Vendita di aliud pro alio e accertamento con presunzioni semplici

La Suprema Corte conferma la possibilità di risolvere un contratto di vendita per inadempimento sulla base di plurimi elementi fattuali tali da far presumere che ci sia stata vendita di aliud pro alio.

Il caso Tizio acquistava un violino per un'ingente somma perché attribuito (falsamente) alla produzione di un grande maestro liutaio. Rivelatosi l'inganno, Tizio agiva contro le eredi dell'alienante, che nel frattempo era morto, per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento e la ripetizione di quando indebitamente versato per l'acquisto. Il Tribunale accoglieva il ricorso e risolveva il contratto qualificandolo vendita di aliud pro alio; la Corte d'appello confermava integralmente la sentenza di primo grado. Le eredi dell'alienante ricorrevano, quindi, per Cassazione. Presunzioni semplici Le ricorrenti contestavano che la qualificazione della vendita di aliud pro alio era avvenuta sulla base di un presunzioni semplici, non gravi precise e concordanti come richiesto dall'articolo  2729 c.c.. Asserivano che non vi fosse certezza sull'identità del violino compravenduto rispetto a quello detenuto dall'acquirente (poi sequestrato nel corso di un successivo procedimento penale), considerato che tra la vendita e il sequestro era intercorso un rilevante lasso di tempo e non sussistevano descrizioni tecniche dello strumento, utili ad identificarlo con certezza.  Inoltre, l'assunto per cui il venditore avrebbe apposto un'etichetta apocrifa sul violino venduto per contraffarlo costituirebbe un'inammissibile praesumptio de praesumpto. Indizi gravi, precisi e concordanti La Suprema Corte rigettava il ricorso contestando alle eredi di non aver addotto nei precedenti gradi di giudizio alcun rilievo confutativo in relazione alle plurime motivazioni in virtù delle quali i giudici di merito avevano dichiarato risolto il contratto, perché vendita di aliud pro alio. La Cassazione si sofferma sulla legittimità del ragionamento presuntivo che deve basarsi su indizi gravi, precisi e concordanti, ex art 2729 c.c.. La Corte richiama il suo consolidato orientamento per cui il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi (peraltro mera eventualità e non necessità, cfr. C. Cass. numero 11162 del 2021, numero 23153 del 2018), richiede che il fatto ignoto sia desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, in modo da consentire una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice) non raggiungibile attraverso un'analisi atomistica degli stessi (ex multis C. Cass. numero 11906 del 2003, numero 18611 del 2021, numero 9054 del 2022). Per la configurazione di una presunzione valida non occorre, quindi, che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile del fatto noto mentre è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile quello ignoto alla stregua di un giudizio basato sull'id quod plerumque accidit (ex multis C. Cass. numero 19622 del 2024, 21403 del 2021). Praesumptio de praesumpto Con riferimento all'uso da parte del giudice di merito della praesumptio de praesumpto, ovvero di doppie presunzioni o presunzioni di secondo grado, la Suprema Corte sottolinea che non esiste un divieto in tal senso negli articoli 2729 e 2697 c.c., né in altre norme dell'ordinamento, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un'ulteriore presunzione idonea a fondare l'accertamento del fatto ignoto, sempre che a sua volta sia adeguata (C. Cass. numero 20748 del 2019, numero 27982 del 2020, numero 14788 del 2024).

Presidente Di Virgilio - Relatore Trapuzzano Fatti di causa 1.- Previo esperimento di procedimento cautelare assicurativo ante causam, conclusosi con l'ordinanza depositata il 23 dicembre 2008 di autorizzazione del sequestro conservativo di 198 violini (confermata in sede di reclamo con ordinanza collegiale depositata il 25 marzo 2009), con atto di citazione notificato il 24 febbraio 2009, Ta.Mo. e Ta.Ro. convenivano, davanti al Tribunale di Roma, De.Do. e la figlia minorenne Di.Ma. ((Omissis)), chiedendo che fosse pronunciata la risoluzione del contratto stipulato il (Omissis) tra Di.Se. e Ta.Mo., avente ad oggetto l'acquisto di un violino (Omissis) (rivelatosi non autentico), per inadempimento dell'alienante o, in subordine, che fosse pronunciato l'annullamento di tale contratto per dolo del venditore ovvero per errore del compratore, con la condanna, in ogni caso, delle convenute al pagamento della somma di Euro 650.000,00, a titolo di ripetizione dell'indebito, oltre interessi legali, anche anatocistici, dal pagamento fino al saldo e al risarcimento dei danni. Si costituivano in giudizio De.Do. e la figlia minorenne Di.Ma. ((Omissis)), le quali contestavano la fondatezza, in fatto e in diritto, della ricostruzione avversaria, eccependo la carenza di legittimazione passiva della De.Do. e la mancata integrazione del contraddittorio verso gli altri figli di Di.Se. Quindi, il Tribunale adito, con sentenza numero 6810/2013, depositata il 28 marzo 2013, disponeva la risoluzione dell'emarginato contratto di vendita di aliud pro alio e, per l'effetto, condannava le convenute al pagamento, in favore di Ta.Mo., della somma di Euro 650.000,00, a titolo di restituzione del prezzo corrisposto, oltre interessi legali, nonché al risarcimento del danno morale nella misura di Euro 32.500,00, rigettando ogni altra domanda. 