Si aggrava la posizione di un necroforo di un ospedale pugliese. Possibile, difatti, alla luce delle osservazioni compiute dalla Cassazione, il licenziamento deciso dall’Azienda sanitaria locale per il dipendente sanzionato penalmente per una lite, fuori dall’orario di servizio, con un conoscente.
La vicenda in commento riguarda un dipendente – con mansioni di necroforo – di un ospedale pugliese licenziato nel 2021 a causa di un episodio verificatosi fuori dall'orario di servizio, ossia per «avere aggredito, nel corso di una lite, un suo conoscente recandogli lesioni con un colpo d'arma da fuoco, fatto, questo, per cui aveva patteggiato una pena di tre anni di reclusione». Impossibile, secondo l'Azienda sanitaria locale, la prosecuzione del rapporto di lavoro. E di questo avviso sono anche i giudici di primo grado, i quali ritengono « compromesso il rapporto fiduciario con il datore di lavoro , anche in considerazione del fatto che la condotta è indice di pericolosità nei confronti dell'utenza dell'ospedale». Di parere opposto sono, a sorpresa, i giudici di secondo grado, i quali osservano, in premessa, che «il lavoratore è un necroforo che cura il trasporto dei cadaveri all'interno dell'ospedale e li prepara nella sala mortuaria prima che vengano esposti al pubblico», sicché, aggiungono, « non emerge un nesso logico e consequenziale tra l'episodio, isolato e occasionale, per cui l'uomo aveva patteggiato» nel processo penale, episodio «scaturito nell'ambito di una conflittuale relazione personale con il titolare di un'agenzia funebre concorrente rispetto a quella della famiglia del lavoratore», e «il timore dell'Azienda sanitaria locale che egli non fosse più affidabile per l'esecuzione futura della sua prestazione lavorativa, ovvero che egli potesse ricadere, a breve, in altra condotta aggressiva nei confronti di terzi». A sostegno di questa decisione, poi, la Corte d'Appello richiama un elemento lo stesso Gip, dinanzi al quale il lavoratore ha patteggiato la pena, «ha escluso la pericolosità attuale del soggetto e il rischio di reiterazione del reato» . Tirando le somme, per i giudici di secondo grado, «il fatto» addebitato al dipendente dell'ospedale «è privo di rilievo disciplinare», e quindi «va disposta la reintegra nel posto di lavoro». A portare la vicenda in Cassazione provvede, ovviamente, l'Azienda sanitaria locale pugliese, ritenendo il comportamento tenuto dal dipendente come «idoneo a recidere il vincolo fiduciario» e spiegando di «avere, nell'intimare il licenziamento, soppesato la gravità della condotta» del lavoratore «nei suoi riflessi sul versante lavorativo» e di essere giunta ad «una prognosi di compromissione del vincolo fiduciario». In quest'ottica, poi, dall'Asl sottolineano il peso specifico riconosciuto al « comportamento extralavorativo tenuto dal dipendente, in quanto eccedente per gravità gli standard conformi ai valori dell'ordinamento esistenti nella realtà sociale». Tale visione è ritenuta corretta dalla Suprema Corte, anche, anzi soprattutto, tenendo presente che «il concetto di giusta causa» di licenziamento «non si limita all'inadempimento tanto grave da giustificare la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, ma si estende anche a condotte extralavorative che, tenute al di fuori dell'azienda e dell'orario di lavoro e non direttamente riguardanti l'esecuzione della prestazione lavorativa, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti». E, difatti, «anche condotte concernenti la vita privata del lavoratore possono in concreto risultare idonee a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, allorquando abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto, compromettendo le aspettative d'un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività. Parimenti, comportamenti extralavorativi imputabili al lavoratore possono colpire interessi del datore di lavoro ». In generale, quindi, «il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da compromettere il rapporto fiduciario». Ragionando in questa ottica, comunque, «è pur sempre necessario», precisano i Giudici, «che si tratti di comportamenti che, per la loro gravità, siano suscettibili di scuotere irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro perché idonei , per le concrete modalità con cui si manifestano, ad arrecare un pregiudizio , anche non necessariamente di ordine economico, agli scopi aziendali , e in particolare quando siano contrari