Controllo sulla durata delle intercettazioni: si poteva fare di più?

Il Senato della Repubblica ha approvato, in data 9 ottobre 2024, il disegno di legge S-932, d’iniziativa del senatore Zanettin, che in questi giorni è sottoposto alla definitiva approvazione della Camera atto C-2084 . Il disegno di legge, che ha ad oggetto «Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione», incide su un punto cruciale del procedimento penale attinente appunto alla durata delle operazioni di intercettazione.

La normativa vigente Non tutti sanno che attualmente le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni non hanno termini di durata massima e quindi, di proroga in proroga, esse possono protrarsi per l'intera fase delle indagini preliminari che, per i reati più gravi, raggiunge i due anni articolo 407 c.p.p. . Subire per due anni l'ininterrotto e invasivo controllo delle proprie conversazioni e della propria vita privata, scrutata anche nell'intimità, soprattutto quando è impiegato il virus trojan , è una servitus iustitiae difficilmente tollerabile anche per un inquisito, che, pur essendo sospettato di aver commesso un reato, è pur sempre un presunto innocente che ha diritto alla segretezza delle sue comunicazioni e alla riservatezza della sua vita privata. Ma l'intercettazione può colpire anche un soggetto che è estraneo alle indagini , come un testimone o addirittura la persona offesa dal reato, per i quali essere “ascoltati” occultamente e invasivamente tanto a lungo rappresenta sicuramente un eccesso evitabile. Eppure, è noto che la necessità e adeguatezza delle misure limitative dei diritti fondamentali della persona sono principi cardinali di uno Stato di diritto, previsti dal diritto sovranazionale e interno, più volte richiamati sia dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, sia dalla Corte di giustizia UE, oltre che dalla nostra Corte costituzionale. Addirittura, la Corte EDU aveva reiteratamente indicato, tra i requisiti essenziali per ritenere che una regolamentazione delle intercettazioni sia compatibile con la preminenza del diritto necessaria in una società democratica, tra l'altro, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni , ma il monito è rimasto inascoltato per quasi vent'anni. L'attuale situazione normativa Attualmente l' articolo   267, comma 1, c.p.p. prevede che il pubblico ministero richieda al giudice per le indagini preliminari l' autorizzazione a disporre l'intercettazione e il giudice autorizzi, con decreto motivato, in presenza dei due presupposti i “ gravi indizi ” di uno dei reati indicati negli articolo 266 e 266- bis c.p.p. e l'”assoluta indispensabilità” ai fini della prosecuzione delle indagini. L' articolo 267, comma 3, c.p.p. stabilisce che il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione «indica le modalità e la durata delle operazioni». Tale durata « non può superare i quindici giorni , ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni», qualora permangano i presupposti dell'autorizzazione e cioè i “gravi indizi di un reato” intercettabile e l'“assoluta indispensabilità” dell'intercettazione. Quindi se il giudice per le indagini preliminari ritiene che permangano tali presupposti, autorizza la proroga di volta in volta , anche per tutta la durata delle indagini, con un decreto per il quale la giurisprudenza non richiede una particolare motivazione a sostegno.  Spetta poi al pubblico ministero emanare un decreto c.d. decreto esecutivo con cui regola le modalità e la durata delle operazioni. Infatti, secondo la giurisprudenza, solo al pubblico ministero è demandato il compito di stabilire con decreto le modalità e i tempi delle operazioni di intercettazione autorizzate dal giudice per le indagini preliminari. Le modalità e la durata delle operazioni, previamente autorizzate, sono rimesse al pubblico ministero, salva la possibilità di proroga del termine da parte del giudice, che solo in tale specifica ipotesi indica l'ulteriore periodo di protrazione dell'attività di ricerca della prova. Ne consegue che il termine di durata delle intercettazioni può legittimamente essere