il successo dello strumento di regolazione della crisi. Inoltre, va chiarito che il pagamento dei debiti tributari che maturano nel corso della continuità aziendale deve essere eseguito dalla ricorrente anche nel caso in cui l'ammontare periodico cumulato al momento del versamento dovesse oltrepassare la soglia degli atti di ordinaria amministrazione fissata dal Tribunale. Ed infatti, il pagamento dei tributi deve ritenersi sempre e comunque di ordinaria amministrazione perché ovvia conseguenza di un obbligo di legge, ed anzi il tempestivo e completo pagamento è funzionale al buon andamento dello strumento poiché impedisce la formazione di oneri aggiuntivi in termini di interessi e sanzioni. In concreto, stando alla richiesta dell'impresa ricorrente, le misure oggetto di rinnovo sono le seguenti - il divieto per tutti i creditori di iniziare azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e sui beni o diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa - il divieto per tutti i creditori di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti - la sospensione delle prescrizioni e la non operatività delle decadenze - l'improcedibilità della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, laddove venisse per un qualche motivo presentata istanza da taluno di essi. Per il vero, il secondo effetto ad avviso dello scrivente non costituisce una misura protettiva in senso stretto. Ed infatti, ai sensi dell' articolo 46, ultimo comma, CCII , «i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l'autorizzazione prevista dai commi 1, 2 e 3». Il tenore letterale della norma lascia ritenere che trattasi di un effetto automatico e non semi­ automatico , e che dunque sia estraneo da conferma, proroga o rinnovo nel procedimento dettato dall' articolo 55 CCII che infatti richiama le sole «misure protettive» del comma 2 dell'articolo 54, che per l'appunto non contempla il blocco all'acquisizione di diritti prelazione , così come dal limite di durata di cui all' articolo 8 CCII . Ciò diversamente da quanto avviene nel contesto della composizione negoziata, là dove, invece, il blocco alla possibilità di acquisire diritti di prelazione rappresenta una misura protettiva a tutti gli effetti si veda infatti l' articolo 18, comma 3, CCII , come riformato dall'ultimo correttivo . Lo stesso automatismo, peraltro, caratterizza senz'altro anche altri effetti, come la deroga agli articolo 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, 2482-ter, 2484, numero 4, e 2545-duodecies c.c. articolo 44, comma 1-bis , nonché la sterilizzazione di alcuni diritti contrattuali articolo 94-bis, comma 1, sul quale si avrà modo di tornare nel proseguo . Potrebbe anche disquisirsi se costituisca stricto sensu una misura protettiva l'impedimento alla pronuncia della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, ricavandosi dal dettato normativo indicazioni non perfettamente coerenti. In senso affermativo militano indubbiamente i commi terzo e quarto dell'articolo 54, che richiamano qualificandole come «misure protettive» quelle previste dal comma 2, primo e secondo periodo, e dunque anche la non pronunciabilità della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, ma anche il comma terzo dell'articolo 55 «nel caso previsto dall'articolo 54, comma 2, primo e secondo periodo, il giudice, assunte, ove necessario, sommarie informazioni, conferma o revoca le misure protettive» . In senso contrario militano, invece, due dati letterali. Il primo è il nuovo terzo periodo del secondo comma dell'articolo 54, che non menziona il secondo periodo che per l'appunto contempla l'impedimento alla pronunciabilità della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale «il debitore, dopo il deposito della proposta, del piano o degli accordi unitamente alla documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3, può richiedere al tribunale, con successiva istanza, misure, anche diverse da quelle di cui al primo periodo. per evitare che determinate azioni o condotte di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fa.se delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza» . Il secondo è il primo comma dell'articolo 49, che così recita «il tribunale, definite le domande di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza eventualmente proposte, su ricorso di uno dei soggetti legittimati e accertati i presupposti dell'articolo 121, dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione giudiziale». Parrebbe comprendersi che la possibilità di pronunciare la sentenza non discende dalla cessazione delle misure protettive, ma dalla definizione evidentemente negativa della domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza, che ben può avvenire e anzi usualmente