Assegno di divorzio: la valutazione comparativa delle condizioni economico-reddituali dei coniugi

Ove, allo scioglimento della comunione legale, la posizione economica e reddituale dei due ex coniugi risulti sostanzialmente paritaria, non sorge il diritto all’assegno di divorzio. Se lo squilibrio permane, occorre verificarne le cause, in relazione alla conduzione di vita familiare, secondo gli ordinari criteri di accertamento fondati sul diritto vivente costituito dalle Sezioni Unite numero 18278/2018 e dalle successive elaborazioni giurisprudenziali.

Richiamando i principi di diritto espressi nel corso degli anni dalla Suprema Corte, il Tribunale di Trento nella pronuncia in commento ha ripercorso l'iter per la decisione che il giudice deve prendere sull'assegno di divorzio, attraverso la comparazione della situazione economico-patrimoniale-reddituale degli ex coniugi prima e durante il matrimonio e dopo la separazione. La ricorrente, adito il Tribunale nel 2021, chiedeva la pronuncia della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato nel 2009 dalla quale non erano nati figli ed era intervenuta la separazione consensuale omologata nel 2013 e, di porre a carico dell'ex marito, un contributo per il mantenimento ovvero un assegno di divorzio. L'ex marito, convenuto, chiedeva nel merito la dichiarazione che nessun assegno divorzile fosse da corrispondersi all'ex moglie. La ricorrente esponeva che in sede di separazione consensuale era stato disposto il versamento di € 20.000 a titolo di contributo di mantenimento e che durante gli anni di matrimonio la stessa si è sempre dedicata alla gestione della casa facendosi carico anche della suocera che ha sempre vissuto nella casa dei coniugi , svolgendo attività lavorative saltuarie che le permettevano alcune spese e di contribuire al mantenimento delle figlie, nate da una precedente relazione. Dopo la separazione ha lavorato sporadicamente e si è trasferita a vivere con la figlia sostenendo un canone mensile ed affermava che rispetto all'epoca dei fatti narrati, le sue condizioni economiche e di salute fossero peggiorate e che non riusciva e reperire una stabile occupazione lavorativa e si era trasferita in un appartamento sostenendo un canone mensile di locazione. Nel ricorso dava altresì atto che l'ex marito lavorava come autista per una ditta di autotrasporti ed era proprietario di un immobile e diversi terreni. Il convenuto deduceva che la moglie aveva un'occupazione e fosse pienamente in grado di svolgere un'attività lavorativa e che era proprietaria esclusiva di un'abitazione e che non è mai stato richiesto alla ex moglie di «sacrificare la propria vita lavorativa per dedicarsi alla cura della famiglia» contestando, in ogni caso, che questa si fosse dedicata alla cura della casa e della suocera in più rappresentava di essere in congedo straordinario per accudire la madre e che il proprio stipendio si era ridotto a causa della crisi pandemica e che gli immobili citati dalla ricorrente, di cui è proprietario sono privi di apprezzabile valore economico. Orbene, all'udienza presidenziale veniva rigettata la domanda di assegno di mantenimento e, nominato il GI, veniva disposto il passaggio al rito ordinario con termini alle parti per il deposito delle memorie integrative e comparsa di costituzione . Nel 2023 con sentenza non definitiva il Tribunale pronunciava lo scioglimento del matrimonio, disponendo il proseguo del giudizio per le domande accessorie. La domanda di assegno divorzile è stata dichiarata infondata e dunque, rigettata. Il Tribunale di Trento ha richiamato i seguenti principi di diritto espressi nel corso degli anni dalla Corte di Cassazione S.U. numero 18287/2018 dove è stato riconosciuto all'assegno divorzile una funzione assistenziale in pari misura compensativa e perequativa , individuando nei criteri previsti dalla l.numero 898/1970 i parametri cui il giudice deve attenersi per l'attribuzione dell'assegno all'ex coniuge e per la quantificazione. Più nel dettaglio il Tribunale ha richiamato la parte della pronuncia in cui le Sezioni Unite hanno affermato che «il giudizio di adeguatezza impone una valutazione composita e comparativa che trova nella prima parte della norma i parametri certi sui quali ancorarsi. La situazione economico-patrimoniale del richiedente costituisce il fondamento della valutazione di adeguatezza che, tuttavia, non va assunta come premessa meramente fenomenica ed oggettiva, svincolata dalle cause che l'hanno prodotta, dovendo accertarsi se tali cause siano riconducibili agli indicatori delle caratteristiche dell'unione matrimoniale nella prima parte dell'articolo 5 co. 6, i quali, infine, assumono rilievo direttamente proporzionale alla durata del matrimonio.»   