Per la Prima Sezione Civile della Suprema Corte, il certificato di mancata impugnazione, di cui all’articolo 702- ter c.p.c., è sufficiente per dimostrare il passaggio in giudicato, ed è conforme a quanto indicato nel secondo comma dell’articolo 124 disp. att. c.p.c.
Il caso La vicenda parte dalla richiesta di una cittadina extracomunitaria , presentata al tribunale di Roma, di accertare il suo status di cittadina italiana . Con ordinanza emessa ex articolo 702 bis c.p.c., il tribunale accoglieva la domanda e ordinava al Ministero dell'Interno e all'ufficiale dello Stato civile competente di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello Stato civile, della cittadinanza delle persone indicate provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolare competenti. La ricorrente chiedeva all' ufficiale di Stato civile competente di trascrivere il suddetto provvedimento, ma questi rifiutava tale trascrizione , pur avendo ricevuto nel frattempo l'attestazione della Corte di appello di Roma, che confermava che la decisione del tribunale non era stata appellata e che dunque la stessa era da considerarsi già passata in giudicato. La stessa ricorrente, quindi promuoveva ricorso dinanzi al tribunale di Treviso, che però rigettava la domanda e condannava la ricorrente addirittura a pagare le spese processuali. Avverso tale decisione, la suddetta si rivolgeva alla Corte di appello di Venezia, la quale confermava la decisione del tribunale ritenendo che la decisione del suddetto organo giudiziario fosse qualificabile come decisione di accertamento puro e non anche di condanna e quindi non soggetta ad esecuzione, e inoltre pur prevedendo che l'ordinanza ex articolo 702 se non appellata produce gli effetti del giudicato, riteneva indispensabile la produzione di apposito certificato emesso dalla cancelleria del tribunale. Dopo la sentenza della Corte d'appello, l'ufficiale dello Stato civile provvedeva comunque alla trascrizione del provvedimento e di conseguenza sostanzialmente veniva meno la materia del contendere. Contro detta sentenza, è stato proposto ricorso per la sua Cassazione, affidato a tre motivi a cui le altri parti hanno resistito con controricorso. Nel ricorso, si sosteneva sia l'ammissibilità dello stesso pur essendo stata formalmente risolta la questione e quindi cessata la materia del contendere, sia che la Corte d'appello non avesse ben valutato la circostanza per cui l'ordinanza era passata in giudicato, essendone stata fornita prova tramite certificato di non impugnazione. Il certificato di mancata impugnazione è un'attestazione del tutto satisfattiva in ordine alla prova del giudicato interno Il ricorso è stato dapprima dichiarato ammissibile, nonostante sia formalmente cessata la materia del contendere, dato che riguardava anche la questione della condanna alle spese, e poi accolto. La Corte di Cassazione, nell'ampia e articolata ordinanza, nell'esaminare i motivi di ricorso, ha dichiarato che il certificato di passaggio in giudicato che attestava la mancanza di avvisi di impugnazione della nota ordinanza , corrisponde a quanto indicato nel secondo comma dell' articolo 124 disp. att. c.p.c. Secondo la Suprema Corte, detta attestazione è del tutto soddisfacente in ordine alla prova da giudicato interno , come nel caso che ci occupa, non essendo necessario e previsto dalla legge che debba essere inderogabilmente prodotta la certificazione prevista al primo comma del suddetto articolo 124. Peraltro, ricorda l'ordinanza in commento, le parti resistenti, nei precedenti giudizi non hanno mai contestato la circostanza per cui non fosse stato proposto appello, limitandosi ad eccepire la mancanza del suddetto certificato. Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d'appello territoriale abbia errato nel non accogliere il gravame dell'odierna ricorrente, in quanto l'originaria ordinanza si poteva ritenere passata in giudicato. Di conseguenza, come detto, il ricorso è stato accolto con condanna alle spese in favore della ricorrente anche per quel che riguarda i gradi precedenti.
