Valide le contestazioni del licenziamento sulla violazione del diritto di sciopero e non proporzionalità della sanzione, considerati elementi presuntivi da ricollegare all’ulteriore circostanza che fra i lavoratori che avevano scioperato solo gli aderenti al Sol Cobas con cui vi erano relazioni sindacali conflittuali erano stati licenziati.
Approdata in Cassazione la vicenda del licenziamento discriminatorio per motivi sindacali per cui la Corte di merito aveva condannato la società a reintegrare il lavoratore appellante nel posto di lavoro ed a corrispondergli un'indennità commisurata alle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione. Secondo i giudici di secondo grado, il licenziamento risultava nullo per via dell' insufficiente specificità della lettera di contestazione, per aver sanzionato una condotta espressione del diritto costituzionale di sciopero e per non avere rispettato il principio di proporzionalità nell'adozione di tale sanzione disciplinare . Avverso la sentenza ha proposto il ricorso per cassazione il datore di lavoro condannato sulla base di cinque motivi. I Giudici hanno, tuttavia, respinto le censure del ricorrente, sottolineando che un licenziamento può essere considerato discriminatorio, anche se ci sono valide ragioni di recesso come la giusta causa ex articolo 2119 c.c. In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che, nel caso in esame, il licenziamento contestato dovrebbe essere considerato discriminatorio autonomamente , anche nel caso in cui l'azione del lavoratore non costituisse legittimo esercizio del diritto di sciopero ai sensi dell' articolo 40 Cost. né partecipazione ad attività sindacale come previsto ex l. numero 604/66 . Nella prospettiva seguita della Cassazione, che ha richiamato i precedenti di legittimità sul tema, un licenziamento discriminatorio viola norme giuridiche interne ed europee, come la direttiva 76/207/CEE contro le discriminazioni di genere, indipendentemente dall'esistenza di un motivo illecito determinante secondo l' articolo 1345 c.c. La sentenza impugnata ha, inoltre, correttamente valutato le tre violazioni in discorso non specificità, violazione diritto costituzionalmente garantito, proporzionalità , considerandole alla stregua di elementi presuntivi della successiva violazione circa la natura discriminatoria del recesso datoriale, dal momento che ricollegati all'ulteriore circostanza di fatto che dei 54 dipendenti che avevano scioperato nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2019 solo gli aderenti al Sol Cobas con cui vi erano relazioni sindacali conflittuali erano stati licenziati. Una circostanza quest'ultima che, peraltro – hanno continuato i Giudici - «è di per sé sufficiente a sorreggere sul piano sostanziale la conclusione assunta circa l'esistenza di un caso di discriminatorietà in materia di condizioni di licenziamento senza necessità di ricorrere all'accertamento di altre violazioni ausiliarie.»
Presidente Doronzo - Relatore Riverso Fatti di causa La Corte d'Appello di Bologna con la sentenza in atti numero 492/2022, in riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Forlì appellata da Al.Wa. ha dichiarato la nullità del licenziamento intimato al lavoratore da DI LOGISTICA soc. Coop. a.r.l. in data 2 ottobre 2019 in quanto discriminatorio per motivi sindacali, condannando, ai sensi dell' articolo 2 del D.Lgs. numero 23/2015 , AFFOR SERVIZI Srl subentrante nell'appalto, a seguito di trasferimento di azienda ex articolo 2112 c.c. , a reintegrare il lavoratore appellante nel posto di lavoro ed a corrispondergli un'indennità commisurata alle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione. Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte di merito ha sostenuto a fondamento della sentenza che, nel caso di specie, il lavoratore nella notte del 4 settembre 2019 aveva aderito ad una forma di sciopero articolato, consistente nello svolgimento delle mansioni mediante applicazione delle regole sulla sicurezza in tale occasione il lavoratore aderiva allo stato di agitazione proclamato dalla O.S. Sol Cobas ed insieme ai colleghi di turno decideva di attuare una forma di sciopero bianco consistito nel rigido rispetto delle regole di sicurezza inerenti alla guida del carrello elettrico, con riferimento alla velocità di transito ed alle modalità di movimentazione, in conformità alle regole di sicurezza di cui i lavoratori scioperanti lamentavano il mancato rispetto da parte della datrice di lavoro. Queste circostanze, puntualmente allegate dal lavoratore