Condanna definitiva per un sottufficiale delle Capitanerie di Porto finito nei guai per messaggi e simboli condivisi on line tramite Facebook. Per i giudici è impossibile ignorare le peculiari caratteristiche dell’uomo, che invece vanno riconosciute alla stregua di un elemento di rafforzamento del pericolo di ricostituzione del partito fascista, in considerazione della sua qualità di pubblico ufficiale e di ufficiale di polizia giudiziaria addetto alla tutela dei confini marini dello Stato.
Scenario della vicenda, risalente a quasi otto anni fa, è la piazza virtuale di Facebook. Protagonista in negativo è un pubblico ufficiale – un sottufficiale delle Capitanerie di Porto – messo nei guai da alcuni esecrabili po st condivisi on line sulla propria pagina personale e inneggianti a Mussolini e Hitler e ai relativi simboli di regime nonché ai metodi di sterminio degli stranieri. Inevitabile lo strascico giudiziario, che vede il pubblico ufficiale condannato, sia in primo che in secondo grado, legge Scelba alla mano, per «avere pubblicamente esaltato, tramite vari post e commenti sul proprio pubblico profilo di Facebook, esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche», con l’aggravante, poi, della «esaltazione delle idee e dei metodi razzisti». Per quanto concerne la pena, essa viene fissata in dodici mesi di reclusione e 350 euro di multa. Per i giudici di merito è inequivocabile la ricostruzione materiale dei fatti, caratterizzati dalla «pubblicazione di post inneggianti a Mussolini e Hitler e ai relativi simboli di regime , nonché ai metodi di sterminio degli stranieri, sia mediante la soppressione con pallottole, che venivano pubblicamente esibite, sia mediante la deportazione con l’uso di treni blindati». E sempre per i giudici di merito vi è un altro dato lapalissiano «le condotte di esaltazione e apologia » del fascismo realizzate on line «erano idonee a porre il rischio di ricostituzione del disciolto partito fascista , nonché ad esaltare e propagandare le idee razziste e i metodi antidemocratici» del fascismo. Per la difesa, invece, «non è stato accertato il pericolo concreto» di ricostituzione del partito fascista, e così «si pretende di punire le idee, senza che sia stata verificata l’idoneità in concreto a porre il pericolo di ricostituzione del partito fascista , anche perché non è stata verificata nei destinatari dei post» condivisi on line «l’effettività di quel pericolo» fondamentale per la legge Scelba. Ragionando in questa ottica, poi, «si tratta», sempre secondo la difesa, «di post estemporanei e non veicolati in forum o altre comunità aperte » e anche per questo «va verificata la idoneità in concreto a ricostituire il partito fascista o a impressionare le folle, senza accontentarsi della generica idoneità del social network a raggiungere un ampio numero di soggetti». E, peraltro, «il profilo Facebook , pur pubblico, era però personale , cioè non appartenente a un personaggio pubblico , sicché poteva essere raggiunto soltanto da coloro che seguono il pubblico ufficiale e non da una congerie indiscriminata e ampia di soggetti, venendo, quindi, meno», sempre secondo la difesa, «il pericolo osteggiato dalla norma incriminatrice». Per i magistrati di Cassazione, però, le obiezioni difensive sono fragilissime non possono assolutamente porre in discussione la legittimità della condanna decisa nei confronti del pubblico ufficiale. Dato certo è il contenuto dei messaggi condivisi on line dal sottufficiale delle Capitanerie di Porto e la loro astratta «idoneità apologetica e di esaltazione dei regimi fascista e nazista», con tanto di «simboli, espressioni e richiami specifici alle ideologie» di fascismo e nazismo e alle «azioni violente da essi poste in essere», come «deportazione ed eliminazione fisica degli stranieri». Esemplari, a questo proposito, «le immagini di proiettili di grosso calibro con l’espressione “sono arrivati i vaccini obbligatori per i clandestini”» e «l’immagine di una locomotiva con la svastica, accompagnata dalla frase “la locomotiva è pronta”». Senza dimenticare, poi, «vessilli dell’aquila romana la scritta “buona domenica fascista” l’immagine di Hitler che, idealmente dialogando con il Ministro dell’Interno in carica che si domandava come risolvere il problema della immigrazione clandestina, innalza l’indice a pugno chiuso l’immagine del giuramento del fascista l’espressione, con l’effige di Mussolini, “quando l’ingiustizia diventa legge, la ribellione