L’interesse a ricorrere della parte civile in ordine al concorso di colpa della persona offesa in un reato estinto

L’interesse ad impugnare può essere ritenuto sussistente con riferimento ai motivi con i quali le parti civili ricorrenti contestano di aver contribuito con la propria condotta colposa al verificarsi dell’evento.

Massime L'impugnazione volta ad ottenere una diversa determinazione della misura percentuale del concorso di colpa delle persone offese costituite parti civili è inammissibile per carenza di interesse. Il provvedimento col quale, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, il giudice di merito assegna alla parte civile una somma a titolo di provvisionale non può essere impugnato per cassazione. Il caso La IV Sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine all'ammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalle costituite parti civili avverso la sentenza della Corte d'Appello che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, maturata la prescrizione del reato , abbia riconosciuto un concorso di colpa del danneggiato nel delitto di lesioni colpose stradali, riducendo per l'effetto l'importo della provvisionale concessa all'esito del giudizio di primo grado. Nel caso di specie, il reato di lesioni stradali colpose era giunto a prescrizione nelle more tra la sentenza di primo grado e la decisione d'appello, sicché la Corte d'appello si sarebbe dovuta pronunciare in ordine alle sole statuizioni civili , oggetto del gravame della difesa dell'imputato. Nel farlo, la Corte d'appello ha invero riconosciuto la sussistenza dell'attenuante di cui al comma 7 dell'articolo 590- bis c.p. , ritenendo sussistente un concorso di colpa , con un'operazione che la Corte di Cassazione ha qualificato erronea , poiché è precluso al giudice del gravame pronunciarsi nel merito di un reato estinto per prescrizione. I giudici di legittimità hanno tuttavia osservato che la valutazione in ordine alla sussistenza di un concorso di colpa, pur non consentendo il riconoscimento dell'attenuante predetta, era giustificata dalle doglianze della difesa dell'imputato in ordine alle statuizioni civili . Accogliendo l'appello in parte qua , i giudici di secondo grado hanno dunque riconosciuto un concorso di colpa in capo alle costituite parti civili, determinando nel 50% la relativa percentuale di responsabilità e riducendo, in pari misura, il valore delle provvisionali accordate dal giudice di primo grado. La decisione della Corte La Corte di Cassazione, a seguito del ricorso delle parti civili avverso la decisione di appello, si è quindi interrogata in ordine alla sussistenza di un interesse a ricorrere in capo alle medesime. È stato infatti dato atto della soluzione sposata dalla quinta Sezione penale in ordine all' estraneità delle statuizioni in ordine al concorso di colpa del danneggiato rispetto all'efficacia del giudicato penale riconosciuta dall' articolo 651 c.p.p. nel processo civile per la quantificazione del danno. La Corte rileva tuttavia l'esistenza di un diverso orientamento nella giurisprudenza civile di legittimità, che ritiene invece vincolato il giudice civile dal giudicato penale in ordine alla «ricostruzione storico-dinamica dell'accaduto», considerata «preclusiva di un nuovo accertamento da parte del giudice civile». La Corte afferma dunque che sussiste, in questo senso, un interesse a ricorrere per cassazione in capo alla parte civile, che dovrà tuttavia essere valutato in concreto , a seconda dell'estensione e della portata della decisione di merito impugnata. Pur riconoscendo, a monte, la sussistenza di tale interesse a ricorrere, è stata tuttavia dichiarata l'inammissibilità del ricorso , in quanto i motivi di ricorso si risolvevano, nel caso concreto , in una richiesta di «rilettura degli elementi di prova», afferente al merito. Con riferimento all'interesse a ricorrere in ordine alla quantificazione della misura percentuale del concorso di colpa della costituita parte civile, la Corte ha invece affermato l'estraneità di tali statuizioni rispetto all'accertamento della ricostruzione storico-dinamica del fatto , sicché non costituiscono un vincolo nel giudizio per la liquidazione del danno da risarcire in favore delle predette ne consegue la carenza di interesse a ricorrere in capo alle parti civili sul punto. Del pari, sono stati dichiarati inammissibili i motivi di ricorso relativi all'entità delle provvisionali, a fronte di una “ evidente” carenza di interesse , dal momento che «il provvedimento che assegna alla parte civile una somma di danaro da imputarsi nella liquidazione definitiva non può essere impugnato per cassazione non essendo, per sua natura, suscettibile di passare in giudicato». Il ricorso è stato pertanto dichiarato nel suo complesso inammissibile , con condanna alle spese delle parti civili ricorrenti.

Presidente De Amicis - Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 8 maggio 2024, la Corte di appello di Brescia ha riformato la sentenza pronunciata l'8 aprile 2022 dal Tribunale di Bergamo con la quale V.G. era stato ritenuto responsabile del reato di cui all' articolo 590 bis, commi 1 e 8, cod. penumero in danno di V.G.P. e M.R., costituiti parti civili in giudizio. La Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato per essere il reato estinto per prescrizione, ma, nel valutare la vicenda ai fini di cui all' articolo 578 cod. proc. penumero , ha «riconosciuti] l'attenuante di cui al comma VII dell' articolo 590 bis cod. penumero ». Per effetto del riconoscimento della attenuante rectius della ritenuta rilevanza concausale del comportamento delle persone offese ha ridotto la provvisionale indicata dal giudice di primo grado, determinandola in € 250.000,00 per V.G.P. e in € 150.000,00 per M.R. a fronte di provvisionali indicate dal Tribunale rispettivamente in € 500.000,00 e in € 300.000,00 . Le restanti statuizioni civili della sentenza impugnata sono state confermate. È stata dunque confermata - per quanto rileva in questa sede - la condanna dell'imputato e, in solido con lui, della OMISSIS s.p.a., al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio. 2. Il procedimento ha ad oggetto un incidente stradale verificatosi nel primo pomeriggio dell' OMISSIS a Bergamo, in Via OMISSIS . Secondo la concorde ricostruzione dei fatti fornita dai giudici di merito, quel giorno V.G. si trovava alla guida della propria auto ancorché la sua patente fosse scaduta, viaggiava a una velocità di 57,5 km/h superiore al limite di 50 km/h previsto nei centri abitati e investì V.G.P. e M.R. che stavano attraversando la strada. Dalle sentenze di primo e secondo grado risulta che, prendendo come riferimento la direzione dell'auto, l'attraversamento avvenne da sinistra verso