L’arresto in flagranza è illegittimo solo se l’incapacità è immediatamente rilevabile dagli agenti

Non è consentito al giudice della convalida inserirsi nello schema valutativo della polizia giudiziaria utilizzando conoscenze diverse rispetto a quelle poste a base dell’arresto o del fermo, attività dalle quali deve emergere chiaramente all’agente operante lo stato di incapacità di intendere e volere in cui verte il soggetto per far sì che queste siano ritenute illegittime.

Merita attenzione la sentenza in commento, la quale trae origine dall'ordinanza impugnata con cui il GIP convalidava l'arresto in flagranza e applicava la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetto affetto da gravi patologie psichiatriche . La difesa infatti, ricorrendo in cassazione avverso la predetta ordinanza, segnalava l'inosservanza, da parte del giudice, degli articolo 85 c.p. e 391 c.p.p. , in quanto avrebbe convalidato l'arresto senza valutare il difetto di imputabilità derivante dalle gravi patologie psichiatriche dell'indagato, a suo dire «palesemente incapace di intendere e volere». Aggiungeva inoltre, che lo stesso GIP, in diverso procedimento penale, all'esito dell'incidente probatorio, disponeva nei suoi confronti la misura di sicurezza della libertà vigilata con obbligo di cura. Anche i Carabinieri e il Commissariato di Polizia del luogo conoscevano lo stato di grave intossicazione da alcool e  di grave compromissione psichica che lo affliggeva. Per la Suprema Corte però, il ricorso è inammissibile in quanto il motivo manifestamente infondato. Ricorda il Collegio infatti, che secondo il costante e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità « l'arresto in flagranza di un soggetto che versi in stato di incapacità di intendere e di volere è illegittimo , perché operato in violazione del divieto posto dall' articolo 385 c.p.p. , quando tale stato si manifesti chiaramente all'agente operante al momento dell'intervento e cioè sia immediatamente rilevabile da parte degli operanti sulla base di una ragionevole valutazione delle circostanze concrete in carenza di tale condizione manifesta e, pertanto, ove la non imputabilità si palesi solo in sede di convalida dell'arresto, sulla base di documentazione sanitaria acquisita agli atti e\o dell'interrogatorio svolto, non è consentito al giudice della convalida inserire nello schema valutativo del controllo dell'attività di polizia giudiziaria, conoscenze acquisite aliunde o comunque diverse da quelle poste a base dell'arresto e del fermo». Nel caso di specie, rilevano i giudici, nel verbale di arresto non sono state segnalate dagli operanti problematiche manifestamente riconducibili a patologia di natura psichiatrica, bensì solo una forte e violenta reattività del ricorrente, oltre che l'uso di sostanze stupefacenti. Cosicchè il dubbio sull'incapacità emergeva solo in sede di udienza di convalida. Qui il GIP, secondo la Suprema Corte, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto suindicato, rilevando la necessità di acclarare la capacità di intendere e di volere del ricorrente attraverso apposita perizia psichiatrica aggiornata ai fatti per i quali si procedeva poiché ai fini dell'applicazione degli articolo 88 e 89 c.p. , l'infermità va accertata in relazione alla commissione di ciascun reato, non essendo sufficiente un precedente riconoscimento del vizio di mente in altro procedimento seppur accertato nel medesimo periodo temporale di quello che forma oggetto del giudizio .

