L’impianto fotovoltaico installato da un condomino sul tetto deve garantire il pari uso

Il diritto di posizionare l’impianto fotovoltaico sul tetto non assurge a diritto assoluto ed esclusivo in quanto va sempre contemperato con l’interesse degli altri condomini garantendo la possibilità di ripartirne l’uso. Nel caso in cui un condomino prevarichi i coesistenti diritti altrui usando l’intera superficie del tetto, dovrà ridimensionare l’estensione dei pannelli fotovoltaici per permettere l’installazione ad altri condomini.

Il caso La vicenda traeva origine dalla installazione di un impianto fotovoltaico , da parte di una condomina, sul tetto dell'edificio. Gli altri condomini l'avevano evocata in giudizio per accertare l' abusività dell'impianto e chiederne la rimozione in subordine, il ridimensionamento dell'impianto e il risarcimento dei danni derivanti dalla occupazione illegittima dell'area condominiale. Il fulcro della controversia si incentrava sulla interpretazione delle norme sul godimento delle parti comuni, disciplinato principalmente dall' articolo 1102 c.c. L'installazione del fotovoltaico aveva sottratto una porzione significativa dello spazio comune e impedito agli altri condomini di installarvi propri impianti fotovoltaici. Pertanto, gli attori chiedevano che venisse accertata l'illegittimità della installazione e che fosse disposta la rimozione o, in alternativa, la riduzione dell'impianto alle dimensioni della superficie di tetto spettante alla convenuta in ragione della caratura millesimale. Inoltre, rivendicavano il risarcimento del danno subìto a causa della occupazione illegittima e della compressione del diritto di uso delle parti comuni. La decisione Il Tribunale di Trani ha affrontato la questione della legittimità dell'utilizzo del tetto da parte della convenuta accogliendo parzialmente la domanda attorea. Ha escluso l'integrale rimozione dell'impianto riconoscendo che l'utilizzo esclusivo di una parte della cosa comune da parte di un condomino non è illegittimo, a condizione che non pregiudichi i diritti degli altri condomini . Tuttavia, ha ritenuto che l 'impianto fotovoltaico impediva l'uso del tetto da parte degli altri condòmini per scopi analoghi sicché violava il principio dell'uso proporzionale delle cose comuni . Pertanto, il decidente ha ordinato il ridimensionamento dell'impianto fotovoltaico affinché la superficie occupata fosse limitata alla quota di tetto spettante alla convenuta in base ai suoi millesimi come indicato nella CTU. La riduzione dell'impianto consentirebbe agli altri condòmini di usufruire di una porzione di tetto sufficiente per l'eventuale installazione di impianti fotovoltaici garantendo l'uso proporzionale della cosa comune. Assenza di prova del danno Gli attori avevano chiesto anche un indennizzo per il danno subìto a causa della occupazione illegittima del tetto. Tuttavia, il Tribunale ha respinto tale domanda ritenendo che non era stata fornita alcuna prova tangibile del prospettato danno. Anche la richiesta di liquidazione equitativa del danno è stata disattesa poiché presuppone che il danno sia certo nella sua esistenza ontologica. In assenza di una dimostrazione adeguata del danno, la richiesta risarcitoria è stata respinta. Brevi considerazioni La pronuncia esamina un tema di grande attualità, quello del diritto dei condòmini all'utilizzo delle parti comuni in un contesto di innovazione tecnologica come l'installazione di impianti fotovoltaici. Il Tribunale ha bilanciato il diritto individuale della convenuta di installare l'impianto fotovoltaico sul tetto con il diritto degli altri condòmini di godere delle stesse parti comuni senza subire pregiudizio. La decisione di ridimensionare l'impianto in luogo della rimozione risponde al tentativo di conciliare le diverse esigenze senza sacrificare completamente l'uso esclusivo del bene comune da parte del singolo condomino. Viene confermata la necessità di prove adeguate per ottenere il risarcimento del danno. L'onere della prova è imprescindibile in questo tipo di controversie un danno sguarnito di prova non può essere risarcito nemmeno in via equitativa.