diventa dovere”». Eppure, osservano i magistrati, la difesa sostiene «la mancanza di idoneità» dei post condivisi on line «a rappresentare il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista». Ma questa tesi non può reggere, poiché è lineare, solido, corretto il ragionamento seguito dai giudici di merito, i quali hanno evidenziato che «l’uomo, sottufficiale delle Capitanerie di Porto, costituiva, in quanto pubblico ufficiale e rappresentante delle forze dell’ordine, un soggetto particolarmente credibile e affidabile nella prospettiva dei soggetti che con lui interagivano tramite il social network ». E, poi, «il mezzo impiegato, caratterizzato da un profilo personale ma pubblico, costituisce uno strumento formidabile di diffusione verso un numero indiscriminato di soggetti , anche attraverso la metodica delle citazioni e dei richiami o rimandi». Difatti, «i post e le pubblicazioni» oggetto del processo «sono stati numerosi e reiterati , sicché affatto estemporanei e, dunque, idonei a persuadere i followers», e, viene aggiunto, «la continua adesione manifestata» all’epoca dalle persone «al materiale pubblicato dall’uomo dimostra, per un verso, il concreto effetto conseguito dall’apologia e, per altro verso, l’ulteriore perniciosità della esaltazione fascista e razzista derivanti dal sostegno offerto e ottenuto dal pubblico nonché dalla crescente consapevolezza di non essere isolati nel predicare tali violente e razziste convinzioni». Prima di addentrarsi ulteriormente nei dettagli della vicenda, però, i magistrati di Cassazione ribadiscono il principio secondo cui «il reato di apologia del fascismo postula una condotta di propaganda ed esaltazione in concreto idonea a procurare adesioni e consensi funzionali alla ricostituzione del disciolto partito fascista ». Ragionando in questa ottica, non vi sono dubbi, anche secondo i giudici di terzo grado, «l’idoneità in concreto della condotta» del pubblico ufficiale «a porre il rischio di ricostituzione del partito fascista». Ciò anche perché, legittimamente, «le peculiari caratteristiche dell’uomo sono state riconosciute alla stregua di un elemento di rafforzamento del pericolo di ricostituzione del partito fascista, in considerazione della sua qualità di pubblico ufficiale e di ufficiale di polizia giudiziaria addetto alla tutela dei confini marini dello Stato . Analogamente, l’idoneità della condotta è stata ravvisata nell’effettivo consenso raccolto dall’uomo ai chiari e inequivoci messaggi di invito all’adesione all’ideologia fascista e ai suoi metodi violenti per risolvere, nello specifico, la questione dell’immigrazione mediante l’eliminazione fisica e la deportazione delle persone di razza diversa». E sotto questo profilo la «natura di utente “privato”» su Facebook, «cioè afferente a un profilo personale intestato a un soggetto non istituzionale o di rilievo pubblico », è stata «correttamente valutata irrilevante per sminuire o escludere l’idoneità della condotta , in quanto il funzionamento del social network, viepiù quando si usa la comunicazione sul profilo pubblico, costituisce un veicolo di diffusione indiscriminata, intrinsecamente destinato a essere raggiunto da chicchessia. D’altra parte, attraverso l’utilizzo delle basilari funzioni dello strumento informatico prescelto dall’uomo per diffondere le idee finalizzate a ricostituire il partito fascista, i messaggi sono stati effettivamente ulteriormente diffusi, rimandati, richiamati, condivisi e approvati dagli utenti, così costituendo un formidabile strumento di diffusione di idee e notizie». Tirando le somme, è lampante «la concreta idoneità della condotta» tenuta dal pubblico ufficiale «a procurare adesioni e consensi funzionali alla ricostituzione del disciolto partito fascista tramite l’esaltazione dei suoi capi, delle idee antidemocratiche e dei metodi violenti e razzisti utilizzati». Ciò anche perché «i contenuti vietati e destinati a ricostituire il partito fascista, anche tramite la specifica diffusione dei suoi simboli e delle idee razziste e antidemocratiche, sono stati oggetto, da parte dell’uomo, di una specifica e reiterata esaltazione , cui numerosi soggetti hanno prestato piena e convinta adesione, così palesandosi la concretezza del pericolo di ricostituzione del partito fascista che la norma incriminatrice, in attuazione della previsione costituzionale, osteggia», chiosano i giudici di Cassazione.
