In materia di brevetto di cui siano contitolari più soggetti, lo sfruttamento del trovato da parte del singolo comunista altera la destinazione della cosa e lede in tal modo il diritto di esclusiva, dovendosi quindi ritenere precluso.
La controversia origina da un giudizio di primo grado che ha visto il rigetto delle domande proposte da una società di diritto sloveno dirette a ottenere la condanna della convenuta al pagamento dei corrispettivi o al risarcimento dei danni per lo sfruttamento unilaterale da parte di quest'ultima della privativa relativa all'invenzione di un fucile per la pesca subacquea di innovativa concezione per il quale sussisteva una contitolarità brevettuale tra l'attrice e la convenuta dopo la risoluzione dell'accordo regolante i rapporti tra le parti circa l'utilizzazione del trovato. La società di diritto sloveno proponeva dapprima appello che veniva rigettato dalla Corte di Appello di Venezia Sez. Spec. Imp. e poi ricorso per Cassazione , sostenendo, con il primo motivo, che la sentenza impugnata fosse d a cassare nella parte in cui aveva ritenuto legittimo lo sfruttamento unilaterale del brevetto senza considerare né che la titolarità del brevetto presenta più forti esigenze di tutela dell'esclusiva rispetto alla proprietà di beni non brevettuali, né che la scelta di addivenire ad una comunione del brevetto va accettata per quello che è in termini di autonomia contrattuale ovvero di accettazione preventiva della maggiore complessità nell'uso. Con ordinanza interlocutoria 9305/2024 la causa veniva rimessa in trattazione in pubblica udienza . La Corte di Cassazione con la decisione in esame affronta il tema della contitolarità brevettuale chiedendosi se lo sfruttamento del trovato possa avvenire liberamente da parte di ciascun contitolare o se , al contrario, richieda sempre il consenso degli altri contitolari . Nell'affrontare la questione la Corte richiama la motivazione espressa nella decisione Cass. 5281/2000 , nella quale si era osservato che « il brevetto deve assicurare al suo titolare l'esclusiva di sfruttamento sulla invenzione. Esso non è più tale se non assolve a questa specifica funzione ovvero se si ammette che un contitolare possa con il suo uso togliere nel contempo agli altri contitolari il loro pari diritto di esclusiva” e che “il concetto di esclusiva non è un concetto assoluto, ma un concetto relativo” da parametrarsi non in relazione agli altri contitolari del brevetto, che sono a loro volta titolari dell'esclusiva e che di essa possono giovarsi, ma in relazione a tutti quei soggetti che dell'esclusiva non beneficiano » . La Corte osserva come tale precedente giurisprudenziale consenta di affermare che lo sfruttamento individuale , sia che avvenga nell'ambito di una propria attività di impresa sia che avvenga mediante una cessione dei diritti brevettuali a terzi, ove posto in essere da un contitolare del brevetto senza l'assenso dell'altro, lede il diritto di esclusiva di questo e deve pertanto ritenersi precluso . La Corte richiama poi l'articolo 6, comma 1, cod. prop. ind. «Se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti, le facoltà relative sono regolate, salvo convenzioni in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione in quanto compatibili», ritenendo altresì applicabile al campo brevettuale anche l' articolo 1102 cod. civ. , osservando come sia tale disposizione a fornire una soluzione alla questione concreta nell'autorizzare ciascun partecipante alla comunione a servirsi della cosa comune «purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto». Secondo il Collegio, tenuto conto di quanto previsto nelle predette disposizioni normative, lo sfruttamento uti singulus del brevetto ne altera indubbiamente la destinazione perché la tutela che esso poteva accordare quando lo sfruttamento era conferito collegialmente e collegialmente esercitato, viene meno quando allo sfruttamento di più si sostituisca lo sfruttamento da parte di uno solo . Con sentenza numero 4131 del 18/2/2025 la Corte di Cassazione cassa quindi la sentenza impugnata , rinviando la causa alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione per la rinnovazione del giudizio, disponendo che la stessa si attenga al seguente principio di diritto « In materia di brevetto di cui siano contitolari due o più soggetti, il rinvio contenuto nell'articolo 6, comma 1, cod. propr. ind. alle norme sulla comunione dei diritti reali deve essere inteso nel senso che in difetto di convenzione contraria , a mente dell' articolo 1102, comma 1, cod. civ. è precluso al singolo comunista lo sfruttamento produttivo del trovato a cui voglia procedere uti singulus in quanto ciò, riflettendosi sulla tutela accordata con il brevetto, altera la destinazione della cosa e lede in tal modo il diritto di esclusiva dell'altro o degli altri contitolari » .