2.- Con atto di citazione notificato il 4 novembre 2013, proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado De.Do., la quale lamentava: 1) l'omessa o carente motivazione in ordine al suo difetto di legittimazione passiva per intervenuta rinuncia all'eredità; 2) la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio, con carente motivazione in relazione alla mancata indicazione degli eredi del de cuius; 3) l'omessa motivazione in ordine alla dichiarata risoluzione del contratto di vendita e alla conseguente condanna alla restituzione del prezzo, in collegamento con la prospettata carenza istruttoria; 4) l'erroneità e contraddittorietà della pronuncia relativa alla condanna al risarcimento dei danni nonché alla liquidazione del danno morale. Con separata istanza era chiesta la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata. Si costituiva in appello Di.Ma., la quale spiegava appello incidentale con cui chiedeva che, previa sospensiva, fosse accertato: 1) il difetto di integrazione del contraddittorio verso gli altri figli di Di.Se., Dm.Se., Se.Na. e Se.Ro. (consanguinei dell'istante), con la conseguente declaratoria di nullità della pronuncia; 2) la mancanza di prova in ordine ai fatti costitutivi delle domande avanzate quanto all'inadempimento contestato, all'integrazione di un'ipotesi di aliud pro alio, all'esistenza dell'animus fraudandi, alla corrispondenza tra il violino venduto e quello sequestrato, alla disposta restituzione del prezzo; 3) l'illegittimità della condanna al risarcimento del danno morale, in ragione dell'estinzione del reato conseguente alla morte del reo; 4) l'erroneità della sua condanna senza alcuna previsione della limitazione di responsabilità patrimoniale ai soli beni costituenti l'asse ereditario, alla stregua della sua accettazione con beneficio d'inventario. Si costituivano nel giudizio di impugnazione altresì Ta.Mo. e Ta.Ro., i quali instavano per la declaratoria di inammissibilità del gravame per difetto di specificità dei motivi ovvero per il suo rigetto, previo rigetto della spiegata inibitoria. Con ordinanza depositata al termine dell'udienza del 14 febbraio 2014, l'efficacia esecutiva della pronuncia impugnata era sospesa limitatamente alla posizione di De.Do., mentre era dichiarata l'inammissibilità dell'istanza proposta da Di.Ma. Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'Appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l'appello principale e l'appello incidentale e, per l'effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata, disponendo la condanna delle appellanti alla refusione delle spese di lite in favore degli appellati. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che De.Do. aveva resistito nel procedimento per sequestro conservativo e nel successivo procedimento di reclamo in proprio e nella qualità di genitrice della figlia minore, contestando i presupposti dell'azione cautelare, ma non specificando che, nell'agire in proprio, si fosse limitata alla contestazione esclusiva di quella parte del provvedimento che riguardava i due violini rinvenuti in casa, di cui affermava la sua esclusiva proprietà, e opponendosi, altresì, in generale, a tutte le domande dei ricorrenti, con la negazione dei presupposti del sequestro; b) che in nessuno di tali procedimenti aveva affermato di non essere erede accettante, sicché doveva ritenersi che avesse accettato tacitamente l'eredità e solo successivamente alla conclusione di detti procedimenti avesse rinunciato ad essa, con la conseguente inefficacia della rinuncia del 26 gennaio 2009; c) che, all'esito dell'eccezione di non integrità del contraddittorio per la mancata vocatio in jus di uno degli eredi del de cuius, l'eccipiente avrebbe avuto l'onere di dimostrare l'avvenuta accettazione dell'eredità dello stesso; d) che la produzione del certificato relativo allo stato di famiglia era idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e dunque la qualità di soggetto chiamato all'eredità, ma non anche quella di erede, posto che essa derivava dall'accettazione, espressa o tacita, non evincibile dal certificato, che costituiva un mero indizio; e) che i documenti depositati, oltre che tardivi (in quanto depositati solo con le comparse conclusionali nel giudizio d'appello, senza che fosse provato che non potessero essere prodotti in precedenza), riguardavano solo due dei tre presunti eredi e non erano sufficienti a dimostrare la qualità predetta; e ciò anche con riferimento all'invito alla mediazione promosso da Pa.Na. e alla dichiarazione della madre del