sospeso , per ragioni contingenti, funzionali alle indagini e concretamente apprezzabili, per poi riprendere la sua decorrenza dal momento in cui, venuta meno la causa di sospensione, venga riattivata la captazione delle conversazioni, senza la necessità di una nuova autorizzazione, ove permangano i presupposti previsti dalla legge. La mancanza di adeguatezza nella durata indefinita delle intercettazioni Com'è noto, si distingue da tempo tra la ragionevolezza e proporzionalità di una norma sanzionatoria o punitiva, che non deve produrre una compressione eccessiva dei diritti fondamentali del suo destinatario, con una valutazione rivolta al passato e dunque retrospettiva backward-looking e la necessità e l'adeguatezza della misura processuale rispetto alla finalità legittima perseguita dalla norma, con una valutazione orientata al futuro e quindi prospettica forward-looking . Ma, finora, la legge italiana disciplinava le intercettazioni come un mezzo di ricerca della prova senza limiti di durata e quindi privo dei caratteri della necessità e adeguatezza rispetto alla finalità da raggiungere. Era pertanto indifferibile domandarsi sulla esistenza e praticabilità di altre possibili misure meno incidenti sul diritto fondamentale ad esempio, l'acquisizione dei tabulati, la geolocalizzazione , nonché sulla sostenibilità del bilanciamento effettuato dal legislatore tra la finalità perseguita e la limitazione del diritto fondamentale del destinatario della misura . Le modifiche all' articolo 267 c.p.p. per i reati comuni Il disegno di legge Zanettin si propone di approntare qualche rimedio a questa illegittima disciplina, intervenendo sia sull' articolo 267 c.p.p. che sull' articolo 13 d.l.13 maggio 1991, numero 152 , convertito con mod. dalla l. 12 luglio 1991, numero 203 . Ci si sarebbe aspettati che il legislatore del 2025 apponesse finalmente per legge un termine massimo alla durata delle operazioni di intercettazioni , che, incidono su un valore fondamentale della persona quale la segretezza delle comunicazioni e conversazioni, tutelato dagli articolo 15 Cost. e 8 Conv. e.d.u., alla pari di quanto è previsto, ad esempio, per la durata massima delle misure cautelari. Invece, il disegno di legge in approvazione aggiunge all' articolo 267, comma 3, c.p.p. , il seguente periodo «le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni , salvo che l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione». In questo modo non viene posto , per legge, un termine di durata massima delle operazioni di intercettazione , come sarebbe ragionevole per ogni atto limitativo di diritti fondamentali, ma soltanto una prima durata , di fatto, la minima, di quarantacinque giorni, che sembra una durata adeguata per un'indagine su un reato di non particolare gravità. In questo modo, però, l'intervento legislativo non pone un termine di durata massima dell'intercettazione, ma solo un primo termine , superabile se, con « espressa motivazione », contenente «elementi specifici e concreti», il giudice per le indagini preliminari giustifichi l'« assoluta indispensabilità » delle operazioni per una durata superiore . Quindi non esisterà nemmeno in futuro un termine massimo di legge per la durata delle intercettazioni, che potranno essere prorogate per tutta la durata delle indagini e quindi fino a diciotto mesi.    E poiché la Corte di Cassazione, in tema di motivazione del decreto di proroga delle intercettazioni, è stata finora piuttosto lassista, non c'è molto da illudersi che in futuro si possa affermare una giurisprudenza tendente a valutare con particolare severità tali richieste di proroga del PM sarà naturale osservare, come oggi, che, in fondo, il PM sta chiedendo solo di poter continuare ad indagare . Certo, occorrerà una « espressa motivazione », anche se sarebbe stato meglio esigere una “autonoma valutazione” come nell' articolo 267, comma 1, c.p.p. per autorizzare l'intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile per escludere la tanto abusata motivazione per relationem e tale motivazione “rafforzata” deve fare   riferimento ad « elementi specifici e concreti » già emersi ma qualsiasi indagine, dopo quarantacinque giorni si auspica che abbia portato a raccogliere qualche elemento di prova.  