Presidente Di Marzio - Relatore Marulli Fatti di causa 1.1. La Corte di appello di Venezia - Sezione specializzata in materia di impresa ha respinto, con la sentenza che si riporta in epigrafe, il gravame proposto in via principale da 4Ocean Design d.o.o., società di diritto sloveno, avverso il rigetto in primo grado delle domande di questa nei confronti di MARES Spa, intese ad ottenere, di seguito al pure chiesto accertamento della contitolarità brevettuale tra sé e la convenuta dell'invenzione di un fucile per la pesca subacquea di innovativa concezione, la condanna di MARES al pagamento dei corrispettivi o al risarcimento dei danni o, ancora, alla corresponsione dell'indennizzo, tutti dovuti in considerazione dello sfruttamento unilaterale della privativa a cui MARES aveva proceduto dopo la risoluzione dell'accordo regolante i rapporti tra le parti circa l'utilizzazione del trovato. 1.2. Nella stessa occasione il giudice di appello ha pure respinto il gravame in via incidentale proposto avverso la medesima decisione da MARES, relativamente al capo di essa con cui il decidente aveva rigettato l'istanza di questa volta a reclamare la condanna della controparte al pagamento delle somme portate dalle fatture concernenti le forniture effettuate in suo favore in vigenza dell'accordo. 1.3 Onde motivare il rigetto dell'appello principale, la corte territoriale - a confutazione del primo motivo di impugnazione con cui l'appellante principale si era doluta del fatto che l'utilizzo separato della privativa brevettuale da parte di ciascun contitolare legittimato dalla sentenza di prime cure avrebbe fatto venire meno l'esclusiva sull'invenzione - ricordato previamente il disposto dell'articolo 6 cod. prop. ind., che rimanda per la disciplina dell'ipotesi de qua alle norme codicistiche sulla comunione in quanto compatibili, ha fatto inizialmente richiamo all' articolo 1102 cod. civ. , che, laddove consente al singolo comunista di potersi servire della cosa comune nel rispetto della sua destinazione e senza impedirne l'uso pure agli altri partecipanti, accorda al contitolare una facoltà di utilizzare direttamente la res per trarne l'utilità tipica, facoltà che nel campo delle privative industriali, costituendo questo il modo ordinario di godimento della cosa comune, è prima di tutte quella di poter sfruttare economicamente l'invenzione brevettata in termini di esclusiva nei confronti di tutti i soggetti che di quella privativa non solo titolari, e quindi nei confronti di tutti, tranne che del contitolare del brevetto . Né, prosegue la sentenza, allo sfruttamento uti singulus che la norma così consente sono di impedimento le regole nascenti dagli articolo 1105 e 1108 cod. civ. , posto che affermare che ciascun titolare del brevetto cointestato non possa fare uso dei diritti discendenti dal brevetto significa svuotare completamente di contenuto il diritto di proprietà Si tratterebbe infatti di un diritto del tutto privo dei contenuti immediatamente esercitabili, necessitando sempre e comunque del placet dell'altro titolare, anche solo per poter procedere a fare quello per il quale il brevetto per invenzione industriale usualmente viene chiesto e cioè procedere alla industrializzazione dell'invenzione e alla commercializzazione dei prodotti che ne costituiscono l'attuazione . E se conforto in questa direzione reca pure l' articolo 1103 cod. civ. , giacché non può trascurarsi sotto il profilo argomentativo che, se la contitolarità del brevetto non consentisse alcuna forma di godimento diretto nella cosa e cioè del diritto di privativa , la cessione della quota diventerebbe nella sostanza impossibile, posto che nessuno avrebbe interesse ad acquisire un diritto non esercitabile in via diretta ed immediata e necessitante sempre e comunque del consenso dell'altro o degli altri comunisti , neppure la perdita del diritto di esclusiva che ne subirebbe per questo il contitolare, nel che si vorrebbe vedere quella alterazione nella destinazione della cosa che l' articolo 1102 cod. civ. erge a limite del godimento singolare di essa, è opponibile in senso ostativo, vuoi perché la perdita dell'esclusiva non integra in realtà un'alterazione giuridicamente rilevante della destinazione della cosa, ma semmai un'alterazione della natura giuridica del brevetto , vuoi - e qui la sentenza prende le distanze dal precedente di diverso segno di Cass. 5281/2000 - perché il concetto di esclusiva non è un concetto assoluto ma un concetto relativo, laddove il parametro relazionale è costituito dalla cerchia dei soggetti che di quella esclusiva non beneficiano, cerchia che in ipotesi di brevetto cointestato comprende tutti i soggetti collocati nei paesi ai quali è stata estesa la privativa tranne gli altri, eventuali, cointestatari del brevetto, che sono a propria volta titolari dell'esclusiva, non spettante, quindi, ad uno solo, ma a più . In sintesi - questa la conclusione cui perviene sul punto la sentenza impugnata - deve ritenersi che MARES Spa, in quanto contitolare dei diritti di brevetto nazionale ed europeo di cui si tratta fosse pienamente facoltizzata, in quanto contitolare di tali brevetti, all'esercizio dei corrispondenti diritti previsti dall' articolo 66 c.p.i ., non sussistendo convenzioni inter partes che glielo precludessero in alcun modo, né avendo a propria volta impedito a 4Ocean Design di procedere ad analogo sfruttamento dell'invenzione brevettata nei paesi per i quali la privativa era stata riconosciuta e risultava ancora efficace . 1.4. Parimenti infondati la Corte di appello ha pure giudicato il secondo motivo di gravame - sollevato da 4Ocean sulla premessa dell'avvenuto sfruttamento del brevetto da parte di MARES dopo la risoluzione del contratto, tanto in relazione alla violazione della buona fede oggettiva, atteso lo squilibrio economico tra le parti, quanto in relazione alla pretesa violazione dell' articolo 2041 cod. civ. - l'una e l'altra escluse, posto che, da un lato, MARES aveva agito nell'esercizio delle legittime facoltà discendenti dal diritto di privativa, dall'altro, l'appellante principale aveva agito per chiedere il ristoro del danno asseritamente patito o la corresponsione di un indennizzo, sì che faceva difetto il requisito della sussidiarietà, fermo peraltro che le utilità ritratte da MARES non erano ingiustificate in relazione alle facoltà di sfruttamento del brevetto legittimamente esercitate dalla stessa ed il terzo motivo di appello inteso a denunciare l'inadempimento di MARES per non aver esteso il brevetto a tutti i paesi concordati, atteso che non trattavasi di un obbligo, ma di una mera possibilità contemplata dall'accordo richiamato. 