maestro Di.Se.; f) che la decisione del giudice di prime cure in ordine alla ricorrenza dei presupposti della risoluzione per vendita di aliud pro alio, nella consapevolezza del venditore circa la non autenticità del violino, era stata fondata su plurimi elementi: - la scrittura privata con la quale Di.Se. aveva trasferito la proprietà del violino (Omissis) in favore di Ta.Mo., a fronte del pagamento di Euro 650.000,00, il cui testo e la cui sottoscrizione non erano mai stati contestati; - il provvedimento di sequestro del violino in possesso del Ta.Mo., che lo aveva acquistato; - le perizie effettuate sul violino, che ne avevano attestato la falsità; - il tentativo di truffa relativo alla vendita del secondo violino (Omissis) , risultato anch'esso falso, cui era seguito l'arresto in flagranza del maestro; - il rinvenimento nell'abitazione del Di.Se. di numerosi violini, rivelatisi anch'essi contraffatti; g) che siffatte circostanze di fatto avevano contribuito a convincere il Tribunale circa la corrispondenza tra il violino venduto e quello sequestrato e circa la consapevolezza del Di.Se. della sua falsità (recte non autenticità), senza che tale convincimento avesse trovato smentita in nessun elemento portato all'attenzione del giudicante; h) che gli elementi di fatto accertati ben potevano essere ricavati dagli atti del procedimento penale, benché il reato si fosse estinto per la morte del reo; i) che il risarcimento del danno non patrimoniale poteva essere riconosciuto sulla base di un accertamento incidenter tantum degli elementi costitutivi del reato, oggettivi e soggettivi; l) che, nella fattispecie, il Tribunale aveva ravvisato appunto gli elementi del reato di truffa aggravata, all'esito della ponderazione delle seguenti circostanze: - vendita di un violino di scarso valore di mercato ad un prezzo elevatissimo, con la causazione di un ingiusto e rilevantissimo profitto a favore del venditore; - apposizione di una targhetta posticcia, che indicava il nome di un famoso liutaio, qual era il (Omissis), con la conseguente induzione del compratore in errore attraverso un palese artifizio; - tentativo di truffa con riferimento ad un secondo violino; - approfittamento dello stato psicologico di inferiorità della vittima, in ragione del rapporto maestro-allievo, che comportava in sé l'affidamento verso un soggetto che avrebbe dovuto essere più esperto e autorevole, anche per il ruolo da questi rivestito sulla scena internazionale; - esistenza di un turbamento d'animo nella persona offesa, che aveva cercato di superare il grave incidente che lo aveva ridotto sulla sedia a rotelle attraverso una nuova vita come musicista e che si era visto sottrarre un'ingente somma, costituente proprio il ristoro del danno per la sua disgrazia; m) che la disponibilità manifestata dal venditore nella dichiarazione sottoscritta a ricomprare il violino o a rivenderlo sul mercato internazionale, qualora l'acquirente lo avesse voluto, aveva rafforzato artatamente nel compratore inesperto la convinzione della bontà dell'affare ed era stata diretta ad invogliarlo maggiormente all'esborso di una così ingente somma di denaro; n) che, a fronte della mancata contestazione dell'eredità beneficiata, Di.Ma. sarebbe stata tenuta nei limiti del valore dei beni ereditari a lei pervenuti, anche in mancanza di un'espressa statuizione sul punto. 3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, De.Do. Ha altresì proposto ricorso incidentale Di.Ma. ((Omissis)), articolato in tre motivi. Hanno resistito, con separati controricorsi, sia avverso il ricorso principale, sia avverso il ricorso incidentale, gli intimati Ta.Mo. e Ta.Ro. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex articolo 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe. All'esito, le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell'articolo 378, secondo comma, c.p.c. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione degli articolo 476 e 519 c.c. nonché dell'articolo 115 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto inefficace la rinuncia all'eredità effettuata dalla ricorrente il 26 gennaio 2009 (con dichiarazione ricevuta dalla cancelleria presso il Tribunale di Roma), con motivazione priva di riscontro documentale o comunque apparente, in quanto basata su documenti non presenti nel fascicolo del processo. Osserva l'istante che il rilievo secondo cui la De.Do. avrebbe resistito nel procedimento per sequestro conservativo e nel successivo reclamo, senza prospettare alcun riferimento alla sua rinuncia all'eredità, sarebbe stato fondato sulle risultanze della memoria di costituzione nel procedimento cautelare del 10 dicembre 2008 mai allegata al procedimento di merito. Assume, inoltre, la ricorrente principale che nel giudizio di merito si sarebbe costituita, in proprio (oltre che come genitrice della figlia minore (Omissis)) e non quale erede, sostenendo la comproprietà dei violini sequestrati ex articolo 219 c.c. nonché la proprietà esclusiva di due strumenti musicali e chiedendo che fosse estromessa dal giudizio per carenza di legittimazione passiva, in quanto aveva rinunciato all'eredità di Di.Se., posizione assunta anche nel ricorso introduttivo del procedimento di reclamo avverso il provvedimento cautelare di autorizzazione del sequestro conservativo. Precisa, poi, che la contestazione dei presupposti del sequestro era avvenuta in qualità di legale rappresentante esercente la responsabilità genitoriale della figlia minorenne, accettante beneficiata ex lege. 1.1.