La retribuzione dovuta durante il periodo feriale deve ricomprendere qualsiasi importo collegato all’esecuzione delle mansioni, non potendo costituire un deterrente alla fruizione delle ferie. Inoltre, il lavoratore ha diritto al percepimento dell’indennità per il sesto giorno, benché non sia intervenuto uno specifico accordo collettivo in merito.
Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione ha, da un lato, accolto il ricorso di un lavoratore dipendente di Trenord in merito al diritto al percepimento dell' indennità del sesto giorno, secondo quanto previsto dal CCNL per il settore delle Attività Ferroviarie, dall'altro ha rigettato i motivi di ricorso incidentale formulati dalla Società inerenti al computo di particolari indennità nella retribuzione erogata in occasione delle ferie . La controversia prende le mosse dal ricorso presentato da un capo treno dipendente di Trenord, il quale richiedeva al Tribunale di primo grado il riconoscimento del diritto a vedersi computare nella retribuzione dovuta durante le ferie due indennità di scorta e di riserva ordinariamente percepite dallo stesso, nonché il diritto all'indennità prevista dall'articolo 83, comma 2, del CCNL applicabile per le prestazioni lavorative svolte durante il sesto giorno. Il Tribunale di Milano, con due diverse sentenze non definitiva e definitiva accoglieva le richieste del capo treno, liquidando, altresì l'importo dovuto da Trenord. La decisione della Corte d'Appello In seguito al ricorso in appello presentato da Trenord avverso entrambe le sentenze del Tribunale, la Corte d'Appello di Milano in parziale riforma delle stesse aveva stabilito che il lavoratore non ha diritto al percepimento dell'indennità per il sesto giorno lavorato. La Corte d'Appello ha, poi, confermato che nella base di calcolo della retribuzione dovuta durante le ferie devono essere incluse le indennità di scorta e di riserva, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE in ordine alla nozione di retribuzione prevista dall 'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE. Il ricorso per Cassazione La sentenza della Corte d'Appello di Milano veniva impugnata con unico motivo dal lavoratore, il quale eccepiva la violazione/falsa applicazione della norma contrattuale inerente al diritto al percepimento dell'indennità del sesto giorno . Trenord, a propria volta, proponeva ricorso incidentale censurando la sentenza della Corte d'Appello con quattro differenti motivi tutti riferiti al computo delle indennità nel calcolo della retribuzione dovuta durante il periodo di ferie, chiedendo altresì il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per l'interpretazione della relativa norma europea. La sentenza della Cassazione Nella sentenza in commento la Suprema Corte ha, innanzitutto, accolto il ricorso principale – inerente al diritto al percepimento dell'indennità per il sesto giorno lavorato – evidenziando che i il CCNL prevede, per la suddivisone dell'orario lavorativo su sei giorni invece che su cinque, la necessità che sussistano esigenze tecniche, produttive od organizzative e che venga stipulato un apposito accordo sindacale in cui sia concordata la ripartizione dell'orario di lavoro ii nel caso di specie l'accordo non era intervenuto iii è corretto l'indirizzo interpretativo seguito dal Giudice di Prime Cure, il quale aveva affermato che l' assenza di un accordo collettivo non fa venir meno il diritto al percepimento dell'indennità del sesto giorno , prevista dal CCNL in modo specifico e preciso di talché non richiede alcuna integrazione da parte di contratti collettivo. Quanto ai motivi di ricorso incidentale, tutti dichiarati infondati, la Cassazione ha precisato che la retribuzione erogata durante le ferie non può costituire per il lavoratore un deterrente alla fruizione effettiva delle stesse e, per tale ragione, deve ricomprendere qualsiasi importo che si ponga in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore . Ebbene, durante i precedenti gradi di giudizio era emersa la tipicità e la continuità dell'erogazione dell' indennità di scorta e dell'indennità di riserva , proprie della mansione di capo treno – indennità volte a compensare lo status professionale rivestito dal lavoratore – e, pertanto, le stesse, secondo l'indirizzo seguito dalla Cassazione, non possono che essere incluse nella retribuzione dovuta durante le ferie . D'altra parte, afferma la Suprema Corte, tale interpretazione è in linea con le indicazioni fornite dalla Corte di Lussemburgo e della direttiva europea riguardante la nozione di retribuzione la Cassazione ha ritenuto non sussistenti