1.5. L'infondatezza del gravame incidentale, con cui MARES aveva impugnato la sentenza di primo grado per non aver essa accolto la propria domanda di condanna di 4Ocean al pagamento dei corrispettivi ancora dovuti, malgrado l'allegazione fosse rimasta incontestata, è stata invece giustificata in ragione della genericità dell'allegazione, in quanto le fatture corrispondenti non erano state indicate dettagliatamente, erano redatte in lingua inglese e non n'era sempre identificabile il contenuto. 1.6. Per la cassazione di detta sentenza 4Ocean, ricorrente principale, si vale di tre mezzi, mentre MARES, ricorrente incidentale, che resiste con controricorso, si vale di un solo mezzo. 1.7. Con ordinanza interlocutoria 9305/2024 la causa è stata rimessa all'odierna trattazione in pubblica udienza. Le parti hanno depositato memorie. Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 2. Con il primo motivo del ricorso principale si censura la decisione impugnata, nella parte in cui questa ha ritenuto legittimo lo sfruttamento unilaterale del brevetto operato da MARES, per violazione o falsa applicazione dell' articolo 2584 cod. civ. , degli articolo 2,6,53 e 66 cod. prop. ind. ed, ancora, degli articolo 832,1002,1105 e 1108 cod. civ. La formulata censura muove dalla premessa che, nel regolarsi nei riferiti termini, la Corte di appello non avrebbe considerato né che la titolarità del brevetto, per la sua natura di privativa, presenta più forti esigenze di tutela dell'esclusiva rispetto alla proprietà di beni non brevettuali , né che la scelta di addivenire ad una comunione del brevetto, anziché alla titolarità in capo a un solo soggetto, va accettata per quello che è in termini di autonomia contrattuale ovvero di accettazione preventiva della maggiore complessità nell'uso . Questo porta a rideterminare il peso ascritto dalla decisione al principio tratto dall' articolo 1102 cod. civ. , posto che nella concreta dinamica del rapporto, strutturato sul presupposto della contitolarità, esclusiva e sfruttamento sono le due facce della stessa realtà di destinazione del brevetto, da esercitarsi previo il consenso dei contitolari ex articolo 1102,1105 e 1108 c.c. sia per l'uso perché investe l'esclusiva sia per l'amministrazione/innovazione di ogni tipo . Non si è inteso, ragionando diversamente ed insistendo segnatamente sul fatto che uso ed amministrazione operano su piani distinti, che le parti, al momento della scelta del brevetto cointestato, accettarono il nucleo forte dell'esclusiva con reciprocità, perché non c'è brevetto senza necessità di previo consenso per realizzare lo sfruttamento con il privilegio dell'esclusiva . Dunque, la tesi della Corte territoriale rappresenta la negazione del brevetto nel suo nucleo forte di più pregnante esclusiva, nonché lo stravolgimento delle norme sulla comunione con il paradossale risultato di pervenire a minore tutela dell'esclusiva, anziché maggiore, come invece sarebbe stato ragionevole aspettarsi . E tale risultato è esattamente contrario a quello enunciato da questa Corte nel proprio precedente 5281/2000, orientato, oppostamente al deliberato qui impugnato, a ritenere che l'uso del brevetto, nel caso di contitolarità, non possa prescindere dall'essere il bene comune e dall'essere esso perciò sottoposto come tale, anche quanto all'esercizio dello sfruttamento esclusivo, alle regole della comunione ed, in particolare, alla regole dell' articolo 1108 cod. civ. , norma che chiude il sistema rendendo credibile il rinvio alla disciplina della comunione nel senso di escludere l'esercizio delle facoltà tipicamente esclusive in modo singolare. 3. Il primo motivo di ricorso pone la questione di diritto in ragione della cui rilevanza monofilattica si è ritenuto di differirne la trattazione all'odierna udienza pubblica e si compendia nel chiedersi se in caso di contitolarità brevettuale lo sfruttamento del trovato possa avvenire liberamente da parte di ciascun contitolare o se, al contrario, richieda sempre il consenso dell'altro o degli altri contitolari. 4. La questione prende forma, come già si dava cura di prevedere con analoga disposizione l'articolo 20, comma 1, L. inv ., a margine dell'articolo 6 cod. prop. ind., che in via generale, con disposizione valevole per tutti i diritti di privativa, stabilisce che se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti, le facoltà relative sono regolate, salvo convenzioni in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione in quanto compatibili . 