- Il motivo è infondato. Anzitutto si rileva che la comparsa di costituzione e risposta di Di.Do. nel procedimento cautelare assicurativo ante causam, volto ad ottenere il sequestro conservativo, risulta ritualmente depositata nel giudizio di gravame all'udienza del 14 febbraio 2014, come da nota di deposito con attestazione della cancelleria, secondo la produzione effettuata nell'odierno giudizio di legittimità dai controricorrenti. Tanto premesso, nella fattispecie, la rappresentata contestazione dei presupposti dell'invocato provvedimento cautelare conservativo, anche con riferimento all'integrazione di una fattispecie di aliud pro alio, oltre che in ordine all'esistenza delle condizioni per pretendere il risarcimento dei danni, senza alcun riferimento alla carenza di legittimazione passiva dell'istante (eccezione formulata solo nella comparsa di costituzione relativa al giudizio di merito), costituisce inequivocabile manifestazione dell'accettazione tacita della chiamata all'eredità, in quanto il predetto contegno processuale (rispetto al quale la rinuncia formalizzata il 26 gennaio 2009 è successiva e, dunque, tardiva e in contrasto con la precedente condotta assunta) postula necessariamente la volontà del coniuge di accettare, che non avrebbe avuto il diritto di fare se non nella sua qualità di erede ex articolo 476 c.c. Tale posizione processuale è stata assunta non solo nella qualità di legale rappresentante esercente la responsabilità genitoriale della figlia minore, ma anche in proprio (e non solo limitatamente ai violini di cui l'odierna ricorrente ha rivendicato la sua proprietà esclusiva), con la conseguente pretesa del riconoscimento della piena proprietà dei beni di cui è stato invocato il provvedimento cautelare assicurativo (appunto nella qualità di erede). Segnatamente, a pag. 6 di tale comparsa si allude alla ... richiesta in proprio della resistente - che sin da ora l'eccepisce specificatamente - di accettazione con beneficio di inventario . Ora, l'assunzione in giudizio della qualità di erede - di un originario debitore - costituisce accettazione tacita dell'eredità qualora i chiamati si costituiscano dichiarando tale qualità senza in alcun modo contestare il difetto di titolarità passiva della pretesa, compiendo gli stessi un'attività non altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, che esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario, ed è dichiarata non al fine di paralizzare la pretesa, ma di illustrare la qualità soggettiva nella quale essi intendono paralizzarla (Cass. Sez. L, Sentenza numero 1183 del 18/01/2017; Sez. 3, Sentenza numero 13384 del 08/06/2007; Sez. 3, Sentenza numero 10197 del 03/08/2000; Sez. 2, Sentenza numero 4929 del 13/08/1980). Ed invero, l'accettazione deve intendersi avvenuta tacitamente quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella sua qualità di erede e di dominus dei beni ereditari (c.d. pro herede gestio). Dunque, per accettazione tacita si intende un contegno concludente dal quale si inferisce la volontà di acquistare l'eredità, senza che esso possa dar adito a dubbi. In questa prospettiva, si deve attribuire il significato di accettazione dell'eredità esclusivamente a quegli atti che vanno al di là della mera conservazione del patrimonio ereditario, anche se possono dar luogo ad accettazione tacita non solo atti di disposizione, ma anche atti di gestione eccedenti la normale amministrazione. Per converso, non implicano accettazione tacita tutti gli atti che, con riferimento alla loro natura, importanza e finalità, non sono univocamente idonei ad esprimere una effettiva assunzione della qualità di erede (Cass. Sez. 2, Sentenza numero 4639 del 17/10/1978; Sez. 2, Sentenza numero 3597 del 06/08/1977). L'articolo 476 c.c. indica due requisiti perché si abbia accettazione dell'eredità: un requisito soggettivo, vale a dire il compimento di un atto che presuppone la volontà di accettare del chiamato, e un requisito oggettivo, cioè il compimento di un atto che il chiamato non potrebbe porre in essere se non nella sua qualità di erede (ossia un atto che non rientri tra quelli posti in essere ai sensi dell'articolo 460 c.c., che il chiamato può compiere ai fini della mera conservazione dell'ordinaria amministrazione del patrimonio relitto dal de cuius, in attesa dell'accettazione). Per l'effetto, presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la consapevolezza, da