i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, essendosi quest'ultima più volte pronunciata in merito. Pertanto, alla luce delle considerazioni svolte, la Cassazione ha i cassato con rinvio la sentenza di appello in merito al diritto al percepimento dell'indennità per il sesto giorno lavorato ii rigettato i motivi di ricorso incidentale, confermando che nella retribuzione dovuta per le ferie deve ricomprendersi qualsiasi emolumento connesso allo status personale e professionale del lavoratore, in modo tale che il calcolo della retribuzione non costituisca una dissuasione dal godimento delle ferie e iii rigettato la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, essendosi la stessa più volte pronunciata in merito alla nozione europea di retribuzione.
Presidente Manna - Relatore Caso Fatti di causa 1. Con sentenza non definitiva numero 1751/2020, il Tribunale di Milano, disapplicando ogni norma contrattuale contraria, aveva dichiarato il diritto dell'attore Do.Da., capo treno alle dipendenze della convenuta TRENORD Srl, al computo dell'indennità di scorta e dell'indennità di riserva nella retribuzione dovuta durante le ferie e senza detrazione di quanto versato a titolo di patto di competitività aveva, altresì, dichiarato il diritto del lavoratore all'indennità ai sensi dell'articolo 83, co. 2, del CCNL per il settore delle Attività Ferroviarie per le prestazioni svolte nel sesto giorno effettivamente lavorato, eccetto per le prestazioni retribuite come lavoro straordinario. Con sentenza definitiva numero 1839/2020, il medesimo Tribunale, acquisiti i conteggi concordati fra le parti, per i titoli suddetti ha condannato la TRENORD Srl a versare al lavoratore la somma complessiva di Euro 1.440,19, oltre accessori. 2. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d'appello di Milano, decidendo sull'appello proposto da TRENORD Srl contro entrambe le suddette sentenze non definitiva e definitiva del Tribunale, in parziale riforma delle stesse, ha respinto la domanda del lavoratore appellato, relativa all'indennità per il sesto giorno lavorato di cui all'articolo 83 del CCNL suddetto ha confermato le rimanenti statuizioni delle sentenze impugnate. 2.1. La Corte territoriale, nel richiamare taluni propri precedenti aventi ad oggetto le medesime questioni trattate nella controversia in esame, specificamente riferiti alla figura del capo treno, vale a dire, la stessa qualifica rivestita dal lavoratore appellato, ha, tra l'altro, evidenziato che i lavoratori nei casi decisi in quei precedenti avevano allegato in primo grado le buste paga, i contratti collettivi e i conteggi dei crediti e che tale documentazione appariva sufficiente al fine di dimostrare la fondatezza delle loro pretese. 2.2. Ha fatto riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE in ordine alla nozione di retribuzione nell'interpretare in particolare l'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE. 2.3. Il giudice di appello ha poi verificato che la retribuzione erogata in via ordinaria durante il servizio comprendeva le indennità variabili richieste mentre la società includeva nella retribuzione erogata durante le ferie la parte fissa prevista dall'articolo 48.1.1. lett. a, b, c, d del c.c.a. e l'indennità di turno di cui all'articolo 48.1.2. dello stesso contratto, rimanendo, invece, esclusi gli altri compensi, pure erogati incontestatamente in maniera continuativa, e segnatamente gli incentivi per attività di scorta e di riserva sebbene fossero collegati alla prestazione delle attività proprie dei Capi treno previste dal c.c.numero l. come lavoro effettivo. 2.4. Verificata quindi la nozione contrattuale di scorta e di riserva ai sensi dell'articolo 54.2 del c.c.a. e quella di retribuzione prevista dall'articolo 20 dell'accordo aziendale TRENORD dell'11.3.2015, ha ritenuto che essendo l'attività di scorta tipica della mansione di capo treno la voce retributiva è compensativa anche dello status professionale del ricorrente che rivestiva tale qualità. 2.5. Con riguardo all'attività di riserva , poi, la relativa indennità è stata ritenuta anch'essa rientrante nella base di calcolo della retribuzione da erogare durante le ferie, alla luce di quanto disposto dal c.c.numero l. che considera il servizio di riserva come lavoro effettivo del personale mobile turnista perché funzionale allo svolgimento del servizio e dunque della prestazione. 