La pronuncia in commento affronta la complessa interazione tra l’articolo 2467 c.c. relativamente alla postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci e l’articolo 56 della Legge Fallimentare riguardo la compensazione dei crediti in sede fallimentare . Obiettivo principale della seguente analisi è di fornire una comprensione chiara delle implicazioni giuridiche della sentenza, delle sue ragioni e dei principi di diritto che ne derivano.
Contesto e Fatti di Causa La sentenza è nata da un ricorso presentato contro il fallimento di una S.p.a. da due ricorrenti che agivano sia in qualità di eredi che a titolo personale queste avevano avanzato due domande di ammissione al passivo fallimentare, sostenendo di avere crediti verso la società fallita per compensi da amministratore, retribuzioni e finanziamenti soci . Le ricorrenti sostenevano che i loro crediti dovessero compensare i debiti verso la società fallita. Tuttavia, i l Curatore fallimentare riteneva che i crediti delle ricorrenti non potessero compensare il debito che esse avevano verso la società e rigettava le domande, eccetto per una piccola parte relativa ai finanziamenti postergati. Il Tribunale, in primo grado, aveva parzialmente accolto l'opposizione, ammettendo un piccolo importo al passivo in via postergata rimborso dei finanziamenti , ma negando la compensazione dei crediti da lavoro e finanziamento dei soci, ritenendola “impossibile”. Conseguentemente, le ricorrenti contestavano la decisione del Tribunale, appellandosi alla possibilità di compensazione e al fatto che il Tribunale aveva ammesso un importo inferiore rispetto a quanto dovuto a titolo di finanziamenti soci. Questioni giuridiche chiave La questione centrale posta all'attenzione della Suprema Corte era la prevalenza tra postergazione e compensazione se l' articolo 56 L.F. , che permette la compensazione dei crediti in sede fallimentare, prevalga sull' articolo 2467 c.c. , che impone la postergazione dei finanziamenti dei soci. Ulteriori punti discussi definizione di postergazione il significato di “postergazione” come subordinazione del diritto al rimborso dei finanziamenti dei soci al soddisfacimento degli altri creditori rango dei crediti il ruolo della “postergazione” come fattore che determina la priorità di soddisfacimento dei crediti in sede fallimentare limiti della domanda se il giudice possa ammettere crediti maggiori di quelli inizialmente richiesti. Argomentazioni delle ricorrenti Le ricorrenti sostenevano applicabilità dell' articolo 56 L.F. la compensazione dei crediti è un diritto previsto dall' articolo 56 L.F. , che è una norma speciale e pertanto prevale sull' articolo 2467 c.c. , norma generale non cogenza dell' articolo 2467 c.c . la norma non è cogente e non impedisce la compensazione, in quanto regola solo la ripartizione del ricavato in fase di liquidazione dell'attivo e la postergazione rappresenterebbe solo una “qualità deteriore” del credito diritto alla compensazione la compensazione è un meccanismo di equità e dovrebbe essere applicata anche in presenza di crediti postergati violazione del principio della domanda il Tribunale non avrebbe dovuto limitarsi all'importo originariamente richiesto dalle ricorrenti, ma avrebbe dovuto tenere conto dell'ammontare complessivo dei finanziamenti, in virtù della formula “ o nella misura che sarà determinata in corso di causa ” contenuta nelle domande. Decisione della Corte di Cassazione La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo i seguenti punti cruciali. Incompatibilità ontologica la Corte ha statuito che esiste una “incompatibilità ontologica” tra l' articolo 2467 c.c. e l' articolo 56 L.F. «il rapporto tra l'istituto della postergazione dei crediti da rimborso dei finanziamenti dei soci, regolato dall' articolo 2467 cod. civ. , e quello della compensazione in sede fallimentare di cui all' articolo 56 l.fall. si pone in termini di ontologica incompatibilità». Prevalenza dell'articolo 2467 c.c la postergazione, introdotta dall' articolo 2467 c.c. , ha lo scopo di tutelare i creditori sociali e non può essere neutralizzata dalla compensazione. Esclusione della compensazione i crediti postergati non possono essere compensati con debiti verso la società fallita, perché tale compensazione «vanificherebbe la tutela effettiva dei creditori sociali che l' articolo 2467 c.c. mira a salvaguardare». Motivazione sull'incompatibilità secondo la Corte, la compensazione di un credito postergato comporterebbe una riduzione dell'attivo disponibile per gli altri creditori. Tutela dei creditori sociali la postergazione mira a proteggere