Grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione.
Un imputato veniva condannato, in primo grado, per reati urbanistico-edilizi (articolo 44, lett. c, d.p.r. numero 380/2001) e paesaggistici (articolo 181 d.lgs. numero 42/2004) risultati accertati nel luglio 2020. La Corte d'appello confermava la sentenza condanna del locale tribunale. Il condannato proponeva, a mezzo difensore, ricorso per cassazione con cui deduceva, come primo motivo, vizi di violazione di legge e motivazione, avuto particolare riguardo alla data di realizzazione dell'intervento abusivo contestato, non essendo stata considerata - senza motivarsi sul punto - la dichiarazione al riguardo resa dal teste della difesa e tantomeno da un teste dell'accusa. La Cassazione, con la sentenza in commento, ha anzitutto censurato la non autosufficienza del ricorso, avendo la difesa dedotto dichiarazioni di due testi, riportate per sunto o stralcio, senza tuttavia allegarle, richiamando il noto principio dell'inammissibilità – per violazione, per l'appunto, del principio di autosufficienza e per genericità, dei motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Cass. 20677/2017; Cass. numero 53600/2017). In secondo luogo, nel dichiarare manifestamente infondato il pertinente motivo di ricorso tendente a far valere la maturata prescrizione, ha ribadito che, in caso di processo per reati edilizi di cui all'articolo 44 d.P.R. numero 380/2001 (già articolo 20 l.numero 47/1985), fermo restando a carico dell'accusa l'onere di provare la data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell'imputato a fare ritenere che la contravvenzione si sia realmente estinta per prescrizione e neppure a determinare l'incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine, con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo, atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell'opera incriminata (v. già Cass. numero 10562/2000; Cass. numero 19082/2009; Cass. numero 27061/2014). Per comprendere meglio il principio di diritto – consolidato – al quale si rifà la sentenza in commento, pare utile allargare l'orizzonte d'analisi alla giurisprudenza di legittimità in materia, ripercorrendone succintamente regole ed eccezioni. Anzitutto occorre prendere le mosse dal generale principio-guida (processuale) dell'in dubio pro-reo che – ha ripetutamente affermato la Cassazione – è applicabile anche in tema di cause di estinzione del reato (già Cass. numero 6866/1993; Cass. numero 10721/1998; Cass. numero 12599/1998): se vi è incertezza sul tempus commissi delicti, il termine di decorrenza della prescrizione del reato (articolo 158 c.p.) va computato secondo il maggior vantaggio per l'imputato (articolo 531, c.2, c.p.p.). Tuttavia, l'estinzione del reato – ha ripetutamente affermato la Cassazione – va dichiarata solo quando vi sia incertezza assoluta sulla data di consumazione del reato (nel caso dei reati edilizi: sull'epoca di ultimazione dei lavori, coincidente con la conclusione delle opere di rifinitura degli interni e degli esterni, quali intonaci, infissi, tinteggiatura, impianti elettrici e di riscaldamento, eccetera) o comunque sul momento iniziale del termine di prescrizione e tale incertezza non possa essere altrimenti eliminata (Cass. numero 41872/2023; Cass. numero 14870/2021Cass. numero 37432/2003). Il principio del favor rei non vale, viceversa, se l'incertezza (non è assoluta ma) è soltanto relativa perché, in questo caso, la si può superare attraverso deduzioni logiche del tutto ammissibili (Cass. numero 41872/2023; Cass. numero 14870/2021; Cass. numero 4139/2018; Cass. numero 46467/2017; Cass. numero 1182/2007). Sono, pertanto, destinate ad essere censurate in sede di legittimità quelle pronunce di merito – ovvero quelle deduzioni difensive come nella vicenda di specie – che, pigramente, ripiegassero sull'epilogo estintivo senza sforzarsi di motivare su una più puntuale collocazione temporale dell'intervento abusivo (Cass. numero 20795/2021) sforzandosi di superare l'incertezza circa il tempus commissi delicti attingendo ad altre fonti, anche indiziarie, disponibili nel processo. Spetta in ogni caso all'imputato – e qui veniamo al principio oggi ribadito dalla sentenza annotata – fornire quanto meno qualche indizio o elementi in suo possesso sulla retrodatazione della cessazione della permanenza rispetto al momento della sentenza (da ultimo, oltre alla sentenza in commento: Cass. numero 676/2024; Cass. numero 10585/2020; Cass. numero 19082/2009; Cass. numero 27061/2014; nel senso, invece, che il giudice ha l'obbligo di accertare l'epoca di ultimazione dei lavori qualora l'imputato indichi una data di commissione del fatto diversa da quella emergente dall'imputazione contestata v. già Cass. numero 4056/1997). L'incidenza statistica della prescrizione in primo grado nei reati edilizi Tra tutti i reati, le contravvenzioni urbanistico-edilizie e paesaggistiche rappresentano quelle che si prescrivono di più, peraltro in un termine assai breve, come rivelano drasticamente le statistiche giudiziarie. Nelle tabelle ministeriali riportanti le fattispecie di reato con maggiore frequenza di prescrizione in valore assoluto – come elaborate, nel 2020, dalla Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa del Ministero della giustizia – nel 2018 (ultimo anno disponibile sul sito istituzionale), tra i 30 gruppi di reati maggiormente prescritti in primo grado risulta che: i reati in materia edilizia (d.P.R. numero 380/2001) sono al primo posto in valore assoluto, con un numero di prescrizioni totali dichiarate pari a 13.260 (decreti di archiviazione e sentenze di non doversi procedere per prescrizione) e con una percentuale del 34% di incidenza sul totale dei procedimenti definiti per quei reati; le contravvenzioni paesaggistiche sono al quinto posto come valore assoluto, pari a nnumero 3.860 prescrizioni dichiarate, ma hanno una percentuale di incidenza praticamente identica, pari al 31% sul totale dei procedimenti definiti per quegli stessi reati. Tra i trenta gruppi di reati maggiormente prescritti in appello risulta che: i reati in materia edilizia (d.P.R. numero 380/2001) sono al quarto posto in valore assoluto, con un numero di prescrizioni totali dichiarate pari a 1.914 ma hanno la percentuale in assoluto più alta, pari al 57%, di incidenza sul totale dei procedimenti definiti per quegli stessi reati; le contravvenzioni in materia di paesaggio sono al tredicesimo posto come valore assoluto, pari a numero 754 prescrizioni dichiarate, ma hanno una percentuale di incidenza praticamente identica, pari al 53% sul totale dei procedimenti definiti per quegli stessi reati.
