L’installazione di nuova canna fumaria nel muro comune non è possibile se viola il “pari uso”

L’installazione di una nuova canna fumaria a servizio dell’unità immobiliare esclusiva di un singolo condomino che configura un’innovazione se di consistenza maggiore rispetto a quella preesistente non è consentita se viola il c.d. “pari uso” ex articolo 1102 c.c., essendo materialmente impossibile, stante le dimensioni, installare anche tutte le altre eventualmente necessarie agli altri condomini.

Il caso Gli attori, proprietari di un appartamento sito all'interno di un edificio condominiale e, quindi, partecipanti al relativo ente di gestione, citavano in giudizio, davanti al Tribunale, un condomino, proprietario dell'appartamento sovrastante alla loro unità immobiliare, affermando che quest'ultima, fin dall'originario acquisto, era dotata di una canna fumaria a servizio del locale cucina , che correva dentro un muro portante dell'edificio, ma che, attualmente, risultava all'altezza del piano superiore ristretta e disassata e, quindi, inutilizzabile . A fronte del diniego di accesso nella proprietà del convenuto finalizzato a rettificare e ad allargare detta canna fumaria, parte attrice chiedeva al Tribunale l'emissione di un provvedimento coattivo che gli consentisse l'operazione. Il Giudice, con sentenza passata in giudicato, ordinava alla parte convenuta di consentire, ai sensi dell' articolo 843 c.c. , l'accesso nell'appartamento per eseguire i lavori di ripristino della canna fumaria. Non essendo stato raggiunto alcun accordo per l'adempimento spontaneo, gli originari attori si erano determinati ad agire ex articolo 612 c.p.c. per la specificazione delle modalità esecutive del ripristino della loro canna fumaria , e a seguito dell'opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c., il Tribunale di Genova, con ulteriore sentenza anch'essa passata in giudicato, aveva ritenuto, basandosi sulla relazione del ctu, che l'eliminazione del restringimento e del disallineamento della canna fumaria non costituiva un mero ripristino, ma una vera e propria innovazione comportante un aggravamento della servitù esistente , non previsto dal titolo giudiziale azionato. Parte attrice, aveva quindi intrapreso un giudizio ordinario davanti al Tribunale di Genova nei confronti sempre dell'originario convenuto per fare accertare che il muro in cui passava la canna fumaria era un muro maestro di proprietà comune dei condomini ex articolo 1117 c.c. che tale muro era gravato da servitù in relazione al passaggio della canna fumaria a servizio dell'appartamento di sua proprietà da intendersi come servitù per far passare i fumi da combustione e che aveva diritto al ripristino di detta funzionalità della canna fumaria con l'eliminazione del restringimento e del disallineamento, e che, infine, secondo la normativa vigente, la canna non era più idonea a tale uso, anche in considerazione del fatto che gli ostacoli erano stati creati dal dante causa di parte convenuta. Si costituivano in giudizio il convenuto, eccependo, tra l'altro, l'estinzione per prescrizione ventennale della servitù di scarico di fumi da combustione ex articolo 1073 c.c., nonché il condominio, che, a sua volta, eccepiva il giudicato delle precedenti sentenze, sostenendo che parte attrice poteva solo agire in sede esecutiva per la determinazione delle modalità di ripristino della canna fumaria che non fossero già precluse, in quanto tale ultima sentenza, per il principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, aveva già accertato che l'utilizzo della canna fumaria per lo smaltimento dei fumi da combustione costituiva un'innovazione non consentita. Peraltro, anche il condominio eccepiva la prescrizione della predetta servitù. Il Tribunale riteneva intervenuto il giudicato e respingeva la domanda . Avverso tale decisione veniva proposto appello dall'originaria parte attrice lamentando, tra l'altro, che il primo giudice non si era pronunciato sulla sua domanda di accertamento della natura comune del muro in cui si trovava la canna fumaria e sull'estensione della