2.6. Quanto alla corresponsione della retribuzione percepita nel periodo feriale sulla base della normativa interna rispetto a quella fissata imperativamente dall'articolo 7 della direttiva 2003/88, come interpretata dalla Corte di giustizia, la Corte di appello ha ribadito che occorre verificare se la retribuzione corrisposta possa costituire una dissuasione dal godimento delle ferie ed in tale prospettiva ha accertato che una sensibile diminuzione è effettivamente idonea a dissuadere dal beneficiarne. 2.7. Ha poi sottolineato che la motivazione della sentenza di primo grado, che aveva accertato la stretta connessione tra le indennità chieste e riconosciute e lo specifico status del lavoratore da ritenere assimilabili ad integrazioni collegate alle qualifica professionale rivestita, non era stata specificamente censurata in appello dalla società che si era limitata a sostenere che si trattava di indennità che non compensavano alcun disagio intrinsecamente connesso alla prestazione lavorativa assegnata. 2.8. Infine, la Corte ha reputato fondato invece il motivo d'appello della società circa l'indennità di c.d. sesto giorno lavorato. Spiegato cosa dovesse intendersi per turni detti ribattuta/slittamento e per intacco su grs ossia, il giorno di riposo settimanale e richiamati i testi degli articolo 27, punto 1.5., commi 2 e 3, e 83, comma 2, CCNL Attività Ferroviarie, considerava la Corte che l'interpretazione di tali clausole contrattuali porta a ritenere che queste si riferiscano ad un sistema che comprende - a fronte di specifiche e motivate esigenze aziendali - l'adozione generalizzata e stabile di un turno distribuito su sei giorni settimanali, mentre nella fattispecie di cui è causa la prestazione sul sesto giorno per ribattuta e intacco su grs, pur essendo conseguenza del complesso sistema di turni adottato da TRENORD, è avvenuta in modo del tutto sporadico e rarefatto, ovvero 27 volte nell'arco di 4 anni non si poteva pertanto ritenere che tali evenienze possano essere ricondotte alla fattispecie di cui all'articolo 27 CCNL. 3. Avverso tale decisione, Do.Da. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo. 4. L'intimata ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, a mezzo di tre motivi. 5. Il ricorrente ha depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale. 6. A seguito della fissazione di pubblica udienza, entrambe le parti private hanno depositato memoria, ed il P.M. ha depositato memoria in cui ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per la declaratoria d'inammissibilità o per il rigetto del ricorso incidentale. Ragioni della decisione 1. Con unico motivo il ricorrente principale denuncia Violazione e falsa applicazione degli articolo 1362, 1363 c.c. in relazione agli articolo 28 CCNL AF 2012 oggi articolo 27 CCNL AF 2016, dell'articolo 83 CCNL AF 2012 e 2016 . Sottolinea che per TRENORD non vi è nessun accordo aziendale che, giusta l'articolo 27.1.5 del CCNL AF 2016, legittimi il ricorso ad una più gravosa ripartizione dell'orario di lavoro su sei giorni a settimana anziché cinque. Assume, allora, che il meccanismo della ribattuta posto in essere dalla TRENORD, in assenza di accordo aziendale, quindi in violazione dell'ora cit. articolo 27.1.5 CCNL AF 2016, è assolutamente illegittimo, ma che tale illegittimità non può essere di ostacolo al riconoscimento dell'indennità ex articolo 83 CCNL AF. In tal senso richiama e fa proprie le opinioni in proposito espresse dal primo giudice. 2. Con il primo motivo del ricorso incidentale contraddistinto dalla lett. A è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE e dell'articolo 10 del D.Lgs. numero 66 del 2003 oltreché dell' articolo 36 della Costituzione e dell'articolo 2109 del cod. civ. in relazione alla disciplina da applicarsi in tema di ferie retribuite. 2.1. Sostiene la ricorrente incidentale che la Corte territoriale avrebbe poggiato l'intero impianto argomentativo della sentenza sull'errato presupposto dell'efficacia vincolante dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea in ordine al concetto di ferie retribuite espresso dall'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE, di cui l'articolo 10 del D.Lgs. numero 66 del 2003 sarebbe precipua espressione e trasposizione nel diritto interno. Ad avviso della ricorrente incidentale, al contrario, il D.Lgs. numero 66 del 2003 è attuazione di direttive differenti rispetto a quella oggetto di commento da parte delle pronunce della Corte di giustizia le direttive 93/104/CE e 2000/34/CE . Pertanto, l'interpretazione giurisprudenziale non sarebbe automaticamente applicabile in via analogica all' articolo 10 del D.Lgs. numero 66 del 2003 e tantomeno alla restante normativa interna preesistente dettata dall' articolo 2109 del cod. civ. e dall'articolo 36 della Costituzione. La CGUE è interprete del diritto dell'Unione ma spetta al giudice nazionale farne discendere la risoluzione del caso concreto. 