In caso di indebito ottenimento di un beneficio in seguito all'omessa comunicazione dei beni familiari, la condanna presuppone «la prova positiva della proprietà dei beni, per cui non bastano a integrare il reato la dichiarazione di successione e la voltura catastale, di cui è stata omessa la comunicazione».
La questione in esame origina dal ricorso presentato dall'imputata a seguito della condanna ricevuta in appello per aver indebitamente percepito il reddito di cittadinanza a seguito della mancata dichiarazione della proprietà di quote di immobili per un valore superiore a 30.000 euro. A sua difesa, l'imputata sostiene che la denuncia di successione era stata presentata dagli altri congiunti, a sua insaputa, per cui non risultava l'accettazione di eredità con la relativa acquisizione della quota di 2/15 di varie unità immobiliari, e che i certificati catastali non erano idonei a comprovare l'accettazione dell'eredità. Il ricorso è fondato . Spiegano i Giudici che la presentazione della dichiarazione di successione è un « adempimento obbligatorio , di natura prevalentemente fiscale, attraverso il quale viene comunicato all'Agenzia delle Entrate il subentro degli eredi nel patrimonio del defunto» si tratta di una dichiarazione di parte , anche di una sola, che comunica all'Erario i nominativi dei chiamati all'eredità ed i beni caduti in successione. La dichiarazione di successione prescinde , quindi, dall'accettazione dell'eredità , nel senso che «va presentata da, o in nome di, un erede o un coerede, nell'interesse di tutti, anche se poi vi sia la rinuncia all'eredità che ha efficacia retroattiva». Ne deriva che la trasmissione della dichiarazione di successione all'Agenzia delle Entrate « determina automaticamente il suo recepimento da parte di quell'articolazione dell'Agenzia delle Entrate che è l'Agenzia del Territorio che provvede alle volture catastali, cioè al cambiamento dell'intestazione della ditta delle unità immobiliari». Il reato in oggetto, consistito nell'indebito ottenimento di un beneficio in seguito all'omessa comunicazione dei beni familiari, «non può ritenersi dunque provato sulla base di un dato, la voltura catastale , che non è necessariamente nella disponibilità, anche conoscitiva, dell'interessata, e che, per giunta, non è indicativo dell'acquisizione della proprietà , unico elemento rilevante e decisivo ai fini della comunicazione». La condanna è quindi fondata su un' indebita inversione dell'onere della prova in quanto, ritenuta la presunzione relativa della proprietà sulla base delle risultanze catastali, la Corte territoriale ha richiesto la prova della rinuncia all'eredità o della mancata accettazione la condanna, invece, «presuppone la prova positiva della proprietà dei beni , per cui non bastano a integrare il reato la dichiarazione di successione e la voltura catastale , di cui è stata omessa la comunicazione, né ai fini della verifica dell'elemento oggettivo né ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo, in termini di dolo specifico». La parola, ora, passa ai giudici del rinvio.