appellante sin dal primo grado del giudizio, non erano state oggetto di specifica e tempestiva contestazione da parte delle società resistenti ed anzi avevano trovato un indiretto riscontro in quanto affermato nei propri atti da DI LOGISTICA la quale aveva confermato che vi erano relazioni sindacali conflittuali con l'O.S Sol Cobas a cui aderiva il lavoratore ed una situazione di conflitto permanente nel magazzino. La Corte d'Appello ha inoltre affermato che la contestazione elevata al lavoratore era generica, tanto da non potersi enucleare dalla stessa alcuno specifico comportamento disciplinarmente rilevante ascrivibile al lavoratore. La stessa sanzione irrogata, del licenziamento disciplinare, era comunque sproporzionata tenuto conto dell'assenza di precedenti disciplinari, della sua legittima convinzione di agire nell'ambito di una forma di lotta sindacale legittima e dell'assenza di danni per l'azienda, genericamente allegati e comunque non dimostrati e ciò anche in base al raffronto con la specifica disciplina contenuta nella contrattazione collettiva applicata al rapporto. Sulla scorta dei medesimi presupposti, valutati singolarmente e complessivamente e quindi per la genericità della contestazione, per il difetto di proporzionalità, perché irrogata in un caso di legittimo esercizio del diritto di sciopero , poteva presumersi, secondo la Corte territoriale, la discriminatorietà del recesso datoriale, unitamente al dato che dei 54 dipendenti che avevano scioperato nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2019 solo gli aderenti all'organizzazione sindacale Sol Cobas erano stati licenziati. Ad avviso della Corte, anche quest'ultimo dato non risultava specificamente contestato da DI LOGISTICA nella propria memoria introduttiva, né la ex datrice di lavoro aveva offerto la prova di aver licenziato altri lavoratori oltre a quelli iscritti alla OS Sol Cobas. Avverso la sentenza ha proposto il ricorso per cassazione DI LOGISTICA società cooperativa responsabilità limitata, con cinque motivi quali ha resistito Al.Wa. con controricorso. AFFOR SERVIZI Srl è rimasta intimata. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell' articolo 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ex art 360, numero 3 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell' articolo 40 Cost. posto che la Corte di appello aveva errato nel ricondurre la condotta oggetto di causa di deliberato rallentamento dell'attività di lavoro nella nozione di sciopero tutelato dalla Costituzione, mentre non si ha sciopero senza una astensione dal lavoro. 2.- Con il secondo motivo si deduce, ex art 360, numero 3 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell' articolo 2 D.Lgs. numero 23/2015 per aver la Corte di appello affermato che il licenziamento risultava nullo in quanto discriminatorio per tre autonome ragioni a. per l'insufficiente specificità della lettera di contestazione b. per l'avere sanzionato una condotta espressione del diritto costituzionale di sciopero c. per avere adottato la massima sanzione disciplinare in violazione del principio di proporzionalità. In realtà, solo la riconduzione della condotta all'ipotesi di esercizio del diritto di sciopero rendeva applicabili le conseguenze sanzionatorie previste per il licenziamento discriminatorio, mentre l'eventuale genericità della contestazione disciplinare e/o la sproporzionatezza della sanzione avrebbero dovuto portare all'applicazione di regimi sanzionatori differenti. 3.- Con il terzo motivo si lamenta A l'erronea qualificazione di un fatto decisivo come non contestato da parte di DI LOGISTICA ex art 360, numero 5 c.p.c o 360, numero 4 articolo 115 c.p.c. e 2697 c.c. , perché la Corte di appello nella ricostruzione dei fatti ha fatto propria la versione della vicenda fornita dal lavoratore, senza svolgere alcuna attività istruttoria, ed ha erroneamente affermato che alcune circostanze decisive dedotte dal lavoratore non erano state contestate in particolare, le questioni dello sciopero realizzato limitandosi a rispettare la normativa in materia di sicurezza , della partecipazione allo sciopero di tutti i lavoratori, della mancata prova dei danni subiti da parte di DI LOGISTICA nonostante la versione fornita dal lavoratore fosse stata specificamente contestata da DI LOGISTICA e addirittura ritenuta documentalmente sconfessata nella sua credibilità dal Tribunale di Forlì. B In subordine, qualora si ritenesse di qualificare tale errore come error in procedendo per violazione degli articolo 115 e 2697 c.c. , la ricorrente denunciava la sussistenza di un vizio in procedendo rilevante ai sensi dell' art 360 numero 4 c.p.c. posto che la Corte di appello non aveva deciso iuxta alligata et probata, ma aveva fatto propria la versione dei fatti avversaria senza che la stessa fosse confermata da prove costituite o costituende. 