Indennità di disoccupazione: l’incidenza del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali

In materia di indennità di disoccupazione, le prestazioni riconducibili alla previdenza obbligatoria sono dovute al prestatore di lavoro, anche qualora l’imprenditore non abbia regolarmente versato i contributi alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali.

La Cassazione torna a pronunciarsi sull'indennità di disoccupazione partendo dal caso di un lavoratore di una cooperativa, il quale contestava la pronuncia di merito per la violazione e la falsa applicazione degli articolo 2116 e 2697 c.c. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nell'applicare i princìpi che presiedono alla distribuzione degli oneri probatori e nel dispensare l'Inps dalla prova contraria rispetto alle risultanze documentali, che attesterebbero in modo inequivocabile la qualità di semplice dipendente e non anche di socio. Il ragionamento dei giudici di secondo grado era stato formulato sulla base di due presupposti: sono stati acquisiti elementi probatori sul vincolo di subordinazione e sulla carenza della qualità di socio e tali elementi non sono stati debitamente scalfiti dall'Istituto; tale accertamento non giova, tuttavia, all'odierno ricorrente, in quanto solo il datore di lavoro avrebbe potuto indicare elementi di segno contrario.   La Suprema Corte ha chiarito che i presupposti del diritto all'indennità di disoccupazione devono essere accertati nel contraddittorio con l'INPS, chiamato a erogare la prestazione previdenziale: la Corte d'Appello ha fatto, invece, gravare sul datore di lavoro, estraneo al giudizio, l'onere d'infirmare le allegazioni e le risultanze probatorie introdotte dal ricorrente, ritenendo così irrilevante la mancata deduzione di elementi di segno contrario da parte dell'Istituto. Così operando, i giudici di meriti hanno violato l'articolo 2697 c.c. sull'onere della prova in relazione alle parti che siano legittimate a contraddire su un determinato bene della vita. Quanto alla presunta violazione dell'articolo 2116, primo comma c.c., invece, la Cassazione ha evidenziato che le prestazioni riconducibili alla previdenza obbligatoria sono dovute al prestatore di lavoro, anche qualora l'imprenditore non abbia regolarmente versato i contributi alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse previsioni di leggi speciali. La sentenza impugnata, nel condizionare il riconoscimento della prestazione al versamento dei contributi o a una preventiva azione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro inadempiente, aveva, dunque, trascurato di ponderare l'incidenza del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali. La Corte ha, quindi accolto il ricorso nei termini precisati, cassando con rinvio la pronuncia di appello.

Presidente Garri - Relatore Cerulo Fatti di causa 1. - Con sentenza numero 261 del 2019, depositata il 21 giugno 2019, la Corte d'appello di Caltanissetta ha accolto parzialmente il gravame del signor Ci.Anumero e, per l'effetto, nel dispositivo ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, dichiarando irripetibili le spese del grado d'appello. 1.1. - In primo luogo, la Corte territoriale ha evidenziato che il ricorrente sembra aver soddisfatto il carico probatorio posto a suo carico, avendo egli prodotto in giudizio, nella non opposizione dell'INPS, documentazione dalla quale sembra evincersi la sua qualità di mero lavoratore comune della cooperativa, nulla autorizzando a desumere da essa la sua qualità di socio lavoratore (pagina 4 della sentenza d'appello). Ad ogni modo, non era sull'INPS che poteva e doveva gravare l'onere di offrire la prova contraria - ossia che il Ci. rivestiva il ruolo non di lavoratore comune ma di socio lavoratore della Autotrasporti Rinascita Soc. Coop. - gravando essa unicamente in capo al soggetto che disponeva degli elementi per potere contraddire, ossia alla stessa parte datoriale (pagina 5 della sentenza). Nel caso di specie, inoltre, la domanda non può prescindere dal corretto adempimento dell'obbligo contributivo posto a carico della parte datoriale e non merita d'essere accolta a causa del mancato versamento della provvista da parte della Autotrasporti Rinascita Soc. Coop. (pagina 5 della sentenza impugnata). Il lavoratore avrebbe dovuto dapprima radicare il contraddittorio nei confronti del datore di lavoro e ottenerne la condanna al versamento dei contributi. Solo all'esito di una sentenza favorevole, il lavoratore avrebbe potuto chiamare in giudizio l'INPS al fine della sua condanna al versamento della chiesta indennità di disoccupazione (pagina 6). 