Certamente gli elementi da porre a base di questa rafforzata motivazione dovranno essere più d'uno visto l'uso del plurale e “ specifici ”, cioè riferiti specificamente all'ipotesi di reato per il quale l'intercettazione è stata autorizzata, mentre l'aggettivazione di “concretezza” pare ultronea, non esistendo elementi di prova astratti o ipotetici. D'altronde, il riferimento agli elementi già emersi resta indicato piuttosto genericamente, perché dovrebbero essere elementi emersi dall'intercettazione a dimostrazione della sua “indispensabilità” , ma il requisito potrebbe essere interpretato anche in senso più ampio come elementi emersi da altri atti di indagine. Inoltre, potrebbe trattarsi di elementi che confermano la sussistenza del reato ipotizzato o addirittura la responsabilità di taluno, che potrebbe essere l'intercettato oppure un indagato o anche un terzo finora rimasto estraneo alle indagini in tutti questi casi sarebbero elementi che giustificano la proroga dell'intercettazione. Le modifiche all'articolo 13 d.-l. numero 152/1991 per i reati di criminalità organizzata Le modifiche all' articolo 13 dl. numero 152/1991 , conv. con mod. dalla l. 12 luglio 1991, numero 203 , sono meramente formali. L' articolo 13 d.l. 13 maggio 1991, numero 152 , conv. con mod., dalla l. 12.7. 1991, numero 203 , introduce un regime speciale che apporta diverse deroghe alla disciplina ordinaria dettata dall' articolo 267, commi 1 e 3, c.p.p.   Il menzionato articolo 13 originariamente si riferiva solamente alle indagini « in relazione ad un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono ». Mentre è facilmente individuabile il delitto di minaccia col mezzo del telefono, grande incertezza regnava nella giurisprudenza nell'accertare quali fossero i delitti di “criminalità organizzata”. Sul punto le Sezioni unite della Corte di Cassazione fecero chiarezza, includendo anche il delitto di cui all' articolo 416 c.p. tra i reati di criminalità organizzata e precisando che per “delitti di criminalità organizzata, anche terroristica” si intendono quelli “elencati nell'articolo 51, commi 3- bis e 3- quater , c.p.p., nonché quelli comunque facenti capo a un'associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato” Cass., Sez. unumero 28.4.2016, Scurato, numero 26889 in precedenza le stesse Sezioni Unite avevano affermato sia pure in riferimento alla mancata sospensione dei termini processuali nel periodo feriale prevista dall'articolo 240- bis disp. coord. che la nozione di “criminalità organizzata” deve intendersi riferibile non solo ai reati di criminalità mafiosa ed assimilata e ai delitti associativi previsti da norme incriminatici speciali, ma anche a qualsiasi tipo di “associazione per delinquere” , ex articolo 416 c.p., correlata alle attività criminose più diverse, con l'ovvia esclusione del mero concorso di persone nel reato, atteso che in tali ipotesi manca il requisito dell'organizzazione Cass., Sez. unumero , 11.5.2005, Petrarca ed altri, numero 17706 . Negli anni tale disciplina speciale è stata però progressivamente estesa dal legislatore . Una prima estensione ha riguardato i procedimenti per delitti di terrorismo di cui agli articolo 270- ter  e 280- bis  c.p., nonché di cui all'articolo 407, comma 2, lett. a , numero 4 c.p.p. articolo 3 d.l. numero 374/2001 , conv. con mod. dalla l. 438/2001 . Successivamente la disciplina speciale è stata estesa ai delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale cioè ai delitti contro la personalità individuale di cui agli articolo 600-604 c.p. nonché dall' articolo 3 l. 20.2.1958, numero 75 , che sostituì gli articolo 531 e 536 c.p. in materia di delitti in materia di sfruttamento dell'altrui prostituzione articolo 9 l. numero 228/2003 . Inoltre, il menzionato articolo 13 è stato applicato anche ai delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell' articolo 4 c.p.p. articolo 6 del d.lgs. numero 216/2017 . Ancora vi fu un'altra estensione ai procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti articolo 452- quaterdecies  c.p. e sequestro di persona a scopo di estorsione articolo 630 c.p. , ovvero commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416- bis  c.p. forza di intimidazione del vincolo associativo e condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivano o per agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso articolo 1, comma 1, d.l. numero 105/2023 , conv. dalla l. numero 137/2023 , norma definita di carattere interpretativo a partire da Cass., sez. II, numero  47643/2023 e Cass., sez. VI, numero 41458/2024 . Infine il comma 3- bis del menzionato articolo 13 inserito dall' articolo 19, comma 1, della l. numero 90/2024 ha esteso la disciplina speciale ai procedimenti per i delitti di accesso abusivo a sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico articolo 615- ter , comma 3, c.p. di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici pubblici o di interesse pubblico articolo 635- ter  c.p. di danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblico interesse 635- quinquies  c.p. nonché, quando i fatti sono commessi in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, in relazione ai procedimenti per i delitti legati ad attività di intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche articolo 617- quater , 617- quinquies  e 617- sexies  c.p. . Il disegno di legge specifica  che le deroghe apportate dall'articolo 13, comma 1, della legge speciale alle disposizioni dell' articolo 267 c.p.p. devono intendersi riferite al comma 1 di questa disposizione e, quindi, ai presupposti necessari per l'autorizzazione le intercettazioni nelle indagini per i reati suindicati, che viene concessa allorché le stesse appaiano «necessarie» non «indispensabili» in presenza di «sufficienti» e non «gravi» indizi di reato, «per lo svolgimento delle indagini» e non per «la prosecuzione» .   Il disegno di legge specifica pure che la disciplina del comma 2 del menzionato articolo 13 si applica nei casi di cui al comma 1 “in deroga a quanto disposto dall' articolo 267, comma 3, c.p.p. ” e pertanto in riferimento alla durata delle intercettazioni che per questi più gravi reati è prevista in quaranta giorni e non quindici con successive proroghe di venti giorni e non di quindici , fino alla conclusione delle indagini e cioè fino a due anni. Pertanto la disposizione che limita a 45 giorni la durata delle intercettazioni non si applica ai reati di criminalità organizzata e restano immutate le ulteriori deroghe,  rappresentate dalla previsione che nei «casi d'urgenza» alla proroga dell'intercettazione provvede lo stesso pubblico ministero, dovendosi poi osservare le disposizioni dell' articolo 267, comma  2, c.p.p. per la convalida, nonché il fatto che l'intercettazione nel domicilio è consentita anche se non vi è «fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa», come pure che il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare, nelle operazioni di intercettazione, da agenti di polizia giudiziaria. Conclusioni Il giudizio sull'intervento legislativo non può essere del tutto positivo perché rimane al di sotto delle aspettative. Infatti, tra i due valori costituzionali in gioco, l'esigenza della repressione penale, da una parte, e la segretezza delle comunicazioni, dall'altra, non è ragionevole che la prima prevalga totalmente a discapito della seconda per l'intera fase delle indagini preliminari. Occorre un bilanciamento tra di esse che si può raggiungere soltanto apponendo un limite massimo alla durata delle operazioni di intercettazione. Se un sacrificio totale della segretezza delle comunicazioni può essere giustificato per i reati di criminalità organizzata, tale giustificazione non è ammissibile per i reati “comuni”, per i quali sarebbe stato ragionevole apporre un tetto massimo e  non una mera “motivazione rafforzata”. Pertanto, l'intervento legislativo promette più di quanto offre e quindi appare più di facciata che di sostanza, se non addirittura di natura gattopardesca perché fa nascere il timore che si sia cambiato tutto per non cambiare niente.