sua servitù, che fosse stato erroneamente ritenuto sussistente un aggravamento di servitù lo scarico di fumi da combustione anziché solo di vapori da cottura, mentre, al contrario, si trattava di semplice uso della cosa comune ex articolo 1102 c.c. Le controparti si costituivano in secondo grado chiedendo la reiezione del gravame. La Corte d'Appello, fatta espletare una nuova ctu, confermava la decisione impugnata e rigettava l'appello , richiamando gli accertamenti dell'ulteriore perizia d'ufficio dai quali era emerso che il muro all'interno del quale era ubicata la canna fumaria era un muro maestro che la canna fumaria a servizio dell'appartamento era in origine deputata allo smaltimento dei fumi da combustione del legno che il restringimento della canna fumaria rilevato all'altezza dell'appartamento sovrastante era riconducibile alle esigenze di realizzazione di una scala di accesso al terrazzo e di rinforzo della sopraelevazione di una veranda, che la canna fumaria esistente non era utilizzabile secondo la normativa vigente per lo smaltimento dei fumi da combustione funzione da tempo abbandonata che per consentire il recupero di tale funzione sarebbe stata necessaria l' effettuazione di interventi che costituivano vere e proprie innovazioni e che, l'uso della canna fumaria inserita nel muro comune avrebbe anche contrastato con la facoltà di pari uso degli altri condomini dei quattro appartamenti sottostanti ex articolo 1102 c.c., non essendovi uno spazio sufficiente per far passare analoghe canne fumarie a servizio di tali appartamenti. Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso in Cassazione basato su sei distinti motivi al quale resistevano le controparti con distinti controricorsi. La decisione e le motivazioni della Corte di Cassazione Tralasciando le questioni attinenti al rito, la Corte di legittimità rigetta il ricorso della ricorrente originaria attrice , affermando i seguenti principi secondo i quali la sentenza della Corte di Appello non contiene un'anomalia nella motivazione in quanto ha, invece, riconosciuto che l'originaria destinazione della canna fumaria anche allo smaltimento di fumi da combustione, non era più in uso , fin da quando si erano diffuse le cucine a gas, e che la normativa di sicurezza sopravvenuta ha reso impraticabile un uso siffatto a prescindere dal restringimento ed inclinazione della canna fumaria non ha violato il giudicato formatosi sulla precedente sentenza del Tribunale che aveva ordinato l'ingresso nell'appartamento sovrastante, in quanto detto provvedimento si era limitato a riconoscere il diritto di accedere ex articolo 843 c.c. al fine del ripristino della canna fumaria, ma senza stabilire le modalità esecutive , che non possono essere quelle indicate nel ricorso ex articolo 612 c.p.c. diverse da quelle che siano funzionali ad uno smaltimento di fumi da combustione non ha adottato una decisione fondata su di una non corretta applicazione dell' articolo 1102, comma 1, c.c. nella parte in cui stabilisce che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto , in quanto è stato invece accertato tecnicamente che è impossibile la contemporanea installazione nel muro comune di canne fumarie per smaltimento di fumi da combustione a servizio dell'appartamento della ricorrente e di tutti gli appartamenti sottostanti per le dimensioni eccessive che le canne fumarie nel loro complesso dovrebbero avere, sia secondo la normativa vigente rispetto allo spazio comune disponibile sia in base all' articolo 1102, comma 2, c.c. , per il quale il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso , avendo, sotto questo profilo, considerato i profili di invasività dell'intervento di installazione della canna fumaria per smaltimento dei fumi da combustione, in relazione ai fumi ed al calore che ad essa sarebbero derivate, che non richiedevano un accertamento tecnico di superamento dei limiti di tollerabilità, peraltro non richiesto.   Da qui, il rigetto del ricorso e la conferma della decisione di secondo grado peraltro, a sua volta confermativa di quella di primo grado .