In più, nel giudizio di adeguatezza deve tenersi conto dei ruoli assunti dai coniugi al fine di accertare lo squilibrio economico-patrimoniale , anche in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente. Se tale disparità deriva dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato in via esclusiva e/o prevalente all'interno della famiglia e dal conseguente contributo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto della caratteristica della vita familiare dei mezzi e dell'incapacità del richiedente a procurarseli La decisione sull'assegno di divorzio deve essere espressa alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti che tenga conto delle modalità con cui la vita familiare è stata condotta in costanza di matrimonio, anche alla luce della durata dello stesso e dell'età del coniuge richiedente l'assegno. La pronuncia del 2018 è stata seguita dalla sent. numero 17601/2019 riferita alla cd. natura composita dell'assegno divorzile e al principio di solidarietà postconiugale . Sostanzialmente questa pronuncia ha sì richiamato i principi espressi dalla precedente ma ha aggiunto che la verifica effettuata dal giudice non è sufficiente e deve essere collegata alla valutazione di altri indicatori, onde accertare se l'eventuale rilevante disparità dipenda da scelte condivide di conduzione di vita familiare, con il sacrificio di aspettative professionali e reddituali tenendo conto della natura del matrimonio, delle potenzialità professionali e reddituali alla fine della relazione matrimoniale. Praticamente, la disparità economico-reddituale delle parti deve essere rilevante tale da considerarla una precondizione. Su tale ultimo aspetto si è espresso il palazzaccio nel 2024 con la sent. numero 4328 enunciando che «detto assegno deve essere riconosciuto … in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo fra coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare a fronte del contributo esclusivo o prevalente fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, anche sotto forma di risparmio.» Tali principi sono stati anche ribaditi nella sent. numero 27536/2024 laddove i Giudici hanno affrontato la questione relativa alla funzione che l'assegno divorzile assume ovvero «se l'assegno divorzile ed il regime della comunione legale tra coniugi assolvano la funzione solidaristica coincidente o sovrapponibile ed in particolare se dello scioglimento della comunione legale debba tenersi conto in sede di attribuzione e determinazione del predetto assegno.»   Ebbene, la Corte ha chiarito che l'unico determinatore comune nell'esame dell'assegno è la precondizione dello squilibrio economico-patrimoniale-reddituale, conseguente allo scioglimento. Quindi, nell'ipotesi di squilibrio, occorre verificare se la nuova condizione della conduzione di vita familiare, i ruoli e l'impegno nella cura della famiglia, in misura prevalente o esclusiva a carico di un solo coniuge se la posizione è paritaria, non sorge diritto all'assegno divorzile, viceversa occorre esaminare “il caso” secondo i criteri indicatori fondati sul diritto vivente, pronunciati nella sent. a S.U. del 2018 e successive. I principi applicati al caso in esame La ricorrente, per sue stesse dichiarazioni, sia in costanza e che dopo la separazione dal marito, ha sempre svolto attività lavorativa, anche se a tempo determinato, che comunque le ha permesso di contribuire alle spese familiari e al mantenimento delle figlie . Non essendo, poi, stata prodotta alcuna documentazione relativa alla condizione reddituale per il periodo prematrimoniale e quello post separazione, non è stata possibile una ricostruzione della stessa. Talaltro dalle dichiarazioni reddituali degli anni 2022 e 2023 risulterebbe che la stessa abbia percepito redditi. Per quanto concerne la situazione reddituale dell'ex marito, risultava che questo ha percepito un reddito imponibile medio, anche in costanza di matrimonio. Alla luce di ciò, non è risultato uno squilibrio patrimoniale tra le parti determinato dallo scioglimento del matrimonio e, per effetto dei principi sopra riportati, il Tribunale di Trento non ha proceduto alla verifica sull'applicabilità degli stessi. In ogni caso, ha osservato il collegio, relativamente ai beni di proprietà dell'ex marito, sono beni acquistati prima del matrimonio e dunque non vi è stato alcun apporto della ricorrente alla formazione del patrimonio immobiliare. Per cui, in definitiva, il Tribunale ha dichiarato l' insussistenza dei presupposti dell'assegno divorzile sia con finalità perequativa che assistenziale, non avendo ritenuto che la ricorrente fosse priva di mezzi per il proprio sostentamento, visto anche l'accertamento dei redditi.