5. L'opzione di principio che la norma esprime in direzione dell'applicazione alla contitolarità del brevetto delle disposizioni del codice civile in materia di comunione dei diritti reali è già valsa ad orientare in passato la giurisprudenza di questa Corte nelle uniche due occasioni in cui il tema della contitolarità brevettuale, quantunque in relazione a vicende non esattamente sovrapponibili a quella qui in trattazione, ha incrociato problematicamente le norme sulla comunione dei diritti reali. Con una prima decisione dovuta a Cass. 265/1981 la Corte, sotto il vigore dell'articolo 20 L. inv ., venne chiamata ad occuparsi di una controversia originata dalla domanda di inadempimento di una licenza brevettuale proposta da uno solo dei due contitolari e dalla contrapposta domanda riconvenzionale di risoluzione proposta dal licenziatario nei confronti del solo attore ed ebbe ad ordinare l'integrazione del contraddittorio anche nei confronti del contitolare rimasto estraneo al giudizio, ravvisando una fattispecie di litisconsorzio necessario, sulla considerazione che, dovendo applicarsi per il richiamo fattovi dall'articolo 20 L. inv . le norme sulla comunione e tra esse, in relazione alla fattispecie, l' articolo 1108 cod. civ. , il contratto di licenza d'uso dei diritti derivanti da un'invenzione brevettata dovuta a più autori richiede, per il suo perfezionamento, il consenso unanime dei contitolari del brevetto, oltre che nel caso di convenzione con durata ultranovennale, anche nell'ipotesi di concessione al licenziatario dell'esclusiva, poiché questa priva i suddetti contitolari del godimento diretto dell'oggetto della comunione, loro spettante in virtù del primo comma dell'articolo 1108 . A questo precedente, che incarna un intendimento sviluppato in piana consonanza con l'opzione espressa dal legislatore laddove rivendica senza apparenti titubanze il primato delle norme sulla comunione anche in una materia che, come più volte sottolineato dalla dottrina, a prima vista, ontologicamente, non vi si presta, si affianca a distanza di circa venti anni l'altro di Cass. 5281/2000 , ragionando sul quale vien fatto innanzitutto di pensare, appunto, sul filo delle viste riserve della dottrina e del tempo intercorso dall'altro precedente, che sono probabilmente altre le vie, già, peraltro, saggiamente indicate dal legislatore, che la contitolarità brevettuale percorre per prevenire i conflitti. Qui oggetto di contesa era la pretesa del sedicente titolare unico di un brevetto di vedere accertato il suo diritto all'uso esclusivo del trovato di fronte alla contraffazione operatane dalla società convenuta, che aveva realizzato un macchinario basandosi sull'invenzione. Nel giudizio così incardinato era intervenuto un terzo, legale rappresentante della convenuta, affermando di essere stato in origine contitolare del brevetto e di avere in tale veste ceduto la sua quota alla dante causa dell'attrice. Il Tribunale, prima, e la Corte di Appello, dopo, negavano l'efficace della cessione in favore della dante causa dell'attrice e pure che il brevetto fosse stato oggetto di una licenza implicita in favore della società convenuta, in quanto l'uso autonomo che ciascuno dei contitolari del brevetto può compiere del medesimo non consente al contitolare di concederne l'uso a terzi senza acquisire il consenso degli altri. Il pensiero della Corte, che conferma i deliberati di merito, come sintetizzato dalla massima, è che, viste le norme sulla comunione a cui rinvia l'articolo 20 L. inv ., poiché il comunista non può ai sensi dell' articolo 1102 cod. civ. alterare la destinazione della cosa comune o impedirne agli altri il godimento, ne consegue però che, ove non sia stato a ciò autorizzato dagli altri comunisti, egli non può sfruttare unilateralmente l'invenzione e non può cedere a terzi la licenza di sfruttamento del brevetto, in quanto quest'ultima implica la facoltà tipica del titolare del brevetto di vietare ad altri l'utilizzazione della stessa idea inventiva, il che priverebbe, pertanto, i contitolari del diritto di esclusiva . Si legge, perciò, in motivazione, che il brevetto deve assicurare al suo titolare l'esclusiva di sfruttamento sulla invenzione. Esso non è più tale se non assolve a questa specifica funzione ovvero se si ammette che un contitolare possa con il suo uso togliere nel contempo agli altri contitolari il loro pari diritto di esclusiva. Salvo patti contrari, che ad esempio consentano un uso individuale limitato alla propria azienda da parte del contitolare, l'uso del brevetto deve avvenire in considerazione del fatto che esso è bene comune sottoposto come tale, anche quanto all'esercizio dello sfruttamento esclusivo, alle regole della comunione, inclusa quella di cui all' articolo 1108 cc . Ciò in quanto, è opportuno precisare, la norma dell'articolo 1108 chiude il sistema rendendo credibile il rinvio alla disciplina della comunione appunto perché risolve anche il problema del concreto governo delle facoltà tipicamente esclusive ed in quanto tali non esercitabili unilateralmente dal singolo contitolare, ma non per questo inesistenti solo per tale contitolarità . Da questa, che costituisce la ratio della decisione, trae ragione l'assunto poi conclusivo che dal rinvio alle norme sulla comunione operato dall'articolo 20 L. inv . si deduce che il contitolare non può sfruttare unilateralmente, salvo che sia stato a tanto autorizzato dagli altri comunisti, l'invenzione della quale è coautore . 