Giudice Moselli Motivi della decisione Con atto di citazione notificato in data 1/4/2017 parte attrice conveniva dinanzi all'intestato Tribunale di Trani per ivi sentire accertare e dichiarare l'abusiva ed illegittima realizzazione da parte della convenuta, sul tetto dell'edificio condominiale, di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica e, per l'effetto, farne disporre la rimozione a cura e spese della stessa, anche in esecuzione di due delibere condominiali, ovvero, in subordine, il ridimensionamento fino alla concorrenza della porzione di tetto condominiale corrispondente alla sua quota, con liberazione dello spazio comune abusivamente occupato, in violazione degli articolo 1102 e 1120 c.c. il tutto con condanna della omissis alla corresponsione di un indennizzo in favore degli attori, da quantificarsi in via equitativa, a causa ed in conseguenza dell'occupazione illegittima ed abusiva del tetto condominiale, oltre che al pagamento delle spese e competenze di causa. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 20/09/2017 si costituiva in giudizio la convenuta omissis impugnando e contestando ogni avversa deduzione, richiesta e conclusione. Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di conciliazione. Infatti è in atti il verbale del 19/09/2016 che indica l'esito negativo della conciliazione per mancata comparizione delle parti, circostanza che integra e realizza la condizione di procedibilità, in quanto anche tale evenienza rappresenta un esito negativo dell'incontro ed è contemplata dallo stesso D. Lgs. numero 28/2010 . Nel merito la domanda volta ad accertare e dichiarare l'abusiva ed illegittima realizzazione da parte della convenuta omissis dell'impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica è fondata, nei limiti di seguito indicati. E' noto che l' articolo 1102 c.c. consente al comproprietario l'utilizzazione ed il godimento della cosa comune anche in modo particolare e più intenso, ovvero nella sua interezza, ponendo il divieto, piuttosto, di alterare la destinazione della cosa e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, così da negare che l'utilizzo del singolo possa risolversi in una compressione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari. Quando, a norma dell' articolo 1102 c.c. , si ha un abuso della cosa comune, per l'alterazione della sua destinazione ovvero per l'impedimento del pari uso di essa da parte degli altri partecipanti alla comunione, ciascuno dei partecipanti è legittimato ad esercitare lo ius prohibendi per ottenere la cessazione della condotta illegittima, oltre che a promuovere un'azione di risarcimento del danno, inteso come effetto della diminuzione della quota o della perdita materiale del bene oggetto della comproprietà arg. da Cass. Sez. 2, 12/09/2003, numero 13424 Cass. Sez. 2, 10/01/1981, numero 243 Cass. Sez. 2, 12/09/1970, numero 1388 . Nel caso in esame, dall'istruttoria svolta, è emerso che l'impianto fotovoltaico così come realizzato dalla convenuta sul tetto condominiale, impedisce il pari utilizzo agli altri condomini, tra cui gli odierni ricorrenti, non consentendo loro di effettuare impianti analoghi e, comunque, riservando a ciascuno di essi uno spazio eccessivamente limitato ed insufficiente per permetterne un efficace utilizzo, in ogni caso nettamente inferiore a quello occupato dalla convenuta vds. Relazione di C.T.U., pagg. 3 – 4 . In particolare, il consulente tecnico d'ufficio ha accertato che la presenza dell'impianto fotovoltaico realizzato dalla omissis sul tetto del fabbricato condominiale, a servizio esclusivo della sua unità immobiliare, non consente a ciascuno dei rimanenti condomini di poter disporre di un'area di superficie utile pari a quella già occupata dall'impianto esistente e, in ogni caso, di un'area di superficie sufficiente a soddisfare le analoghe esigenze degli altri partecipanti al Condominio, residuando sulla copertura condominiale uno spazio troppo limitato. La realizzazione dell'impianto inoltre è risultata in violazione anche di norme regolamentari quali l'obbligo imposto a ciascun condomino di astenersi dall'usare