destra, con traiettoria lievemente obliqua, e iniziò subito prima di un attraversamento pedonale regolato da impianto semaforico dotato di un pulsante di chiamata premendo il quale scatta per gli autoveicoli, prima la luce gialla e poi la luce rossa. L'investimento avvenne sulle strisce, a circa un metro e trenta dal marciapiede di destra, quando i due pedoni avevano percorso più della metà della carreggiata. Dalle sentenze di merito emerge che la strada è rettilinea, l'avvistamento dei pedoni era possibile almeno settanta metri prima del punto di impatto e il conducente dell'auto frenò e sterzò solo all'ultimo momento. Le tracce di frenata, infatti, partivano dalle strisce pedonali per poi procedere in direzione obliqua verso sinistra. Nel capo di imputazione si legge che i pedoni «stavano attraversando [ ] la carreggiata nonostante il semaforo indicasse luce rossa». Nel corso del giudizio il tema è stato oggetto di approfondimento, sia con riferimento all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato che, in tesi difensiva, avrebbe dovuto essere esclusa per essere l'evento ascrivibile soltanto all'imprudente comportamento dei pedoni , sia con riferimento alla possibilità di applicare l'attenuante prevista dall' articolo 590 bis, comma 7, cod. penumero Il Tribunale ha ritenuto la penale responsabilità dell'imputato osservando che le persone offese furono investite quando avevano quasi completamente attraversato la carreggiata, sicché V.G. avrebbe potuto evitarle mantenendo una velocità conforme ai limiti stabiliti e prestando maggiore attenzione alla strada. Ha ritenuto, inoltre, che l'attenuante di cui all' articolo 590 bis, comma 7, cod. penumero non potesse trovare applicazione. Ha osservato a tal fine che i pedoni erano visibili a settanta metri di distanza e V.G. frenò soltanto «quando ormai la collisione non era più evitabile», sicché l'incidente fu causato da una distrazione di tale gravità da elidere la rilevanza causale «di ogni eventuale colpa concorrente». Muovendo da queste considerazioni, il Tribunale ha ritenuto «del tutto irrilevante l'accertamento in ordine al fatto che le parti civili attraversassero sulle strisce, ovvero in prossimità delle stesse, o che il semaforo proiettasse la luce verde per i pedoni già al momento in cui questi iniziavano l'attraversamento, ovvero successivamente» pag. 5 della motivazione . L'imputato ha proposto appello contro la sentenza di primo grado dolendosi dell'affermazione della penale responsabilità e, in subordine, della mancata applicazione dell'attenuante. Ha sottolineato, inoltre, che l'applicazione dell' articolo 590 bis, comma 7, cod. penumero non comportava soltanto la riduzione della pena inflitta in primo grado, ma anche la riduzione della provvisionale concessa alle parti civili e ha formulato motivi in tal senso. Prima che avesse inizio il giudizio di secondo grado per l'esattezza, in data 11 marzo 2024 è spirato il termine di prescrizione. Pertanto, la Corte di appello ha deciso sulla impugnazione ai sensi dell' articolo 578 cod. proc. penumero La Corte territoriale ha ritenuto sussistente un comportamento colposo delle persone offese sottolineando che, sulla base delle emergenze istruttorie, V.G.P. e M.R. attraversarono in «in direzione non ortogonale, ma obliqua rispetto all'asse stradale» non impegnarono la carreggiata «in corrispondenza delle strisce pedonali, ma [ .] qualche metro più a monte in direzione dell'auto» non rispettarono «il segnale rosso impartito dal semaforo pedonale» non verificarono «adeguatamente il campo dell'attraversamento» pag. 6 della motivazione . Secondo la sentenza di appello, tale comportamento colposo non esclude la rilevanza causale della condotta tenuta da V.G Questi, infatti, «pur fruendo di un campo visivo di circa settanta metri nell'ambito di un rettilineo e con luce diurna», non si accorse dalla presenza dei due pedoni in attraversamento e, pertanto, «non può in alcun modo negarsi che egli abbia condotto l'automobile con un grave tasso di disattenzione disattenzione alla quale si aggiunge - prescindendo dal fatto che la sua patente era scaduta - la circostanza che, pur ottantaduenne all'epoca dei fatti, egli si [pose] alla guida del veicolo senza gli strumenti di correzione della vista che pure erano prescritti» pag. 9 della motivazione . Così argomentando, la Corte di appello ha ritenuto che, nel caso di specie, non potesse trovare applicazione l' articolo 129, comma 2, cod. proc. penumero Conseguentemente, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato ascritto all'imputato. Tuttavia come risulta in termini non equivoci dalla lettura del dispositivo ha «riconosciuto l'attenuante di cui al comma VII dell' articolo 590 bis cod. penumero » e, «per l'effetto», ha ridotto «la provvisionale concessa a V.G.P. all'Importo di € 250.000 e quella concessa a M.R. al € 150.000». Dalla motivazione della sentenza risulta che la Corte di appello ha determinato nella misura del 50% «il concorso di colpa delle persone offese» nella causazione dell'evento e, per questo, ha ridotto del 50% la misura delle provvisionali. 3. Per mezzo del difensore munito di procura speciale, le parti civili costituite - V.G.P. e M.R. - hanno proposto ricorso contro la sentenza di appello chiedendo «l'annullamento delle statuizioni civili» in essa contenute. 3.1. Col primo motivo, la difesa delle parti civili ricorrenti deduce vizio di motivazione e travisamento della prova. Sostiene che la Corte di appello ha ritenuto che i pedoni abbiano iniziato l'attraversamento con luce rossa per loro e verde per le automobili perché ha travisato il contenuto delle osservazioni svolte dal consulente tecnico di parte ing. L.F. l'unico tra i consulenti che - come la sentenza impugnata riconosce - ha compiuto uno studio sul ciclo di attivazione del semaforo . A differenza di quanto sostenuto dai giudici di appello, infatti, le argomentazioni sviluppate dal consulente delle parti civili smentiscono le dichiarazioni della teste A.P., secondo la quale i pedoni iniziarono l'attraversamento quando il semaforo per le auto proiettava luce rossa e dimostrano che, anche se il verde per i pedoni non era ancora scattato, per le auto il semaforo proiettava luce gialla, sicché V.G. aveva comunque l'obbligo di fermarsi. Secondo i ricorrenti, le sentenze di primo e secondo grado avrebbero travisato le dichiarazioni della A.P., la quale ha affermato che, quando i pedoni iniziarono ad attraversare, il semaforo pedonale era rosso ha riferito infatti che aveva premuto il pulsante di chiamata e stava aspettando il verde e ne ha dedotto che il semaforo doveva essere verde per le auto, ma non ha certo escluso non avendolo osservato che fosse già scattato il giallo. Secondo la difesa di parte civile, la sentenza impugnata sarebbe incorsa in travisamento della prova anche con riferimento alle dichiarazioni rese da A.V Questo teste ha dichiarato che le persone offese impegnarono la carreggiata al di fuori delle strisce pedonali, ma, secondo i ricorrenti, ciò non comporta affatto che l'attraversamento sia avvenuto in obliquo. Si tratta, infatti, di un minimo discostamento dalle strisce che vi fu solo nella fase iniziale e, quando raggiunsero il centro della carreggiata dunque prima dell'investimento , entrambe le persone offese si trovavano all'interno delle strisce pedonali dove, infatti, iniziano le tracce di frenata . 