4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione ex art 360, numero 3 dell'articolo 7, comma 2, L. 300/1970 , articolo 1362 e ss. cc . per avere erroneamente qualificato come generica una lettera di contestazione rispettosa dei requisiti indicati dalla giurisprudenza di legittimità. 5. Con il quinto motivo ex 360, numero 3 si lamenta la violazione e falsa applicazione ex art 2119 c.c. , articolo 3 L. 604/1966 , perché la Corte di appello ha erroneamente considerato che, in ogni caso, la condotta di volontario boicottaggio degli obiettivi perseguiti dal datore non integrava la nozione di giusta causa e comunque non era idonea a sorreggere un provvedimento di licenziamento, che risulterebbe reazione sproporzionata rispetto alla gravità dell'addebito. 6. Preliminarmente deve essere posto in evidenza come la sentenza impugnata ha accertato l'illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore per una pluralità di ragioni per illiceità, essendo stato il lavoratore licenziato pur avendo partecipato ad uno sciopero ex articolo 40 Cost. per illegittimità sotto il profilo della genericità della contestazione disciplinare ex articolo 7 L.300/1970 per difetto di proporzionalità ex articolo 2106 c.c. sia sotto il profilo legale, sia in relazione alla comparazione del fatto con le previsioni disciplinari contenute nel CCNL infine, il licenziamento era anche discriminatorio, perché le precedenti violazioni andavano considerate unitamente al fatto che dei 54 dipendenti che avevano scioperato nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2019 erano stati licenziati solo gli aderenti all'organizzazione sindacale Sol Cobas. 7.- Tanto premesso, ritiene il Collegio che ai fini del giudizio risulti assorbente l'esame delle censure contenute nel secondo e nel terzo motivo relative all'autonomo profilo della discriminatorietà del licenziamento a cui è infine, come già detto, approdato lo stesso dispositivo della decisione impugnata. 8.- Deve rammentarsi in proposito da ultimo Cass. numero 460/2025 , anzitutto, che il licenziamento può essere, direttamente o indirettamente, discriminatorio quand'anche concorra una legittima ragione di recesso, come la giusta causa ex articolo 2119 c.c. Pertanto, nel caso che si giudica, il licenziamento in oggetto andrebbe autonomamente considerato discriminatorio quand'anche, per ipotesi, quella del lavoratore non integrasse una condotta di legittimo esercizio del diritto di sciopero ex articolo 40 Cost. su cui di recente v. Cass. numero 6787/24 , e neppure costituisse partecipazione ad attività sindacale ex articolo 4 L. 604/66 su cui Cass. numero 9950/2005 , numero 2335/1996 , numero 7331/1998 , e configurasse, invece, come si ipotizza nel ricorso per cassazione, un illecito contrattuale messo in atto dal lavoratore. 9.- In questi termini si esprime con continuità questa Corte di legittimità a partire dalla sentenza numero 6575 del 05/04/2016 nella quale si è posto in evidenza come La nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l' articolo 4 della L. numero 604 del 1966 , l' articolo 15 st.lav . e l' articolo 3 della L. numero 108 del 1990 , nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva numero 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere, sicché, diversamente dall'ipotesi di licenziamento ritorsivo, non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex articolo 1345 c.c. , né la natura discriminatoria può essere esclusa dalla concorrenza di un'altra finalità, pur legittima, quale il motivo economico . Sulla scorta di tali principi l'orientamento di legittimità si è successivamente consolidato con la sentenza numero 28453/18 e numero 9665/2019 le quali hanno ribadito che, a differenza del licenziamento per motivo ritorsivo, la prova della unicità e determinatezza del motivo non rileva, invece, nel caso di licenziamento discriminatorio, che ben può accompagnarsi ad altro motivo legittimo ed essere comunque nullo. Da ultimo in questi termini si è espressa pure Cass. numero 2414/22 , Cass. numero 13934/24 e la citata Cass. numero 460/2025 . 10. Tanto premesso, occorre quindi procedere all'esame dei motivi secondo e terzo del ricorso che si riferiscono a tale decisivo aspetto della controversia che attiene alla natura discriminatoria del licenziamento. 