gli interessi dei creditori sociali, prevenendo che i finanziamenti dei soci spesso effettuati in situazioni di difficoltà finanziaria vadano a discapito degli altri creditori. Divieto legale implicito la Corte ha rilevato che l' articolo 2467 c.c. costituisce un “ divieto stabilito dalla legge ” ex articolo 1246, numero 5 c.c. alla compensazione dei crediti postergati. Rigetto delle richieste aggiuntive il motivo di ricorso relativo alla richiesta di ammettere un importo maggiore per i finanziamenti è stato rigettato a causa della mancata dimostrazione che l'originaria domanda di ammissione al passivo includeva la possibilità di ammettere un importo maggiore, e quindi non è possibile modificare il “ thema decidendum ” in fase di opposizione allo stato passivo. Principio di diritto enunciato Gli Ermellini hanno enunciato il seguente principio di diritto «il rapporto tra l'istituto della postergazione dei crediti da rimborso dei finanziamenti dei soci, regolato dall' articolo 2467 cod. civ. , e quello della compensazione in sede fallimentare di cui all' articolo 56 l. fall . si pone in termini di ontologica incompatibilità, nel senso che il creditore postergato non può compensare nella predetta sede i crediti di cui al menzionato articolo 2467 cod. civ. con gli eventuali debiti verso il fallito, dovendosi ritenere inderogabile la finalità di protezione dei creditori sociali anche rispetto alle ragioni poste a fondamento della possibilità per il creditore in bonis di compensare il proprio diritto con quello del debitore assoggettato alla procedura concorsuale» Conseguenze Pratiche Rigetto del ricorso il ricorso delle ricorrenti è stato respinto integralmente. Impossibilità della compensazione i soci che hanno finanziato la società in situazioni di difficoltà non possono compensare i loro crediti con i debiti verso la società fallita. Obbligo di pagare i debiti i soci dovranno adempiere integralmente ai loro debiti verso la società fallita. Soddisfacimento postergato i soci saranno soddisfatti per i loro crediti solo dopo che tutti gli altri creditori della società saranno stati pagati. Condanna alle spese le ricorrenti sono state condannate al pagamento delle spese processuali. Conclusioni La Sentenza numero 1865/2025 della Corte di Cassazione ha chiarito un punto controverso nel diritto fallimentare, stabilendo un principio fondamentale i crediti postergati dei soci, ai sensi dell' articolo 2467 c.c. , non possono essere compensati con i debiti verso la società fallita . Questa decisione sottolinea la prevalenza della tutela dei creditori sociali e della solidità della struttura societaria rispetto alle pretese dei soci che abbiano effettuato finanziamenti in situazioni di squilibrio finanziario . La sentenza pone un importante limite alla compensazione in sede fallimentare in presenza di crediti postergati e consolida il ruolo “forte” della postergazione a tutela degli interessi dei creditori.
Presidente Terrusi - Relatore Amatore Fatti di causa 1.Con domanda di ammissione al passivo del fallimento OMISSIS S.p.a., recante il numero 191 di cronologico, F.M.C.A., E.F. e B.M.L., in proprio e nella qualità di eredi di G.F., nel premettere che la società fallita vantava un credito nei loro confronti di euro 238.762,00, deducevano che detto credito si era estinto per compensazione ex articolo 1241 e ss. c.c. attesa la coesistenza dei seguenti controcrediti dagli stessi vantati a vario titolo verso la società i crediti vantati da F.M.C.A., a titolo di compensi derivanti dall'attività di amministratore unico non versati dalla società fallita, per complessivi euro 68.744,14 ii crediti vantati da E.F. a titolo di retribuzioni quantificati in euro 142.854,79 oltre TFR iii crediti per finanziamento soci. Gli istanti, pertanto, all'esito della compensazione, chiedevano l'ammissione al passivo fallimentare per E.F. per l'importo di euro 56.233,00, di cui euro 21.489,11 in via privilegiata ex articolo 2751 bis numero 1 cc . a titolo di TFR ed euro 34.743,89, in via chirografaria postergata a titolo di finanziamenti in solido tra il predetto E.F., F.M.C.A. e B.M.L 2.Con ulteriore domanda di ammissione al passivo, recante il numero 192 di cronologico, sostanzialmente identica alla precedente, gli istanti, deducendo le medesime premesse, chiedevano l'ammissione di F.M.C.A. al passivo fallimentare per l'importo di euro 34.743,89, in via postergata e in solido con E.F. e B.M.L. a titolo di rimborso di finanziamento soci. 3. Nel progetto di stato passivo il curatore fallimentare, operando le medesime osservazioni per entrambe le domande, indicava in euro 480.324,75 il credito della OMISSIS verso i tre istanti e non già in euro 238.762,00 come sostenuto dagli stessi e, ritenendo poi praticabile la compensazione ex articolo 56 L.F. con i crediti da lavoro di E.F. e F.M.C.A., precisava che - a seguito della suddetta compensazione - residuava un credito della società fallita nei confronti degli istanti di ben 276.545,17 euro proponeva, così, il rigetto della domanda per intervenuta compensazione e l'ammissione del solo credito di euro 23.757,90, rettificato poi in euro 113.372,90 a seguito delle osservazioni formulate dagli istanti, a titolo di finanziamenti postergati. 