Presidente Orilia – Relatore Picaro Fatti di causa Ra.Ma., proprietaria dell'appartamento sito nel Condominio … , interno 10, donatole il 13.1.2015 dai figli Os.Ju., Os.Da., Os.Fr., che lo avevano acquistato nel 2003, esponeva che tale appartamento era dotato di una canna fumaria nel locale cucina, che correva dentro un muro portante dell'edificio, e che fin dall'acquisto del 2003 aveva programmato nel locale cucina l'installazione di un moderno fornetto a legna Palazzetti, che però non era potuta avvenire, in quanto all'altezza del sovrastante appartamento all'interno 11A, di proprietà di Ga.Lu., era emerso un restringimento e disassamento della canna fumaria, che impediva di collocare un tubo in acciaio di almeno 16 cm di diametro dentro la canna fumaria. I figli della Ra.Ma., dalla stessa rappresentati perché ancora minorenni, avevano quindi convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Genova Ga.Lu. al fine di accedere al suo sovrastante appartamento per rettificare ed allargare la canna fumaria, posto che il Ga.Lu. aveva ritenuto di non essere obbligato a consentirlo. Il   Tribunale di Genova con la sentenza numero 2895 del 16.7.2010 , passata in giudicato per mancata impugnazione, aveva ordinato a Ga.Lu., ai sensi dell' articolo 843 cod. civ. , di consentire ad Os.Ju., Os.Da., Os.Fr. l'accesso nell'appartamento interno 11/A per eseguire i lavori di ripristino alla canna fumaria dell'appartamento all'interno 10. Non essendo stato raggiunto alcun accordo per l'adempimento spontaneo, Os.Ju., Os.Da., Os.Fr. avevano agito nei confronti di Ga.Lu.   ex articolo 612 c.p.c.   per la determinazione delle modalità esecutive del ripristino della loro canna fumaria, ed a seguito dell'opposizione agli atti esecutivi   ex articolo 617 c.p.c.   del Ga.Lu., il Tribunale di Genova con la sentenza numero 31/2015, passata in giudicato per mancata impugnazione, basandosi sulla relazione tecnica dell'ausiliario, ing. Ge.Mi., che aveva ritenuto che la canna fumaria per la posizione del comignolo in una zona di reflusso potesse solo essere impiegata per lo sfiato dei vapori di cottura e non per i fumi da combustione, aveva però ritenuto che l'eliminazione del restringimento e del disallineamento della canna fumaria che si intendevano realizzare non costituivano un mero ripristino, ma una vera e propria innovazione comportante un aggravamento della servitù esistente a carico della proprietà Ga.Lu., non previsto dal titolo giudiziale azionato. Ra.Ma. aveva quindi intrapreso un giudizio ordinario davanti al Tribunale di Genova nei confronti di Ga.Lu. e del Condominio … , per fare accertare che il muro in cui passava la canna fumaria era un muro maestro di proprietà comune dei condomini   ex articolo 1117 cod. civ. che tale muro era gravato da servitù in relazione al passaggio della canna fumaria a servizio dell'appartamento di sua proprietà all'interno 10, da intendersi come servitù per far passare i fumi da combustione, e che aveva diritto al ripristino di detta funzionalità della canna fumaria con l'eliminazione del restringimento e del disallineamento, che secondo la normativa vigente la rendevano non più idonea a tale uso, anche in considerazione del fatto che gli ostacoli erano stati creati dal dante causa del Ga.Lu. meno di venti anni prima della prima domanda giudiziale avanzata dai suoi danti causa Os.Ju., Os.Da., Os.Fr. Si costituivano Ga.Lu., che produceva la relazione dell'ing. Ge.Mi. e chiedeva il rigetto delle domande della Ra.Ma., eccependo comunque il giudicato e l'estinzione per prescrizione ventennale della servitù di scarico di fumi da combustione   ex articolo 1073 cod. civ. , e si costituiva il Condominio … , che eccepiva il giudicato già formatosi con le sentenze   numero 2895/2010   e numero 31/2015 del Tribunale di Genova, sostenendo che la Ra.Ma. poteva solo agire in sede esecutiva per la determinazione delle modalità di ripristino della canna fumaria che non fossero già precluse, in quanto tale ultima sentenza, per il principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, aveva già accertato che l'utilizzo della canna fumaria per lo smaltimento dei fumi da combustione costituiva un'innovazione non consentita. Il Condominio inoltre eccepiva, a sua volta, la prescrizione della servitù invocata dalla Ra.Ma. per non uso ventennale, e nel merito chiedeva il rigetto delle domande della predetta, in quanto non c'erano stati restringimenti abusivi della