parte del chiamato, dell'esistenza di una delazione in suo favore; l'assunzione, da parte del chiamato, di un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l'elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l'elemento oggettivo attinente all'atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere (Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 4843 del 19/02/2019; Sez. 2, Sentenza numero 2663 del 22/03/1999; Sez. 2, Sentenza numero 5688 del 19/10/1988; Sez. 2, Sentenza numero 1906 del 13/05/1977). Tali requisiti ricorrono nella fattispecie, secondo le logiche argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata, avendo l'odierna ricorrente contestato l'autorizzazione del sequestro conservativo richiesta dalle controparti in ragione dell'acquisizione dei beni al suo patrimonio ereditario. Non ha rilievo che successivamente la resistente nel procedimento cautelare abbia formalmente rinunciato all'eredità. Orbene, la rinuncia all'eredità è priva di effetti qualora sia precedentemente intervenuta l'accettazione tacita del chiamato, poiché quest'ultima è irrevocabile e comporta il definitivo acquisto della qualità di erede, in applicazione del principio semel heres, semper heres (Cass. Sez. 3, Sentenza numero 1735 del 16/01/2024; Sez. 6-2, Ordinanza numero 15663 del 23/07/2020; Sez. 2, Sentenza numero 4373 del 09/07/1980; Sez. 2, Sentenza numero 801 del 17/03/1972). 2.- Con il secondo motivo (corrispondente al primo motivo del ricorso incidentale) la ricorrente principale lamenta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 102 c.p.c. nonché degli articolo 457,474,480,485 e 536 c.c. e dell'articolo 345 c.p.c., per avere la Corte territoriale escluso la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri figli del de cuius, in difetto di alcuna dimostrazione non solo del rapporto parentale ma anche della loro qualità di eredi accettanti, nessuno dei quali si trovava nel possesso dei beni ereditari al momento dell'apertura della successione del 31 ottobre 2008, in quanto il compendio di 198 violini era stato assoggettato a sequestro penale con provvedimento del 23 ottobre 2008, ossia prima del decesso dell'ereditando. Obietta l'istante che sarebbe stato onere dei chiamati all'eredità contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione della qualità di eredi e il conseguente difetto di legitimatio ad causam. Deduce, ancora, la ricorrente che non si sarebbe tenuto conto dell'invito alla mediazione obbligatoria per la lite di divisione ereditaria inoltrato il 25 settembre 2018 da Pa.Na., figlia del de cuius, come prodotto con la comparsa conclusionale nel giudizio d'appello, atto che avrebbe presupposto necessariamente la volontà di accettare l'eredità e che avrebbe dovuto giustificare l'integrazione del contraddittorio quantomeno nei confronti di tale litisconsorte necessaria pretermessa, senza che avesse rilievo la tardività della produzione, in quanto effettuata non appena il documento si era reso disponibile. 2.1.- Il motivo è infondato. 2.1.1.- Infatti, a fronte dell'evocazione in causa dei chiamati (corrispondenti ai convenuti citati), era onere degli attori dimostrare la loro qualità di eredi (Cass. Sez. L, Sentenza numero 21436 del 30/08/2018; Sez. L, Sentenza numero 10525 del 30/04/2010; Sez. 2, Sentenza numero 6479 del 06/05/2002), ma -all'esito della denuncia del difetto di integrità del contraddittorio per la pretermissione di altri litisconsorti necessari (recte eredi), come prospettata dai convenuti - sarebbe stato onere degli eccipienti non solo indicare nominativamente le persone che avrebbero dovuto partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari, ma anche provarne l'esistenza e documentare, altresì, i presupposti di fatto giustificativi dell'integrazione (recte dimostrare, non solo l'esistenza di altri chiamati, ma anche la loro accettazione dell'eredità) - Cass. Sez. 2, Sentenza numero 13571 del 12/06/2006; Sez. 2, Sentenza numero 5880 del 16/03/2006; Sez. 3, Sentenza numero 3688 del 21/02/2006; Sez. 1, Sentenza numero 11736 del 01/08/2003; Sez. U, Sentenza numero 15289 del 04/12/2001; Sez. 3, Sentenza numero 12740 del 18/10/2001; Sez. L, Sentenza numero 8894 del 02/07/2001; Sez. 2, Sentenza numero 3975 del 07/05/1997; Sez. 2, Sentenza numero 1632 del 02/03/1996; Sez. 2, Sentenza numero 2353 del 01/03/1995; Sez. 2, Sentenza numero 6505 del 30/11/1988; Sez. 3, Sentenza numero 5086 del 11/06/1987; Sez. 3, Sentenza numero 852 del 06/02/1985; Sez. 1, Sentenza numero 1103 del 17/04/1973 -. Ed invero, colui che eccepisca la non integrità del contraddittorio ha l'onere, qualora questa non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti, non solo di indicare i soggetti che rivestono la qualità di litisconsorti necessari asseritamene pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto dell'invocata integrazione e, quindi, i titoli in forza dei quali essi assumono tale qualità. Ne consegue che chi deduca la