4. Il Giudice delegato non accoglieva le domande “sia per le ragioni addotte dal curatore e sia nei confronti della domanda per crediti postergati essendo anch'essi compensabili in quanto sorti in data anteriore al fallimento seppur esigibili in coda” e dichiarava esecutivo lo stato passivo con provvedimento del 18.6.2019. 5. Con ricorso ex articolo 98 L.F. del 15.7.2019 B.M.L., F.M.C.A. e E.F. proponevano opposizione avverso lo stato passivo, con riferimento alla domanda recante il numero 191 di cronologico, chiedendo al Tribunale adito di “…annullare e/o privare di giuridici effetti il provvedimento di rigetto adottato dal Giudice delegato nei confronti della suddetta domanda per l'importo richiesto nella stessa e, conseguentemente, modificare lo stato passivo integrativo del fallimento numero 114/2016 della OMISSIS SpA, ammettendo la domanda numero 191 per l'importo richiesto nella stessa e/o comunque, in via subordinata, nella misura che sarà determinata nel corso di causa dal Tribunale adito. Con vittoria di spese e compensi.”. 6. Con ulteriore ricorso ex articolo 98 L.F. , gli stessi proponevano, altresì, opposizione allo stato passivo anche con riferimento alla domanda recante il numero 192 di cronologico, chiedendo al Tribunale di “…annullare e/o privare di giuridici effetti il provvedimento di rigetto adottato dal Giudice delegato nei confronti della suddetta domanda per l'importo richiesto nella stessa e, conseguentemente, modificare lo stato passivo integrativo del fallimento numero 114/2016 della OMISSIS SpA, ammettendo la domanda numero 192 per l'importo richiesto nella stessa e/o comunque, in via subordinata, nella misura che sarà determinata nel corso di causa dal Tribunale adito. Con vittoria di spese e compensi”. 7. Gli opponenti, insistendo in tutte le pretese avanzate con le originarie domande di ammissione e contestando le risultanze contabili effettuate dal curatore, deducevano che l'ammontare dei crediti da loro vantati nei confronti della OMISSIS S.p.a. sia a titolo di compensi che a titolo di rimborso di finanziamento soci era in realtà maggiore rispetto ai debiti verso la società fallita e, dunque, una volta operata la compensazione tra le reciproche partite, ne residuava in loro favore un credito da insinuare al passivo. 8. Si costituiva il fallimento OMISSIS in entrambi i giudizi, chiedendo il rigetto delle domande formulate dai ricorrenti e, disposta la riunione dei due procedimenti oppositivi, il Tribunale, dopo aver disposto C.t.u. contabile, con decreto del 2.3.2023, pubblicato il 22.3.2023, in accoglimento parziale dell'opposizione, ammetteva gli opponenti al passivo fallimentare per l'importo di euro 34.743,89 al rango postergato e rigettava per il resto la domanda, compensando integralmente le spese di lite. 9. Più in particolare, il Tribunale ha rilevato che a quanto alla compensazione dei crediti da lavoro, il credito di F.M.C.A. dovesse essere determinato in euro 64.741,07 e che il credito di E.F. fosse quantificabile in euro 137,424,54 b essendo la somma di predetti importi inferiore al credito vantato dalla curatela, doveva anche rigettarsi la domanda di ammissione al passivo in relazione ai detti importi c in ordine, invece, alla compensazione dei crediti postergati, sussisteva l'impossibilità di opporre in compensazione gli importi, asseritamente spettanti, quale rimborso finanziamenti d quanto all'importo insinuato a titolo di finanziamento dei soci, doveva rilevarsi come la curatela avesse ammesso il versamento di importi per l'anno 2014 di euro 89.615,00 e per l'anno 2015 di euro 77.675,25, e dunque per complessivi euro 167.290,25, importo inferiore alla somma di euro 34.743,89 richiesta quale importo da ammettersi al passivo e poteva ammettersi il rimborso del credito da finanziamento nei limiti della domanda e al rango postergato. Il decreto, pubblicato il 22.3.2023, è stato impugnato da B.M.L. e F.M.C.A. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il FALLIMENTO OMISSIS S.p.A. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti depositavano memoria prima della adunanza del 17.4.2024. Con ordinanza interlocutoria del 17.04.2024, questa Sezione disponeva il rinvio della causa alla PU, con la seguente motivazione “Ritiene il Collegio che - in considerazione della novità delle questioni trattate nel primo motivo di ricorso, che interroga la Corte sui rapporti tra le disposizioni contenute nell' articolo 2467 c.c. e quelle contenute nell' articolo 56 l. fall ., e delle implicazioni sistematiche sottese alla soluzione degli interrogativi posti dalle ricorrenti – è opportuno il rinvio della causa in pubblica udienza, con la necessaria interlocuzione anche della Procura Generale”. Le sole ricorrenti hanno depositato ulteriore memoria. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo le ricorrenti lamentano, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione degli articolo 2467 c.c. e 56 L.F., in tema di compensazione dei crediti da finanziamento. 1.1 Sostengono che il provvedimento impugnato sarebbe errato nella parte in cui ha ritenuto “l'impossibilità di opporre in compensazione gli importi asseritamente spettanti quale rimborso finanziamenti”, e ciò anche in contrapposizione a quanto stabilito dal giudice delegato che, nel verbale dello stato passivo, aveva, invece, affermato che anche i crediti postergati erano compensabili in quanto sorti in data anteriore al fallimento, seppur esigibili in coda. 1.2 Si ricorda da parte delle ricorrenti che, invece, nella pronuncia impugnata il Tribunale aveva, da una parte, escluso categoricamente la possibilità di compensare gli importi relativi ai finanziamenti dei soci ammontanti secondo le ricorrenti ad euro 302.704,48 e secondo la curatela ad euro 167.290,25 e, dall'altra, aveva ammesso al passivo solo la minor somma di euro 34.743,89 “nei limiti della domanda”. Evidenziano ancora le ricorrenti che il Tribunale, senza nemmeno entrare nel merito della vicenda e senza nemmeno verificare l'esattezza delle somme richieste, aveva direttamente statuito per la non compensabilità dei finanziamenti postergati, richiamando semplicemente giurisprudenza a supporto delle proprie deduzioni. 1.3 Rammentano, inoltre, che la decisione impugnata aveva fondato il giudizio di non compensabilità, sulle seguenti argomentazioni i - la compensazione in sede concorsuale incontrava il suo limite nella portata precettiva del divieto sancito dall' articolo 2467 c.c. che, posto a tutela dei creditori sociali, operava una riqualificazione imperativa del prestito in “prestito postergato” ii la postergazione era una condizione legale integrativa del regolamento negoziale e, dunque, l' articolo 2467 c.c. aveva carattere imperativo “prevalendo” così sul disposto di cui all' articolo 56 L.F. iii ritenendo diversamente, infatti, e cioè l'estinzione per compensazione del credito postergato proprio nella sede in cui era conclamata l'incapacità dell'imprenditore di soddisfare le proprie obbligazioni, la diversa tesi avrebbe contrastato in modo insanabile con l' articolo 2467 c.c. , concretando la conseguenza che la norma era volta ad impedire, ossia la soddisfazione del socio creditore prima degli altri creditori, sottraendo peraltro risorse alla massa iv l'inapplicabilità dell' articolo 56 L.F. andava rinvenuta nella previsione di cui all' articolo 1246 numero 5 c.c. , il quale dispone che la compensazione è esclusa quando sussiste un divieto previsto dalla legge, divieto individuato proprio nell' articolo 2467 c.c. 1.4 Sostengono, invece, le ricorrenti che sia il ragionamento svolto dal Tribunale che le conclusioni a cui lo stesso era giunto sarebbero errati e dovrebbero essere riformati, in quanto gli stessi si fondavano su una errata interpretazione delle norme, ed in particolare del combinato disposto dell' articolo 56 L.F. e dell'articolo 2467 c.c. Secondo le ricorrenti, il Tribunale, nell'escludere l'applicabilità della compensazione del credito postergato per incompatibilità teleologica con la previsione di cui all' articolo 2467 c.c. , avrebbe utilizzato una argomentazione generica in quanto fondata su una mera affermazione di principio. Al contrario, il credito postergato non difetterebbe di alcun requisito che potesse escluderne la compensazione ai sensi dell' articolo 56 L.F. , tenuto conto che a l' articolo 56 L.F. al primo comma così espressamente dispone “I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento”, trattandosi di una disposizione evidentemente ispirata ad una esigenza di equità in quanto riconoscerebbe il diritto di chi viene a