3.2. Col secondo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione con riferimento all'asserita scarsa attenzione alla strada prestata dalle persone offese nel corso dell'attraversamento. Osserva a tal fine che, secondo quanto riferito dal teste A.V., prima di attraversare, V.G.P. e M.R. guardarono a destra e a sinistra. La difesa sostiene che, avendo iniziato l'attraversamento quando il semaforo proiettava luce gialla per le auto, le persone offese usarono la dovuta prudenza nella fase iniziale e nessuna ulteriore cautela era loro richiesta perché, avendo impegnato una strada rettilinea in una situazione di perfetta visibilità, potevano fare affidamento sul corretto comportamento dei conducenti delle auto che fossero sopravvenute, i quali avrebbero dovuto mantenere la velocità prescritta nei centri abitati, avrebbero dovuto fermarsi al semaforo e, comunque, potevano vederli. 3.3. Col terzo motivo, la difesa deduce vizi della motivazione con la quale la Corte di appello ha ritenuto che le condotte colpose attribuite alle persone offese abbiano la stessa gravità della condotta colposa ascritta all'imputato. Secondo la difesa, anche se i pedoni avessero attraversato «in esatta corrispondenza delle strisce pedonali» e avessero mantenuto un «costante controllo circa l'eventuale sopravvenienza di veicoli», l'evento si sarebbe ugualmente verificato. In primo luogo, perché la distanza tra il punto in cui iniziò l'attraversamento e il passaggio pedonale era contenuta e fu progressivamente colmata tanto che l'investimento avvenne in corrispondenza delle strisce in secondo luogo, perché il superamento dei limiti di velocità da parte dell'imputato avrebbe «neutralizzato» l'efficacia di ogni tentativo di spostarsi compiuto dai pedoni dopo essersi accorti della presenza dell'auto. In tesi difensiva, a ciò deve aggiungersi che, quando i pedoni iniziarono l'attraversamento, il semaforo proiettava luce gialla per le auto e ciò obbligava l'imputato a fermarsi. 4. Con memoria in data 27 dicembre 2024, il difensore dell'imputato ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso proposto dalle parti civili. Il difensore osserva, in primo luogo, che i motivi di ricorso censurano la sentenza della Corte di Appello sotto profili di merito attinenti alla ricostruzione del fatto. Sostiene, dunque, che si tratta di motivi volti ad ottenere una rilettura delle emergenze probatorie e orientata ad una loro diversa valutazione e quindi inammissibili in sede di legittimità. Sotto diverso profilo, il difensore dell'imputato ricorda che il reato ascritto a V.G. è stato dichiarato estinto per prescrizione, sicché il concorso di colpa delle persone offese e l'entità di tale concorso può incidere soltanto sulla quantificazione della provvisionale. Osserva che, per giurisprudenza costante, la determinazione delle percentuali di colpa ascrivibili all'imputato e alla persona offesa non può essere oggetto di ricorso per Cassazione, perché ha «natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata» la difesa cita Sez. 3, numero 18663 del 27/01/2015, D.G., Rv. 263486 . La difesa dell'imputato osserva, inoltre citando Sez. U, numero 2246 del 19/12/1990, dep. 1991, Capelli, Rv. 186722 , che «Il provvedimento con il quale il giudice di merito nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento». Sottolinea, infine, che, nel giudizio penale, il concorso di colpa del danneggiato assume rilevanza soltanto quando è idoneo da solo a determinare l'evento ai sensi dell' articolo 41 cod. penumero Pertanto, il giudice civile resta libero di accertare tale concorso di colpa o di escluderlo o di determinarne la percentuale in misura diversa rispetto a quella indicata dal giudice penale. Conclude che, nel caso di specie, il ricorso delle parti civili è inammissibile principalmente e prioritariamente per carenza di interesse. 5. Con memoria in data 10 gennaio 2025 il difensore delle parti civili ricorrenti ha insistito nei motivi proposti e ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata ai sensi dell' articolo 622 cod. proc. penumero sostenendo che, per effetto di tale annullamento, dovrebbero essere «confermate le statuizioni civili rese ex artt.74 - 538 cod. proc. penumero con la sentenza del Tribunale di Bergamo in composizione monocratica del 8.4.2022». 6. All'odierna udienza, svoltasi con trattazione orale perché il difensore dell'imputato ha formulato tempestiva richiesta in tal senso, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi per carenza di interesse e, solo in subordine, per manifesta infondatezza. Considerato in diritto 1. La vicenda oggetto del procedimento è stata ricostruita con chiarezza dalle decisioni di merito, concordi nel ritenere che V.G. sia responsabile dell'incidente nel quale V.G.P. e M.R. riportarono lesioni. La Corte di appello ha condiviso le considerazioni del giudice di primo grado quanto alla rilevanza causale della condotta contestata a V.G. e al suo carattere colposo e ha dichiarato la prescrizione del reato, intervenuta l'11 marzo 2024 in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado . Nel dichiarare la prescrizione, la Corte territoriale ha respinto le argomentazioni sviluppate nei motivi di appello dal difensore dell'imputato, secondo il quale l'incidente era stato determinato in via esclusiva dal comportamento delle persone offese in totale assenza di colpa da parte di V.G Così operando, i giudici di appello hanno fatto applicazione dell' articolo 578 cod. proc. penumero Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, «Nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell'imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l'estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale numero 182 del 2021 , ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l'assoluzione nel merito» in tal senso Sez. U, numero 36208 del 28/03/2024, Calpitano, Rv. 286880 che si pongono in continuità con Sez. U. numero 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273, secondo le quali «All'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili» , 2. Avendo dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, la Corte di appello era chiamata a valutare la responsabilità dell'imputato ai soli effetti civili. Non poteva dunque ritenere circostanze attenuanti. Il dispositivo della sentenza impugnata, invece, così testualmente recita «in parziale riforma della sentenza impugnata da V.G., riconosciuta l'attenuante di cui al comma VII dell' articolo 590 bis cod. penumero , dichiara non doversi procedere nei confronti dell'appellante». Dalla lettura della motivazione si desume che, a fronte di motivi di appello con i quali era stata chiesta l'applicazione della attenuante in parola esclusa dal Giudice di primo grado e la conseguente riduzione, non solo della pena, ma anche dell'importo delle provvisionali, la Corte di appello ha ritenuto di doversi pronunciare sul concorso di colpa delle persone offese. Nel farlo, ha riconosciuto una attenuante che, avendo dichiarato la prescrizione del reato, non avrebbe potuto ritenere. Questa statuizione, errata in diritto, consegue tuttavia alla ritenuta sussistenza del concorso di colpa delle persone offese e, dunque, a una valutazione che la Corte di appello poteva compiere dovendo decidere sui capi della sentenza concernenti gli interessi civili ai sensi dell' articolo 578 cod. proc. penumero L'imputato, peraltro, aveva impugnato in termini espliciti le statuizioni civili della sentenza di primo grado sia con riferimento alla esclusione del concorso di colpa sia quanto alla determinazione dell'entità delle provvisionali. Com'è evidente, le parti civili non potevano proporre ricorso contro la errata applicazione della attenuante. Lo hanno proposto, dunque, contro le statuizioni civili riguardanti il riconoscimento del concorso di colpa e la determinazione della misura di tale concorso. 3. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che una impugnazione è ammissibile ai sensi dell' articolo 568, comma 4, cod. proc. penumero soltanto se la parte che la propone vi ha interesse. Un interesse che deve essere attuale e concreto deve quindi «mirare a rimuovere l'effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato» per tutte, Sez. U, numero 7 del 25/06/1997, Chiappetta, Rv. 208165 . Le Sezioni Unite di questa Corte si sono specificamente occupate dell'interesse della parte civile a impugnare la decisione con la quale l'imputato sia stato prosciolto con la formula perché il fatto non costituisce reato e hanno ritenuto sussistente un tale interesse anche quando la formula di assoluzione non ha efficacia preclusiva, osservando che, con la costituzione di parte civile nel giudizio penale, il danneggiato trasferisce «in sede penale l'azione civile di danno e ha quindi interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto può essergli riconosciuto» Sez. U, numero 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815 . L'interesse della parte civile ad impugnare è stato ritenuto sussistente anche con riferimento alle sentenze dichiarative di prescrizione se questa dichiarazione è avvenuta erroneamente e ha prodotto effetti sulle statuizioni civili. Si è affermato che, «nei confronti della sentenza di primo grado che abbia dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come nei confronti della sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, è ammissibile l'impugnazione della parte civile ove con la stessa si contesti l'erroneità di detta dichiarazione» Sez. U, numero 28911 del 28/03/2019, Massaria c/ Papaleo, Rv. 275953-01 . Si è precisato a tal fine che, in questo caso, «la legittimazione della parte civile ad impugnare deriva direttamente dalla previsione dell' articolo 576, comma 1, cod. proc. penumero , mentre l'interesse concreto deve individuarsi nella finalità di ottenere, in caso di appello, il ribaltamento della prima pronuncia e l'affermazione di responsabilità dell'imputato, sia pure ai soli fini delle statuizioni civili, e, in caso di ricorso in cassazione, l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile in grado di appello, ex articolo 622 cod. proc. penumero , senza la necessità di iniziare ex novo il giudizio civile». È stato cosi affermato l'ulteriore principio che ha carattere generale e rileva nel caso oggetto del presente ricorso secondo il quale «la valutazione dell'interesse ad impugnare, sussistente allorché il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l'eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più favorevole per l'impugnante, va operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata» Sez. U, numero 28911 del 28/03/2019, Massaria c/ Papaleo, Rv. 275953-02 . Si è affermato inoltre che la concretezza dell'interesse ad impugnare deve essere «parametrata al raffronto tra quanto statuito dalla sentenza impugnata e quanto, con l'impugnazione svolta, si vorrebbe invece ottenere» e la valutazione in ordine alla sussistenza di tale interesse «va operata con riferimento alla prospettazione contenuta nel ricorso» così Sez. U, numero 28911 del 28/03/2019, pag. 19 e pag. 20 della motivazione . Applicando questi principi, la giurisprudenza successiva ha affermato che «la sussistenza di un interesse concreto della parte civile ad impugnare una pronuncia di proscioglimento per prescrizione va verificata con riferimento alla prospettazione contenuta nell'atto di impugnazione degli specifici effetti favorevoli che la parte civile si ripromette di ottenere e valutando se l'accoglimento dell'impugnazione possa effettivamente comportare la situazione di vantaggio perseguita» Sez. 5, numero 14015 del 18/02/2020, Vacca, Rv. 278993 . Nella medesima prospettiva anche in questo caso prendendo le mosse dai principi di diritto affermati dalle citate sentenze delle Sezioni Unite , si è sostenuto che la parte civile ha interesse ad impugnare la sentenza di assoluzione che abbia riconosciuto l'esimente di cui all' articolo 599, comma secondo, cod. penumero , pur se priva di efficacia preclusiva all'azione civile ai sensi dell' articolo 652 cod. proc. penumero Si è osservato a tal fine che, avendo scelto di perseguire i propri interessi in sede penale, la parte civile «ha diritto ad osteggiare mediante le impugnazioni una pronuncia diversa da quella a cui avrebbe aspirato» indipendentemente dal rilievo extrapenale che il codice di rito assegna alla pronunzia di proscioglimento che «la possibilità di introdurre ex novo un giudizio civile senza vedersi opporre dalla controparte una pronunzia liberatoria normativamente rilevante», non consente di valutare «priva di interesse la scelta della parte civile di perseguire, mediante il potere di impugnazione che l' articolo 576 cod. proc. penumero le conferisce, il riconoscimento del proprio diritto da parte del giudice penale» Sez. 5, numero 17941 del 07/02/2020, N., Rv. 279205, pag. 7 della motivazione . 