Presidente Acierno - Relatore Caiazzo Rilevato che Con ordinanza ex articolo 702 bis e ss. c.p.c. pubblicata il 14.06.2022, il Tribunale di Roma accertava lo status di cittadina italiana di D.S.A.L., nata il OMISSIS in OMISSIS , ed ordinava “al Ministero dell'Interno e, per esso, all'ufficiale dello stato civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza delle persone indicate, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti”. Trovandosi già in territorio italiano ed avendo quindi necessità di completare urgentemente l'iter burocratico al fine di poter giustificare la sua presenza sul territorio italiano e godere di tutti i diritti relativi allo status di cittadina anche per il figlio minorenne e per il marito, anch'essi presenti sul territorio italiano con la ricorrente, ivi incluso il diritto di svolgere un'attività lavorativa avendo già ricevuto offerte di lavoro la ricorrente chiedeva l'immediato adempimento del suddetto ordine giudiziale all'Ufficiale di stato civile competente, il Sindaco del Comune di OMISSIS , in qualità di Ufficiale di stato civile competente per il luogo di nascita dell'antenato italiano circostanza mai oggetto di contestazione . L'ufficiale di stato civile, tuttavia, dapprima preannunciava la decisione di rifiutare l'adempimento dell'ordine giudiziario, in quanto non accompagnato da attestazione relativa al passaggio in giudicato del medesimo e, successivamente, confermava tale rifiuto in data 09.09.2022, pur avendo ricevuto nel frattempo l'attestazione della Corte di Appello di Roma di conferma che la decisione del Tribunale di Roma non era stata appellata e che dunque, ai sensi dell' articolo 702 quater c.p.c. , la stessa era da considerarsi già passata in giudicato. La ricorrente promuoveva ricorso innanzi al Tribunale di Treviso ai sensi dell' articolo 95 D.P.R. numero 396/2000 nei confronti del Sindaco, al fine di far eseguire il dispositivo dell'ordinanza del Tribunale di Roma, invocando il principio dell'immediata esecutività per legge di tale ordinanza, ai sensi degli articolo 702 ter, sesto comma c.p.c. e 282 c.p.c., nonché il fatto che la medesima decisione fosse già passata in giudicato tanto formale in quanto non più impugnabile con mezzi ordinari quanto sostanziale avendo il legislatore ritenuto di anticipare gli effetti del giudicato alla scadenza del termine per proporre appello, a norma dell'articolo 702 quater . Nel giudizio di primo grado si costituiva, non il Sindaco, in qualità di ufficiale dello Stato civile, ma il Comune di OMISSIS , il quale, eccepiva il suo difetto di legittimazione passiva in favore del Ministero dell'Interno e contestava nel merito la domanda. Con decreto comunicato in data 14.02.2022, il Tribunale di Treviso riconosceva il difetto di legittimazione passiva del Comune di OMISSIS in favore del Ministero dell'Interno nel merito, tuttavia, rigettava la domanda e condannava la ricorrente a pagare le spese processuali in favore del Comune di OMISSIS . Avverso tale decisione, la D.S.A.L. si rivolgeva alla Corte di Appello di Venezia, contestando di non aver mai chiamato in giudizio il Comune di OMISSIS , ma solo il Sindaco-Ufficiale di Stato civile di tale Comune, unico legittimato passivo nelle azioni ex articolo 95 D.P.R. numero 396/2000 , mentre il Ministero dell'Interno avrebbe avuto solo il potere di intervenire spontaneamente nel giudizio potere, peraltro, non esercitato nel merito, erano riproposte sostanzialmente le argomentazioni già sviluppate in primo grado. Il Sindaco-Ufficiale di stato civile non si costituiva neanche nel giudizio di secondo grado, pur essendogli stati correttamente notificati gli atti v. nota deposito notifiche del 04.05.2023 nel giudizio di secondo grado , mentre si costituiva nuovamente il Comune di OMISSIS che, pur ammettendo di non essere né il convenuto dell'azione giudiziaria, né il legittimato passivo, asseriva di avere titolo a difendere in giudizio il Sindaco poiché quest'ultimo non avrebbe potuto difendersi se non attraverso l'Ente a cui apparteneva. Con il decreto pubblicato in data 09.08.2023, la Corte di Appello di Venezia, affermata la legittimazione del Sindaco quale ufficiale dello Stato Civile, confermava la decisione del Tribunale di Treviso, ritenendo che a la decisione del Tribunale di Roma fosse qualificabile come decisione di accertamento puro e non anche di condanna e, quindi, non soggetta ad esecuzione b pur essendo vero che l' articolo 702 quater c.p.c. prevede che l'ordinanza ex articolo 702 bis, qualora non appellata, produce gli effetti del giudicato “ciò non significa che possa essere