trovarsi nella posizione di creditore-debitore di compensare le contrapposte ragioni senza dover, da un lato, pagare il proprio debito per intero e, dall'altro, subire la soddisfazione del proprio credito in “moneta fallimentare” b il requisito essenziale affinché sia applicabile la compensazione fallimentare sarebbe integrato unicamente dal fatto che le rispettive obbligazioni siano sorte anteriormente rispetto alla procedura concorsuale c consolidata giurisprudenza, infatti, ritiene in tal senso che in caso di fallimento, la compensazione determina, ai sensi dell' articolo 56 L.F. , una deroga alla regola del concorso, essendo ammessa la compensazione pure quando i presupposti di liquidità ed esigibilità ex articolo 1243 c.c. maturino dopo la dichiarazione di fallimento, purché il fatto genetico delle rispettive obbligazioni sia sempre anteriore alla domanda d ai fini dell'esplicarsi degli effetti della compensazione, dunque, sarebbero del tutto irrilevanti i richiami ai principi della par condicio, della graduazione dei privilegi e della cristallizzazione delle masse attive e passive, essendo rilevante unicamente l'anteriorità del fatto genetico del credito che si vuole opporre in compensazione e occorrerebbe solo che il credito sia sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, in modo da poter essere considerato un credito pienamente esistente e dunque compensabile f non rilevava neanche la circostanza secondo cui la soddisfazione del credito sarebbe “condizionata”, in senso atecnico, alla preventiva soddisfazione di tutti gli altri creditori g l'effetto di postergazione, infatti, non costituirebbe un limite alla esigibilità del credito, ma rappresenterebbe semplicemente – come rilevato in dottrina – una “qualità deteriore” del credito, ossia una sorta di “privilegio negativo”, acquistando rilevanza solo in sede di liquidazione dell'attivo, tramite la modifica dell'ordine di distribuzione. 1.5 Si evidenzia sempre da parte delle ricorrenti che la circostanza - secondo cui tale credito debba essere soddisfatto solo dopo gli altri - non potrebbe di certo connotarsi quale peculiarità esclusiva del credito postergato, ma altro non sarebbe che uno dei tanti ordini di preferenze che descrivono la ripartizione dell'attivo, al pari, dei crediti prededucibili e privilegiati. Con la conseguenza che, quando il credito postergato coesiste con un debito ed entrambi sono sorti anteriormente alla dichiarazione di fallimento, opererebbe la compensazione prevista dall' articolo 56 L.F. , la quale sarebbe impermeabile alla sorte della soddisfazione dei crediti. 1.6 Inoltre secondo le ricorrenti, l' articolo 2467 c.c. , diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale, non potrebbe ritenersi norma cogente, e ciò sulla scorta del disposto del primo comma oggi sostituito dall'articolo 164, co. 2, del Codice della crisi d'impresa il quale, disponendo l'inefficacia dei rimborsi avvenuti nei limiti temporali indicati nella norma, farebbe automaticamente salvi i rimborsi avvenuti oltre il predetto termine. 1.7 Sostengono che la disposizione sopra richiamata avrebbe natura meramente processuale in quanto troverebbe applicazione esclusivamente in presenza di un concorso di creditori, dunque nel solo ambito delle procedure concorsuali la postergazione, pertanto, rileverebbe soltanto quando occorre operare la distribuzione delle somme che rinvengono dal patrimonio del debitore e, dunque, solo in sede di liquidazione e ripartizione. Aggiungono infine che l' articolo 56 L.F. rappresenterebbe una norma di diritto speciale fallimentare che, in virtù del principio secondo cui “lex specialis derogat lex generalis”, deve necessariamente prevalere su una norma generale civilistica, quale è l' articolo 2467 c.c. Conseguentemente, la compensazione voluta e prevista dal legislatore con apposita norma speciale avrebbe dovuto, per forza di cose, applicarsi automaticamente ex lege anche ai crediti postergati, non potendo questi ultimi costituire un'eccezione. 2. Le argomentazioni sostenute dalle ricorrenti non sono condivisibili. 2.1 Occorre in primo luogo chiarire che è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui risulta estensibile ad altri tipi di società di capitali il disposto di cui all' articolo 2467 c.c. che, nelle s.r.l., prevede la postergazione del rimborso del finanziamento del socio concesso in situazioni che renderebbero necessario un conferimento, perché la ratio della norma consiste nel contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale delle società chiuse . Tale disciplina deve trovare pertanto applicazione anche al finanziamento del socio di una s.p.a., qualora le condizioni della società siano a quest'ultimo note, per lo specifico assetto dell'ente o per la posizione da lui concretamente rivestita, quando essa sia sostanzialmente equivalente a quella del socio di una s.r.l. cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza numero 16291 del 20/06/2018 v. anche Cass. numero 14056/2015 . 