Fatto e Diritto Con ricorso depositato in data 13 gennaio 2021, la ricorrente sig.ra omissis ha domandato pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con il sig. omissis a omissis il giorno 21 novembre 2009, disponendosi a carico del marito l'obbligo di corrisponderle, a titolo di assegno divorzile, la somma di euro 500-800 mensili. La ricorrente ha esposto che dall'unione matrimoniale non sono nati figli e che tra i coniugi è intervenuta separazione consensuale, omologata da questo Tribunale con decreto del 4 dicembre 2013, rappresentando che in quella sede è stato disposto “il versamento da parte del sig. omissis della somma di omissis 20.000,00 a titolo di contributo di mantenimento della sig.ra omissis erogata nelle seguenti modalità omissis 3.600,00 sono stati corrisposti mediante bonifici bancari da giugno a novembre 2013 omissis 16.400,00 mediante assegno circolare intestato alla ricorrente, che il marito ha consegnato contestualmente alla sottoscrizione del verbale di separazione”. La sig.ra omissis ha dedotto che, durante gli anni di matrimonio, si è sempre dedicata alla gestione della casa e si è fatta carico anche della cura della suocera che ha sempre vissuto con la coppia nella casa familiare , svolgendo attività lavorative saltuarie che le permettevano di contribuire alle spese familiari quali per esempio la spesa o la benzina e al mantenimento delle proprie figlie, nate da una precedente relazione. La ricorrente ha, quindi, esposto che, dopo la separazione, ha lavorato sporadicamente come addetta alle pulizie, cameriera e assistente anziani e si è trasferita a vivere con la figlia omissis presso l' omissis di omissis sostenendo un canone di € 90,00 mensili. La stessa ha lamentato che, rispetto all'epoca della separazione, le sue condizioni economiche - e anche di salute - sono peggiorate, dando atto che, nonostante gli sforzi profusi, non è riuscita a reperire una stabile occupazione lavorativa e di essersi dovuta trasferire, dal 1° luglio 2019, in un appartamento privato, per il quale sostiene un canone di locazione pari ad euro 420,00 mensili. La ricorrente ha dato atto che il sig. omissis lavora come autista per una ditta di autotrasporti ed è proprietario di un immobile in località omissis e di alcuni terreni nel comune di omissis Radicatosi validamente il contraddittorio, si è costituito in giudizio il convenuto aderendo alla domanda sullo status e chiedendo il rigetto della domanda di assegno divorzile. Il convenuto ha dedotto che la moglie attualmente lavora ed è pienamente in grado di svolgere attività lavorativa, che è proprietaria esclusiva di un'abitazione sita a omissis in omissis e che non è mai stato richiesto alla ricorrente di sacrificare la propria vita lavorativa per dedicarsi alla cura della famiglia, contestando, in ogni caso, che la moglie si sia dedicata alla cura della casa e della suocera. Il sig. omissis ha rappresentato di essere in congedo straordinario per poter accudire la madre, che il proprio stipendio si è ridotto a circa € 1.000,00 mensili a causa della crisi pandemica e che gli altri immobili di cui è proprietario garage/deposito e baita di montagna sono privi di apprezzabile valore economica. All'udienza presidenziale del 13 aprile 2021 sono comparsi entrambi i coniugi il omissis ha rigettato la domanda di assegno di mantenimento proposta dalla ricorrente, ha nominato il G.I. ed ha disposto il passaggio al rito ordinario, con termini alle parti per il deposito della memoria integrativa e della comparsa di costituzione. Con sentenza non definitiva numero 680/2023 di data 26 luglio 2023, pubblicata il 4 agosto 2023, questo Tribunale ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto tra le parti, disponendo il prosieguo del giudizio per le restanti domande accessorie. La causa è stata istruita mediante produzioni documentali ed è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate con note di trattazione scritta in sostituzione dell'udienza del 29 maggio 2024, con concessione dei termini ex articolo 190 c.p.comma per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. La domanda di assegno divorzile non è fondata e va rigettata per i motivi di seguito esposti. Giova premettere che con la pronuncia numero 18287/2018 le omissis hanno riconosciuto all'assegno