5. Ciò detto, si può osservare che nel suo insieme il quadro riepilogativo del formante giurisprudenziale, che abbiamo qui sintetizzato, porta a formulare tre constatazioni. La prima, ancorché possa apparire ovvia, ma che non è per questo inutile rimarcare anche per riferire che in questa direzione si gode dell'autorevole avallo del giudice unionale Corte giust. UE, 27/04/2023, in causa C-686/21, Legea - che interpellato da questa Corte, tra l'altro, sulla questione se alla luce della disciplina sul marchio comunitario la concessione in uso del marchio comune a terzi in via esclusiva, a titolo gratuito e a tempo indeterminato, possa essere decisa a maggioranza dei contitolari ovvero se necessiti invece dell'unanimità dei consensi, ha risposto che essa deve essere risolta in base al diritto nazionale applicabile - è che la soluzione al problema che ne occupa - che non ha, è bene dirlo, un retroterra nel diritto sovranazionale, sicché quello che è stato affermato per il marchio a maggior ragione deve ritenersi vero per il brevetto - va trovata nell'ambito della disciplina della comunione dei diritti reali, essendo questa per ripetere le parole del giudice UE, il diritto nazionale applicabile in ragione di quanto ora dispone l'articolo 6, comma 1, cod. prop. ind. La seconda constatazione, già più di rilievo, è che nessuno dei precedenti citati, sebbene afferenti al medesimo ordine problematico - ed anzi, a ben vedere alla medesima fattispecie - si presta a regolare esattamente il caso che ne occupa. Non, certamente, il primo che riguarda il caso della domanda di risoluzione di un contratto di licenza d'uso di un brevetto ottenuto da più autori e, che pur affermando che ai fini del perfezionamento di esso è richiesto il consenso unanime di tutti i contitolari, appare, in verità, più preoccupato di indicare quali siano i riflessi processuali di questa affermazione, così da concludere che, poiché nella specie si sarebbe di fronte ad un contratto con una parte complessa, il regime di esclusiva, non potendo esistere che nei confronti di tutti i contitolari del brevetto, conferisce carattere di indivisibilità all'oggetto del contratto e determina pertanto un'unità di interessi tra i contitolari, in ragione della quale è del tutto giustificato che tutti partecipino al giudizio, configurandosi un'ipotesi di litisconsorzio necessario. Ma, neppure, a dire il vero, il secondo perché, malgrado da esso sia stata tratta la massima che il contitolare, in difetto di autorizzazione dell'altro o degli altri contitolari, non può sfruttare unilateralmente l'invenzione - con ciò ingenerando la convinzione che il principio così affermato riguardi anche l'ipotesi della sfruttamento a cui il contitolare provveda uti singulus e che tra sfruttamento negoziale e sfruttamento produttivo non vi sia perciò alcuna differenza circa il regime di legittimazione, in entrambi i casi imponendosi il consenso unanime di tutti i contitolari - in realtà, se si va oltre il groviglio fattuale che vi è sotteso, si è pronunciato su una chiara fattispecie in cui il tema della contitolarità brevettuale e della sua disciplina ha trovato ragioni di emergere in relazione ad un atto dispositivo del brevetto, nella forma della cessione di una quota di esso o nella concessione dell'uso fattane ad un terzo, sì che la relativa affermazione in diritto, sebbene significativa e non priva di risvolti, come subito vedremo, anche sulla nostra questione, costituisce tutt'al più un obiter dictum. La terza constatazione, indiscutibilmente più di peso, che va, per intenderci, al cuore della questione e si riannoda, in questo, dialetticamente, a quanto si è appena detto, affonda le proprie radici nell'affermazione su cui si intrattiene la motivazione di Cass. 5281/2000 allorché questa, ragionando a più ampio spettro sulle peculiarità della tutela brevettuale, si sofferma ad osservare, come già si è sopra riferito, che il brevetto deve assicurare al suo titolare l'esclusiva di sfruttamento sulla invenzione. Esso non è più tale se non assolve a questa specifica funzione ovvero se si ammette che un contitolare possa con il suo uso togliere nel contempo agli altri contitolari il loro pari diritto di esclusiva . Nel ragionamento di questo precedente - che evidentemente rispecchia la convinzione di una parte della dottrina che crede che la licenza brevettuale incida in modo significativo sul godimento dell'invenzione da parte di ciascun comunista - come bene ha colto la sentenza impugnata nel prendere le distanze da esso avvertendo che il concetto di esclusiva non è un concetto assoluto, ma un concetto relativo da parametrarsi non già in relazione agli altri contitolari del brevetto, che sono a loro volta titolari dell'esclusiva e che di essa possono giovarsi, ma in relazione a tutti quei soggetti che dell'esclusiva non beneficiano, il concetto di esclusiva è la chiave di volta di un discorso giuridico che, di fronte alla nostra fattispecie, muovendo dal dettato di legge, consente di tenere insieme il rinvio alle norme sulla comunione ed i limite della compatibilità entro cui, nel campo delle privative industriali, ne è governata l'applicazione. In altre parole, questo il senso del precedente, lo sfruttamento individuale, sia che avvenga nell'ambito di una propria attività di impresa sia che avvenga mediante una cessione dei diritti brevettuali a terzi, ove posto in essere da un contitolare del brevetto senza l'assenso dell'altro, lede il diritto di esclusiva di questo e deve pertanto ritenersi precluso. 