avviene dopo la scadenza del termine previsto dall' articolo 8 CCII , di talché fintantoché risulta pendente un procedimento unitario contenente una domanda volta all'apertura/omologa di uno strumento di regolazione della crisi, non sarebbe mai possibile aprire la liquidazione giudiziale, indipendentemente dalla pendenza o meno di misure protettive. A ciò si aggiunga un altro dato normativo non certo inequivoco, contenuto nell'ambito regolamentativo della composizione negoziata, vale a dire l' articolo 18, comma 4, CCII che così recita «dal giorno della pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive». Tale disposizione dischiude a due diverse interpretazioni quella secondo la quale l'impedimento alla pronuncia della sentenza è comunque correlato alla richiesta di misure protettive e non al puro e semplice fatto che è stata domandata la nomina dell'esperto come sostenuto già da questo Tribunale in una sentenza poi confermata dalla Corte d'Appello di Firenze e quella per cui, invece, l'impedimento discenderebbe in automatico dall'apertura della composizione negoziata e verrebbe meno solo con la fine della composizione stessa, anche se successiva alla scadenza delle misure protettive eventualmente richieste e con la sola eccezione discendente dalla revoca delle misure come se, in un certo qual modo, tale evento negativo giustificasse, ab externo, il venir meno dell'automatismo . Stante la possibilità di sostenere convincentemente entrambe le tesi, in un'ottica di maggior tutela dell'impresa richiedente, si ritiene opportuno in questa sede rinnovare espressamente la misura tesa a impedire non già la procedibilità in sé delle domande volte all'apertura della liquidazione giudiziale, come richiesto dalla ricorrente, quanto l'apertura della liquidazione giudiziale. Per quanto riguarda la durata, dato atto che la ricorrente ha già usufruito di una protezione pari a 135 giorni corrispondenti a 4 mesi e mezzo , tenuto conto del limite massimo di legge 12 mesi e considerato che la votazione dei creditori è prevista nella prima metà di aprile, sembra ragionevole rinnovare le misure per 6 mesi. 3. Passando alla richiesta sub 2 , questo giudicante ritiene di non doversi pronunciare avendo già provveduto il collegio in sede di fissazione dell'udienza dinanzi al giudice designato. Invero, il collegio ha dichiarato l'inammissibilità di tale richiesta poiché rivolta alla generalità dei creditori quando, invece, l' articolo 94-bù, comma 2, CCII àncora la misura ai soli «contratti essenziali». Insomma, benché la misura protettiva contemplata dal comma secondo dell'articolo 94-Ns sia chiaramente destinata a produrre effetti soltanto in alcuni specifici rapporti contrattuali quelle definiti essenziali , diversamente dalla misura prevista dal comma 1 della stessa disposizione che è invece di applicazione generalizzata e coinvolge tutti i creditori , la ricorrente non ha indicato quali sarebbero i rapporti contrattuali coinvolti, né evidentemente ha argomentato alcunché in punto di essenzialità dei contratti medesimi, impedendo così qualsiasi concreto vaglio giurisdizionale di merito. Sul punto preme a questo giudicante precisare che, se la misura di cui al comma 2 non può essere almeno allo stato concessa, invece trova già applicazione, e senza alcun bisogno di conferma, proroga o rinnovo, la misura prevista dal primo comma dello stesso articolo 94-Ns CCII . Tale disposizione, infatti, così recita «i creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al concordato in continuità aziendale, dell'emissione del decreto di apertura di cui all'articolo 47 oppure della richiesta o della concessione delle misure protettive o cautelari. Sono inefficaci eventuali patti contrari ». Il chiaro dettato normativo lascia intendere che tutti gli effetti ivi descritti trovano applicazione automatica, a prescindere, cioè, da un'apposita richiesta da parte del ricorrente e sfuggendo, quindi, da qualsivoglia procedimento di conferma, proroga o rinnovo. Va ulteriormente puntualizzata, però, qual è l'effettiva portata del comma in questione. Ed infatti, una lettura sbrigativa potrebbe indurre a ritenere che l'esercizio dell'ampio ventaglio di poteri di autotutela contrattuale da parte del contraente in bonis sia sterilizzato anche dall'omesso pagamento di crediti anteriori al deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, e ciò in quanto proprio la proposizione di tali domande ne impedisce ex lege il pagamento salvo che non sia autorizzato ai sensi dell' articolo 100 CCII . Sennonché, tale interpretazione non può che rivelarsi errata alla luce del secondo comma che, per l'appunto, prevede una disciplina ad hoc per l'ipotesi di inadempimento contrattuale antecedente alla proposizione del ricorso