1.2. - La Corte d'appello di Caltanissetta puntualizza, infine, che la sentenza del Tribunale dev'essere confermata, seppure con diversa motivazione, salvo che nelle statuizioni concernenti la regolamentazione delle spese di lite che andavano dichiarate irripetibili stante la dichiarazione reddituale di cui al ricorso introduttivo della lite. Anche le spese del presente grado del giudizio vanno dichiarate irripetibili (pagina 6 della pronuncia d'appello). 2. - Il signor Ci.Anumero ricorre per cassazione, con due motivi, contro la sentenza d'appello. 3. - L'INPS replica con controricorso. 4. - Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell'articolo 380 - bis.1. cod. proc. civ. 5. - Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte. 6. - All'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei successivi sessanta giorni (articolo 380 - bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.). Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo (articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132 cod. proc. civ. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe insanabilmente contraddittoria per un duplice ordine di ragioni. Anzitutto, i giudici d'appello, pur avendo accertato la natura subordinata del rapporto intercorso con la società di autotrasporti e l'insussistenza della qualità di socio, hanno precisato che solo il datore di lavoro, tenuto all'adempimento dell'obbligo contributivo, avrebbe potuto offrire la prova contraria, inerente alla qualità di socio. Tale prova, per contro, non potrebbe gravare sull'INPS. La contraddittorietà della sentenza impugnata si coglierebbe anche sotto un distinto profilo: benché abbia accolto il motivo di gravame relativo all'irripetibilità delle spese del giudizio di primo grado, la Corte di merito, nel dispositivo, ha confermato la pronuncia appellata e ha dichiarato irripetibili soltanto le spese del grado d'appello, senza far menzione delle spese del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale. 2. - Con il secondo motivo (articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ.), il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articolo 2116 e 2697 cod. civ. Avrebbe errato la Corte di merito nell'applicare i principi che presiedono alla distribuzione degli oneri probatori e nel dispensare l'Istituto dalla prova contraria rispetto alle risultanze documentali, che attesterebbero in modo incontrovertibile la qualità di semplice dipendente e non anche di socio-lavoratore (pagina 12 del ricorso per cassazione). Inoltre, nel disconoscere il diritto alla prestazione previdenziale per omesso versamento contributivo, la sentenza impugnata avrebbe violato il principio di automaticità codificato nell'articolo 2116 c.c. (pagina 13 del ricorso per cassazione). 3. - Occorre prender le mosse dall'esame del secondo mezzo, che censura la ratio decidendi della pronuncia d'appello, in entrambe le premesse argomentative che sorreggono il rigetto della domanda d'indennità di disoccupazione. 4. - Dev'essere disattesa, in via preliminare, l'eccezione d'inammissibilità sollevata nel controricorso. Le critiche del ricorrente non contravvengono al canone di specificità, invocato a sostegno dell'eccezione. Le argomentazioni addotte dal ricorrente consentono a questa Corte d'inquadrare i profili controversi, senza attingere a fonti estranee al ricorso, e prospettano in modo intelligibile ed esaustivo una questione d'interpretazione della disciplina vigente, con rilievi idonei a confutare l'iter logico della sentenza impugnata. 5. - Le doglianze colgono nel segno. 6. - La Corte d'appello di Caltanissetta perviene al rigetto della domanda e alla conferma della pronuncia di primo grado, pur integrandone la motivazione, all'esito di un ragionamento che s'incardina, nella sua essenza, su due presupposti. 6.1. - In primo luogo, i giudici d'appello puntualizzano che sono stati acquisiti elementi probatori sul vincolo di subordinazione e sulla carenza della qualità di socio e che tali elementi non sono stati debitamente scalfiti dall'Istituto (pagine 4 e 5 della sentenza). Tuttavia, tale accertamento non giova all'odierno ricorrente, in quanto solo il datore di lavoro avrebbe potuto indicare elementi di segno contrario. 