6. Quest'ultima constatazione ci porta ad affrontare direttamente il tema del nostro ricorso. Nell'addentrarsi in questa direzione, e seguendo l'approccio già utilmente sperimentato dai precedenti di questa Corte, il collegio crede che ogni riflessione sulla questione che ne occupa non possa che partire dall'articolo 6, comma 1, cod. prop. ind., il cui testuale tenore così recita Se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti, le facoltà relative sono regolate, salvo convenzioni in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione in quanto compatibili . La norma, al vaglio esegetico, si mostra composta da un nucleo precettivo centrale, che delinea l'intendimento legislativo di dare alla disciplina della comunione brevettuale uno stabile assetto di principio e che si condensa nell'affermazione se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti le facoltà relative sono regolate dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione e da due corollari limitativi, entrambi innegabilmente rappresentativi della consapevolezza da parte del legislatore, cui già si è fatto cenno, da un lato, che le norme codicistiche sulla comunione dei diritti sono pensate per i beni materiali, sicché l'immaterialità delle privative industriali ne rende consigliabile l'applicazione in questo campo in quanto compatibili , dall'alto che in questo campo occorre lasciare spazio all'autonomia negoziale dei comunisti, sicché l'applicazione delle norme sulla comunione avviene salvo convenzioni in contrario . 7. Tralasciando, per evidente estraneità alla vicenda, quest'ultima indicazione, l'attenzione, mancando per l'appunto un'autonoma fonte di regolazione negoziale, non può che concentrarsi sulle altre due indicazioni che si ricavano dalla lettura della norma. Occorre perciò chiedersi, valorizzando la ratio del rinvio alle norme codicistiche in materia di comunione in funzione della specificità propria del bene che è oggetto della tutela brevettuale, in che modo il quesito di diritto alla radice della controversia odierna possa trovare risposta nell'applicazione, nei limiti della compatibilità imposta dalla natura del bene oggetto di proprietà condivisa, le norme sulla comunione alla materia dei brevetti. 8. Nel far questo è bene porre mente - più di quanto non facciano i già citati precedenti di questa Corte e, segnatamente, l'ultimo, che inclina a vedere, diversamente, nell' articolo 1108 cod. civ. la norma che chiude il sistema rendendo credibile il rinvio alla disciplina della comunione , sebbene, si avverte in dottrina, appaia quantomeno inappropriato assimilare la licenza del brevetto al contratto di locazione, al fine di risolvere, come lì si sostiene, il problema concreto del governo delle facoltà tipicamente esclusive ed in quanto tali non esercitabili unilateralmente dal singolo contitolare - all' articolo 1102 cod. civ. e alle regole che da esso si ritraggono e che delineano lo statuto giuridico del godimento individuale in rapporto al godimento collettivo reso possibile dall'essere la proprietà comune a più persone. Che la norma, nel regime di compatibilità previsto dall'articolo 6, comma 1, cod. propr. ind., si renda applicabile al campo brevettuale non dubita, pur con le riserve del caso, il citato precedente di questa Corte, anche se per pervenire ad una conclusione contraria allo sfruttamento individuale del brevetto, in adesione ad un orientamento dottrinale che, nella stessa direzione, reputa invece che la medesima conclusione si giustifichi proprio in ragione dell'inapplicabilità dell' articolo 1102 cod. civ. , sulla considerazione che l'utilizzazione separata si risolverebbe in un pregiudizio a carico degli altri compartecipi che si vedrebbero perciò privati della facoltà di uso esclusivo. 9. Il collegio è dell'avviso, come già il suo precedente più prossimo, che la norma non solo possa essere applicata al campo brevettuale, superandosi le contrarietà di una parte della dottrina, ma che, anzi, essa offra l'argomento per dare soluzione al problema che ne occupa. 10. E vediamo perché. La norma, esegeticamente indagata, enuclea, secondo una comune chiave di lettura, due principi di rilevanza cardinale nel disciplinare la materia del godimento individuale di un bene di proprietà comune. Essa, sotto l'esplicativa rubrica Uso della cosa comune , autorizza ciascun partecipante alla comunione a servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto . Al principio che si trova espresso nell'enunciato non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto si lega, lo si è anticipato, l'opinione presente in una parte della dottrina che nega non solo la possibilità che il contitolare sfrutti negozialmente il brevetto concedendone mediante accordi di licenza l'uso a terzi, ma pure la possibilità che lo sfrutti direttamente conferendolo o facendone oggetto di una propria attività imprenditoriale. La tesi fa leva sulla convinzione che il diritto di esclusiva conferito dal brevetto, ove se ne consentisse lo sfruttamento produttivo al singolo contitolare, risulterebbe irrimediabilmente compromesso poiché l'utilizzo del singolo priva a sua volta gli altri contitolari del loro diritto di esclusiva o, come dice ancora Cass. 5281/2000 viene a togliere nel contempo agli altri contitolari il loro pari diritto di esclusiva . L'idea ad essa sottostante, come si è rilevato in dottrina, è che il diritto di esclusiva equivalga al diritto di uno solo, da intendersi quest'ultimo, a dispetto di ogni contraria evidenza eccepibile dalla circostante realtà economica - come bene testimonia, del resto, anche la vicenda odierna - come unitario centro di imputazione di interessi economico giuridici. 