3. Con il secondo motivo del ricorso incidentale indicato con la lettera B è denunciata la violazione e falsa applicazione dell' articolo 36 Cost. e dell'articolo 2109 cod. civ. in relazione alla definizione ed al concetto di ferie retribuite come espressi dalla Cassazione ai quali la sentenza non si è uniformata. Conseguentemente denuncia la violazione e falsa applicazione della normativa contrattuale di riferimento in TRENORD ed in particolare con riferimento all'articolo 20.3. del contratto collettivo aziendale TRENORD. 3.1. Sostiene la società che i giudici d'appello si sarebbero discostati dai principi espressi dalla Cassazione in materia di determinazione e quantificazione della retribuzione dovuta al lavoratore durante il periodo feriale la cui nozione è rimessa alla contrattazione collettiva. Così facendo, avrebbe trascurato di considerare la previsione dell'articolo 20.3 del contratto collettivo aziendale di TRENORD che esclude le voci incentivo attività di scorta e indennità di riserva dalla retribuzione feriale e vi ricomprende il minimo tabellare, gli aumenti periodici di anzianità, gli assegni ad personam pensionabili, il salario professionale e l'indennità di turno. 4. Con il terzo motivo dello stesso ricorso sub lettera C si denuncia, ancora una volta, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE, in relazione all'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia in tema di ferie retribuite. 4.1. Sostiene che il fine ultimo dell'interpretazione data alla disciplina dalla giurisprudenza Europea sia quello di salvaguardare il diritto all'effettivo godimento delle ferie da parte dei lavoratori e, dunque, ad evitare che una retribuzione non paragonabile a quella ordinaria abbia un effetto dissuasivo sull'esercizio effettivo del diritto alle stesse. 4.2. Sottolinea che una retribuzione feriale inferiore a quella ordinaria può ben essere in linea con la giurisprudenza Europea a condizione che le diminuzioni non siano tali da dissuadere il lavoratore ad esercitare il suo diritto alle ferie. Esse si pongono in contrasto con l'obiettivo perseguito dall'articolo 7 della direttiva qualora la retribuzione risulti irrisoria e tale da ledere appunto il diritto irrinunciabile alle ferie. 4.3. Rileva che ove il giudice comunitario avesse inteso ritenere che la retribuzione dovesse essere identica/uguale a quella erogata durante il servizio non avrebbe utilizzato aggettivi come paragonabile o in linea di principio o, ancora, non avrebbe fatto riferimento alla diminuzione di retribuzione che fosse idonea a dissuadere i lavoratori dal godimento delle ferie. 4.4. In conclusione, ad avviso della ricorrente incidentale la sentenza sarebbe errata per aver ritenuto contraddittoriamente che la retribuzione durante il periodo di ferie deve coincidere con quella di fatto percepita nel periodo di riferimento senza tener conto del fatto che l'effettiva incidenza delle voci rivendicate era del tutto irrisoria e che il ricorrente aveva pacificamente beneficiato delle ferie. 4.5. Nel caso in cui in questa sede non si dovesse accedere all'opzione ermeneutica sostenuta dalla ricorrente incidentale, chiede alla Corte di sottoporre con rinvio pregiudiziale la questione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea perché questa possa chiarire, attraverso l'interpretazione autentica, la ratio e il contenuto nella nozione Europea di retribuzione dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie fissata dall' articolo 7 della direttiva 88/2003 . 5. L'unico motivo del ricorso principale del lavoratore è fondato. 5.1. L'articolo 27.1.5. del CCNL applicato al rapporto recita L'orario di lavoro settimanale è ripartito, di norma, su 5 giorni. In relazione a specifiche esigenze tecniche, produttive ed organizzative l'orario di lavoro settimanale potrà essere ripartito su 6 giorni. La ripartizione dell'orario di lavoro settimanale su 6 giorni, fatti salvi gli accordi in essere, sarà oggetto di specifico accordo a livello di contrattazione aziendale con le strutture sindacali interessate dalle Organizzazioni Sindacali stipulanti il presente C.C.N.L. nell'ambito di una procedura negoziale da attivarsi almeno due mesi prima della sua applicazione e da concludersi entro 20 giorni dalla attivazione della procedura stessa . Il successivo articolo 83, comma 2, del medesimo CCNL recita Nei casi di ripartizione concordata dell'orario di lavoro settimanale su 6 giorni secondo quanto stabilito al 2 e 3 comma del punto 1.5. dell'articolo 27 Orario di lavoro del presente CCNL, ai lavoratori sarà corrisposta, per ogni 6 giorno lavorato, una indennità pari a Euro 15,00. Tale indennità non è corrisposta in caso di assenza a qualsiasi titolo, ad eccezione dei periodi continuativi di malattia o infortunio di durata superiore a 15 giorni . 