2.2 Ciò posto, occorre in primo luogo richiamare il contenuto delle due norme, asseritamente in contrasto, e cioè il disposto di cui all' articolo 56 L.F. e quello dettato invece dall' articolo 2467 c.c. , per comprendere in apicibus quale sia e se vi sia un paradigma giuridico applicabile per superare l'antinomia tra i due istituti, e, cioè, detto altrimenti, se detto paradigma debba essere declinato nei termini della “incompatibilità” tra due regulae iuris tra loro in contrasto ossia nei termini di una necessaria “prevalenza” di una regola rispetto a un'altra. 2.3 Ritiene la Corte che la soluzione della questione giuridica proposta nella sopra ricordata ordinanza interlocutoria debba essere rintracciata sul terreno della già preannunciata ontologica “incompatibilità” tra regole giuridiche diverse, tra loro in rapporto di interferenza applicativa. L'articolo 56 L.F dispone, nel comma 1, che i creditori hanno diritto di compensare con i loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento. Il comma 2, poi, contempla una fattispecie particolare, escludendo la compensazione “se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore”. Nella giurisprudenza di questa Corte si è ritenuto che la disposizione contenuta nell' articolo 56 L.F. rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovano a essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l'effetto compensativo si produce e ferma restando l'esigenza dell'anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte v., tra le altre, anche Cass. 31029 del 2023 . Il principio va ribadito anche in questo contesto decisorio. Difatti mentre la compensazione nella disciplina sostanziale di matrice civilistica risponde essenzialmente ad esigenze di rapidità e certezza dei rapporti giuridici, in quella fallimentare è diretta invece a soddisfare istanze di tipo equitativo o di garanzia, costituendo in tal modo una deroga al principio del concorso sostanziale tra i creditori. La compensazione fallimentare, estinguendo reciprocamente le obbligazioni gravanti sulle parti del rapporto, consente al creditore in bonis di evitare il pregiudizio che gli deriverebbe dal fatto di dover adempiere regolarmente la prestazione nei confronti del fallito, a fronte della controprestazione di quest'ultimo in moneta fallimentare v. Cass. 14615 del 2016 . 2.4 Sull'altro versante normativo qui in scrutinio, occorre ricordare che l' articolo 2467, comma 1, c.c. nel testo, applicabile ratione temporis, risalente al d.lgs. numero 6 del 2003 , prevede che il diritto dei soci al rimborso di un finanziamento concesso alla società in una situazione di squilibrio finanziario, o in un contesto che avrebbe richiesto un aumento di capitale, è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e deve essere restituito alla massa qualora effettuato nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. 2.5 Nella materia dei finanziamenti dei soci, l' articolo 2467 c.c. , comma 1, parla espressamente di rimborso “postergato” rispetto agli “altri creditori”, espressione utilizzata per indicare il meccanismo della posposizione del diritto a quelli altrui, non già per alludere solo al momento dell'effettivo concorso procedimentalizzato delle pretese creditorie Cass. numero 12994 del 2019 . Ed invero, la postergazione disposta dall' articolo 2467 c.c. opera anche durante la vita della società e non solo nel momento in cui si apre un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando essa una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del “finanziamento”, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma stessa. 2.6 La società, pertanto, è tenuta a rifiutare al socio il rimborso del “finanziamento”, in presenza della situazione di difficoltà economico-finanziaria indicata dalla legge, ove sussistente sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, che è compito dell'organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società cfr., da ultimo, Cass. numero 15196 del 2024 . E in caso di azione giudiziale di restituzione proposta dal socio, il giudice del merito è chiamato a verificare se la situazione di crisi prevista dall' articolo 2467, comma 2, c.c. , sussista, oltre che al momento della concessione del “finanziamento”, altresì al momento della sua decisione. Lo stato di eccessivo squilibrio nell'indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall' articolo 2467 c.c. , comma 2, è dunque fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della società, rilevabile dal giudice d'ufficio, in quanto oggetto di un'eccezione in senso lato così, sempre Cass. numero 12994 del 2019 , cit. supra . 