mancata vocatio in jus di uno degli eredi del de cuius è tenuto a dimostrare l'avvenuta accettazione di eredità ad opera dello stesso (Cass. Sez. 5, Ordinanza numero 2005 del 24/01/2019; Sez. 2, Sentenza numero 11318 del 10/05/2018; Sez. 3, Sentenza numero 10682 del 14/12/1994; Sez. 3, Sentenza numero 619 del 11/02/1978). Nel caso in esame, in osservanza di tali precetti, la sentenza impugnata ha correttamente escluso - ai fini dell'accertamento della pretermissione di alcuni litisconsorti necessari e della correlata eccezione di carenza dell'integrazione del contraddittorio - che bastasse la mera certificazione dello stato di famiglia a comprovare la ricorrenza di altri accettanti dell'eredità, in difetto di alcun elemento fornito dagli eccipienti circa l'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, a cura degli altri figli dell'ereditando. 2.1.2.- Né la produzione di un documento di formazione sopravvenuta, attuata solo con il deposito della comparsa conclusionale nel giudizio d'appello, avrebbe potuto mutare lo stato di fatto ai fini di ritenere integrata un'ipotesi di accettazione tacita dell'eredità a cura della figlia dell'ereditando Pa.Na., idonea a giustificare l'integrazione del contraddittorio. E tanto perché: A) non avrebbe assunto rilevanza il mero invito alla mediazione inoltrato dall'organo di mediazione su impulso di Pa.Na., senza alcuna produzione dell'istanza asseritamente presentata dall'interessata; B) in ogni caso, l'evocata istanza di mediazione, funzionale alla divisione giudiziale dei beni ereditari, quale ipotesi di accettazione tacita dell'eredità (Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19833 del 23/07/2019; Sez. 2, Sentenza numero 1585 del 13/02/1987; Sez. 2, Sentenza numero 1628 del 23/02/1985; Sez. 2, Sentenza numero 4328 del 11/10/1977; Sez. 2, Sentenza numero 2091 del 12/07/1974), è comunque sopravvenuta rispetto al momento in cui, nel giudizio di primo grado, è stata chiesta l'integrazione del contraddittorio, cui è seguito il diniego del Tribunale per carenza dei relativi presupposti (ossia per la mancanza di alcuna prova dell'accettazione dell'eredità da parte dei chiamati indicati), sicché la documentazione prodotta (appunto riferita ad un'asserita accettazione tacita avvenuta nel giudizio di gravame) conferma che i presupposti dell'integrazione non sussistevano al momento della proposizione della domanda giudiziale (sulla necessità che la valutazione circa la necessità di integrazione del contraddittorio sia svolta sulla base della domanda e sia ancorata al momento in cui avviene la vocatio in jus: Cass. Sez. 3, Sentenza numero 17441 del 28/06/2019; Sez. 3, Sentenza numero 13435 del 01/06/2010; Sez. 2, Sentenza numero 7861 del 24/09/1994; Sez. 2, Sentenza numero 4891 del 26/04/1993; Sez. 2, Sentenza numero 4633 del 27/04/1991; Sez. 2, Sentenza numero 2998 del 16/04/1988; Sez. 3, Sentenza numero 6504 del 11/12/1984; Sez. L, Sentenza numero 190 del 09/01/1981; Sez. 2, Sentenza numero 3448 del 03/08/1977; Sez. 1, Sentenza numero 2969 del 16/12/1967; Sez. 2, Sentenza numero 1625 del 19/07/1965). 3.- Con il terzo motivo (corrispondente al secondo motivo del ricorso incidentale) la ricorrente principale prospetta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la falsa applicazione dell'articolo 2729 c.c., per avere la Corte distrettuale confermato l'accoglimento della domanda di risoluzione per vendita di aliud pro alio e il risarcimento del danno non patrimoniale, valutando erroneamente le prove presuntive addotte, con specifico riguardo alla ritenuta identità del violino compravenduto rispetto a quello oggetto di sequestro e alla sussistenza di un nocumento, in spregio alla necessità che le presunzioni semplici fossero gravi, precise e concordanti. Assume l'istante che la cessione materiale del violino sarebbe avvenuta tre anni prima della vendita e da allora lo strumento musicale sarebbe rimasto nella disponibilità del Ta.Mo., con il successivo sequestro all'esito di spontanea consegna ai Carabinieri avvenuta da parte dell'acquirente, sicché non vi sarebbe stata alcuna certezza in ordine al fatto che il violino sequestrato corrispondesse a quello oggetto della vendita, in mancanza di alcun ragionamento inferenziale da cui potesse desumersi tale corrispondenza. E ciò in quanto nella dichiarazione sottoscritta dal defunto maestro non si sarebbe rinvenuta nessuna descrizione del violino, neppure sommaria, o dei suoi elementi caratterizzanti, né lo stesso maestro avrebbe rilasciato alcun expertise nel quale rinvenire la descrizione tecnica dello strumento. D'altronde, ad avviso della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, a tali conclusioni non si sarebbe potuti pervenire sulla base della perizia redatta sul violino consegnato dall'acquirente e del tentativo di truffa relativamente all'altro violino (Omissis) e nessuna rilevanza avrebbe avuto, a tal fine, l'esecuzione della misura cautelare del sequestro penale presso l'abitazione del Di.Se. di numerosi violini contraffatti (circostanza di cui, peraltro, si contestava la veridicità), con l'effetto che il violino sequestrato, in termini probabilistici, avrebbe potuto essere tanto quello ceduto dal maestro quanto qualunque altro che avesse riportato un'etichetta apocrifa. In aggiunta, l'assunto secondo cui il maestro avrebbe apposto un'etichetta posticcia sul violino compravenduto avrebbe costituito un'inammissibile praesumptio de praesumpto. Dal che sarebbe derivata anche l'insussistenza delle condizioni per giustificare il riconosciuto risarcimento del danno morale. 