Ebrei e cristiani additati come "nemici": condannato l’Imam

A inchiodare il capo religioso islamico sono alcune registrazioni che fanno emergere i contenuti dei sermoni da lui tenuti in carcere. Impossibile, checché ne dica la difesa, giustificare le frasi utilizzate dall’Imam con una presunta matrice religiosa.

Riflettori puntati su un uomo, originario del Marocco, che all’interno di un carcere italiano svolge il ruolo di Imam . A richiamare l’attenzione, non in positivo, sono le frasi da lui pronunciate durante i sermoni rivolti innanzitutto ai detenuti di fede islamica. Nello specifico, le captazioni di conversazioni realizzate all’interno della struttura penitenziaria fanno emergere concetti chiarissimi, catalogabili, secondo l’accusa, come propaganda di idee fondate sull’ odio razziale nei confronti degli ebrei e dei cristiani. Per i giudici di merito il quadro probatorio è cristallino. Consequenziale, quindi, la condanna dell’Imam, ritenuto colpevole, sia in primo che in secondo grado, di molteplici episodi – tra l’agosto e il dicembre del 2020 – di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico . Per quanto concerne la pena, essa viene fissata in sei mesi di reclusione. I giudici di merito sottolineano la gravità delle parole pronunciate dall’Imam, il quale, all’interno del carcere ove anch’egli era detenuto all’epoca, nel corso dei propri sermoni ha diffuso idee fondate sull’odio razziale ed etnico nei confronti di ebrei e cristiani, indicati come nemici. Secondo la difesa, però, nei discorsi incriminati «può intravedersi non già una componente di odio razziale o etnico quanto una componente religiosa, che giustifica le parole più forti». Tale obiezione viene però respinta in modo secco anche dai magistrati di Cassazione, i quali, condividendo la valutazione compiuta in appello, chiariscono che «l’indicazione di avversione verso gli ebrei non ha fondamento religioso , posto che gli ebrei sono un popolo e una etnia». E, ovviamente, «analogo discorso vale per i cristiani». Dunque, «le parole d’odio pronunziate – in più occasioni – durante i propri sermoni» dall’Imam «hanno una chiara dimensione di odio etnico » e sono perciò, Codice Penale alla mano, meritevoli di sanzione. Impossibile, quindi, accettare la tesi difensiva secondo cui «l’accezione» utilizzata dall’Imam nei propri discorsi «era esclusivamente religiosa e il nemico era da intendersi come nemico di Dio», con conseguente mancata «diffusione di idee fondate sull’odio etnico». Per i magistrati, difatti, « lo sfondo religioso non giustifica in alcun modo le manifestazioni di odio che l’Imam rivolgeva ad un popolo – il popolo ebraico –, in modi del tutto inequivoci, all’interno dei sermoni oggetto di registrazione». E «augurare una brutta morte ai nemici ebrei, rievocare il loro sterminio, invocarne il “massacro”, sono espressioni che integrano pienamente la propaganda di idee fondate sull’odio razziale ». Anche tenendo presente, chiosano i magistrati, che «odiare significa manifestare una avversione tale da desiderare la morte un grave danno per le persone odiate», proprio «come avveniva nei discorsi oggetto di captazione» tenuti in carcere dall’Imam.

Presidente Rocchi – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 30 maggio 2024 la Corte di Appello di Torino ha confermato – nei confronti di E.A.B. – la decisione emessa in primo grado dal Tribunale di Torino con giudizio ordinario in data 21 ottobre 2022. Con dette decisioni di merito è stata, dunque, affermata la penale responsabilità di E.A.B. in riferimento alle condotte di reato di cui ai capi C 1 – 2 – 3 – 4 – 7 – 8 più episodi di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, di cui all'articolo 604 bis comma 1, lett. a cod. pen. , condotte tenute tra il 14 agosto e il 25 dicembre dell'anno 2020. La pena è di mesi sei di reclusione. 2. In estrema sintesi, le decisioni di merito hanno ritenuto integrata la fattispecie incriminatrice in ragione dei contenuti delle captazioni di conversazioni realizzate all'interno del carcere di Alessandria ove E.A.B. - ivi detenuto - svolgeva il ruolo di Imam. In particolare, la decisione di primo grado evidenzia come nel corso dei «sermoni», discorsi collettivi idonei a realizzare il presupposto tipico della ‘propaganda di idee', sono state diffuse idee fondate sull'odio razziale ed etnico nei confronti di ‘ebrei' e ‘cristiani'., indicati come nemici. Si tratta di un contesto il sermone del venerdì che realizza tutte le condizioni di applicabilità della norma incriminatrice, pur volendo aderire alla tesi del necessario pericolo concreto. Viene riportato, per stralcio, il contenuto dei discorsi oggetto della decisione. 3. La Corte di Appello di Torino – con la decisione oggi impugnata – nel confermare il primo giudizio, osserva in particolare che il motivo ‘principale' di appello è infondato. Secondo la difesa nei discorsi dell'imputato poteva intravedersi non già una componente di odio razziale o etnico quanto una componente religiosa, che giustifica le parole più ‘forti'. Ma la Corte di merito evidenzia come la indicazione di avversione verso ‘gli ebrei' non ha fondamento religioso, posto che gli ebrei sono un popolo e una etnia. Analogo discorso vale per i cristiani. Dunque le parole d'odio pronunziate – in più occasioni - durante i sermoni hanno una chiara dimensione di odio ‘etnico', tale da integrare la fattispecie incriminatrice. 4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge - E.A.B Il ricorso è affidato ad un unico motivo con cui si deduce vizio di motivazione della decisione impugnata. Secondo la difesa la accezione cui si riferiva l'imputato era esclusivamente religiosa e il nemico era da intendersi come ‘nemico di Dio'. Non vi sarebbe, dunque, una diffusione di idee fondate su odio etnico. Considerato in diritto 1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti. Viene riproposta la tesi già esaminata e disattesa – in modo ineccepibile – dalla Corte di Appello di Torino. Lo sfondo religioso non giustifica in alcun modo le manifestazioni di odio che l'imputato rivolgeva a un popolo – il popolo ebraico – in modi del tutto inequivoci all'interno dei sermoni oggetto di registrazione. Augurare una ‘brutta morte' ai nemici ebrei, rievocare il loro sterminio, invocarne il ‘massacro', sono espressioni che integrano pienamente la fattispecie incriminatrice. Come più volte evidenziato in questa sede nomofilattica, odiare significa «manifestare una avversione tale da desiderare la morte un grave danno per le persone odiate» v. Sez. III n.13234 del 13.12.2007, dep. 2008, rv 239461 , così come avveniva nei discorsi oggetto di captazione. 2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell' articolo 616 cod. proc. pen. . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.