La Suprema Corte chiarisce che non può integrare il delitto di cui all’articolo 572 c.p. qualsiasi rapporto di lavoro caratterizzato da “debolezza contrattuale” di una parte, ma solo quelli in cui si rileva una relazione stretta e continuativa, caratterizzata da consuetudine o comunanza di vita, assimilabile a quella del consorzio familiare.
La sentenza in commento trae origine dalla condanna, in primo grado, per il delitto di maltrattamenti nei confronti di un datore di lavoro il quale aveva “ mobizzato ” due dipendenti. La Corte d'appello, previa riqualificazione dei fatti in atti persecutori , dichiarava il non doversi procedere per il reato a lui ascritto ai danni di una delle due p.o. per assenza di querela e rideterminava la pena per il reato commesso ai danni dell'altra dipendente, procedibile d'ufficio in quanto minorenne all'epoca dei fatti. A sostegno della decisione la Corte, in armonia con una costante giurisprudenza di legittimità, rilevava che « il rapporto di lavoro con le due dipendenti era posto in un contesto di una piccola impresa nella quale, peraltro, il ricorrente inizialmente non svolgeva neanche attività direttiva nei confronti dei dipendenti, ma al di là di tale dato non vi era la condizione di parafamiliarità , da intendere quale relazione interpersonale stretta e continuativa , connotata da una consuetudine o comunanza di vita assimilabile a quella caratterizzante il consorzio familiare come nel caso della collaborazione domestica svolta in ambito familiare o comunque connotata da un rapporto di soggezione e subordinazione del dipendente rispetto al titolare , il quale gestisca l'azienda con atteggiamento padronale e, dunque, in modo autoritario, sì da innestare quella dinamica relazionale supremazia - subalternità che si ritrova nelle relazioni fra soggetti che si trovino ad operare su piani diversi». Avverso la suddetta sentenza presentava ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica deducendo in particolare, errata applicazione della fattispecie di maltrattamenti in famiglia nei suoi rapporti con il delitto di atti persecutori. Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile poiché la Corte d'Appello ha applicato correttamente l'orientamento proprio della giurisprudenza di legittimità secondo il quale «ai fini dell' articolo 572 cod. pen. , rileva una relazione stretta e continuativa, caratterizzata da consuetudine o comunanza di vita, assimilabile a quella del consorzio familiare » condizione, esclusa nel caso concreto. Allargare la portata della norma oltre la sua lettera, così attribuendo all' articolo 572 cod. pen. una nuova funzione di sanzionare generici eccessi di gestione di qualsiasi rapporto di lavoro caratterizzato da “debolezza contrattuale” di una parte, porterebbe a una interpretazione analogica non consentita.
Presidente - Relatore Di Stefano Il testo integrale del provvedimento sarà disponibile a breve.