canna fumaria e le dimensioni della stessa erano compatibili con lo smaltimento dei vapori di cottura e non dei fumi da combustione. Il Tribunale di Genova, disposta la conversione del rito da ordinario a sommario, con ordinanza dl 29/30.6.2016, riteneva intervenuto il giudicato sia in ordine al diritto dei danti causa della Ra.Ma. e quindi di quest'ultima di accedere al sovrastante appartamento di Ga.Lu. per eseguire i lavori di ripristino alla canna fumaria del suo appartamento, sia in ordine al fatto che l'eventuale ampliamento della canna fumaria per consentire lo smaltimento di fumi da combustione avrebbe rappresentato un'innovazione e non un mero ripristino, e pertanto, richiamato il divieto di aggravamento della servitù dell' articolo 1067 cod. civ. , respingeva la domanda della Ra.Ma., condannandola alle spese processuali. Avverso tale ordinanza   ex articolo 702 ter c.p.c.   proponeva appello la Ra.Ma. lamentando che il primo giudice non si fosse pronunciato sulla sua domanda di accertamento della natura comune del muro in cui si trovava la canna fumaria e sull'estensione della sua servitù, che fosse stata attribuita efficacia probatoria alla relazione eseguita dall'ing. Ge.Mi., che era stata contestata, che fosse stato ritenuto costituire un aggravamento di servitù lo scarico di fumi da combustione anziché solo di vapori da cottura, mentre si trattava di semplice uso della cosa comune   ex articolo 1102 cod. civ. , nonché l'eccessività della condanna alle spese processuali pronunciata a suo carico. Si costituivano in secondo grado il Ga.Lu. ed il Condominio, che chiedevano la reiezione dell'appello, reiterando le eccezioni di giudicato e prescrizione, ed il Condominio sottolineava che per la prima volta con l'impugnazione la Ra.Ma. aveva fatto riferimento all' articolo 1102 cod. civ. La Corte d'Appello di Genova disponeva l'espletamento di CTU per verificare la natura del muro in cui si trovava la canna fumaria, per riscontrare la presenza e le cause dei restringimenti della canna fumaria, per accertare se in base alle possibilità tecniche ed alla normativa vigente fosse possibile l'utilizzo della canna fumaria per lo smaltimento dei fumi da combustione e se esso costituisse un aggravio per l'appartamento di Ga.Lu. Con la sentenza numero 219/2020 del 28.1/19.2.2020 la Corte d'Appello di Genova confermava l'ordinanza impugnata, rigettando l'appello, e condannava la Ra.Ma. al pagamento delle spese processuali in favore degli appellati, liquidate in € 5.000,00 ciascuno per compensi, oltre accessori, nonché al pagamento delle spese di CTU. In particolare la sentenza di secondo grado dava atto che dalla CTU espletata era emerso che il muro all'interno del quale era ubicata la canna fumaria era un muro maestro che la canna fumaria a servizio dell'appartamento della Ra.Ma., ricompreso in un condominio della fine dell'800-primi del '900, era in origine deputata, al pari delle canne fumarie a servizio degli altri appartamenti condominiali, allo smaltimento dei fumi da combustione del legno che il restringimento della canna fumaria rilevato all'altezza dell'appartamento del Ga.Lu., realizzato con l'inclinazione e l'iniezione di malta, era riconducibile alle esigenze di realizzazione di una scala di accesso al terrazzo e di rinforzo della sopraelevazione della veranda dell'appartamento del Ga.Lu. Sempre sulla base della CTU, la Corte d'Appello accertava che la canna fumaria esistente non era utilizzabile secondo la normativa vigente per lo smaltimento dei fumi da combustione, funzione da tempo abbandonata, e che per consentire il recupero di tale funzione sarebbe stata necessaria l'effettuazione degli interventi di particolare consistenza individuati dal CTU, che non solo avrebbero richiesto autorizzazioni di enti pubblici e lavori di demolizione e carotaggio, oltre all'installazione sul tetto di macchinari di filtraggio e di aspirazione, con rischi di rotture e lesioni dei tratti in muratura da perforare, ma costituivano vere e proprie innovazioni, non ricomprese nei limiti del ripristino giudizialmente disposto della canna fumaria, per giunta determinanti, in caso di attuazione, un innalzamento di calore e di odore a carico dell'appartamento del Ga.Lu., con inibizione di determinati usi sulla parete a contatto. La Corte d'Appello ha inoltre rilevato che l'uso della canna fumaria inserita nel muro comune, prospettato dalla Ra.Ma., avrebbe anche contrastato con la facoltà