5.2. Orbene, il tenore letterale delle riportate previsioni dell'articolo 27.1.5. è chiaro nello stabilire, al comma 2, che la possibilità di ripartire l'orario di lavoro settimanale su 6 giorni, invece che su 5 giorni ripartizione che è quella normale , come esplicitato dalla locuzione di norma , adottata nel comma 1 dello stesso punto 1.5. è subordinata anzitutto al ricorrere di specifiche esigenze tecniche, produttive od organizzative . Altrettanto chiaro è il seguente comma 3 dello stesso punto 1.5. dell'articolo 27 nel delineare un'ulteriore garanzia in proposito, e cioè che la ripartizione dell'orario di lavoro settimanale su 6 giorni debba formare oggetto di specifico accordo a livello di contrattazione aziendale , da adottare nell'ambito di apposita procedura negoziale la cui tempistica è pure disciplinata all'evidente scopo, da un lato, di non introdurre ex abrupto soprattutto rispetto ai lavoratori interessati tale ripartizione dell'orario lavorativo settimanale, diversa da quella ordinaria su 5 giorni, e, dall'altro, di assicurare che la conclusione dell'accordo specifico intervenga in un tempo breve, onde far sì che la ripartizione di tale orario su 6 giorni possa soddisfare rapidamente le esigenze datoriali rappresentate tecniche, produttive od organizzative . A sua volta, l'articolo 83, comma 2, del CCNL, nel contemplare l'indennità in favore dei lavoratori interessati per il c.d. 6 giorno lavorato, fa esplicito riferimento ai casi di ripartizione concordata dell'orario di lavoro settimanale su 6 giorni secondo quanto stabilito al 2 e 3 comma del punto 1.5. dell'articolo 27 Orario di lavoro . E', perciò, di tutta evidenza che, di regola, il primo presupposto precipuo di tale prestazione è costituito da una ripartizione concordata a livello di contrattazione aziendale apposita, già in essere secondo le specifiche previsioni della medesima fonte collettiva nazionale richiamate nel comma 2 dell'articolo 83. E la prestazione così prevista, in quanto di natura esplicitamente indennitaria e di importo fisso per ogni 6 giorno lavorato di norma, effettivamente lavorato, con le eccezioni su viste , va infatti a compensare l'assoggettamento dei lavoratori ad una ripartizione dell'orario di lavoro settimanale in sé immutato quanto al numero di ore , che, sebbene concordata a livello collettivo aziendale, rappresenta comunque una modificazione di quello che costituiva in precedenza l'orario di lavoro settimanale normale , vale a dire su 5 giorni una modificazione che appunto comporta la doverosità della prestazione lavorativa anche in un 6 giorno. 5.3. Nel caso in esame è stato pacifico nei gradi di merito come tuttora che l'apposito accordo aziendale previsto dal comma 3 dell'articolo 27.1.5. del CCNL non sia intervenuto. E il ricorrente principale, infatti, in questa sede torna a perorare l'indirizzo interpretativo del primo giudice, secondo il quale, ove tale contrattazione non avvenga, ma, comunque, la società, per esigenze organizzative, ritenga di stabilire una prestazione nel sesto giorno, non può per il solo difetto di tale negoziazione venir meno il diritto a un'indennità stabilita in modo preciso e specifico già dall'articolo 83, co. 2, cit., con norma che non richiede ulteriori integrazioni da parte dei contraenti collettivi . 5.4. Tale tesi è condivisibile. 5.5. La specifica previsione collettiva è oltremodo chiara, come si è visto, nell'introdurre una prestazione indennitaria di importo fisso, che ha come suo unico presupposto fattuale, ai fini dell'insorgenza del relativo diritto, l'espletamento della prestazione lavorativa nel 6 giorno, e non anche un disagio o detrimento di altro genere in concreto risentito dal singolo lavoratore per aver espletato la sua attività anche in quell'ulteriore giorno e che costui debba quindi dimostrare. Anzi, la trama delle disposizioni collettive sopra esaminate depone nel senso che la relativa maggior penosità del c.d. sesto giorno lavorato sia insita nel suo consistere in una modificazione dell'orario di lavoro settimanale normale, distribuito su 5 giorni il che, ovviamente, non viene meno nell'ipotesi, che ricorre in concreto nella specie, in cui la prestazione lavorativa nel sesto giorno sia dipesa da esigenze datoriali unilateralmente apprezzate, ma non rifletta un precedente accordo sindacale aziendale in proposito, di regola necessario. 