Presidente Di Stefano - Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata ha convalidato l'arresto in flagranza e ha disposto la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere di M.F. per i reati di maltrattamenti in famiglia e di lesioni aggravate. 2. L'avvocato Carmine Iovino ricorre avverso questa ordinanza e ne chiede l'annullamento. Con unico motivo di ricorso, il difensore deduce l'inosservanza degli articolo 85 cod. penumero e 391 cod. proc. penumero , in quanto il Giudice per le indagini preliminari avrebbe convalidato l'arresto senza valutare il difetto di imputabilità derivante dalle gravi patologie psichiatriche di M.F che è palesemente incapace di intendere e volere. Lo stesso Giudice per le indagini preliminari, in un diverso procedimento penale numero 6123/2023 R.G.N.R. numero 4440/2023 R.G.G.I.P. , all'esito dell'incidente probatorio, ha disposto nei confronti di M.F. la misura di sicurezza della libertà vigilata con obbligo di cura. Sia i Carabinieri, che il Commissariato di Polizia di Torre del Greco sarebbero, peraltro, a conoscenza dello stato di grave intossicazione da alcool e di grave compromissione psichiatrica che affligge il ricorrente. Posto, dunque, che lo stato di incapacità e volere del ricorrente sarebbe evidente e noto, sia agli inquirenti, che al Giudice per le indagini preliminari, l'arresto non doveva essere convalidato. 3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 27 novembre 2024, il Procuratore generale, Cristina Marzagalli, ha chiesto di rigettare il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto il motivo proposto è manifestamente infondato. 2. Con l'unico motivo proposto, il difensore deduce l'inosservanza degli articolo 85 cod. penumero e 391 cod. proc. penumero , in quanto il Giudice per le indagini preliminari ha, infatti, convalidato l'arresto senza valutare il difetto di imputabilità derivante dalle gravi patologie psichiatriche di M.F., che è soggetto palesemente incapace di intendere e volere. 3. Il motivo manifestamente infondato. 3.1. L' articolo 385 cod. proc. penumero sancisce che «L'arresto o il fermo non è consentito quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità». Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'arresto in flagranza di un soggetto che versi in stato di incapacità di intendere e di volere è illegittimo, perché operato in violazione del divieto posto dall'articolo 385, quando tale stato si manifesti chiaramente all'agente operante al momento dell'intervento e cioè sia immediatamente rilevabile da parte degli operanti sulla base di una ragionevole valutazione delle circostanze concrete in carenza di tale condizione manifesta e, pertanto, ove la non imputabilità si palesi solo in sede di convalida dell'arresto, sulla base della documentazione sanitaria acquisita agli atti e/o dell'interrogatorio svolto Sez. 5, numero 2584 del 05/0/1993, Rinaldi, Rv. 195841-01 , non è consentito al giudice della convalida inserire nello schema valutativo del controllo dell'attività di polizia giudiziaria, conoscenze acquisite aliunde o comunque diverse da quelle poste a base dell'arresto e del fermo Sez. 6, numero 7470 del 26/01/2017, Lattarulo, Rv. 269428-01 Sez. 2, numero 39894 del 28/09/2024, Fiosco, Rv. 230064-01 . 3.2. Dall'esame diretto degli atti processuali ammesso in sede di legittimità quando è censurata una violazione della legge processuale, ex plurimis Sez. U, numero numero 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 229092 , risulta che il verbale di arresto non evidenzia problematiche manifestamente riconducibili a patologia di natura psichiatrica, bensì solo una forte e violenta reattività del ricorrente, oltre che l'uso di sostanze stupefacenti da parte di quest'ultimo. Il dubbio circa possibili cause di incapacità è, dunque, emerso soltanto in sede di udienza di convalida. Nel convalidare l'arresto, il Giudice per le indagini preliminari ha, dunque, fatto corretta applicazione dei principi di diritto costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, escludendo l'applicazione del divieto di arresto sancito dall' articolo 385 cod. proc. penumero sulla base degli elementi conosciuti dagli operanti al momento dell'arresto. Il giudice, nel provvedimento impugnato, ha, inoltre, legittimamente rilevato la necessità di acclarare la capacità di intendere e di volere del ricorrente al momento del fatto, disponendo apposita perizia psichiatrica «aggiornata ai fatti per cui si procede». 3.3. Nessun rilievo, inoltre, possono assumere pregresse perizie psichiatriche svolte sulla medesima persona del ricorrente. Ai fini dell'applicazione degli articolo 88 e 89 cod. penumero , l'infermità mentale non costituisce uno stato permanente, ma va accertata in relazione alla commissione di ciascun reato e, conseguentemente, non può essere ritenuta sulla sola base del precedente riconoscimento del vizio di mente in altro procedimento, sia pure relativo a fatti commessi nel medesimo periodo temporale di quello che forma oggetto del giudizio ex plurimis Sez. 2, numero 50196 del 26/10/2018, Montuori, Rv. 274684 - 02 . Come statuito dalle Sezioni Unite nella nota sentenza Raso , infatti, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, è necessario che tra il disturbo mentale ed il fatto di reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo Sez. U, numero 9163 del 25/1/2005, Raso, Rv. 230317 in senso conforme v. Sez. 1, numero 52951 del 25/06/2014, Guidi, Rv. 261339 Sez. 3, numero 1161 del 20/11/2013, dep. 2014, D., Rv. 257923 Sez. 1, numero 48841 del 31/01/2013, Venzi, Rv. 258444 Sez. 6, numero 18458 del 05/04/2012, Bandì, Rv. 252686 . L'accertamento peritale relativo allo stato di mente dell'imputato compiuto in un determinato procedimento, dunque, non ha di per sé rilevanza cogente in altro procedimento a carico del medesimo imputato, sia pure per fatti commessi nel medesimo periodo temporale Sez. 2, numero 21826 del 05/03/2014, De Luca, Rv. 259576 Sez. 6, numero 40569 del 29/05/2008, Schembri, Rv. 241316 Sez. 3, numero 13237 del 08/02/2008, Colonna, Rv. 239575 . 4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell' articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero , al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, numero 186 , e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata invia equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.