di pari uso degli altri condomini dei quattro appartamenti sottostanti   ex articolo 1102 cod. civ. , non essendovi uno spazio sufficiente per far passare analoghe canne fumarie a servizio di tali appartamenti. Da ultimo la Corte d'Appello ha respinto il motivo d'impugnazione relativo alle spese processuali di primo grado, in quanto erano stati liquidati a favore dei convenuti vittoriosi gli importi medi esclusa la fase istruttoria-trattazione previsti dal D.M. numero 55/2014 per le cause di valore indeterminabile da € 26.000,01 ad € 52.000,00 e non vi era ragione che giustificasse una riduzione ulteriore del compenso oltre quella già derivata dalla mancata liquidazione dei compensi per la fase istruttoria-trattazione, e per le spese processuali di secondo grado ha applicato il principio della soccombenza. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso a questa Corte Ra.Ma., affidandosi a sei motivi, ed hanno resistito con distinti controricorsi Ga.Lu. ed il Condominio di … . La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale Stefano Pepe, ha concluso per il rigetto del ricorso. In prossimità della pubblica udienza tutte le parti hanno depositato memorie   ex articolo 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1   Col primo motivo la Ra.Ma. lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c. rectius   numero 4 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato   ex articolo 112 c.p.c. Si duole la ricorrente che la Corte d'Appello non si sia pronunciata sulle sue domande di accertamento della natura di muro maestro, e quindi di proprietà comune del muro di servizio alla canna fumaria, nonché dell'esistenza per tale muro di una servitù di passaggio di canna fumaria attribuente anche la possibilità dello smaltimento dei fumi da combustione, non estinta per non uso, e del suo diritto di ottenere l'eliminazione del restringimento/disallineamento dal quale era affetta la canna fumaria, domande emergenti dall'atto di appello ed anche dal precedente atto di citazione. Aggiunge la ricorrente, che nella citazione non aveva proposto alcuna specifica attività di ripristino della canna fumaria ed alcun tipo concreto di ristrutturazione, e che la Corte d'Appello avrebbe dapprima incaricato un CTU di verificare le modalità pratiche con cui si sarebbe potuta rimettere in funzione la canna fumaria, per poi respingere, sulla base degli esiti della CTU, le sue domande di accertamento della servitù di passaggio di canna fumaria e di eliminazione del restringimento/disallineamento della medesima. Va anzitutto notato, che la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per la mancata pronuncia su una o più delle domande proposte, determina un   error in procedendo ex articolo 360 comma primo numero 4 c.p.c. , che dà luogo a nullità della sentenza, e non ad   error in iudicando   censurabile   ex articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c. , come nella specie richiesto, ma anche a voler ritenere che sia stato sufficientemente individuato in fatto l'aspetto di contrasto della decisione impugnata con la norma di legge articolo 112 c.p.c. secondo il più recente orientamento non formalistico di questa Corte Cass. 13.1.2006 numero 526   Cass. 15.10.2004 numero 20319   Cass. 19.8.2003 numero 5582   Cass. Sez. unumero 17.7.2001 numero 9652 , il motivo deve ritenersi infondato. Ed invero, la Corte d'Appello è addivenuta al rigetto dell'appello della Ra.Ma. avverso l'ordinanza del Tribunale di Genova, che aveva respinto la sua domanda di eliminazione del restringimento/disallineamento della canna fumaria inserita in un muro portante comune a fini di ripristino della servitù per lo smaltimento dei fumi di combustione a servizio del suo appartamento … , interno 10, ritenendo le varie domande tra loro intimamente concatenate, e prospettate tutte ai fini del poi negato ripristino di una pretesa servitù di smaltimento dei fumi da combustione, pronunciandosi, sia pure non del dispositivo, anche sulle domande funzionali al ripristino invocato. In particolare a pagina 6, proprio all'inizio dei motivi della decisione, la Corte d'Appello, sulla base dei rilievi effettuati dal CTU in secondo grado, ha affermato che il muro all'interno del quale era posizionata la canna fumaria oggetto di causa era un muro maestro, ed a pagina 10 si è riferita a tale manufatto come bene comune, applicando la disciplina dell' articolo 1102 cod. civ.   ed escludendo la