3. Ritiene il Collegio che l' articolo 2467 c.c. esprima una regola normativa “forte”. Non si tratta cioè di un principio di diritto da porre in correlazione e da “confrontare” in un ambito comparatistico, di carattere valoriale. Diversamente occorre scrutinare se vi sia una sostanziale incompatibilità tra le due regole normative dettate rispettivamente dall' articolo 2467 c.c. , in tema di postergazione, e dall' articolo 56 L.F. , in tema di compensazione fallimentare. Ritiene la Corte che tale incompatibilità esiste perché il credito postergato deve essere “trattato”, nella sede satisfattoria, solo dopo che tutti gli altri crediti concorsuali risultino soddisfatti tale credito non risulta pertanto “comparabile”, ai fini dell'applicazione della compensazione ex articolo 56 L.F. , con altro controcredito. Diversamente ragionando, dovrebbe ammettersi una sostanziale neutralizzazione del precetto normativo contenuto nell' articolo 2467 c.c. proprio nell'ambito temporale del manifestarsi degli effetti della crisi d'impresa, che costituisce, invece, il suo terreno di elezione e di applicazione prevalente. 3.1 Se è vero che la compensazione fallimentare, estinguendo reciprocamente le obbligazioni gravanti sulle parti del rapporto, consente al creditore in bonis di evitare - come già sopra evidenziato - il pregiudizio che gli deriverebbe dal fatto di dover adempiere regolarmente la prestazione nei confronti del fallito, a fronte della controprestazione di quest'ultimo in moneta fallimentare, è altrettanto vero che ammettere la compensazione del credito postergato significherebbe vanificare la tutela effettiva dei creditori sociali che l' articolo 2467 c.c. mira a salvaguardare. La compensazione di un credito postergato ex articolo 2467 c.c. nei confronti del debitore dichiarato fallito, o che abbia presentato domanda di concordato, con un controcredito vantato da quest'ultimo, comporterebbe infatti una evidente riduzione dell'attivo destinato alla soddisfazione degli altri creditori, che è proprio l'effetto che la disciplina della postergazione intende scongiurare. Invero la postergazione protegge interessi di tutela preventiva dei creditori sociali che trascendono l'interesse dei soci e che da quest'ultimi non sono disponibili. 3.2 A fronte di tanto, il socio parte da un punto di osservazione di assoluta prevalenza rispetto a quello degli altri creditori, disponendo egli di una potenziale conoscenza più approfondita delle dinamiche societarie, che agli altri creditori manca. Ne consegue che, in presenza dell'espresso dettato normativo di cui agli articolo 2467 e 2497-quinquies c.c. , non può ravvisarsi alcun affidamento “incolpevole”, circa l'operatività della compensazione, del socio creditore-debitore in bonis, che sia degno di tutela. Se la disciplina di cui all' articolo 56 L.F. dovesse applicarsi anche in ipotesi di controcrediti ex articolo 2467 c.c. nell'ambito delle procedure concorsuali, si dovrebbe affermare il venir meno dell'operatività di quest'ultima norma proprio nel suo terreno di elezione con il paradossale effetto di una mancanza di operatività nel momento topico, dinanzi a un “socio finanziatore” debitore della società la cui crisi sia stata accentuata da lui stesso, mediante quel finanziamento che risulti eseguito al posto del conferimento nonostante la situazione di squilibrio finanziario o patrimoniale poi sfociata nel fallimento. Occorre dunque concludere nel senso che è la stessa funzione satisfattoria della compensazione, così come l'effetto che essa realizza nel fallimento di antergazione del creditore della procedura , ossia, in buona sostanza, la sottrazione di risorse da destinare alla soddisfazione dei creditori concorsuali, a porsi in rapporto di insanabile ed ontologica incompatibilità - logica e giuridica - con la ratio della postergazione di cui all' articolo 2467 c.c. , norma inderogabile e di sistema, posta a presidio della solidità della struttura societaria, anche in ragione dell'affidamento che i creditori sociali ripongono nella possibilità di soddisfazione dei loro interessi creditori. Da qui la conclusione per cui la compensazione, in favore del creditore postergato, non è possibile, a pena di infrangere lo scopo oggettivo del disposto normativo contenuto nell' articolo 2467 c.c. Deve così condividersi il rilievo di matrice dottrinale per cui la postergazione impone un vincolo di destinazione sulle somme oggetto del finanziamento a vantaggio dei creditori non subordinati, così che l'inesigibilità del credito postergato diventa espressione di un divieto legale di effettuare il rimborso finché la società è a rischio di insolvenza. 