3.1.- Il motivo è infondato. 3.2.- In primo luogo, il giudice di merito ha valorizzato i seguenti elementi ai fini di ritenere che il violino venduto corrispondesse a quello sequestrato e che l'alienante fosse consapevole della sua falsità (recte non autenticità), senza che tale convincimento avesse trovato smentita in nessun elemento portato all'attenzione del giudicante: - la scrittura privata con la quale Di.Se. aveva trasferito la proprietà del violino (Omissis) in favore di Ta.Mo., a fronte del pagamento di Euro 650.000,00, il cui testo e la cui sottoscrizione non erano mai stati contestati; - il provvedimento di sequestro del violino in possesso del Ta.Mo., che lo aveva acquistato; - le perizie effettuate sul violino, che ne avevano attestato la falsità; - il tentativo di truffa relativo alla vendita del secondo violino (Omissis) , risultato anch'esso falso, cui era seguito l'arresto in flagranza del maestro; - il rinvenimento nell'abitazione del Di.Se. di numerosi violini, rivelatisi anch'essi contraffatti. Il giudice di merito ha altresì evocato, sia ai fini della pronuncia della risoluzione per vendita di aliud pro alio, sia ai fini del riconoscimento del danno morale, i seguenti aspetti della vicenda: - la vendita di un violino di scarso valore di mercato (di Euro 3.000,00 circa) ad un prezzo elevatissimo (di Euro 650.000,00), con la causazione di un ingiusto e rilevantissimo profitto a favore del venditore; - l'apposizione di una targhetta posticcia, che indicava il nome di un famoso liutaio, qual era il (Omissis), con la conseguente induzione del compratore in errore attraverso un palese artifizio; - il tentativo di truffa con riferimento ad un secondo violino; - l'approfittamento dello stato psicologico di inferiorità della vittima, in ragione del rapporto maestro-allievo, che comportava in sé l'affidamento verso un soggetto che avrebbe dovuto essere più esperto e autorevole, anche per il ruolo da questi rivestito sulla scena internazionale; -l'esistenza di un turbamento d'animo nella persona offesa, che aveva cercato di superare il grave incidente che lo aveva ridotto sulla sedia a rotelle attraverso una nuova vita come musicista e che si era visto sottrarre un'ingente somma, costituente proprio il ristoro del danno per la sua disgrazia. Elementi avverso cui gli eredi non hanno addotto alcuno specifico rilievo confutativo (con precipuo riguardo alla disponibilità di altri violini da parte dell'allievo acquirente). 3.3.- A fronte di siffatto quadro descrittivo, nessuna contestazione può essere mossa, in questa sede, avverso il ragionamento inferenziale articolato in sede di merito. Anzitutto è necessario considerare che, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell'articolo 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti , laddove il requisito della precisione è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della gravità al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della concordanza , richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi (sulla mera eventualità, ma non necessità, del concorso di più elementi presuntivi: Cass. Sez. 5, Ordinanza numero 11162 del 28/04/2021; Sez. 6-2, Ordinanza numero 2482 del 29/01/2019; Sez. 1, Ordinanza numero 23153 del 26/09/2018; Sez. 5, Sentenza numero 656 del 15/01/2014; Sez. 5, Sentenza numero 17574 del 29/07/2009; Sez. 1, Sentenza numero 19088 del 11/09/2007), richiede che il fatto ignoto sia - di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un'analisi atomistica degli stessi. Da tanto deriva che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato articolo 2729 c.c., ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza, ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta e applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 28261 del 09/10/2023; Sez. 1, Ordinanza numero 27266 del 25/09/2023; Sez. 2, Ordinanza numero 22903 del 27/07/2023; Sez. 2, Ordinanza numero 20898 del 18/07/2023; Sez. 2, Ordinanza numero 8829 del 29/03/2023; Sez. 2, Ordinanza numero 9054 del 21/03/2022; Sez. 6-5, Ordinanza numero 34248 del 15/11/2021; Sez. L, Ordinanza numero 22366 del 05/08/2021; Sez. 2, Ordinanza numero 20553 del 19/07/2021; Sez. L, Sentenza numero 18611 del 30/06/2021; Sez. 1, Ordinanza numero 10253 del 19/04/2021; Sez. 6-1, Ordinanza numero 5279 del 26/02/2020; Sez. 6-3, Ordinanza numero 