4. Nel valutare se, nel caso oggetto del presente ricorso, le parti civili abbiano interesse alla impugnazione proposta ci si deve muovere all'interno di queste coordinate ermeneutiche e si deve tenere presente che, nel caso di specie, i ricorrenti hanno chiesto l'annullamento della sentenza di appello nella parte in cui valuta come colposa la loro condotta attribuendole un ruolo concausale nel verificarsi dell'incidente e nella parte in cui, quantificato nella misura del 50% tale concorso di colpa, determina l'entità delle provvisionali in misura inferiore rispetto a quella indicata dal giudice di primo grado. 5. Come si è detto, i ricorrenti deducono vizi di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui attribuisce loro un concorso di colpa nella causazione dell'evento. La difesa dell'imputato non si è limitata a contrastare tali deduzioni nel merito e ha sostenuto che le parti civili non avrebbero interesse ad impugnare questa statuizione. Anche il Procuratore generale ha sostenuto l'inammissibilità per carenza di interesse del ricorso proposto dalle parti civili. In questo senso si sono orientate due pronunce di questa Sezione che, richiamando la giurisprudenza civile relativa alla interpretazione dell'articolo 651 cod. proc. penumero , hanno ritenuto «inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione della parte civile volto a censurare l'accertamento del giudice di merito in ordine al concorso di colpa della vittima nella determinazione causale dell'evento, trattandosi di accertamento che non ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno» Sez. 4, numero 17219 del 20/03/2019, M., Rv. 275874 Sez. 4, numero 44096 del 04/11/2021, Bianchi, non massimata . Le sentenze citate giungono a tali conclusioni sulla base dei principi affermati dalla giurisprudenza civile secondo la quale, l'efficacia di giudicato della condanna penale di una delle parti che partecipano al giudizio civile, risarcitorio e restitutorio, investe, ex articolo 651 cod. proc. penumero , solo la condotta del condannato e non il fatto commesso dalla persona offesa, pur costituita parte civile, anche se l'accertamento della responsabilità abbia richiesto la valutazione della correlata condotta della vittima per tutte, Sez. 3 civile, Sentenza numero 1665 del 29/01/2016, Rv. 638322 Sez.3 civile, Ordinanza numero 21402 del 06/07/2022, Rv. 665209 . Sottolineano, inoltre che il primo comma dell' articolo 651 cod. proc. penumero conferisce alla sentenza penale di condanna efficacia di giudicato nel giudizio civile restitutorio e risarcitorio promosso nei confronti del condannato «quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso» che, pertanto, il giudicato investe solo la condotta del condannato che all'accertamento della sussistenza del fatto si connette l'accertamento della sua illiceità e della sua commissione da parte dell'imputato e che l'accertamento dell'esistenza di una correlata condotta della vittima, rimane esterno a questo ambito. 6. Contrastano con queste considerazioni alcune sentenze delle sezioni civili di questa Corte che - pur avendo ribadito che il giudicato penale in sede civile ha ad oggetto solo l'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e l'affermazione che l'imputato lo ha commesso - hanno ridimensionato, almeno in parte, l'affermazione secondo la quale se, in sede penale si accerta un comportamento della vittima costituita parte civile in giudizio dotato di efficacia concausale nel verificarsi dell'evento, tale accertamento non ha valore di giudicato nel processo civile. Rileva nel senso indicato la sentenza numero 15392 del 13/06/2018 Rv. 649308 - 01 della Terza Sezione civile, secondo la quale «Nel giudizio civile risarcitorio, il giudicato penale di condanna spiega effetto vincolante ai sensi dell' articolo 651 c.p.p. in ordine all'accertamento del nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica e delle circostanze di tempo, luogo e modo di svolgimento di esso, ma non preclude al giudice civile l'accertamento dell'apporto causale del danneggiato - il quale, se di regola è inidoneo ad escludere la responsabilità penale, può ridurre la responsabilità civile del danneggiante ai sensi dell' articolo 1227, comma 1, c.c. - ove non sia stato considerato dal giudice penale ai fini dell'accertamento a lui demandato». Il significato dell'affermazione secondo la quale l'accertamento dell'apporto causale del danneggiato non è precluso «ove non sia stato considerato dal giudice penale ai fini dell'accertamento a lui demandato» è chiarito alla pagina 5 della motivazione, ove si legge per fatto accertato dal giudice penale ai sensi dell' articolo 651 cod. penumero , «deve intendersi il nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica costituita dall'accadimento oggettivo, accertato dal giudice penale, configurato dalla condotta, evento e nesso di causalità materiale tra l'una e l'altro fatto principale e le circostanze di tempo, luogo e modi di svolgimento di esso. Ne consegue che, mentre nessuna efficacia vincolante esplica nel giudizio civile il giudizio penale - e cioè l'apprezzamento e la valutazione di tali elementi - la ricostruzione storico-dinamica di essi è invece preclusiva di un nuovo accertamento da parte del giudice civile, che non può procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell'episodio. Altresì rimesso all'accertamento ed alla valutazione del giudice civile è l'elemento soggettivo del fatto, escluso dalla nozione obbiettiva di esso, e non comprensibile nella nozione di «illiceità penale» di cui all' articolo 651 cod. proc. penumero ». Sullo specifico tema delle concause e della possibilità di desumere dal giudicato penale effetti preclusivi dell'accertamento in sede civile del concorso di colpa del danneggiato, la sentenza in esame osserva quanto segue pag. 6 e 7 della motivazione «una concausa può bensì ridurre la responsabilità civile del danneggiante ai sensi dell' articolo 1227, comma primo, cod. civ. , ma non esclude di regola la responsabilità penale, per il principio di equivalenza causale ex articolo 41 cod. penumero ». Pertanto, «l'eventuale apporto causale colposo del danneggiato non necessariamente costituisce lo stesso fatto accertato dal giudice penale per gli effetti di cui all' articolo 651 cod. proc. civ. e può essere dunque invocato a proprio favore dal danneggiante convenuto in giudizio per il risarcimento». La sentenza in esame aggiunge che «la ricostruzione storico-dinamica dell'accaduto è preclusiva di un nuovo accertamento da parte del giudice civile, che non può procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell'episodio», ma può «indagare su altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale ai fini del giudizio a lui demandato, come nella specie il comportamento della parte lesa, negli aspetti in nessun modo esaminati dal giudice penale ed incidenti sull'apporto causale nella produzione dell'evento». A sostegno di tali affermazioni, la sentenza cita «Cass. 28/03/2001, numero 4504, che ha cassato la sentenza d'appello nella parte in cui aveva ritenuto che la richiesta in sede civile di verifica del concorso di colpa del danneggiato fosse preclusa dall'intervenuto accertamento della sua responsabilità in sede penale in ordine all'omicidio colposo v. anche Cass. 28/05/2015, numero 11117 , che, in base a tale principio, ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva escluso che al giudice civile fosse preclusa l'affermazione della concorrente responsabilità del danneggiato da sinistro stradale dal giudicato penale di condanna della controparte, anche in considerazione del fatto che il giudizio penale si era svolto sulla base di imputazioni che rendevano del tutto compatibile l'accertamento della responsabilità colposa [dell'imputato, numero d.r.] con l'accertamento, in sede civile, della eventuale corresponsabilità di altri soggetti, compreso il danneggiato Cass. 01/03/2004, numero 4118, che, in base al richiamato principio, ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva affermato la responsabilità concorrente del danneggiato da sinistro stradale, per il mancato uso del casco protettivo, escludendo la dedotta efficacia preclusiva del giudicato penale sulla responsabilità dell'altro conducente non difformemente Cass. 28/09/2004, numero 19387, proprio sulla base dell'esposto principio, ha accolto l'appello della danneggiata, cui il giudice di merito aveva attribuito un concorso di colpa nella causazione del danno, per violazione del giudicato penale di condanna del danneggiante, ravvisato in ragione del contrasto tra gli obiettivi elementi di fatto accertati dal giudice penale e quelli, incompatibili con taluni di essi, posti a base della sentenza civile » così, testualmente, pag. 7 della motivazione . Così argomentando, la sentenza in esame mette in luce che, quando esclude l'efficacia preclusiva del giudicato penale rispetto alla affermazione della responsabilità concorrente del danneggiato, la giurisprudenza civile compie una valutazione del caso concreto verificando se vi sia contrasto tra il riconoscimento di tale responsabilità concorrente e l'accertamento compiuto in sede penale. In questa prospettiva, il giudice civile può ritenere sussistente il concorso di colpa del danneggiato, valorizzando aspetti del fatto «in nessun modo esaminati dal giudice penale» ma, nel ritenere o escludere la responsabilità concorrente del danneggiato, non può procedere ad una «ricostruzione storico-dinamica dell'accaduto» diversa da quella accertata in sede penale. Se ne desume che, quando il giudice penale ha esaminato il comportamento della parte lesa attribuendogli rilevanza causale nella produzione dell'evento e, per questo, ha ritenuto esistente il concorso di colpa della vittima costituitasi parte civile in giudizio , il giudice civile non può escludere la rilevanza causale di quel comportamento. Depone nello stesso senso la sentenza Sez. 3, numero 26009 del 06/09/2023 Rv. 669098 - 01 , che si riferisce ad un caso nel quale la Corte di cassazione penale aveva dichiarato la prescrizione del reato confermando le statuizioni civili delle sentenze di merito. Con questa decisione, la Terza sezione civile ha affermato che «L'accertamento in sede penale, con efficacia di giudicato, dell'assenza di un concorso di colpa del danneggiato - costituitosi parte civile - preclude, nel giudizio civile risarcitorio, la riduzione della responsabilità del danneggiante ai sensi dell' articolo 1227, comma 1, c.c. ». Leggendo la motivazione di questa sentenza si apprende che, in presenza di un reato dichiarato estinto per prescrizione e di un dispositivo contenente condanna generica al risarcimento dei danni, i giudici civili di merito avevano ritenuto il concorso di colpa del danneggiato, il quale ha proposto ricorso contro tale decisione. Tale ricorso è stato ritenuto fondato perché dalla motivazione delle sentenze penali prodotte dal ricorrente emergeva che nel giudizio penale il concorso di colpa era stato esplicitamente escluso che l'imputato aveva proposto ricorso per Cassazione contro la condanna sia a fini penali che a fini civili che la Cassazione aveva dichiarato la prescrizione del reato confermando le statuizioni civili che, pertanto, sulla non sussistenza del concorso di colpa della persona offesa e parte civile costituita si era formato il giudicato ed era preclusa al giudice civile una diversa decisione Sez. 3, numero 26009 del 06/09/2023, Rv. 669098 - 01, pag. 6 della motivazione . 7. Nel valutare se la persona offesa costituita parte civile abbia interesse a impugnare una sentenza che abbia riconosciuto il suo concorso di colpa, non si può ignorare l'orientamento della giurisprudenza civile appena illustrato. In presenza di un tale orientamento, infatti, si deve ritenere che - se nell'ambito dell'accertamento a lui demandato - il giudice penale afferma che la persona offesa costituitasi parte civile ha contribuito causalmente al verificarsi dell'evento, la parte civile ha interesse a ricorrere per Cassazione per ottenere l'annullamento della sentenza che contiene un tale accertamento. Ed invero, poiché la concretezza dell'interesse ad impugnare deve essere valutata con riferimento alla prospettazione contenuta nel ricorso e «parametrata al raffronto tra quanto statuito dalla sentenza impugnata e quanto, con l'impugnazione svolta, si vorrebbe invece ottenere» Sez. U, numero 28911 del 28/03/2019, Massaria c/Papaleo, già citata , la parte civile ha un concreto interesse all'annullamento di una sentenza che ha positivamente accertato il suo concorso di colpa, perché ha interesse ad evitare che il giudice civile possa ritenere preclusa una diversa decisione. Non contrasta con queste conclusioni - ed è utile precisarlo - la recente sentenza che, in un caso speculare a quello oggetto del presente ricorso, ha ritenuto «inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione con cui l'imputato lamenta la mancata verifica, da parte del giudice di merito, del concorso di colpa della persona offesa nella causazione dell'evento, posto che tale accertamento non ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno. In motivazione, la Corte ha precisato che nel giudizio civile instaurato a tal fine l'efficacia di giudicato della condanna penale investe, ex articolo 651 cod. proc. penumero , la sola condotta del condannato e non anche quella della persona offesa, pur se costituita parte civile » Sez. 4, numero 14074 del 05/03/2024, Cafarella, Rv. 286187 . Nel caso esaminato da questa sentenza, infatti, l'imputato si doleva della mancata verifica del concorso di colpa della persona offesa sicché nel giudizio di merito cui il ricorso per cassazione si riferiva la rilevanza causale della condotta del danneggiato non era stata né accertata né esclusa. 