Presidente Siani – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d'Appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce in data 16 maggio 2019 con la quale Ch.Ma. è stato condannato, per avere pubblicamente esaltato, tramite vari post e commenti sul proprio pubblico profilo di Facebook, esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche, condotta punita dall' articolo 4 legge 20 giugno 1952, numero 645 , con l'aggravante dell'esaltazione delle idee e dei metodi razzisti, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, alla pena di un anno di reclusione ed Euro 350 di multa. 1.1. Sulla base delle non controversa ricostruzione materiale dei fatti, caratterizzati dalla pubblicazione di post inneggianti a Mussolini e Hitler e ai relativi simboli di regime, nonché ai metodi di sterminio degli stranieri, sia mediante la soppressione con pallottole, che venivano pubblicamente esibite, sia mediante la deportazione con l'uso di treni blindati, i giudici di merito affermavano che le condotte di esaltazione e apologia erano idonee a porre il rischio di ricostituzione del disciolto partito fascista nonché a esaltare e propagandare le idee razziste e i metodi antidemocratici dai medesimi utilizzati, precisando che le condotte avvenivano in un periodo immediatamente anteriore al novembre 2017. 2. Ricorre Ch.Ma., a mezzo del difensore avv. Roberto Carfora, che chiede l'annullamento della sentenza impugnata, denunciando la violazione di legge, in riferimento alla norma incriminatrice, e il vizio della motivazione con riguardo alla mancanza di nesso funzionale tra la condotta e il pericolo concreto nonché con riguardo all'elemento soggettivo. Non è stato accertato il pericolo concreto, richiesto dalla giurisprudenza, pretendendosi cioè di punire le idee, senza che sia stata verificata l'idoneità in concreto a porre il pericolo di ricostituzione del partito fascista, anche perché non è stata verificata, nei destinatari dei post, l'effettività del pericolo. Si tratta di post estemporanei e non veicolati in forum o altre comunità aperte dei quali andava verificata la idoneità in concreto a ricostituire il partito fascista o a impressionare le folle, come recentemente ribadito dalla giurisprudenza Sez. U, numero 16153 del 18/01/2024, Clemente, Rv. 286241 - 01 , senza accontentarsi della generica idoneità del social network a raggiungere un ampio numero di soggetti. Il profilo Facebook, pur pubblico, era però personale, cioè non appartenente a un personaggio pubblico, sicché poteva essere raggiunto soltanto da coloro che seguono il ricorrente e non da una congerie indiscriminata e ampia di soggetti, venendo, quindi, meno il pericolo osteggiato dalla norma incriminatrice. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il ricorso non contesta il contenuto e l'astratta idoneità apologetica e di esaltazione dei regimi fascista e nazista, costellata da simboli, espressioni e richiami specifici alle ideologie suddette e alle azioni violente poste in essere e delle specifiche azioni di deportazione ed eliminazione fisica degli stranieri immagini di proiettili di grosso calibro con l'espressione sono arrivati i vaccini obbligatori per i clandestini immagine di una locomotiva con la svastica, accompagnata dalla frase la locomotiva è pronta vessilli dell'aquila romana la scritta buona domenica fascista l'immagine di Hitler che, idealmente dialogando con il Ministro dell'interno in carica che si domandava come risolvere il problema della immigrazione clandestina, innalza l'indice a pugno chiuso l'immagine del giuramento del fascista l'espressione, con l'effige di Mussolini, quando l'ingiustizia diventa legge, la ribellione diventa dovere , ma stigmatizza, anche a fronte delle specifiche ammissioni dell'imputato sulla materialità dei fatti, la mancanza di idoneità a costituire il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista. 2.1. I giudici di merito hanno evidenziato - che l'imputato, sottufficiale delle Capitanerie di Porto, costituiva, in quanto pubblico ufficiale e rappresentante delle forze dell'ordine, un soggetto particolarmente credibile e affidabile nella prospettiva dei soggetti che con questi interagivano tramite il social network - che il mezzo impiegato, caratterizzato da un profilo personale, ma pubblico, costituisce uno strumento formidabile di diffusione verso un numero indiscriminato di soggetti, anche attraverso la metodica delle citazioni e dei richiami o rimandi - che i post e le pubblicazioni sono stati numerosi e reiterati, sicché affatto estemporanei e, dunque, idonei a persuadere i propri followers - che la continua adesione manifestata da terzi al materiale pubblicato dall'imputato dimostra, per un verso, il concreto effetto conseguito dall'apologia e, per altro verso, l'ulteriore perniciosità della esaltazione fascista e razzista derivanti dal sostegno offerto e ottenuto dal pubblico nonché dalla crescente consapevolezza di non essere isolati nel predicare tali violente e razziste convinzioni. 