11. Nel secondo motivo la ricorrente ha contestato la decisione con cui la Corte d'Appello ha affermato che il licenziamento era discriminatorio per l'insufficiente specificità della lettera di contestazione, per avere sanzionato una condotta espressione del diritto costituzionale di sciopero e per avere adottato la massima sanzione disciplinare in violazione del principio di proporzionalità. Ha sostenuto perciò che la Corte avrebbe errato perché solo la seconda delle violazioni evidenziate poteva condurre in ipotesi alla tutela reintegratoria forte accordata con la sentenza, ma non l'accertamento delle altre violazioni del licenziamento pure ipotizzate nella decisione. 12.- Il motivo deve essere però disatteso perché non coglie la reale ratio decidendi della pronuncia con la quale la Corte di appello ha invero compiuto una valutazione combinata delle tre violazioni in discorso, considerate alla stregua di elementi presuntivi, iniziali e di sostegno, della successiva violazione circa la natura discriminatoria del recesso datoriale, in quanto ricollegati all'ulteriore e fondamentale circostanza di fatto, ben messa in luce nella pronuncia, ovvero unitamente al dato che dei 54 dipendenti che hanno scioperato nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2019 solo gli aderenti all'organizzazione sindacale Sol Cobas erano stati licenziati. Una circostanza quest'ultima che, come già anticipato, è di per sé sufficiente a sorreggere sul piano sostanziale ai sensi dell' articolo 3 D.Lgs. numero 216/2003 la conclusione assunta circa l'esistenza di un caso di discriminatorietà in materia di condizioni di licenziamento , senza necessità di ricorrere all'accertamento di altre violazioni ausiliarie. Ed invero il fattore di rischio delle convinzioni personali racchiude anche l'appartenenza sindacale, posto che, secondo un condiviso orientamento giurisprudenziale di legittimità, nell'espressione convinzioni personali , richiamata dagli articolo 1 e 4 del D.Lgs. numero 216 del 2003 , caratterizzata dall'eterogeneità delle ipotesi di discriminazione ideologica estesa alla sfera dei rapporti sociali, va ricompresa la discriminazione per motivi sindacali, tenuto conto che l'affiliazione sindacale rappresenta la professione pragmatica di una ideologia, di natura diversa da quella religiosa, connotata da specifici motivi di appartenenza ad un organismo socialmente e politicamente qualificato a rappresentare opinioni, idee e credenze, suscettibili di tutela in quanto oggetto di possibili atti discriminatori vietati in questi termini, Cass. sentenza numero 1/2020 . 13.- Nel terzo motivo si deduce, sotto il medesimo profilo, una erronea qualificazione di fatto decisivo, per aver la Corte considerato come non contestata tra l'altro la questione relativa alla partecipazione allo sciopero di tutti i lavoratori addetti al turno, nonostante tale versione, fornita dal lavoratore, fosse stata specificamente contestata da DI LOGISTICA nei propri atti. In subordine si deduce per le medesime ragioni la violazione degli articolo 115 e 2697 c.c. posto che la Corte di appello avrebbe fatto propria la versione dei fatti del lavoratore ma senza che la stessa fosse confermata da prove costituite o costituende. 14.- Entrambe le censure, relative al fatto della partecipazione allo sciopero di altri lavoratori non licenziati, sono prive di fondamento. 15.- Come già detto, secondo quanto sostenuto dalla Corte di appello, anche quest'ultimo dato non risultava specificamente contestato dalla DI LOGISTICA nella propria memoria introduttiva, né la ex datrice di lavoro aveva offerto la prova di aver licenziato altri lavoratori oltre a quelli iscritti alla Os Cobas . 16.- A tale affermazione la ricorrente ha replicato nel presente ricorso osservando di aver invece contestato la suddetta circostanza avendo sostenuto in primo grado che gli unici lavoratori oggetto del procedimento disciplinare sono stati quelli che, in base all'osservazione oculare di quanto avvenuto durante il turno, si sono resi responsabili dei comportamenti loro ascritti versione ribadita poi nella memoria depositata in secondo grado dove la ricorrente aveva allegato di aver licenziato non gli appartenenti ad una sigla sindacale, ma i lavoratori che nei turni di cui al contenzioso avviato furono visti eseguire in modo volontariamente e ostruzionisticamente rallentato la loro attività . 17.