divorzile di cui all' articolo 5, co. 6 L. 898/1970 una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, individuando nei criteri omissis di cui alla prima parte della citata norma i parametri cui attenersi per decidere sia sull'attribuzione dell'assegno all'ex coniuge richiedente ossia ai fini del giudizio sull'inadeguatezza dei mezzi, quale presupposto per il riconoscimento dell'assegno divorzile, unitamente all'impossibilità per il coniuge istante di procurarseli per ragioni oggettive , sia sulla sua quantificazione. In particolare, la omissis hanno affermato che “il giudizio di adeguatezza impone una valutazione composita e comparativa che trova nella prima parte della norma i parametri certi sui quali ancorarsi. La situazione economico-patrimoniale del richiedente costituisce il fondamento della valutazione di adeguatezza che, tuttavia, non va assunta come una premessa meramente fenomenica ed oggettiva, svincolata dalle cause che l'hanno prodotta, dovendo accertarsi se tali cause siano riconducibili agli indicatori delle caratteristiche della unione matrimoniale così come descritti nella prima parte dell'articolo 5, comma 6, i quali, infine, assumono rilievo direttamente proporzionale alla durata del matrimonio”. La Corte ha, inoltre, precisato che nel giudizio sull'adeguatezza dei mezzi deve farsi riferimento ai ruoli endofamiliari assunti dai coniugi in costanza di matrimonio, al fine di accertare “se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente. omissis la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive. Gli indicatori, contenuti nella prima parte dell'articolo 5, comma 6, prefigurano una funzione perequativa e riequilibratrice dell'assegno di divorzio che permea il principio di solidarietà posto a base del diritto” cfr. Cass. Sez. Unumero 18287/2018 . Ne consegue che la decisione sull'assegno di divorzio deve essere espressa alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti che tenga conto delle modalità con cui la vita familiare è stata condotta in costanza di matrimonio, anche alla luce della durata dello stesso e dell'età del coniuge richiedente l'assegno. A tale orientamento interpretativo è stato dato seguito anche dalla pronuncia della Suprema Corte numero 17601/2019 , laddove la Corte di Cassazione, nel riferirsi alla “natura composita” dell'assegno divorzile e al “principio di solidarietà post coniugale”, ha richiamato i principi già enucleati con la citata sentenza delle omissis numero 18287/2018, ribadendo che “4.2 Nel verificare i presupposti per il riconoscimento di un assegno divorzile il giudice deve compiere quindi una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi del richiedente e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata innanzitutto sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Questa verifica tuttavia non è di per sé sufficiente, ma deve essere collegata causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell' articolo 5, comma 6, l. 898/1970 , onde accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del matrimonio dipenda da scelte condivise di conduzione della vita familiare in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, tenuto conto della durata del matrimonio e delle effettive potenzialità professionali e reddituali alla conclusione della relazione matrimoniale”. Osserva, inoltre, il Collegio che la giurisprudenza più recente ha valorizzato la necessità che sussista, ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, una “rilevante” disparità della situazione economico-reddituale delle parti, tanto da considerarla quale “ precondizione” “ omissis divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo perequativa che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole ne consegue che detto assegno deve essere riconosciuto, in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare - che, salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi - a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, anche sotto forma di risparmio.” cfr. Cass. 4328/2024 “ omissis di divorzio, che ha una funzione, oltre che assistenziale, compensativa e perequativa, presuppone l'accertamento, anche mediante presunzioni, che lo squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economico-patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile, in