superata la previsione dell' articolo 124 disp. att. cpc che stabilisce la necessità di provare l'avvenuto passaggio in giudicato di una sentenza o ordinanza tramite la produzione di apposito certificato emesso dalla cancelleria del Tribunale”, compensando le spese processuali del primo grado con il Comune di OMISSIS in ragione della “della accertata reciproca soccombenza”, e per il giudizio di secondo grado in ragione dell'esito complessivo della controversia, con reciproca soccombenza tra le parti. Solo successivamente alla suddetta decisione, nel settembre 2023, il Sindaco, quale Ufficiale di stato civile, avendo ricevuto - dopo vari adempimenti burocratici - l'attestazione di definitività della decisione, eseguiva l'ordine emesso dal Tribunale di Roma. D.S.A.L. ricorre in cassazione avverso il decreto della Corte d'appello, con quattro motivi, illustrati da memoria. Il Comune di OMISSIS e il Ministero dell'Interno resistono con controricorso. Ritenuto che Il primo motivo denunzia violazione del combinato disposto degli articolo 91, 92, sesto comma, 282, c.p.c. , 12 disp. prel. c.c., per aver la Corte d'appello ritenuto che la decisione emessa dal Tribunale di Roma non costituisse una pronuncia di condanna cui fosse possibile applicare l'immediata efficacia prevista dall' articolo 702 ter, comma 6, c.p.c. , ma una pronuncia dichiarativa della cittadinanza italiana della reclamante. Al riguardo, la ricorrente assume che la decisione emessa dal Tribunale di Roma non aveva natura di decisione di accertamento mero, avendo essa, da un lato, accertato la sussistenza di un diritto e, dall'altro, ordinato alla parte soccombente di procedere immediatamente all'esecuzione del dispositivo della pronuncia “accoglie la domanda e, per l'effetto, dichiara che i ricorrenti sono cittadini italiani ordina al Ministero dell'Interno e, per esso, all'ufficiale dello stato civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza delle persone indicate, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti”. Inoltre, la ricorrente lamentava che il Tribunale di Roma aveva differito gli effetti di tale ordine o li aveva condizionati ad una determinata condizione giuridica come il giudicato , adducendo il chiaro tenore letterale della normativa articolo 702 ter, sesto comma, c.p.c. e articolo 282 c.p.c. e l'assenza di qualsivoglia dato normativo di segno contrario, in quanto la decisione impugnata era palesemente in contrasto anche con la normativa processuale e sostanziale applicabile, data l'immediata attitudine delle decisioni di primo grado a modificare la realtà giuridica, e la difformità della statuizione impugnata dalla recente e costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ex multis, sentenze numero 12872/2021 e numero 27416/2021 e numero 24869/2023 “Questa Corte ha già stabilito a quali condizioni il capo condannatorio contenuto in una sentenza costitutiva o dichiarativa possa essere messo provvisoriamente in esecuzione” quando nella medesima sentenza siano compresenti una statuizione dichiarativa o costitutiva ed una statuizione di condanna, l'immediata esecutività di quest'ultima dipenderà dal tipo di rapporto che la lega alla statuizione dichiarativa o costitutiva . Nel caso di specie, la ricorrente invocava un rapporto di mera dipendenza tra la statuizione di accertamento del suo status di cittadina italiana, e la statuizione di condanna del Ministero dell'Interno, e per esso l'Ufficiale di stato civile, al relativo facere amministrativo. Il secondo motivo denunzia violazione del combinato disposto degli articolo 91 e 92, 324, 360 c.p.c. , secondo comma, 373 c.p.c., nonché degli articolo 395 c.p.c. numero 4 e 5. In particolare, la ricorrente assume che ferma restando l'immediata efficacia esecutiva della decisione del Tribunale di Roma, la stessa, al momento della decisione di rifiuto del Sindaco-Ufficiale di stato civile, era comunque già passata in giudicato formale e di ciò ne era stata fornita ampia prova la decisione del Tribunale di Roma, infatti, non era stata appellata e non poteva essere soggetta a revocazione ex articolo 395 numero 4 e 5 c.p.c. , in quanto tale mezzo di impugnazione non è ammesso in caso di decisione di primo grado per i quali siano già scaduti i termini per l'appello, né poteva essere oggetto di regolamento di competenza in quanto non