e dei relativi risvolti sui poteri di autotutela contrattuale. Ed infatti, è stabilito che l'esercizio dell'eccezione di inadempimento o dell'azione di risoluzione o comunque la modifica o l'anticipo di scadenza del contratto da parte del contraente in bonisper il caso di omesso pagamenti di debiti anteriori al deposito del ricorso debba essere inibito con apposito provvedimento giudiziale previa verifica dell'essenzialità del rapporto contrattuale che viene in interesse. Consegue a tutto ciò che il comma primo tutela il ricorrente dal solo rischio che il contraente in bonis utilizzi come movente la pura e semplice circostanza della presentazione di una domanda di concordato che , per così dire, confessa la situazione di crisi o insolvenza dell'imprenditore , ma non anche dal rischio che il medesimo contraente utilizzi come causa giustificatrice di uno dei poteri di autotutela contrattuale l'omesso pagamento di somme. 4. Può a questo punto passarsi alla richiesta sub 3 che, in linea generale, è volta a sterilizzare tutti i diritti di autotutela negoziale e di tutela giurisdizionale delle controparti in una serie numerosa di contratti locazione finanziaria, licenza, affitto di azienda e locazione per l'intera durata della procedura di concordato preventivo. Come preannunciato questa richiesta sicuramente esula dal novero delle misure protettive c.d. tipiche articolo 54, comma 2, primo e secondo periodo, CCII e può essere ricondotta o nell'ambito delle misure cautelari o nell'ambito delle misure protettive c.d. atipiche la cui cittadinanza nel nostro ordinamento , a fronte di iniziali dubbi avanzati da dottrina e giurisprudenza, è stata definitivamente sancita dall'ultimo correttivo al Codice ed infatti, il terzo periodo del richiamato secondo comma così recita «il debitore, dopo il deposito della proposta, del piano o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3, può richiedere al tribunale, con successi va istanza, misure, anche diverse da quelle di cui al primo periodo, per evitare che determinate azioni o condotte di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza» . Orbene, le definizioni delle misure protettive e cautelari sono entrambe contenute nell'articolo 2 del Codice della crisi e presentano degli indubbi punti di contatto. Infatti, il Codice così come modificato dal recente correttivo definisce misure protettive «le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza» lettera p e alla lettera successiva q definisce invece le misure cautelari come segue «i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e delle procedure di insolvenza e l'attuazione delle relative decisioni». Se è certamente agevole individuare il tratto che accomuna le misure, vale a dire la finalità alla quale esse sono orientate, che è quella di preservare il buon esito degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza anche se in potenza, qualora ci si trovi nel contesto delle trattative della composizione negoziata , tutt'altro che agevole è, invece, delinearne i tratti distintivi, quantomeno sul piano contenutistico. Soprattutto dopo il correttivo, che ha inserito il vago riferimento alle «condotte» dei creditori dalle quali l'impresa debitrice dovrebbe tutelarsi, non sembra più attuale l'interpretazione a suo tempo data da questo giudicante anche in questa procedura interpretazione secondo la quale, nel primo caso protettive , l'autorità giurisdizionale potrebbe inibire «determinate azioni dei creditori», con ciò intendendo azioni giudiziali, mentre nel secondo caso cautelari verrebbe anticipato un effetto che, in caso di successo dello strumento di regolazione rispetto al quale la misura cautelare risulta strumentale , potrebbe prodursi in favore del patrimonio dell'impresa. È in effetti stato sostenuto in dottrina che, benché si tratti di misure con due nozioni ben distinte, i loro ambiti applicativi possano in tutto o in parte sovrapporsi, e che addirittura le misure cautelari possano essere idonee a colmare il vuoto lasciato dalle misure protettive nel momento in cui esse cessano di produrre i loro effetti a causa del raggiungimento del termine massimo di legge in giurisprudenza, si veda Trib. Imperia, 22 novembre 2023, pubblicato in www.dirittodellacrisi.it . Quale che sia la risposta all'interrogativo circa il contenuto che possa avere l'una o l'altra misura, è certo che in entrambi i casi il giudicante debba accertare la strumentalità degli effetti richiesti dal ricorrente rispetto alla soluzione della crisi dell'impresa, nel senso che in nessun caso il debitore può aspirare a ottenere con dette misure risultati che esulano dagli obiettivi concreti o anche solo dalle finalità teoricamente ipotizzabili degli strumenti di composizione della crisi