6.2. - A tali considerazioni si affianca il rilievo, egualmente decisivo, che sia legittimo il diniego opposto dall'Istituto: il riconoscimento dell'indennità di disoccupazione postula la disponibilità della relativa provvista, ossia dei contributi versati dalla parte datoriale (pagina 5 della sentenza impugnata). È dunque indefettibile il corretto adempimento dell'obbligo contributivo (la richiamata pagina 5) e, nell'ipotesi d'inadempimento, il lavoratore dovrebbe, in prima battuta, intentare un'azione nei confronti del proprio datore di lavoro, allo scopo di sentirlo condannare al versamento dei contributi (pagina 6). 7. - Entrambe le affermazioni prestano il fianco alle censure formulate dal ricorrente. 7.1. - I presupposti del diritto all'indennità di disoccupazione, anche con riferimento alla sussistenza e alle caratteristiche del rapporto di lavoro, devono essere accertati nel contraddittorio con l'INPS, chiamato a erogare la prestazione previdenziale. La ripartizione degli oneri probatori, inscindibilmente correlata alla struttura della fattispecie dedotta in causa, interessa il lavoratore che rivendica l'indennità e l'Istituto che, al ricorrere dei requisiti di legge, è tenuto a corrisponderla. La Corte d'appello, per contro, ha fatto gravare sul datore di lavoro, estraneo al giudizio, l'onere d'infirmare le allegazioni e le risultanze probatorie introdotte dal ricorrente e ha così ritenuto irrilevante la mancata deduzione di elementi di segno contrario da parte dell'Istituto. I giudici d'appello, dopo aver così analizzato i profili processuali della disciplina sull'indennità di disoccupazione, hanno tratto conseguenze sfavorevoli al ricorrente, che pure ha sottoposto al vaglio del giudice molteplici dati di fatto, nel contraddittorio con l'unica parte legittimata a disputare sulla pretesa. Così operando, la Corte di merito ha violato la regola enunciata dall'articolo 2697 cod. civ., che modula l'onere della prova, in tutte le sue implicazioni, in relazione alle parti che siano legittimate a contraddire su un determinato bene della vita. 7.2. - Egualmente censurabile è l'affermazione che l'indennità di disoccupazione presupponga la regolarità della provvista contributiva. L'articolo 27, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, numero 636, convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, numero 1272, con specifico riguardo alle prestazioni dell'assicurazione per la disoccupazione, ha stabilito che il requisito di contribuzione si intende verificato anche quando i contributi non siano stati effettivamente versati ma risultino dovuti a norma del presente decreto . L'articolo 2116, primo comma, cod. civ., nel portare a compimento la disciplina racchiusa nella legislazione di settore, ha quindi sancito una regola generale di tutte le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie per i lavoratori dipendenti (Cass., sez. lav., 1 dicembre 2020, numero 27427, e, di recente, Cass., sez. lav., 6 dicembre 2024, numero 31303, punto 3 dei Motivi della decisione): le prestazioni riconducibili alla previdenza obbligatoria sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali . La sentenza impugnata, nel condizionare il riconoscimento della prestazione al versamento dei contributi o a una preventiva azione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro inadempiente, trascura di ponderare l'incidenza del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali, caposaldo della tutela che l'ordinamento appresta e che oggi configura attuazione dell'articolo 38 Cost. (Corte costituzionale, sentenza numero 374 del 1997). 8. - Resta assorbito l'esame del primo mezzo. L'accoglimento della seconda critica impone di rivalutare i profili che, a dire del ricorrente, la Corte di merito ha approfondito con motivazione affetta da contraddizioni insanabili, in conseguenza degli errores in iudicando censurati con il secondo mezzo. L'accoglimento in parte qua del ricorso rende ineludibile anche una nuova regolamentazione delle spese di lite, alla stregua dell'esito complessivo del giudizio, e rende così ininfluenti le discrasie tra dispositivo e motivazione, denunciate nel primo motivo come causa di nullità della sentenza. 9. - Il ricorso è accolto, nei termini precisati, e dev'essere cassata la sentenza d'appello. 10. - La causa è rinviata alla Corte d'appello di Caltanissetta, che deciderà in diversa composizione. Nel rinnovare l'esame delle domande e delle eccezioni proposte, il giudice di rinvio valuterà la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della prestazione richiesta dal ricorrente, uniformandosi ai principi di diritto ribaditi nella presente ordinanza. 11. - Il giudice di rinvio provvederà sulle spese dell'odierno giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il primo mezzo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Caltanissetta, in diversa composizione.