8. È appena il caso di rilevare che le argomentazioni svolte valgono anche con riferimento alle sentenze pronunciate ai sensi dell' articolo 578 cod. proc. penumero quale è quella oggetto del presente ricorso. Le sezioni civili di questa Corte, infatti, sono concordi nel ritenere che «qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, e il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidano sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, una tale decisione, se la predetta condanna resta confermata, comportando necessariamente, quale suo indispensabile presupposto, l'affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell'imputato, dà luogo a giudicato civile, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti, in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto, la cui illiceità, ormai definitivamente stabilita, non può più essere messa in discussione». Sez. 2 civile, Sentenza numero 14921 del 21/06/2010, Rv. 613677 - 01 . Nel ribadire tale principio, la Terza Sezione civile di questa Corte ha affermato «La sentenza del giudice penale che, nel dichiarare estinto per amnistia il reato, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine all'affermata responsabilità dell'imputato che, pur prosciolto dal reato, non può più contestare in sede civile i presupposti per l'affermazione della sua responsabilità, quali, in particolare, l'accertamento della sussistenza del fatto reato e l'insussistenza di esimenti ad esso riferibili, nonché la declaratoria iuris di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ma può contestare soltanto l'esistenza e l'entità in concreto di un pregiudizio risarcibile Sez. 3 civile, numero 2083 del 29/01/2013, Rv. 625080 . Depone nello stesso senso l'ordinanza numero 27055 del 18/10/2024 Rv. 672491 - 01 , secondo la quale «Qualora il giudice penale, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, pronunci condanna generica dell'imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile, a tale statuizione deve riconoscersi efficacia vincolante, in ordine all'affermata responsabilità dell'imputato, nel successivo giudizio civile risarcitorio, che resta deputato unicamente all'accertamento dell'esistenza ed entità in concreto di un pregiudizio risarcibile ex articolo 1223 c.c. » Sez. 3 civile, Ordinanza numero 27055 del 18/10/2024, Rv. 672491 - 01 . 9. Alla luce delle considerazioni sin qui sviluppate, nel caso di specie, l'interesse ad impugnare può essere ritenuto sussistente con riferimento ai motivi con i quali le parti civili ricorrenti contestano di aver contribuito con la propria condotta colposa al verificarsi dell'evento. Ne consegue che questi motivi devono essere esaminati nel merito. 10. Come si è detto, la sentenza impugnata ha ritenuto che il comportamento delle persone offese abbia fornito un contributo causale al verificarsi dell'investimento. Ha osservato a tal fine pag. 6 della motivazione - che, secondo le attendibili dichiarazioni della teste A.P., i due pedoni impegnarono la carreggiata da sinistra verso destra rispetto alla direzione di marcia dell'auto , partendo da una pensilina che sempre tenendo conto della direzione di marcia dell'auto era posta prima delle strisce - che, quando l'attraversamento ebbe inizio, la macchina condotta da V.G. era visibile e la teste A.P. ha detto di averla vista - che anche il teste A.V. ha reso dichiarazioni in tal senso, affermando che, al momento dell'investimento, la donna M.R. era sulle strisce e l'uomo V.G.P. era accanto a lei, ma non sulle strisce la sentenza fa rinvio alla pag. 8 del verbale dell'udienza del 16 dicembre 2021 che è stato allegato all'atto di ricorso . Secondo la Corte di appello, inoltre, V.G.P. e M.R. iniziarono l'attraversamento senza rispettare il segnale rosso impartito dal semaforo pedonale e senza verificare adeguatamente che la strada fosse sgombra. I ricorrenti sostengono che, per giungere a tali conclusioni, la Corte territoriale avrebbe ignorato le argomentazioni sviluppate dal Consulente tecnico della difesa di parte civile, secondo le quali il pulsante di chiamata del semaforo pedonale era stato premuto dalla A.P. che ha reso dichiarazioni in tal senso e, quando il pulsante viene premuto, quasi istantaneamente, il semaforo per le auto diventa giallo. La lettura della sentenza impugnata non fornisce riscontro a queste doglianze. I Giudici di appello hanno sottolineato pag. 7 della motivazione - che la tesi secondo la quale il semaforo proiettava luce gialla per le auto non contrasta con le affermazioni della teste A.P., la quale ha dichiarato di aver premuto il pulsante del semaforo pedonale e di aver visto i due pedoni attraversare mentre ancora stava aspettando il verde alla luce gialla per le auto corrisponde, infatti, comunque, la luce rossa per i pedoni - che, non solo secondo la A.P., ma anche secondo il teste A.V. i due pedoni attraversarono col rosso - che le dichiarazioni rese dal A.V. secondo il quale, prima di attraversare, i pedoni guardarono a destra e sinistra, ma poi smisero di guardare , non consentono di escludere un comportamento colposo dei pedoni stessi - che, «la teorica luce gialla proiettata dal semaforo per gli automobilisti» non ha rilevanza dal «punto di vista» dei pedoni, e, nel rispetto delle norme in materia di disciplina della circolazione stradale, M.R. e V.G.P. non avrebbero comunque dovuto iniziare l'attraversamento fintantoché il semaforo pedonale proiettava luce rossa - che un diverso comportamento avrebbe potuto evitare l'investimento e dunque le persone offese contribuirono, con la propria condotta, al verificarsi dell'evento. Alla luce delle argomentazioni sviluppate dalla sentenza impugnata, non può dirsi che i dati probatori in particolare le considerazioni del consulente delle parti civili e le deposizioni dei testimoni oculari siano stati trasposti in modo inesatto nel ragionamento del giudice di merito o distorti nel loro significato. La motivazione sviluppata dai giudici di appello, peraltro, è completa e scevra da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità. Pertanto, le censure dei ricorrenti finiscono per esaurirsi nella richiesta di una rilettura degli elementi di prova, inammissibile nel giudizio di legittimità. Si rammenta in proposito che, per costante giurisprudenza, il richiamo agli atti del processo contenuto nell'articolo 606, comma primo, lett. e , cod. proc. penumero , non dà spazio a una rivalutazione in sede di legittimità dell'apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, riservato in via esclusiva al giudice del merito. Come è stato opportunamente chiarito «il vizio di contraddittorietà processuale o travisamento della prova vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di fotografia , neutra e avalutativa, del significante , ma non del significato , atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova» Sez. 5, numero 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370 . 