alle norme dell'etica comune e del comune vivere civile». Tirando le fila del ragionamento, dunque, «la sussistenza di una giusta causa di licenziamento va accertata in relazione sia alla gravità dei fatti addebitati al lavoratore desumibile dalla loro portata oggettiva e soggettiva, dalle circostanze nelle quali sono stati commessi nonché dall'intensità dell'elemento intenzionale , sia alla proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta », e perciò «rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buonafede e correttezza». Tornando alla vicenda oggetto del processo, in secondo grado si è addebitato all'Azienda sanitaria locale di non avere dato prova «delle fattuali ricadute del fatto illecito del dipendente sulla prestazione lavorativa» e si è parlato di «fatto isolato, occasionale, non idoneo a generare discredito per l'Azienda sanitaria locale e ad incidere su correttezza e affidabilità della futura condotta di un lavoratore non aduso a reazioni scomposte e inappropriate di fronte ad eventi stressanti, e con precedenti penali solo per reati contro il patrimonio furto, danneggiamento, invasione di edifici e non anche contro la persona salvo una condanna, risalente al 1996, per rissa ». Ma, osservano i magistrati di Cassazione, invece, «la specifica illustrazione del fatto in sé fatto di violenza commesso in strada, di indubitabile gravità, anche se fortunosamente di poche conseguenze perché la vittima del reato è stata colpita solo di striscio dal proiettile esploso dal lavoratore, riportando una escoriazione alla gamba soddisfi pienamente l' onere datoriale di allegazione della sua incidenza irrimediabilmente lesiva del rapporto di fiducia lavorativo , in quanto di gravità tale – anche per il contesto opaco entro cui si collocava la condotta contestata, cioè il delineato rapporto conflittuale e concorrenziale che da tempo la famiglia del lavoratore, esercente un'attività di gestione di onoranze funebri, aveva con la famiglia della vittima dell'aggressione – da connotare la figura morale del lavoratore, tanto più perché adibito a mansioni necroforo che implicano un contatto esterno con parenti di soggetti deceduti e con esercenti di imprese di onoranze funebri». Per la Cassazione, quindi, l'Azienda sanitaria locale ha compiuto «una puntuale deduzione della ricaduta negativa del fatto illecito – per cui il lavoratore aveva subito una condanna definitiva a pena patteggiata per i reati di detenzione e porto d'arma giocattolo resa idonea allo sparo e per lesioni dolose – sulla stessa affidabilità delle mansioni di necroforo implicanti l'adibizione alla composizione delle salme e richiedenti contatti con l'utenza , nel contesto civile e sociale, per conto di un'azienda erogatrice di un servizio pubblico, e ciò secondo una corretta impostazione dei rapporti tra i consociati alla luce del principio di legalità e t enendo conto dello statuto particolare del dipendente pubblico ». Inevitabile, quindi, ritenere plausibile il licenziamento deciso dall'Asl ai danni del necroforo. Su questo fronte, però, dovranno nuovamente pronunciarsi i giudici di secondo grado, tenendo però conto delle osservazioni della Suprema Corte, la quale in chiusura precisa che «l'onere di allegazione dell'incidenza, irrimediabilmente lesiva del vincolo fiduciario, del comportamento extralavorativo del dipendente sul rapporto di lavoro è da ritenersi assolto dal datore con la specifica deduzione del fatto in sé, quando esso abbia un riflesso, anche soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto, compromettendo le aspettative d'un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa , in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività, di gravità tale, per contrarietà alle norme dell'etica e del vivere civile comuni, da connotare la figura morale del lavoratore, tanto più se adibito a mansioni che comportano un contatto con utenti».