2.2. Le risposte fornite dai giudici di merito, sia in diritto che dal punto di vista motivazionale, sono pienamente aderenti ai principi espressi dalla giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità, anche dopo la richiamata pronuncia delle SU, Clemente, cit., relativa al reato di esibizione di simboli fascisti ex articolo 5 L. numero 645 del 1952 , ha chiarito che il reato di apologia del fascismo postula una condotta di propaganda ed esaltazione in concreto idonea a procurare adesioni e consensi funzionali alla ricostituzione del disciolto partito fascista Sez. 1, numero 37859 del 28/06/2024, Picano, Rv. 287070, ha confermato la sentenza di condanna dell'imputato, ritratto in video e fotografie, poi pubblicati on line, in cui si rivolgeva ai camerati della rete , invitandoli a tesserarsi a un movimento definito fascista e a partecipare a una manifestazione del medesimo movimento . 2.3. Premesso che, come il ricorso non nega, la condotta possiede natura apologetica e di esaltazione ideologica, i giudici di merito, con ampia e logica motivazione, hanno verificato l'idoneità in concreto della condotta a porre il rischio di ricostituzione del partito fascista. Le peculiari caratteristiche dell'imputato, con non illogica valutazione, sono state riconosciute alla stregua di un elemento di rafforzamento del pericolo di ricostituzione del partito fascista, in considerazione della qualità di pubblico ufficiale e di ufficiale di polizia giudiziaria addetto alla tutela dei confini marini dello Stato. Analogamente, l'idoneità della condotta è stata ravvisata nell'effettivo consenso raccolto dall'imputato ai chiari e inequivoci messaggi di invito all'adesione all'ideologia fascista e ai suoi metodi violenti per risolvere, nello specifico, la questione dell'immigrazione mediante l'eliminazione fisica e la deportazione delle persone di razza diversa. 2.4. Sotto questo profilo la natura di utente privato , cioè afferente a un profilo personale intestato a un soggetto non istituzionale o di rilievo pubblico, è stata correttamente valutata irrilevante per sminuire o escludere l'idoneità della condotta, in quanto il funzionamento del social network, viepiù quando si usa la comunicazione sul profilo pubblico, costituisce un veicolo di diffusione indiscriminata, intrinsecamente destinato a essere raggiunto da chicchessia. D'altra parte, attraverso l'utilizzo delle basilari funzioni dello strumento informatico prescelto dall'imputato per diffondere le idee finalizzate a ricostituire il partito fascista, i messaggi sono stati effettivamente ulteriormente diffusi, rimandati, richiamati, condivisi e approvati dagli utenti, così costituendo un formidabile strumento di diffusione di idee e notizie, come avvenuto nel caso di specie. 2.5. Del resto, il ricorso, che si limita a denunciare la mancanza dell'elemento psicologico senza però sviluppare alcun argomento in proposito, non contiene una critica idonea a scardinare il logico ragionamento giuridico, solidamente ancorato alle risultanze probatorie, che ha condotto i giudici di merito, con concorde giudizio di fatto, a ravvisare la concreta idoneità della condotta a procurare adesioni e consensi funzionali alla ricostituzione del disciolto partito fascista tramite l'esaltazione dei suoi capi, delle idee antidemocratiche e dei metodi violenti e razzisti utilizzati. È stato opportunamente sottolineato che i contenuti vietati e destinati a ricostituire il partito fascista, anche tramite la specifica diffusione dei suoi simboli e delle idee razziste e antidemocratiche, sono stati oggetto, da parte dell'imputato, di una specifica e reiterata esaltazione cui numerosi soggetti hanno prestato piena e convinta adesione, così palesandosi la concretezza del pericolo di ricostituzione del partito fascista che la norma incriminatrice, in attuazione della previsione costituzionale, osteggia. 3. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell' articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.