Presidente Andreazza – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 4 ottobre 2023 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza in data 1° marzo 2022 del G.u.p. del Tribunale di Paola che aveva condannato D.S.E. alle pene di legge per il reato dell' articolo 7, comma 1, d.l. 28 gennaio 2019, numero 4 . 2. La ricorrente presenta un unico motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione. Premesso di essere stata condannata per non aver dichiarato la proprietà di quote di immobili per un valore superiore ad euro 30.000, censura la sentenza di appello nella parte in cui i Giudici hanno ritenuto che avesse reso una dichiarazione falsa in merito alla sua consistenza patrimoniale consapevolmente . Sostiene che la denuncia di successione era stata presentata dagli altri congiunti, a sua insaputa, per cui non risultava l'accettazione di eredità con la relativa acquisizione della quota di 2/15 di varie unità immobiliari site a OMISSIS . Precisa che i certificati catastali non erano idonei a comprovare l'accettazione di eredità e lamenta l'errata attribuzione di valore agli immobili sulla base del calcolo dell'IMU, senza eliminare gli immobili destinati ad abitazione familiare. Richiama in suo favore la giurisprudenza che valorizza la concreta offensività del reato. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. E' pacifico in fatto che l'imputata, beneficiaria del reddito di cittadinanza nel mese di aprile 2019, abbia omesso di comunicare, nelle dichiarazioni del 13 febbraio 2019 e del 13 gennaio 2020, delle informazioni rilevanti circa il suo patrimonio immobiliare, in particolare, non aveva dichiarato di essere titolare della quota di 2/15 di una serie di fabbricati e terreni siti in OMISSIS del valore complessivo di euro 42.136,12. La difesa imposta il ricorso seguendo tre diverse traiettorie. Contesta, da una parte, il dolo, perché la dichiarazione di successione era stata presentata dai coeredi a sua insaputa, dall'altra, l'idoneità dei certificati catastali a comprovare l'accettazione di eredità, dall'altra ancora il valore dei beni. Sono corretti i primi due rilievi, per cui il terzo deve ritenersi assorbito. La presentazione della dichiarazione di successione è un adempimento obbligatorio, di natura prevalentemente fiscale, attraverso il quale viene comunicato all'Agenzia delle Entrate il subentro degli eredi nel patrimonio del defunto e vengono così determinate le imposte dovute, sulla base del quadro normativo in vigore. Si tratta di una dichiarazione di parte, anche di una sola, che comunica all'Erario i nominativi dei chiamati all'eredità e i beni caduti in successione. La dichiarazione di successione prescinde, quindi, dall'accettazione dell'eredità, nel senso che va presentata da, o in nome di, un erede o un coerede, nell'interesse di tutti, anche se poi vi sia la rinuncia all'eredità che ha efficacia retroattiva. La trasmissione della dichiarazione di successione all'Agenzia delle Entrate determina automaticamente il suo recepimento da parte di quell'articolazione dell'Agenzia delle Entrate che è l'Agenzia del Territorio che provvede alle volture catastali, cioè al cambiamento dell'intestazione della ditta delle unità immobiliari. La Corte territoriale ha ritenuto, confermando la decisione del primo Giudice, che la voltura catastale in ditta all'imputata fosse idonea a spostare l'onere probatorio a carico dell'interessata che avrebbe dovuto dimostrare la sua estraneità ai beni formalmente intestati. Ritiene il Collegio che i Giudici di merito abbiano erroneamente costruito tale onere a carico dell'imputata la voltura catastale è dato neutro, derivante dalla dichiarazione di successione, che è dato, a sua volta, neutro rispetto all'acquisizione della proprietà. Il reato in oggetto, consistito nell'indebito ottenimento di un beneficio in seguito all'omessa comunicazione dei beni familiari, non può ritenersi dunque provato sulla base di un dato, la voltura catastale, che non è necessariamente nella disponibilità, anche conoscitiva, dell'interessata, e che, per giunta, non è indicativo dell'acquisizione della proprietà, unico elemento rilevante e decisivo ai fini della comunicazione. La condanna è fondata quindi su un'indebita inversione dell'onere della prova perché, ritenuta la presunzione relativa della proprietà sulla base delle risultanze catastali, la Corte territoriale ha richiesto la prova della rinuncia all'eredità o della mancata accettazione. La condanna, invece, presuppone la prova positiva della proprietà dei beni, per cui non bastano a integrare il reato la dichiarazione di successione e la voltura catastale, di cui è stata omessa la comunicazione, né ai fini della verifica dell'elemento oggettivo né ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo, in termini di dolo specifico. La sentenza va pertanto annullata con rinvio per un nuovo esame dei presupposti del reato, ivi compreso il profilo della natura formale o sostanziale della violazione con riferimento ai valori dei cespiti immobiliari in gioco, dal momento che il terzo rilievo della censura è da ritenersi, come detto, assorbito dall'accoglimento dei precedenti primi due profili. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.