via esclusiva o prevalente, alle scelte comuni di conduzione della vita familiare l'assegno divorzile, infatti, deve essere anche adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo prettamente assistenziale.” Cass. omissis /2023 “ omissis è noto, la giurisprudenza più recente di questa Corte Cass., U, Sentenza numero 18287 dell'11/07/2018 ha stabilito che il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell' articolo 5, comma 6, della legge numero 898 del 1970 , richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. I criteri attributivi e determinativi dell'assegno divorzile non dipendono, pertanto, dal tenore di vita godibile durante il matrimonio, operando lo squilibrio economico patrimoniale tra i coniugi unicamente come precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l'applicazione dei parametri di cui all' articolo 5, comma 6, prima parte, l. numero 898 del 1970 , in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno Cass., Sez. 1, Sentenza numero omissis del 11/12/2019 . Il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto La natura perequativo-compensativa, poi, discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo, volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate. In altre parole, il giudice del merito è chiamato ad accertare la necessità di compensare il coniuge economicamente più debole per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte durante il matrimonio, idonee a condurre l'istante a rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al richiedente Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 9144 del 31/03/2023 Cass., Sez. 1, Sentenza numero 23583 del 28/07/2022 Cass., Sez. 1, Ordinanza numero omissis del 03/12/2021 .” cfr. Cass. 27945/2023 . I principi sopra richiamati sono stati, di recente, ribaditi dalla Corte di Cassazione con la pronuncia numero 27536/2024, laddove la Suprema Corte ha affrontato la questione relativa alla funzione dell'assegno divorzile e della comunione legale tra i coniugi, ovvero “se l'assegno divorzile ed il regime della comunione legale tra coniugi assolvano una funzione solidaristica coincidente o sovrapponibile ed in particolare se dello scioglimento della comunione legale debba tenersi conto in sede di attribuzione e determinazione del predetto assegno.”. In quella sede, la Corte di Cassazione ha ribadito che lo squilibrio economico-patrimoniale e reddituale tra i coniugi, conseguente allo scioglimento del vincolo, costituisce la precondizione per il riconoscimento dell'assegno divorzile sicché, in caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità modesta, non si procede alla fase successiva di verifica dell'applicabilità dei criteri elaborati dalle omissis con la pronuncia numero 18287/2018. La Suprema Corte ha, inoltre, chiarito che il diritto all'assegno di divorzio non sorge ove, all'esito dello scioglimento della comunione legale, la posizione economico patrimoniale e reddituale delle parti risulti di fatto paritaria “l'unico denominatore comune e condicio sine qua non nell'esame del diritto all'assegno di divorzio, deve rinvenirsi nella precondizione dello squilibrio economico-patrimoniale e reddituale, conseguente allo scioglimento del vincolo. In caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità modesta non si procede alla fase successiva di verifica dell'applicabilità dei criteri elaborati dalle S.U. Nell'ipotesi contraria, della emersione di una condizione di squilibrio, conseguente allo scioglimento del vincolo per il coniuge richiedente, occorre verificare se questa nuova condizione può essere eziologicamente conseguente alle modalità di conduzione della vita familiare, alla ripartizione dei ruoli e, in particolare, all'impegno di cura della famiglia e dei figli in misura prevalente od esclusiva a carico di uno coniuge. … Ove all'esito dello scioglimento della comunione legale, la posizione economico patrimoniale e reddituale dei due ex coniugi risulti sostanzialmente paritaria, non sorge il diritto all'assegno di divorzio. Ma se, al contrario, lo squilibrio permane, occorre verificarne le cause, in relazione alla conduzione della vita familiare, secondo gli ordinari indicatori di accertamento fondati sul diritto vivente costituito dalle S.U 18278 del 2018 