- Ciò posto, va anzitutto osservato che l'apprezzamento del grado di specificità della contestazione dei fatti, ai fini dell' articolo 115 c.p.c. , appartiene al potere di valutazione degli atti demandato nel processo al giudice di merito e non è suscettibile di riesame in sede di legittimità, se congruamente motivato. 18.- Inoltre nel caso di specie va pure evidenziato che le affermazioni effettuate in giudizio dalla ricorrente, sopra richiamate, sono del tutto inidonee a sconfessare il dato allegato dal lavoratore, unico rilevante ai fini del giudizio antidiscriminatorio, riferito alla circostanza oggettiva che altri lavoratori, oltre a quelli aderenti all'Os Cobas, avevano effettivamente partecipato allo sciopero e non erano stati sanzionati disciplinarmente col licenziamento per giusta causa, come invece i lavoratori aderenti al Sol Cobas. Allo scopo risulta invero irrilevante sapere se e perché - come afferma la ricorrente - fossero stati visti commettere l'asserito illecito soltanto i lavoratori aderenti al Sol Cobas e non altri lavoratori non aderenti al Cobas benché in concreto partecipanti allo sciopero. 19.- Oltre all'ellittica e generica censura di cui si è appena trattato, la ricorrente ha poi affermato, sotto il profilo probatorio e dell' error in procedendo della gravata sentenza, che sarebbe stato comunque onere del lavoratore licenziato dimostrare puntualmente che altri lavoratori avevano partecipato allo sciopero, oltre a quelli sanzionati col licenziamento. 20. Anche questa tesi sostenuta in giudizio dalla ricorrente si rivela però in contrasto con l'ordinamento vigente e l'univoca giurisprudenza di questa Corte posto che a fronte del dato oggettivo del licenziamento del lavoratore, qualificato dal fattore di rischio relativo alla appartenenza di tutti i lavoratori licenziati ad un unico sindacato - da cui si desume la probabile esistenza di un atto a contenuto discriminatorio - era il datore di lavoro a dover dimostrare che non esisteva la natura discriminatoria della propria condotta e che la scelta effettuata sarebbe stata operata con i medesimi parametri nei confronti di qualsiasi lavoratore che si fosse trovato nella medesima situazione Cass. numero 1/2020 . 21.- In tali termini si esprime infatti il punto 4 dell'articolo 28 del D.Lgs. 150/2011, stabilendo che quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione . 22.- La Corte di appello ha dunque correttamente utilizzato la regola di giudizio speciale desumibile dalla norma appena citata su cui questa Corte ha pure affermato che l' articolo 28, comma 4, D.Lgs. numero 150 del 2011 disposizione speciale rispetto all' articolo 2729 c.c. realizza un'agevolazione probatoria mediante lo strumento di una parziale inversione dell'onere della prova l'attore deve fornire elementi fattuali che, anche se privi delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, devono rendere plausibile l'esistenza della discriminazione, pur lasciando comunque un margine di incertezza in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi della fattispecie discriminatoria il rischio della permanenza dell'incertezza grava sul convenuto, tenuto a provare l'insussistenza della discriminazione una volta che siano state dimostrate le circostanze di fatto idonee a lasciarla desumere Cass. numero 9870/2022 . 23.- Infine va rilevato che la medesima ricorrente, che ha pure lamentato l'omessa ammissione delle prove testimoniali, non ha nemmeno trascritto in ricorso le circostanze dedotte in funzione probatoria, impedendo a questa Corte di verificare ex actis la decisività delle proprie censure sul punto. 24.- Per tutte le ragioni fin qui esposte l'affermazione della natura discriminatoria del licenziamento operata dalla sentenza impugnata si sottrae, sia sul piano sostanziale sia sul piano processuale, a tutte le censure che le sono state rivolte nel ricorso che si giudica. 25.- Accertata la correttezza della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato la natura discriminatoria del licenziamento, tutti gli altri motivi devono essere dichiarati inammissibili per carenza di interesse. 26.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall' articolo 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all' articolo 13, comma 1 quater, D.P.R.115 del 2002 . P.Q.M. La Corte rigetta il secondo ed il terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 5.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell 'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 200 2 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'articolo 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.