d'impresa . Allo stesso modo, è pacifico che la misura non debba essere sproporzionata, vale a dire che deve sussistere una proporzionalità tra il tasso di utilità della misura specificamente richiesta rispetto alla soluzione della crisi ipotizzata e il sacrificio richiesto al creditore o al terzo attinto dalla misura. Ecco, proprio avuto riguardo alle predette coordinate ritiene questo giudicante che quanto richiesto dalla ricorrente non possa trovare accoglimento. Difetta, anzitutto, il nesso di strumentalità. Invero, omissis ha presentato un piano in piena continuità aziendale, prevedente la prosecuzione di tutti i contratti di locazione, affitto, licenza e leasing pendenti eccetto il ramo di Sansepolcro, attualmente in affitto e destinato ad essere liquidato contratto però rimasto estraneo dalla richiesta cautelare/protettiva della ricorrente . Non solo, quindi, omissis è tenuta a corrispondere i canoni contrattuali nel corso della procedura concorsuale articolo 98 CCII , ma anche nella fase esecutiva che dovesse aprirsi dopo l'omologa. La totale sterilizzazione della possibilità in capo all'altro contraente di sciogliersi dal rapporto contrattuale o di richiedere la riconsegna di beni, se prima facie pare porsi in piena coerenza con tale prospettiva per l'appunto, per il successo del concordato la ricorrente ha bisogno che i contratti proseguano regolarmente , in realtà si tradurrebbe in una sorta di licenza in capo all'imprenditore in concordato di non pagare più il canone/prezzo previsto senza correre alcun rischio. Ciò, per l'appunto, in un contesto concordatario che invece implica necessariamente il pagamento di tali canoni. Difetta, quindi, il presupposto della strumentalità, quantomeno avuto riguardo all'assoluta genericità della richiesta, rivolta contro tutte le controparti contrattuali e quindi finalizzata platealmente a ottenere una specie di scudo protettivo rispetto a qualsivoglia legittima iniziativa da parte dell'altro contraente laddove omissis I dovesse smettere di corrispondere quanto dovuto. Il carattere generalizzato della richiesta, oltretutto, rifluisce anche sul giudizio inerente all'altro presupposto, quello della proporzionalità. Non pare oggettivamente proporzionato imporre un simile sacrificio ai contraenti in bonis in assenza di un'adeguata spiegazione e di coerenza rispetto all'obiettivo di risanamento. A tutto ciò si aggiunga che sarebbe per certi versi controintuitivo concedere una misura di tal fatta per i pagamenti futuri quando omissis non è nemmeno protetta rispetto agli inadempimenti passati ci si è già soffermati sulla non applicabilità dell' articolo 94-bis, comma 2, CCII . 5. Da ultimo, al fine di evitare ogni possibile incomprensione con il conservatore del registro, giova precisare quanto segue. L'articolo 55, comma 3, prevede la trasmissione del decreto avente ad oggetto le misure protettive al registro delle imprese per l'iscrizione, e allo stesso modo l' articolo 45 CCII sancisce che il decreto con il quale il Tribunale concede il termine per l'accesso al concordato preventivo venga trasmesso per estratto al registro delle imprese ai fini della sua iscrizione. La ratio di tali disposizioni è quella di dare pubblicità ai creditori dell'ingresso da parte dell'imprenditore in un percorso volto al risanamento o comunque alla soluzione della crisi, nonché dell'efficacia di misure cautelari e/o protettive a salvaguardia del percorso predetto. Anche i provvedimenti che prorogano il termine di cui all'articolo 44 o prorogano o rinnovano il termine di efficacia delle misure protettive e/cautelari vanno iscritti al registro delle imprese, condividendo quest'ultimi la stessa identica ratio dei decreti concessivi degli originari termini o delle originarie misure diversamente opinando, d'altro canto, verrebbe irragionevolmente frustrata l'efficacia degli istituti richiamati. D'altra parte, significativamente l' articolo 19, comma 7, CCII prevede che le ordinanze sulle misure cautelari e protettive emesse nel contesto della composizione negoziata e quindi anche i provvedimenti di proroga, disciplinati dal comma 5 dello stesso articolo debbano essere comunicate al registro delle imprese entro il giorno successivo dalla loro adozione. P.Q.M. - rinnova le misure protettive c.d. tipiche, meglio descritte in parte motiva, per 6 mesi decorrenti dalla data di pubblicazione del presente provvedimento - precisa che il pagamento dei debiti tributari della continuità esulano dal concetto di straordinaria amministrazione - rigetta la richiesta di misure cautelari o protettive atipiche. Si comunichi alla ricorrente , alle parti costituite nel sub-procedimento cautelare e ai commissari giudiziali, nonché al registro delle imprese ai fini della pubblicazione.