era stata mai sollevata alcuna eccezione né di parte, né di ufficio di incompetenza nel processo di cognizione e, trattandosi di competenza per territorio peraltro, il processo si era svolto nel foro del convenuto-pubblica amministrazione , essa non poteva essere più sollevata. Su questo punto, trattato sia in primo sia in secondo grado, la ricorrente lamenta che la decisione impugnata non forniva alcun tipo di motivazione per legittimare il rifiuto del Sindaco-Ufficiale di stato civile. Il terzo motivo denunzia violazione del combinato disposto degli articolo 91 e 92, 702 quater c.p.c. , 124 disp. att., 2697, 2909 c.c., nonché dell'articolo 12 disp prel. c.c., per aver la Corte d'appello ritenuto la necessità di provare l'avvenuto passaggio in giudicato di una sentenza o ordinanza tramite la produzione di apposito certificato emesso dalla cancelleria del Tribunale, a norma del predetto articolo 124 disp. att, c.p.c. , poiché il decreto impugnato era passato anche in giudicato sostanziale e di ciò era stata fornita ampia prova, sulla base del chiaro dettato dell' articolo 702 quater c.p.c. , a mente del quale “L'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'articolo 702 ter produce gli effetti di cui all' articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione”. Il quarto motivo denunzia violazione del combinato disposto degli articolo 91 e 92, secondo comma, c.p.c. , in quanto, ferma restando l'illegittima individuazione della ricorrente come soccombente in sede processuale, la decisione impugnata ha illegittimamente ritenuto di individuare una fattispecie di soccombenza reciproca tanto in primo grado quanto in secondo grado, dato che essa ha erroneamente ricondotto nell'ambito di rapporti reciproci posizioni sostanziali e processuali completamente slegate le une dalle altre. In altre parole, secondo la ricorrente la decisione impugnata avrebbe dovuto statuire il non luogo alla liquidazione delle spese processuali nei confronti del Sindaco-Ufficiale di stato civile stante la contumacia di quest'ultimo v. Cass. ordinanza numero 12897 del 15.05.2019 ed avrebbe dovuto statuire sulle spese processuali dovute dal Comune di OMISSIS per la soccombenza accertata nei confronti dell'odierna ricorrente. Anzitutto, il ricorso è ammissibile. Invero, premesso che nel dicembre del 2023 il Sindaco del Comune di OMISSIS , quale Ufficiale di stato civile, ha eseguito l'ordine emesso dal Tribunale di Roma, determinando la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe errato nel respingere l'appello, pervenendo ad una compensazione delle spese, avendo dunque interesse al ricorso per cassazione per addivenire ad una pronuncia di condanna delle controparti al pagamento delle spese in virtù del principio della soccombenza virtuale. Al riguardo, giova richiamare il consolidato orientamento di questa Corte - cui s'intende dar continuità - a tenore del quale, la cessazione della materia del contendere - che, se si verifichi in sede d'impugnazione, giustifica non l'inammissibilità dell'appello o del ricorso per cassazione, bensì la rimozione delle sentenze già emesse, perché prive di attualità - si ha per effetto della sopravvenuta carenza d'interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l'effettivo venir meno dell'interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito, senza che debba sussistere un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza o infondatezza delle rispettive posizioni originarie nel giudizio, perché altrimenti non vi sarebbero neppure i presupposti per procedere all'accertamento della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese, che invece costituisce il naturale corollario di un tal genere di pronuncia, quando non siano le stesse parti a chiedere congiuntamene la compensazione delle spese Cass., numero 10553/2009 numero 19568/2017 numero 30251/2023 . Premesso ciò, ai fini della decisione sulla soccombenza virtuale il ricorso è fondato. Si devono trattare in via pregiudiziale il secondo e terzo motivo. Essi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono fondati. La Corte d'appello ha argomentato che “L'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'articolo 702 ter cui produce gli effetti di cui all' articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione ma ciò non significa che possa