e dalla successiva elaborazione giurisprudenziale della prima sezione civile”. Passando al caso di specie, osserva il Collegio che la sig.ra omissis per sua stessa prospettazione, sia in costanza di matrimonio che successivamente alla separazione dal marito ha sempre svolto attività lavorativa, ancorché a tempo determinato cfr. anche percorso lavoratore docomma 5 parte convenuta , che le ha permesso “di contribuire alle spese familiari quali per esempio la spesa o la benzina , nonché al mantenimento delle figlie.” cfr. pag. 2-3- ricorso . Non è però possibile ricostruire l'esatta condizione reddituale della ricorrente in costanza di matrimonio né quella immediatamente successiva alla separazione risalente al 2013 , non essendo stata prodotta in atti documentazione al riguardo il docomma 2 è relativo ad attività lavorativa prestata nel 2019, da cui risulta un compenso mensile pari ad euro 983,22 . Dall'esame degli atti prodotti risulta, invece, che la ricorrente, per l'anno di imposta 2022 ha percepito un reddito imponibile di euro 11.206,00 e per l'anno di imposta 2023, ha percepito un reddito imponibile di euro 13.801,27 con imposta netta pari ad euro 1.294,00 , pari a circa 1.042,00 euro mensili. Quanto alla condizione reddituale del sig. omissis assunto come autista a tempo indeterminato presso un'impresa di trasporti privati , dalla documentazione versata in atti risulta che egli, per l'anno di imposta 2023, ha percepito un reddito imponibile pari ad euro 19.065,00 con imposta netta pari ad euro 3.187,00 , pari a circa 1.323,00 euro mensili. Trattasi di retribuzione media che il sig. omissis percepiva anche in costanza di matrimonio, ancorché con alcune oscillazioni per stessa prospettazione di parte ricorrente, il minor reddito di euro 18.969,72 euro, percepito dal convenuto nei mesi di lockdown era “di poco inferiore rispetto agli anni precedenti”, pag. 10 memoria integrativa . Quanto alla condizione patrimoniale delle parti, il sig. omissis è nudo proprietario della casa familiare oltre che di un garage e di una baita di montagna cfr. pag. 9-10 comparsa di costituzione e risposta e docomma 11 ricorrente , mentre la sig.ra omissis è proprietaria di un immobile a omissis la circostanza, dedotta dal convenuto a pagina 14 della comparsa di costituzione, non è stata specificamente contestata dalla ricorrente . Orbene, ritiene il Collegio che, alla luce di quanto sopra, non sussista alcun rilevante squilibrio tra la condizione economico-reddituale delle parti determinatosi per effetto dello scioglimento del vincolo coniugale, non dovendo, quindi, procedersi, in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, alla verifica dell'applicabilità dei criteri di cui alla pronuncia delle omissis numero numero 18287/2018. In ogni caso, osserva il Collegio, con riguardo ai beni di proprietà del sig. omissis che trattasi di beni acquistati dal convenuto prima del 2009 docomma 11 , ossia prima del matrimonio, sicché rispetto ad essi non sarebbe, in ogni caso, possibile riconoscere alcun apporto dato dalla sig.ra omissis alla formazione del patrimonio immobiliare del marito. Va, dunque, ritenuta l'insussistenza dei presupposti dell'assegno divorzile sia con finalità perequativa che assistenziale, non potendo ritenersi, quanto al secondo profilo, che la sig.ra omissis sia priva di mezzi adeguati al proprio sostentamento, tenuto conto dell'accertata consistenza dei suoi redditi pari a circa 1.042,00 euro mensili per l'anno 2023 . Considerato che il convenuto ha aderito alla domanda sullo status, sussistono giusti motivi per compensare di ½ le spese di lite, ponendosi la restante metà a carico della ricorrente soccombente sulla domanda di divorzio valori medi per le quattro fasi, ridotti per le fasi istruttoria e decisionale considerati il numero, la natura e le caratteristiche delle questioni giuridiche affrontate . P.Q.M. Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella presente controversia, sulle condizioni accessorie del divorzio pronunciato con sentenza di questo Tribunale numero 680/202 3 così provvede 1 rigetta la domanda di assegno divorzile 2 compensa per ½ le spese di lite e condanna la ricorrente a rimborsare al convenuto la restante metà liquidata in euro 2.630,50, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.