11. Che le cose non stiano così e che questa impostazione - già sistematicamente orfana di quanto la moderna dottrina civilistica è venuta sostenendo in materia di comunione laddove, in particolare, ha messo in chiaro che il diritto del comunista investe il bene nella sua interezza ed ha sottolineato che la quota è solo una misura ideale della partecipazione del singolo al diritto comune - sia in qualche misura fallace lo svelano le parole con cui la sentenza impugnata ha voluto discostarsi dal ridetto precedente di questa Corte, che sulla tutela del diritto di esclusiva aveva invece fondato il proprio convincimento, osservando che lo ius excludendi alios discendente dal brevetto non si esercita, nell'ipotesi di sua contitolarità, internamente al rapporto di comunione ovvero in relazione all'altro o agli altri contitolari, quanto piuttosto esternamente ad esso ovvero, più esattamente, nel rapporto con i terzi estranei al brevetto che, non essendo titolari dell'esclusiva, sono appunto esclusi dal potervi accedere e dal poter perciò fruire dei benefici che essa comporta. Altro e non meno significativo vulnus, nel solco sempre di questa osservazione, il collegio crede, poi, di dover individuare, così emendando ancora la lettura di Cass. 5281/2000 , nel fatto che più di quanto non possa esserlo un bene immateriale, il brevetto, proprio perché avente ad oggetto un bene immateriale, non rifugge di per sé all'idea che possa essere sfruttato allo stesso modo ed in pari tempo da tutti coloro che ne sono titolari, sicché non si vede come l'esclusiva che essa determina a vantaggio di uno di essi possa essere lesa dall'uso che altri ne faccia se ciò non impedisce al primo un uso analogo. Come, al riguardo, si è infatti condivisibilmente notato in dottrina l'invenzione si può prestare di per sé al godimento sfruttamento plurimo, indipendente e contemporaneo, in tutta la sua pienezza, che supera la necessità di disposizioni turnarie richieste invece per il godimento di beni materiali . 12. Dunque sotto questa angolazione la sentenza impugnata non merita alcun rimprovero. 13. Dove, invece, la sentenza in disamina segna il passo e va, perciò, opportunamente rimeditata è nel confronto con il secondo principio che si rinviene nell' articolo 1102 cod. civ. racchiuso nelle parole purché non ne alteri la destinazione . Qui l'opinione della Corte di appello è che la preclusione sancita dalla norma in direzione di un godimento singolare della cosa che ne alteri la destinazione possa ritenersi ricorrere nell'utilizzo di un marchio per identificare prodotti diversi da quelli per i quali è stata riconosciuta la privativa, ovvero per altri scopi non previsti ed evidentemente estranei, ovvero ancora, nel caso di un'invenzione industriale, nell'impiego dell'invenzione brevettata quale componente di un diverso macchinario, ma certamente non nella pretesa alterazione della natura giuridica del diritto di brevetto . L'affermazione è certamente veritiera giacché non è minimamente dubitabile che consentire al singolo comunista di sfruttare produttivamente il brevetto possa tradursi in una alterazione della natura giuridica del diritto di brevetto . Anche senza soffermarsi su che cosa la sentenza voglia intendere allorché parli di natura giuridica del diritto di brevetto , sembra difficile in ogni caso sostenere che l'uso accordato al singolo contitolare, ove ben'inteso si conformi alla specificità della privativa, possa riflettersi in pregiudizio del diritto di brevetto e possa per di più incidere sulla natura giuridica di esso. 14. La neutralità che connota quindi l'affermazione impedisce che ad essa si possa ascrive la portata risolutiva che vi attribuisce invece il giudice di appello. 15. Discorso diverso si impone quando dalla natura giuridica del diritto di brevetto si passi ad interrogarsi sul contenuto di quel diritto. Con qualche eccesso di approssimazione - che si crede però scusabile non essendo questa la sede per occuparsi meglio della questione -, ma pure con un'innegabile dose di verità, può dirsi, in breve, che il brevetto è il titolo per mezzo del quale si riconosce a chi lo ottiene un temporaneo diritto allo sfruttamento esclusivo di un trovato, consistente segnatamente nel potere di realizzarlo e di trarre da esso, mediante il suo sfruttamento commerciale, i benefici che assicura il diritto di esclusiva e, riflessamente, il divieto per gli altri di compiere attività similari. Bene, del resto, osserva in questo senso la sentenza gravata che la facoltà accordata dal brevetto è prima di tutte quella di poter sfruttare economicamente l'invenzione brevettata in termini di esclusiva nei confronti di tutti i soggetti che di quella privativa non solo titolari, e quindi nei confronti di tutti, tranne che del contitolare del brevetto . In questa cornice occorre guardare, perciò al brevetto nella sua vocazione al mercato, considerandone la natura di bene economico e, come aggiunto in dottrina, il valore di scambio che il mercato costantemente gli attribuisce rendendolo oggetto delle sue rilevazioni. Questo porta a dire che la tutela brevettuale non consiste solo nell'attribuire al suo titolare uno ius excludendi alios nello sfruttamento del trovato, ma pure il potere di modulare modi e forme di quello sfruttamento secondo le esigenze che il mercato di volta in volta crea in conformità alle leggi della domanda e dell'offerta che ne regolano il funzionamento. Vi è in sostanza, alla radice del fenomeno, una correlazione diretta, quanto innegabile, tra i diritti che assicura il brevetto e l'andamento del mercato. 