Presidente Doronzo - Relatore Casciaro Rilevato che 1. At.Gi., addetto come necroforo presso l'Ospedale di C Omissis , veniva licenziato per giusta causa il 9.03.2021 per avere, fuori dall'orario di servizio e in quel di T, aggredito nel corso di una lite un suo conoscente recandogli lesioni con un colpo d'arma da fuoco, fatto per cui aveva patteggiato la pena di tre anni di reclusione il Tribunale di Taranto, adito dal lavoratore, aveva ritenuto legittimo il licenziamento perché era stato compromesso il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, anche in considerazione del fatto che la condotta era indice di pericolosità nei confronti dell'utenza dell'ospedale, ma la Corte d'Appello di Lecce-Taranto, con sentenza numero 456 del 9.11.2023, andando di diverso avviso, accoglieva il gravame del lavoratore, condannando la ASL alle spese di lite 2. nello specifico, la Corte territoriale muoveva dal rilievo che il ricorrente è un necroforo che cura il trasporto dei cadaveri all'interno dell'ospedale e li prepara nella sala mortuaria prima che vengano esposti al pubblico , sicché non emergeva un nesso logico e consequenziale tra l'episodio isolato e occasionale per cui egli aveva patteggiato e scaturito nell'ambito di una conflittuale relazione personale con il titolare di un'agenzia funebre concorrente rispetto a quella della stessa famiglia At.Gi., e il timore dell'ASL che egli non fosse più affidabile per l'esecuzione futura della sua prestazione lavorativa ovvero che egli potesse ricadere, a breve, in altra condotta aggressiva nei confronti di terzi, avendo escluso lo stesso GIP dinanzi al quale l'At.Gi. aveva patteggiato la pericolosità attuale del soggetto e il rischio di reiterazione del reato in definitiva, il fatto era privo di rilievo disciplinare talché andava disposta la reintegra nel posto di lavoro 3. avverso tale sentenza ricorre per cassazione la ASL di Taranto affidando le proprie difese a quattro motivi, cui si oppone con controricorso, assistito da memoria, il lavoratore. Considerato che 1. con il primo motivo si denuncia articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli articolo 414,416,420 e 437 cod. proc. civ., per aver la Corte territoriale acquisito ex officio documenti relativi al processo penale ormai concluso che avrebbe dovuto produrre per tempo lo stesso ricorrente, il quale era incorso in decadenze che non potevano essere superate con l'esercizio dei poteri officiosi del giudice 2. con il secondo mezzo articolo 360 nnumero 3-4 cod. proc. civ. si denuncia violazione e falsa applicazione dell' articolo 2119 cod. civ. , dell'articolo 55 D.Lgs. numero 165 del 2001 e dell'articolo 41 Cost., per non aver il giudice d'appello valutato il comportamento tenuto dal dipendente come idoneo a recidere il vincolo fiduciario la ASL, lungi dal fare una valutazione aprioristica del fatto, aveva, nell'intimare il licenziamento, soppesato la gravità della condotta nei suoi riflessi sul versante lavorativo, giungendo a una prognosi di compromissione del vincolo fiduciario si lamenta violazione dell' articolo 111 Cost. per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione che stride con le risultanze processuali e fa riferimento, sminuendo ingiustificatamente la condotta di rilievo penale, come tale rientrante nell'articolo 10 punto 11 lett. e del codice disciplinare, e sottovalutando grossolanamente la pericolosità del reo, a una lite episodica per strada e, insieme, a tensioni che da tempo agitavano i soggetti entrati in conflitto si richiama, infine, la sentenza di primo grado che ben focalizzava come la condotta penalmente rilevante extra-lavorativa avesse sicura incidenza sul rapporto di lavoro 3. con il terzo mezzo si deduce articolo 360 numero 4 cod. proc. civ. violazione o falsa applicazione dell' articolo 132 cod. proc. civ. e dell'articolo 111 Cost., per motivazione solo apparente e dunque carente, insufficiente o comunque contraddittoria la motivazione, secondo la ricorrente, sarebbe ampia ma del tutto sganciata dai fatti di causa 4. con il quarto, ed ultimo, motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ. , avendo la Corte territoriale pronunziato la condanna alle spese senza considerare la qualità di ente pubblico della soccombente, la complessità della questione, decisa con alterni esiti nei giudizi di merito, e la regolarità del procedimento disciplinare, circostanze che avrebbero dovuto indurre a compensare integralmente le spese di primo e secondo grado 5. il primo e il terzo motivo sono, seppur per ragioni diverse, inammissibili lo è il primo per l'irrituale tecnica di formulazione perché, pur deducendo un preteso error in procedendo, tuttavia non riferisce una conseguente nullità della sentenza come invece sarebbe stato doveroso cfr., per tutte, Cass. S.U. numero 17931/2013 la censura sembra oltretutto prescindere dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte affermato che, nel rito del lavoro, l'esercizio dei poteri istruttori del giudice