3541 del 13/02/2020; Sez. 5, Sentenza numero 15454 del 07/06/2019; Sez. 6-2, Ordinanza numero 2482 del 29/01/2019; Sez. L, Sentenza numero 29635 del 16/11/2018; Sez. 3, Ordinanza numero 17720 del 06/07/2018; Sez. 3, Ordinanza numero 9059 del 12/04/2018; Sez. 3, Sentenza numero 19485 del 04/08/2017; Sez. L, Sentenza numero 27671 del 15/12/2005; Sez. 2, Sentenza numero 3646 del 24/02/2004; Sez. L, Sentenza numero 11906 del 06/08/2003). E, nel caso in esame, la sentenza impugnata ha offerto molteplici elementi indiziari convergenti, ampiamente giustificativi del ragionamento inferenziale svolto. Sicché, rispetto ai dati indiziari utilizzati, la doglianza non può ammissibilmente mirare ad un'alternativa ricostruzione probabilistica della prova critica, che non può essere rimessa alla sede di legittimità, bastando che l'inferenza motivata dalla sentenza impugnata abbia una sua dignità e coerenza logica e non certamente che essa sia l'unica ipotesi possibile (Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19527 del 16/07/2024; Sez. 2, Sentenza numero 18958 del 10/07/2024; Sez. 2, Ordinanza numero 15356 del 31/05/2024; Sez. 2, Ordinanza numero 15288 del 31/05/2024). Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre, infatti, che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva, sulla scorta della regola della inferenza necessaria, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit, in virtù della regola dell'inferenza probabilistica (Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19622 del 16/07/2024; Sez. 6-3, Ordinanza numero 21403 del 26/07/2021; Sez. 6-3, Ordinanza numero 20342 del 28/09/2020; Sez. 3, Sentenza numero 1163 del 21/01/2020; Sez. 2, Sentenza numero 3513 del 06/02/2019; Sez. L, Sentenza numero 2632 del 05/02/2014; Sez. 2, Sentenza numero 22656 del 31/10/2011; Sez. 3, Sentenza numero 24211 del 14/11/2006; Sez. 3, Sentenza numero 26081 del 30/11/2005; Sez. 3, Sentenza numero 23079 del 16/11/2005). 3.4.- Quanto alla lamentata violazione del principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o al divieto di doppie presunzioni o di presunzioni di secondo grado o a catena), in ordine alla rilevata apposizione - a cura del venditore - sul violino non autentico di un'etichetta posticcia (riportante il nominativo di un noto maestro liutaio), si sottolinea che nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli articolo 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un'ulteriore presunzione idonea - in quanto a sua volta adeguata - a fondare l'accertamento del fatto ignoto. Ne consegue che, qualora si giunga a stabilire, anche a mezzo di presunzioni semplici, che un fatto secondario è vero, ciò può costituire la premessa di un'ulteriore inferenza presuntiva, volta a confermare l'ipotesi che riguarda un fatto principale o la verità di un altro fatto secondario (Cass. Sez. 2, Sentenza numero 32717 del 16/12/2024; Sez. 3, Ordinanza numero 14788 del 27/05/2024; Sez. 5, Ordinanza numero 27982 del 07/12/2020; Sez. 5, Ordinanza numero 20748 del 01/08/2019; Sez. 5, Sentenza numero 15003 del 16/06/2017). 4.- Con il terzo motivo la ricorrente incidentale contesta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione dell'articolo 91 c.p.c., per avere la Corte del gravame liquidato le spese di lite anche in favore di Ta.Ro., benché nessuna delle pronunce invocate fosse stata accolta nei suoi confronti, poiché la risoluzione, la ripetizione del prezzo e il risarcimento del danno sarebbero stati pronunciati esclusivamente verso Ta.Mo. Per converso, la condanna alle spese del giudizio d'appello sarebbe stata pronunciata anche in favore di Ta.Ro., estraneo alle declaratorie di risoluzione, restituzione e risarcimento. 4.1.- Il motivo è infondato. E ciò perché la costituzione nel giudizio d'appello di Ta.Ro. è avvenuta all'esito della notificazione della citazione introduttiva dell'impugnazione anche nei suoi confronti. In particolare, la contestazione in ordine: A) alla mancata pronuncia del difetto di legittimazione passiva della De.Do. per intervenuta rinuncia all'eredità; B) alla nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio; C) all'omessa motivazione in ordine alla pronunciata risoluzione del contratto di vendita e alla conseguente condanna alla restituzione del prezzo; è stata estesa anche verso Ta.Ro. Essendo stato, dunque, il gravame indirizzato anche verso Ta.Ro. (a titolo di vocatio in jus e non di mera litis denuntiatio), questi si è dovuto costituire per difendersi nel giudizio d'impugnazione. In applicazione del principio di causalità, dunque, la condanna alla refusione delle spese di lite è avvenuta anche in suo favore. 5.- In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere respinti. Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 -, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale e la ricorrente incidentale, in solido, alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-ò/'s dello stesso articolo 13, se dovuto.