5.6. La Corte di merito ha sottolineato che l'articolo 83, comma 2, cit. fa riferimento ad una ripartizione concordata dell'orario settimanale su sei giorni , nella specie mancante. E in via di completamento della propria motivazione, poi, ha considerato che Né è possibile riconoscere un danno per maggiore gravosità della prestazione lavorativa, sia perché manca una specifica domanda del ricorrente, sia perché - comunque - non vi è stato un aumento dell'orario di lavoro settimanale e le occasioni in cui l'evento si è verificato sono talmente esigue da non potersi configurare un apprezzabile aggravio della prestazione . 5.6. Ebbene, queste ultime osservazioni della Corte di merito - che all'evidenza fanno riferimento ad una possibile causa petendi in chiave risarcitoria della specifica pretesa attorea, non avente, cioè, come base normativa le su viste disposizioni collettive - non sono pertinenti. Le su esaminate norme di CCNL, da intendersi nel senso sopra illustrato quando non sia stato raggiunto l'apposito accordo sindacale aziendale, consentono comunque l'erogazione dell'indennità in questione nella misura fissa indicata nella fonte collettiva nazionale emolumento, la cui natura appunto esplicitamente indennitaria, quando se ne sono verificati i presupposti di fatto, ben può e deve compensare un sesto giorno di lavoro che è stato prestato per esclusiva iniziativa della datrice di lavoro, sia pure per proprie esigenze. 6. Passando ad esaminare il ricorso incidentale, rileva preliminarmente il Collegio che questa Sezione si è già espressa su tutte le questioni di diritto in esso poste nelle recenti sent. numero 18160/2023, numero 19663/2023, numero 19711/2023, numero 19716/2023 in relazione a motivi di ricorso per cassazione di TRENORD pressoché identici a quelli ora in esame si trattava in quelle decisioni di ricorsi per cassazione contro altrettante sentenze sempre della Corte d'appello di Milano, motivate in termini largamente sovrapponibili tra loro e a quelli della sentenza ora oggetto di ricorso. Più di recente, inoltre, sono intervenute altre decisioni di questa Corte, le quali si sono occupate di ricorsi per cassazione della TRENORD nei confronti di lavoratori con la qualifica di capo treno, come l'attuale ricorrente principale cfr., tra le altre, Cass. numero 1507/2024 e numero 1496/2024 . 6.1. Pertanto, anche ai sensi dell' articolo 118, comma primo, disp. att. c.p.c. , alle citate decisioni si farà riferimento in questa sede. 7. Ciò rilevato, i tre motivi del ricorso incidentale, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. 7.1. Occorre premettere che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che con l'espressione ferie annuali retribuite contenuta nell' articolo 7, numero 1, della direttiva numero 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C - 350/06 e C - 520/06, Schultz - Hoff e altri . Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C - 385/17 . Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore Europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un'efficace tutela della loro salute e sicurezza cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C - 514/20 . 7.2. Di tali principi si è fatta interprete questa Corte che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch'essa con il D.Lgs. numero 66 del 2003 , per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore cfr. Cass. 17/05/2019 numero 13425 . 7.3. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l'indennità sostitutiva assolve, si è ritenuta che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore cfr. Cass. 30/11/2021 numero 37589 . 7.4. Proprio in applicazione della nozione c.d. Europea di retribuzione, nell'ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che nel calcolo del compenso dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva l'articolo 10 del c.c.numero l. Trasporto Aereo - sezione personale navigante tecnico nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie evidenziandosi il contrasto con l' articolo 4 del D.Lgs. numero 185 del 2005 decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo Europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto Europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione Europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l'attività lavorativa cfr. Cass. 23/06/2022 numero 20216 . 