Presidente Ramacci - Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Salerno confermava la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania del 5.12.2023 con la quale Ia.Ma. era stato condannato in ordine a reati edilizi e paesaggistici di cui ai capi a) (articolo 44 lett. c) D.P.R. 380/01) e g) (articolo 181 del D.Lgs. 42/04). 2. Avverso la predetta sentenza Ia.Ma. mediante il proprio difensore ha proposto, con due motivi, ricorso per cassazione. 3. Con il primo motivo ha dedotto vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione data di realizzazione dell'intervento contestato, non essendo stata considerata - senza motivarsi sul punto - la dichiarazione al riguardo resa dal teste della difesa e tantomeno da un teste dell'accusa. 4. Con il secondo motivo rappresenta vizi di violazione di legge in ordine alla natura delle opere realizzate. Trattandosi di opere di edilizia libera e in particolare di una pergotenda. La valutazione dei giudici sarebbe fondata su una non raggiunta prova delle caratteristiche dell'opera e sulla errata circostanza per cui i pilastri in legno da appoggia per la tenda sarebbero fissati con malta cementizia. Piuttosto, la struttura non creerebbe un volume chiuso essendo la copertura retraibile. Si aggiunge che l'opera rientrerebbe nell'ambito dei Dehors. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. In quanto innanzitutto, si deducono dichiarazioni di due testi, riportate per sunto o stralcio, e non allegate. Nonostante il noto principio secondo il quale in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (sez. 2, numero 20677 de1 11/04/2017 ì Rv. 270071 - 01). Va aggiunto che in sentenza si evidenzia come l'unica data certa emersa sia quella dell'accertamento del luglio 2020, a fronte di indicazioni generiche di altre date, ancorché fornite da teste della accusa, e di dichiarazioni di un teste della difesa reputate motivatamente dal giudice come afferenti un'opera di indimostrata coincidenza con quella qui contestata. Così che appare corretta l'evidenziazione della mancata prova da parte della difesa, quale suo onere, di fornire indicazione certa della diversa data di commissione del reato, come da essa prospettata. Si ricorda, al riguardo, che in caso di procedimento per violazione dell'articolo 20 legge 28 febbraio 1985 numero 47 (rectius 44 D.P.R. 380/01), sempre restando a carico dell'accusa l'onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell'imputato a fare ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l'incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine, con la conseguente applicazione del principio in dubio prò reo , atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell'opera incriminata (Sez. 3, numero 10562 del 17/04/2000 Rv. 217575 - 01 Fretto S.; di recente, Sez. 3, numero 27061 del 05/03/2014 Rv. 259181 - 01 Laiso.). Per completezza va osservato che il teste di accusa citato in ricorso, seppur con mero stralcio della relativa testimonianza, riporta una forbice in cui eventualmente comprendere la commissione del reato tra il marzo 2016 e il 14 giugno 2019: per cui anche a volere, al più, retrodatare i fatti, sulla base di queste sole dichiarazioni (ferma restando la rilevazione preliminare di inammissibilità per mancata allegazione integrale), al 14.6.2019, la prescrizione sarebbe maturata, considerata altresì la sospensione della stessa per rinvio richiesto dalla difesa dal 4.10.2022 al 28.2.2023, pari a 4 mesi e 27 giorni, alla data del 10.11.2024. Epoca successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, del 30.4.2024. 6. Anche il secondo è inammissibile. Proponendosi una diversa valutazione degli elementi disponibili ai fini della loro analisi anche giuridica, nonostante il princìpio per cui l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una mirata rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, numero 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, numero 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, numero 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Quanto al vizio di manifesta illogicità esso, come quello di mancanza e contraddittorietà della medesima, deve essere di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità vertere su difetti di macroscopica evidenza, mentre rimangono ininfluenti le minime incongruenze e si devono considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. Unumero, numero 24 del 24 novembre 1999, Rv. numero 214794; Sez. Unumero, numero 12 del 31 maggio 2000, Rv. numero 216260; Sez. Unumero, numero 47289 del 24 settembre 2003, Rv. numero 226074). Né con il ricorso si deducono travisamenti di prova, anche in assenza di ogni allegazione e di prospettazione di dati che siano oggettivi ed inequivoci, posto il principio per cui, da una parte, il ricorso per cassazione con cui si contesti il travisamento di specifici atti del processo deve, a pena di inammissibilità, non solo indicare le ragioni per cui il dato travisato inficia e compromette la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione ma anche individuare in modo inequivoco e rappresentare in modo specifico gli atti processuali su cui fa leva il motivo (cfr. Sez. 6, numero 9923 del 05/12/2011 (dep. 14/03/2012) Rv. 252349 S), dall'altra, sempre ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova, è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della prova e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (in tema di prova dichiarativa Sez. 5, Sentenza numero 8188 del 04/12/2017 Ud. (dep. 20/02/2018) Rv. 272406 - 01). 3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero, di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.