11. Si deve valutare a questo punto se le parti civili possano avere interesse a dedurre vizi di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui determina la misura percentuale del concorso di colpa. È dirimente in proposito la disposizione di cui all' articolo 651, comma 1, cod. proc. penumero - già più volte richiamata - in base alla quale «la sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale». Ed invero, in presenza di una condanna generica, la valutazione con la quale il giudice penale determina la misura percentuale del concorso di colpa della persona offesa costituita parte civile in giudizio, è estranea all'accertamento della «ricostruzione storico-dinamica dell'accaduto» e, come si è chiarito, solo questo accertamento - che riguarda il nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica - ha efficacia di giudicato nel processo civile. Trova pertanto applicazione il principio - consolidato nella giurisprudenza civile di legittimità - secondo il quale la ripartizione percentuale di responsabilità nella causazione del danno tra imputato e danneggiato eventualmente operata dal giudice penale, non è vincolante nel giudizio per il risarcimento del danno e le restituzioni Sez.3 civile, Ordinanza numero 21402 del 06/07/2022, Rv. 665209 Sez. 3 civile, Sentenza numero 1665 del 29/01/2016, Rv. 638322 Sez. 3 civile, Sentenza numero 11117 del 17-28/05/2015, Michelacci, in motivazione . La giurisprudenza penale, del resto, non fornisce indicazioni di segno contrario ed è anzi costante nel ritenere che la condanna generica al risarcimento dei danni «costituisce una mera declaratoria juris da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione» Sez. 4, numero 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, Bordogna, Rv. 270386 Sez. 2, numero 11813 del 11/04/1989, Pirrone, Rv. 182014 . A questo proposito si è sostenuto che, «in tema di reato colposo, il giudice penale è tenuto ad accertare la colpa concorrente del terzo, rimasto estraneo al giudizio, al solo fine di verificare la rilevanza della sua condotta sull'efficienza causale del comportamento dell'imputato e di assicurare la correlazione tra gravità del reato e determinazione della pena, ai sensi dell' articolo 133, primo comma, numero 3 cod. penumero , dovendosi escludere, in via generale, l'esistenza di un obbligo di quantificazione percentualistica dei diversi fattori causali dell'evento, a meno che egli non sia chiamato a pronunciare statuizioni civilistiche e ricorra il fatto colposo della parte civile» Sez. 4, numero 23080 del 30/01/2017, Monaco, Rv. 270428 . Alla luce di queste argomentazioni si deve concludere che, quando è ravvisabile un concorso di colpa della persona offesa e il giudice penale ha pronunciato condanna generica al risarcimento del danno, spetta al giudice civile determinare l'incidenza causale dell'imprudenza del danneggiato sulla misura dell'obbligazione risarcitoria e che la indicazione dell'entità del concorso di colpa operata dal giudice penale rileva solo ai fini del trattamento sanzionatorio e della quantificazione della provvisionale. Pertanto, l'impugnazione volta ad ottenere una diversa determinazione della misura percentuale del concorso di colpa delle persone offese costituite parti civili è inammissibile per carenza di interesse. In tal senso, la giurisprudenza di legittimità si è già pronunciata con la sentenza Sez. 4, numero 4607 del 20/09/2017, dep. 2018, Collo del, Rv. 271953 conforme Sez. 4, numero 12333 del 28/02/2024, Corda, non massimata . La massima estratta dalla sentenza numero 4607 del 20/09/2017 testualmente recita «Non è accoglibile il ricorso per cassazione della parte civile volto a censurare la statuizione del giudice di merito in ordine alla quantificazione delle percentuali di concorso delle colpe del reo e della vittima nella determinazione causale dell'evento, trattandosi di accertamento che non ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno», ma dalla lettura della motivazione emerge che il ricorso, comunque «non accoglibile», è stato valutato inammissibile per difetto di interesse. 11.1. A ciò deve aggiungersi che, quand'anche non inammissibile per carenza di interesse, il motivo avente ad oggetto la ripartizione quantitativa del ritenuto concorso di colpa sarebbe comunque manifestamente infondato alla luce di una giurisprudenza consolidata secondo la quale «le statuizioni del giudice di merito in ordine alla quantificazione delle percentuali di concorso delle colpe del reo e della vittima nella determinazione causale dell'evento costituiscono apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità» Sez. 4, numero 45797 del 22/06/2017, Antoci, Rv. 271053 Sez. 4, numero 43159 del 20/06/2013, Sparapani, Rv. 258083 Sez. 4, numero 4537 del 21/12/2012, dep. 2013, Fatarella, Rv. 255099 . 12. Resta da valutare se le parti civili possano avere interesse a ricorrere per cassazione contro la decisione con la quale i giudici di merito hanno determinato l'entità delle provvisionali. In questo caso, la carenza di interesse è evidente. Come noto, infatti, il provvedimento col quale, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, il giudice di merito assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non può essere impugnato per cassazione non essendo, per sua natura, suscettibile di passare in giudicato ed essendo «destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento» Sez. U, numero 2246 del 19/12/1990, dep. 1991, Capelli, Rv. 186722 . 13. In sintesi - e conclusivamente - nessuno dei motivi di ricorso supera il vaglio di ammissibilità - i motivi aventi ad oggetto le statuizioni civili con le quali è stato riconosciuto il concorso di colpa delle persone offese sono inammissibili perché esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945 - i motivi aventi ad oggetto la determinazione della misura del ritenuto concorso di colpa e la determinazione dell'entità della provvisionale sono inammissibili per carenza di interesse. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale numero 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico di ciascuno di loro, a norma dell' articolo 616 cod. proc. penumero , l'onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.