7.5. E' opportuno poi rammentare, come già ritenuto nella sentenza da ultimo citata, che le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull'ordinamento nazionale sicché non può prescindersi dall'interpretazione data dalla Corte Europa che, quale interprete qualificata del diritto dell'unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme. Le sue sentenze, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, hanno perciò valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito della Comunità cfr. Cass. numero 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. numero 22577 del 2012 . 7.6. Nell'applicare il diritto interno il giudice nazionale è tenuto ad una interpretazione per quanto possibile conforme alle finalità perseguite dal diritto dell'Unione nell'intento di conseguire il risultato prefissato dalla disciplina eurounitaria conformandosi all' articolo 288, comma 3, TFUE . L'esigenza di un'interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE , in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell'ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell'Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte cfr. CGUE 13/11/1990 causa C - 106/89 Marleasing p. 8 , CGUE 14/07/1994 causa C - 91/92 Faccini Dori p. 26, CGUE 10/04/1984 causa C - 14/83 von Colson p. 26, CGUE 28/06/2012 causa C - 7/11 Caronna p. 51, tutte citate da Cass. numero 22577 del 2012 alla cui più estesa motivazione si rinvia , obbligo che viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella eurounitaria, ma non è questo il caso. 7.7. A questi principi si è attenuta la Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell'eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita. 7.8. Ha allora verificato che durante il periodo di godimento delle ferie al lavoratore non erano erogati dalla società compensi, quali l'incentivo per attività di scorta e l'indennità di riserva che pure erano connessi ad attività ordinariamente previste dal contratto collettivo. Ha accertato la continuatività della loro erogazione. Inoltre, ha evidenziato che la tipicità dell'attività di scorta e dell'attività di riserva, propria della mansione di capo treno, deponeva nel senso che la relativa voce retributiva era intesa a compensare anche lo status professionale rivestito. 7.9. Ritiene allora il Collegio che l'interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l'inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all'esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. 7.10. Con riguardo, infine, e specificatamente, alla idoneità della mancata erogazione di tali compensi ad integrare una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dal godere delle ferie, ritiene il Collegio che la sua valutazione in concreto appartiene al giudice di merito che ha plausibilmente dato conto delle ragioni per le quali l'ha ravvisata. 8. Da ultimo va rilevato che non sussistono i presupposti per procedere alla sospensione della causa e rinviare alla Corte di Giustizia perché con interpretazione autentica si pronunci sull'interpretazione da dare alla nozione Europea di retribuzione durante il periodo di ferie fissata dall' articolo 7 della direttiva 88/2003 . 8.1. Il rinvio pregiudiziale interpretativo richiesto, infatti pone una questione sulla quale la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata, anche recentemente con la sentenza del 13 gennaio 2022 nella causa DS c. Koch che si è più sopra richiamata cfr. CGUE 6 ottobre 1982 Srl Cilfit e Lanificio di Gavardo Spa contro Ministero della Sanità e 6 ottobre 2021 C - 561/19 Consorzio Italian Management . Inoltre, il problema esegetico posto non rientra nell'ambito della interpretazione dell'articolo 7 della Direttiva 2003/88 o 3 della Direttiva 2000/79 . 8.2. La valutazione del caso concreto, vale a dire la verifica se alcune indennità aggiuntive legate al concreto svolgimento di una determinata mansione possano o meno essere escluse dal computo della retribuzione da erogare nei giorni per le ferie annuali, è poi attività riservata comunque al giudice nazionale e non a quello Europeo che, come detto, vi ha provveduto proprio applicando le direttive provenienti dalla Corte del Lussemburgo. 9. In definitiva, rigettato il ricorso incidentale, in accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio alla medesima Corte territoriale che, in differente composizione, oltre a regolare le spese anche di questo giudizio di legittimità, dovrà riesaminare il caso limitatamente alla domanda del lavoratore in merito all'indennità c.d. di sesto giorno lavorato in base all'interpretazione delle relative norme del CCNL, qui sopra esposta. 10. La ricorrente incidentale è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso incidentale, ove dovuto. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.