essere superata la previsione dell' articolo 124 disp. att. cpc che stabilisce la necessità di provare l'avvenuto passaggio in giudicato di una sentenza o ordinanza tramite la produzione di apposito certificato emesso dalla cancelleria del Tribunale”. Tale argomentazione non può essere condivisa. Anzitutto, va rilevato che la statuizione contenente l'ordine oggetto del dispositivo della ordinanza del Tribunale di Roma, risulta coperto da giudicato in quanto incontestatamente non appellato nei termini di legge. Sul punto, è destituita di fondamento l'eccezione delle parti controricorrenti in ordine alla mancata produzione del certificato dell'avvenuto passaggio in giudicato dell'ordinanza, nelle forme descritte dall' articolo 124 disp. att. cpc. Invero, nel corso del giudizio di merito era stato prodotto il certificato di passaggio in giudicato ex articolo 702 ter, c.p.c. , in data 12.8.2023, attestante che a tale data non risultavano comunicati o avvisi relativi a motivi ostativi al passaggio in giudicato dell'ordinanza in questione, considerato che non risultavano comunicati avvisi di atto di impugnazione di cui all' articolo 123 att. c.p.c. , né altri avvisi di notifiche di impugnazioni effettuate direttamente dagli avvocati. L'attestazione corrisponde a quanto indicato nel secondo comma dell' articolo 124 disp. att. c.p.c. Tale attestazione è del tutto satisfattiva in ordine alla prova del giudicato interno, come nella specie. Non è necessario né imposto dal testo e la ratio dell' articolo 124 disp. att. c.p.c. che debba essere inderogabilmente necessaria in questa ipotesi la certificazione prevista al primo comma. Le pronunce che sembrano richiedere tale certificazione Cass., numero numero 9746/17 numero 36258/23 si riferiscono, come già accennato, al giudicato esterno. In conclusione, la parte ricorrente ha dimostrato attraverso la certificazione afferente all'ordinanza ex articolo 702 ter e quater, c.p.c. , in ordine alla mancata impugnazione del provvedimento del Tribunale di Roma, il giudicato interno. L'accoglimento di questi motivi, rende superfluo l'esame del primo da ritenersi conseguentemente assorbito. Infine, anche il quarto motivo va accolto, atteso che entrambe le parti controricorrenti risultano soccombenti nei gradi di merito e nel presente giudizio, per cui la compensazione integrale delle spese “per reciproca soccombenza” non corrisponde all'andamento del giudizio. Se, infatti, la parte ricorrente non ha citato il Sindaco come organo del Ministero dell'Interno ma solo come Ufficiale dello Stato civile, la costituzione dell'ente territoriale è stata frutto di autonoma e non corretta valutazione della legittimazione passiva anche in relazione alla parte convenuta così come individuata dalla ricorrente Sindaco in qualità di ufficiale dello stato civile, e non come legale rappresentante dell'Ente territoriale . Ne consegue che nei gradi di merito, la compensazione può operare per un terzo tenuto conto dell'imperfetta evocazione in giudizio e dell'error iuris ripetuto del giudice di merito nei due gradi di giudizio mentre la soccombenza è piena nel giudizio di legittimità. Deve darsi atto che il Ministero dell'Interno è costituito solo nel giudizio di legittimità rimanendo tuttavia soccombente nel merito. Ai fini della statuizione sulla soccombenza virtuale la decisione può essere estesa al merito. Le spese vanno liquidate come da dispositivo, previa declaratoria Di cessazione della materia del contendere a seguito dell'avvenuta esecuzione dell'ordinanza del Tribunale di Roma. P.Q.M. La Corte dichiara cessata la materia del contendere tra le parti, e in applicazione del principio della soccombenza virtuale, condanna il Comune di OMISSIS e il Ministero dell'Interno, al pagamento, in solido, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida, rispettivamente, nelle somme di euro 4.200,00 di cui 200,00 per esborsi, e di euro 2.800,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge. Condanna altresì il Comune di OMISSIS al pagamento, in favore della ricorrente delle spese del giudizio di primo grado, liquidate per entrambe le parti nella somma complessiva di euro 1350,00 oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado, liquidate per entrambe le parti nella somma di euro 2000,00 oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.