16. Ora, se di ciò si fa estensione al nostro campo non è difficile credere che lo sfruttamento incondizionato del brevetto, sia pure se solo nella forma del sfruttamento produttivo, che in regime di comunione si concedesse al singolo contitolare non finirebbe per pregiudicare il valore del brevetto in sé, atteso che, potendo disporre dei diritti brevettuali apparentemente senza limiti, il singolo contitolare sarebbe libero di determinare a propria discrezione modi e forme di sfruttamento del trovato. Se si guarda, cioè, la cosa dal punto di vista dell'articolo 6, comma 1, cod. prop. ind. e, sulla scorta del rinvio che esso fa alle norme sulla comunione, dal punto di vista dell' articolo 1102 cod. civ. e del principio secondo cui l'uso consentito al singolo comunista del bene comune non può alterarne la destinazione, lo sfruttamento uti singulus del brevetto ne altera indubbiamente la destinazione perché la tutela che esso poteva accordare quando lo sfruttamento era conferito collegialmente e collegialmente esercitato, laddove per intenderci il mercato accordava un certo valore al trovato, viene inesorabilmente meno quando allo sfruttamento di più si sostituisca lo sfruttamento da parte di uno solo. Sicché se anche a questo titolo si volesse continuare a parlare di lesione del diritto di esclusiva, essa non sarebbe ravvisabile nel fatto che il contitolare non possa fare uso del bene comune perché ciò andrebbe in urto all'uso degli altri contitolari, ma andrebbe ravvisata nel fatto che lo sfruttamento individuale del brevetto deprime il valore intrinseco di esso, ne altera la destinazione e pregiudica il diritto degli altri contitolari di ritrarre dal brevetto i benefici che l'esclusiva loro concessa era in grado di assicurare. 17. Su questo punto la pur commendevole sentenza di merito oggetto qui di impugnazione non tiene e va, come detto, debitamente cassata affinché si attenga al seguente principio di diritto In materia di brevetto di cui siano contitolari due o più soggetti, il rinvio contenuto nell'articolo 6, comma 1, cod. propr. ind. alle norme sulla comunione dei diritti reali deve essere inteso nel senso, che in difetto di convenzione contraria, a mente dell' articolo 1102, comma 1, cod. civ. è precluso al singolo comunista lo sfruttamento produttivo del trovato a cui voglia procedere uti singulus in quanto ciò, riflettendosi sulla tutela accordata con il brevetto, altera la destinazione della cosa e lede in tal modo il diritto di esclusiva dell'altro o degli altri contitolari . 18. Resta, per l'effetto, conseguentemente assorbito il secondo motivo del ricorso principale con cui si censura la decisione impugnata, nella parte in cui questa ha rigettato la domanda attrice in punto di arricchimento senza causa circa il profitto ritratto da MARES nello sfruttamento unilaterale del brevetto, per violazione o falsa applicazione degli articolo 1175 e 2041 cod. civ. , dell'articolo 2 Cost. e dell'articolo 112 cod. proc. civ. 19.1. Con il terzo motivo del ricorso principale si censura la decisione impugnata, nella parte in cui questa ha rigettato la domanda attrice in punto di inadempimento contrattuale dell'obbligo di registrazione del brevetto per la Francia, la Spagna e la Croazia, per violazione e falsa applicazione degli articolo 1362,1363,1366,1372 e 1375 cod. civ., nonché per violazione del dovere di buona fede desumibile dall' articolo 2 Cost. Si deduce al riguardo, contestando l'enunciato decisorio declinato sul punto dal decidente, che sostenere come appunto fatto con esso che la controricorrente non si sarebbe assunta alcun obbligo significa violare le norme rubricate avuto riguardo alla forza vincolante del contratto e degli obblighi reciprocamente presi tra le parti. 19.2. Il motivo è inammissibile poiché si censura l'errore ermeneutico al di fuori delle regole che sovrintendono alla sua denunciabilità per cassazione ex plurimis, Cass., Sez. I, 9/04/2021, numero 9461 . 20.1. L'unico motivo del ricorso incidentale argomenta la violazione dell' articolo 115 cod. proc. civ. in relazione al pronunciato rigetto della domanda riconvenzionale, intesa a conseguire la condanna di 4Ocean al pagamento della somma di Euro 55151,12 reclamata da MARES per la somministrazione delle materie prime da impiegarsi nella realizzazione del manufatto, sul presupposto che l'allegazione non era stata fatta oggetto di contestazione da parte della convenuta in riconvenzionale, sì che il fatto, contrariamente a quanto statuito dal decidente, doveva ritenersi conseguentemente provato. 20.2. Il motivo non ha pregio. Come bene ha specificato il Procuratore Generale il motivo è rappresentativo di una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal decidente di merito e sollecita la Corte all'esercizio di un ufficio improprio, giacché la delibazione in fatto della vicenda processuale oggetto di giudizio è compito che pertiene all'esclusiva potestà del giudice di merito rispetto alle cui determinazione la Corte, in quanto giudice di legittimità, dispone solo della facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, il ragionamento decisorio sviluppato nella sentenza impugnata Cass., Sez. VI-I, 13/01/2020, numero 331 . 21. Va quindi accolto il primo motivo del ricorso principale e vanno ritenuti assorbito il secondo motivo ed inammissibile il terzo motivo del medesimo ricorso ed ancora inammissibile l'unico motivo del ricorso incidentale. Cassata, perciò, l'impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto, la causa va rimessa al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, a carico della ricorrente incidentale. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo motivo e inammissibile il terzo motivo del medesimo ricorso e l'unico motivo del ricorso incidentale cassa l'impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d'Appello di Venezia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.