le parti comuni in modo da impedire o ostacolare l'uso delle stesse da parte degli altri condomini articolo 7 citato regolamento l'obbligo a carico del singolo condomino di dare notizia all'amministratore condominiale dei lavori intrapresi in relazione alla propria unità abitativa articolo 10 citato regolamento il divieto prescritto per ciascun condomino di apportare qualsiasi modificazione al fabbricato senza la preventiva approvazione dell'assemblea articolo 11 citato regolamento . Ne deriva che in accoglimento parziale della domanda la convenuta deve essere condannata non alla eliminazione dell'impianto, essendo possibile l'uso esclusivo di un bene comune, ma al ridimensionamento dell'impianto fotovoltaico al fine di consentire il pari uso degli altri comproprietari. Tale riduzione dell'impianto fotovoltaico oggetto di causa deve avvenire fino a concorrenza della porzione di tetto condominiale effettivamente corrispondente alla propria quota, con conseguente liberazione dello spazio comune per le analoghe finalità degli altri condomini, più precisamente, secondo le indicazioni fornite dal CTU, lo spazio occupato deve corrispondere alla misura di 16,7 mq , indicata dal tecnico come porzione di superficie utilizzabile per l'installazione di moduli fotovoltaici per ogni condomino. Circa la domanda attorea di condanna della convenuta al risarcimento del danno subito dagli attori e/o alla corresponsione di un indennizzo dovuto agli stessi a seguito ed in conseguenza dell'occupazione illegittima ed abusiva del tetto omissis da quantificarsi, in via equitativa, la stessa non può trovare accoglimento in mancanza di prova del danno effettivamente subito. Neppure può farsi luogo ad una liquidazione equitativa del danno, in quanto quest'ultima presuppone che, a monte, il giudice abbia accertato la sussistenza di un danno, circostanza non emersa nel caso in esame si veda, in particolare, la giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo la quale “la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell' articolo 1226 c.c. , presuppone che il pregiudizio economico del quale la parte reclama il risarcimento, sia certo nella sua esistenza ontologica, mentre se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all'applicazione del principio dell'onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l'attore non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata” Cassazione civile, sez. III, 5 aprile 2003, numero 5375 , ma si vedano anche Cassazione civile, sez. I, 10 luglio 2003, numero 10850 Cassazione civile, sez. II, 18 novembre 2002, numero 16202 Cassazione civile, sez. III, 7 marzo 2002, numero 3327 Cassazione civile, sez. II, 8 settembre 1997, numero 8711 . Le spese processuali in ragione del parziale accoglimento della domanda sono compensate per un terzo, mentre i restanti due terzi ai sensi dell' articolo 91 c.p.c. seguono la soccombenza e sono poste a carico di omissis . La liquidazione, come da dispositivo, è effettuata secondo i parametri medi di cui al decreto del Ministero della Giustizia numero 55 del 2014, come modificato dal decreto 147 del 2022 e ss.mm., tenendo conto del valore della controversia e dell'attività effettivamente prestata per ciascuna fase di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa civile di I Grado iscritta al numero 2235/2017 R.G. promossa da omissis , omissis , omissis , omissis […] contro ogni diversa istanza disattesa o assorbita, così provvede - Accoglie in parte la domanda e per l'effetto condanna omissis al ridimensionamento dell'impianto fotovoltaico nella misura indicata dal CTU di 16,7 mq di superficie utilizzabile per l'installazione di moduli fotovoltaici - Compensa tra le parti le spese di lite nella misura di 1/3 - Condanna omissis al pagamento delle restanti spese di lite, che si liquidano già nella misura di 2/ 3, pari ad euro € 191,7 per spese ed euro 3.384,7 per compensi, per ciascuna parte e con distrazione in favore del procuratore che si è dichiarato antistatario, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario al 15 % - Pone le spese di CTU definitivamente a carico di omissis