possibilità di utilizzo del bene comune da parte della Ra.Ma. per l'inserimento in esso di una canna fumaria per smaltimento di fumi da combustione, proprio perché ciò avrebbe leso la possibilità di farne lo stesso uso per i condomini proprietari dei quattro appartamenti sottostanti la Ra.Ma. In tal modo la sentenza impugnata ha quindi negato, in base agli accertamenti tecnici del CTU, che la servitù di canna fumaria rivendicata dalla Ra.Ma., un tempo possibile in un palazzo di fine '800-inizi '900 in cui il legno era utilizzato per la combustione non esistendo le cucine a gas, ma da anni in disuso, potesse essere usata per lo smaltimento dei fumi da combustione, rimanendo quindi possibile, in base alle esigenze di sicurezza considerate dalla normativa vigente sopravvenuta, ed a prescindere dal restringimento e disassamento della canna fumaria, il solo smaltimento dei vapori di cottura. Quanto alla CTU dell'ing. Ce., disposta proprio su richiesta della Ra.Ma., è stata effettuata per verificare con riferimento allo stato dei luoghi ispezionato, se al di là della soluzione proposta nel precedente giudizio   ex articolo 612 c.p.c.   promosso dalla stessa Ra.Ma. e conclusosi per lei negativamente con la sentenza numero 31/2015 del Tribunale di Genova, fosse ancora praticabile un ripristino della canna fumaria funzionale allo smaltimento di fumi da combustione conforme alla normativa vigente, accertamento finalizzato a dare risposta alle domande proposte dalla appellante. 2   Col secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., l'illogicità e contraddittorietà della motivazione per avere la Corte d'Appello ritenuto, sulla base della CTU, che il ripristino della canna fumaria alla sua originaria funzione di smaltimento dei fumi da combustione costituisca un'innovazione non consentita, consistendo invece nell'eliminazione del restringimento/disassamento della canna fumaria realizzato nell'appartamento ora di proprietà del Ga.Lu. Il motivo è anzitutto inammissibile, in quanto a parte l'inconferente richiamo all' articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c. , anziché all'articolo   360   comma primo numero 4 ed all' articolo 132 numero 4 c.p.c.   e 118 disp. att. c.p.c., è denunciabile in cassazione dopo la riforma dell' articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c.   l' anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali , e tale anomalia è ritenuta ravvisabile oltre che in caso di   mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico   di   motivazione apparente , di   contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili   Cass. sez. unumero numero 8053/2014 , e non la motivazione illogica e contraddittoria. Il motivo è comunque anche infondato, perché non tiene conto che la sentenza impugnata ha riconosciuto che l'originaria destinazione della canna fumaria anche allo smaltimento di fumi da combustione, non era più in uso, fin da quando si erano diffuse le cucine a gas, e che la normativa di sicurezza sopravvenuta ha reso impraticabile un uso siffatto a prescindere dal restringimento ed inclinazione della canna fumaria, verosimilmente ascrivibili ad interventi in passato compiuti nell'appartamento del Ga.Lu. per realizzare la scala di accesso al terrazzo e rinforzare la sopraelevazione della veranda. 3   Col terzo motivo la Ra.Ma. lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell' articolo 324 c.p.c. Si duole la ricorrente che l'impugnata sentenza abbia violato il giudicato formatosi sulla sentenza del   Tribunale di Genova numero 2895/2010 , pronunciata nel giudizio promosso dai danti causa della Ra.Ma., Os.Ju., Os.Da., Os.Fr. e Ga.Lu., sentenza che aveva ordinato al Ga.Lu. di fare accedere al proprio appartamento i danti causa della Ra.Ma., all'epoca proprietari dell'appartamento all'interno 10 … , per provvedere al ripristino della canna fumaria. Il motivo è infondato, in quanto la sentenza   numero 2895/2010 del Tribunale di Genova   si è limitata a riconoscere ai danti causa della Ra.Ma., e quindi con effetto anche per quest'ultima, il diritto di accedere   ex articolo 843 cod. civ.   al sovrastante appartamento del Ga.Lu. per ripristinare la canna fumaria, ma senza stabilire le modalità esecutive di tale ripristino, che non possono essere quelle che erano state proposte dalla Ra.Ma. col ricorso   ex articolo 612 c.p.c.   alla luce del giudicato negativo di cui alla sentenza numero 31/2015 del Tribunale di Genova, né alla luce della sentenza qui impugnata, modalità esecutive diverse che siano funzionali ad uno smaltimento di fumi da combustione. 