può essere utilizzato a prescindere dalla maturazione di preclusioni probatorie in capo alle parti, vedendo quali suoi presupposti la ricorrenza di una semiplena probatio e l'individuazione ex actis di una pista probatoria Cass., Sez. L, 26597 del 23/11/2020 Cass., Sez. 3, numero 17683 del 25/08/2020 , cosa di cui il giudice d'appello dà diffusamente conto evidenziando che l'acquisizione documentale del fascicolo Gip e dello stesso PM si era resa necessaria per comprendere in quale ambito si fosse inserita la condotta violenta p. 2 sentenza l'inammissibilità del terzo motivo consegue al fatto che il vizio di motivazione è configurabile, invero, nella sola ipotesi Cass., SU, numero 8053/2014 in cui la motivazione o manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum esula, invece, dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti, implicante un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito quest'ultima è l'ipotesi inammissibilmente denunciata nella fattispecie, avendo la ricorrente dedotto che la motivazione sarebbe, a suo dire, ampia ma del tutto sganciata dai fatti di causa 6. il secondo motivo, che lamenta l'erronea esclusione della giusta causa di licenziamento nel comportamento extralavorativo tenuto dal dipendente, in quanto eccedente per gravità gli standards conformi ai valori dell'ordinamento esistenti nella realtà sociale, è invece fondato corretta appare innanzi tutto la denuncia del vizio alla stregua di violazione di legge ed infatti, la giusta causa è una nozione che la legge allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo configura con una disposizione ascrivibile alla tipologia delle cosiddette clausole elastiche di limitato contenuto, delineante un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama sicché, tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge Cass. 15 aprile 2016, numero 7568 Cass. 24 marzo 2015, numero 5878 Cass. 2 marzo 2011, numero 5095 Cass. 4 maggio 2005, numero 9266 in specifico riferimento all'integrazione del precetto normativo compiuta dal giudice di merito, la contestazione del giudizio valutativo operato in quella sede non si deve limitare a una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenere, come appunto nel caso di specie, una specifica denuncia di incoerenza del predetto giudizio rispetto agli standards, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale Cass. 15 aprile 2016, numero 7568 Cass. 24 marzo 2015, numero 5878 Cass. 26 aprile 2012, numero 6498 Cass. 2 marzo 2011, numero 5095 a questo riguardo, è noto come, secondo indirizzo ormai consolidato di questa Corte, il concetto di giusta causa non si limiti all'inadempimento tanto grave da giustificare la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, ma si estenda anche a condotte extralavorative che, tenute al di fuori dell'azienda e dell'orario di lavoro e non direttamente riguardanti l'esecuzione della prestazione lavorativa, nondimeno possano essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti da ultimo Cass. 18 agosto 2016, numero 17166 infatti, anche condotte concernenti la vita privata del lavoratore possono in concreto risultare idonee a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, allorquando abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto compromettendo le aspettative d'un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività parimenti, comportamenti extralavorativi imputabili al lavoratore possono colpire interessi del datore di lavoro il lavoratore è tenuto, infatti, non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o comprometterne il rapporto fiduciario Cass. 19 gennaio 2015, numero 776 Cass. 31 luglio 2015, numero 16268 nondimeno, è pur sempre necessario che si tratti di comportamenti che, per la loro gravità, siano suscettibili di scuotere irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro perché idonei, per le concrete modalità con cui si manifestano, ad arrecare un pregiudizio, anche non necessariamente di ordine economico, agli scopi aziendali Cass. 18 settembre 2012, numero 15654 in particolare, quando siano contrari alle norme dell'etica comune e del comune vivere civile Cass. 1 dicembre 2014, numero 25380 la sussistenza di una giusta causa di licenziamento va accertata, quindi, in relazione sia alla gravità dei fatti addebitati al lavoratore desumibile dalla loro portata oggettiva e soggettiva, dalle circostanze nelle quali sono stati commessi