4   Col quarto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell' articolo  1102 cod. civ. sull'uso della cosa comune e dell' articolo 844 cod. civ.   sulle immissioni. Si duole la ricorrente che l'impugnata sentenza non abbia considerato che in base all' articolo 1102 cod. civ.   il diritto del singolo sulla cosa comune non può essere escluso dall'eventuale possibile utilizzo di uno dei comproprietari, e sostiene che l'uso del muro comune per lo scarico di fumi da combustione sia impedito non dalla condotta della Ra.Ma., ma dal restringimento della canna fumaria a suo tempo operato nell'appartamento del Ga.Lu., come riconosciuto anche dalla CTU dell'ing. Ce., e nel contempo in relazione all' articolo 844 cod. civ. , lamenta che la Corte d'Appello non abbia effettuato alcuna valutazione sulla tollerabilità delle immissioni, contravvenendo anche alla CTU, che aveva accertato che la realizzazione delle canne fumarie per lo smaltimento di fumi da combustione avrebbe determinato, nell'appartamento del Ga.Lu., solo un aumento di qualche grado della temperatura in qualche decimetro quadrato di muro. Tale motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dell' articolo 1102 comma 1 cod. civ.   nella parte in cui stabilisce che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, essendo stata accertata dal CTU l'impossibilità di una contemporanea installazione nel muro comune di canne fumarie per smaltimento di fumi da combustione a servizio dell'appartamento della Ra.Ma. e di tutti gli appartamenti sottostanti per le dimensioni eccessive che le canne fumarie nel loro complesso dovrebbero avere secondo la normativa vigente rispetto allo spazio comune disponibile, e dell' articolo 1102 comma 2 cod. civ. , secondo il quale il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso, avendo solo sotto questo profilo, e non certo in relazione all' articolo 844 cod. civ. , considerato i profili di invasività dell'intervento di installazione della canna fumaria per smaltimento dei fumi da combustione, auspicato dalla Ra.Ma., rispetto alla proprietà Ga.Lu., in relazione ai fumi ed al calore che ad essa sarebbero derivate, che non richiedevano un accertamento tecnico di superamento dei limiti di tollerabilità, peraltro non richiesto. 5   Col quinto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione della L.numero 1083/1971, del   D.M. numero 92710/2015 , delle norme UNI 7129 e 10683 e dell'articolo 40 del regolamento del Comune di Genova. Tale motivo è inammissibile, in quanto deduce violazioni di legge che non sono state lamentate con l'atto di appello, né risultano trattate dalla sentenza impugnata. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, qualora una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare   ex actis   la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa Cass. sez. lav. 9.7.2020 numero 14635   Cass. 22.4.2016 numero 8206 . 6   Col sesto motivo la Ra.Ma. lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell' articolo 91 c.p.c. Si duole la ricorrente che, benché al di là del formale rigetto dell'appello, la Corte d'Appello abbia in parte accolto le domande di accertamento da lei avanzate, l'abbia condannata al pagamento integrale delle spese processuali e di CTU in base al principio della soccombenza. L'ultimo motivo è infondato, in quanto la sentenza di secondo grado, pur avendo riconosciuto la fondatezza della domanda di accertamento della natura di muro portante di quello in cui è ubicata la canna fumaria, avendo negato che la servitù vantata dalla Ra.Ma. fosse estesa allo smaltimento dei fumi da combustione, ed avendo respinto la sua domanda di eliminazione del restringimento/disassamento della canna fumaria, ben poteva considerarla prevalentemente soccombente, e quindi tenuta al pagamento delle spese processuali e di CTU. Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all' articolo 13 comma 1-quater D.P.R. numero 115/2002   per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto. P.Q.M. La Corte di Cassazione, respinge il ricorso di Ra.Ma. e la condanna al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate per ciascuno in € 200,00 per spese ed € 4.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto. ai sensi dell 'articolo 13 comma 1-quater D.P.R. numero 115/200 2.