nonché dall'intensità dell'elemento intenzionale , sia alla proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta per la quale ultima rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza Cass. 16 ottobre 2015, numero 21017 Cass. 4 marzo 2013, numero 5280 Cass. 13 febbraio 2012, numero 2013 in relazione ad esso, la Corte territoriale ha ritenuto che la ASL abbia disatteso l'onere, indubbiamente a suo carico, di allegazione e dimostrazione delle fattuali ricadute del fatto illecito del dipendente sulla prestazione lavorativa, evidenziando che si tratterebbe di un fatto isolato, occasionale non idoneo a generare discredito all'azienda sanitaria e ad incidere sulla correttezza e affidabilità della futura condotta di un lavoratore non aduso a reazioni scomposte e inappropriate di fronte a veneti stressanti così pp. 5-6 della sentenza e con precedenti penali solo per reati contro il patrimonio furto, danneggiamento, invasione di edifici e non anche contro la persona salvo la risalente condanna per rissa del 1996 ebbene, essa non ha valutato come, invece, la specifica illustrazione del fatto in sé fatto di violenza commesso in strada, di indubitabile gravità, anche se fortunosamente di poche conseguenze perché la vittima del reato è stata colpita solo di striscio dal proiettile esploso dal ricorrente riportando una escoriazione alla gamba , così la stessa corte salentina a p. 2 della sentenza , sussumibile nella previsione dell'articolo 10, comma 11 lett. e, del Codice disciplinare La sanzione disciplina del licenziamento senza preavviso si applica per e commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar luogo alla sospensione cautelare, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 11 , soddisfi pienamente l'onere datoriale di allegazione della sua incidenza irrimediabilmente lesiva del rapporto di fiducia lavorativo in quanto di gravità tale, anche per il contesto opaco entro cui si collocava la condotta contestata id est, il delineato rapporto conflittuale e concorrenziale che da tempo la famiglia dell'At.Gi. esercente un'attività di gestione di onoranze funebri aveva con la famiglia Tu . , il cui componente era vittima del reato, p. 2 sentenza , da connotare la figura morale del lavoratore Cass. 9 ottobre 2015, numero 20319 , tanto più perché adibito a mansioni necroforo che, come riconosce lo stesso giudice d'appello p. 6 , implicano un contatto esterno Cass. 23 agosto 2016, numero 17260 con parenti di soggetti deceduti e con esercenti di imprese di onoranze funebri e ad un siffatto onere di allegazione l'ASL ha adempiuto attraverso la puntuale deduzione della ricaduta negativa del fatto illecito per cui il lavoratore aveva subito una condanna definitiva a pena patteggiata ex articolo 444 cod. proc. penumero per i reati di detenzione e porto d'arma giocattolo resa idonea allo sparo e per lesioni dolose sulla stessa affidabilità delle mansioni di necroforo implicanti l'adibizione alla composizione delle salme e richiedenti contatti con l'utenza nel contesto civile e sociale di loro disimpegno per conto di un'azienda erogatrice di un servizio pubblico e ciò secondo una corretta impostazione dei rapporti tra i consociati alla luce del principio di legalità e tenendo conto dello statuto particolare del dipendente pubblico dalle superiori argomentazioni discende allora, coerente, l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata e con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità - donde l'assorbimento del quarto motivo di ricorso -, alla Corte d'Appello di Lecce, dovendosi ritenere, in continuità con Cass., Sez. L, numero 24023 del 2016, che l'onere di allegazione dell'incidenza, irrimediabilmente lesiva del vincolo fiduciario, del comportamento extralavorativo del dipendente sul rapporto di lavoro sia da ritenersi assolto dal datore con la specifica deduzione del fatto in sé, quando esso abbia un riflesso, anche soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto compromettendo le aspettative d'un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività, di gravità tale, per contrarietà alle norme dell'etica e del vivere civile comuni, da connotare la figura morale del lavoratore, tanto più se adibito a mansioni che comportano un contatto con utenti. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibili il primo e il terzo ed assorbito il quarto cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Lecce in diversa composizione.