3.3 In ciò si coglie la giustificazione dell'esistenza di un caso “implicito” come osservato anche dal P.G. di esclusione dell'operatività della compensazione, ai sensi del numero 5 dell' articolo 1246 c.c. ovvero della configurabilità nella specie di un “divieto stabilito dalla legge” all'operatività del meccanismo compensatorio. Ne consegue il rigetto del primo motivo. 4. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , dell'articolo 99 c.p.c. e dell'articolo 112 c.p.c., in relazione al principio della domanda e a quello di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 4.1 Le ricorrenti rilevano infatti che il provvedimento sarebbe errato nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto che “può quindi ammettersi il rimborso del credito da finanziamento nei limiti della domanda”. Si ricorda che in seno alle conclusioni dei ricorsi ex articolo 98 L.F. avevano specificatamente richiesto di modificare lo stato passivo, ammettendo le domande numero 191 e numero 192 per gli importi richiesti nelle stesse e/o comunque “nella misura che sarà determinata nel corso di causa dal Tribunale adito”. Evidenziano le ricorrenti che lo stesso Tribunale, dopo aver escluso la compensabilità dei finanziamenti postergati, aveva altresì affermato che in ordine a tali finanziamenti la curatela fallimentare aveva ammesso e riconosciuto il versamento di importi pari ad euro 89.615,00 per l'anno 2014 ed euro 77.675,25 per l'anno 2015, così per un totale di euro 167.290,25. Nonostante, dunque, fosse emerso nel corso del giudizio e fosse risultato incontestato dalla stessa curatela che i soci avevano certamente effettuato versamenti per un importo nettamente superiore a quello indicato, il Tribunale aveva ritenuto non solo di non compensare dette somme ma aveva ritenuto di dover ammettere solo l'importo originariamente chiesto senza tener conto del reale petitum formulato in seno all'atto introduttivo del giudizio ed ai successi atti di causa. 4.2 Il Tribunale sarebbe, pertanto, incorso in una violazione del principio della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato tenuto conto che esse ricorrenti avevano sì indicato un importo a titolo di rimborso finanziamento, ma avevano altresì accompagnato la richiesta con la formula “e/o nella misura che sarà determinata nel corso di causa”. Pertanto, la richiesta di liquidazione con formule di salvaguardia del tipo secondo quanto sarà ritenuto di giustizia o eventuale maggiore misura non avrebbe posto limitazioni al potere del giudice, il quale, all'esito della fase istruttoria, ben avrebbe potuto liquidare un importo maggiore rispetto a quello specificamente richiesto. 4.3 Il motivo è inammissibile, in ragione della sua genericità di formulazione e perché, comunque, espresso in difetto di autosufficienza. Va infatti osservato che le ricorrenti hanno mancato di trascrivere, quanto meno nei punti salienti, ovvero puntualmente descrivere già l'originaria domanda di ammissione al passivo, né vi hanno fatto espresso riferimento nel contesto del motivo. Si sono limitati alla mera indicazione delle conclusioni delle domande rese successivamente in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, mentre non è consentito, secondo la pacifica giurisprudenza espressa da questa Corte, la modifica del thema decidendum già introdotto nella fase di verifica dei crediti Sez. 1, Sentenza numero 6279 del 24/02/2022 v. anche Sez. 1, Ordinanza numero 32750 del 07/11/2022 . Onde consentire alla Corte lo scrutinio della denunciata violazione, sarebbe stata necessaria proprio la descrizione puntuale della originaria domanda di insinuazione al passivo. Sul punto è invero utile ricordare, anche superando l'erronea rubrica articolata dalle ricorrenti, che, in tema di ricorso per cassazione, l'esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Suprema Corte ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone l'ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell' iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti così, espressamente Cass., Sez. 6-1, Ordinanza numero 23834 del 25/09/2019 vedi anche Cass. numero 11738/2016 , e soprattutto Cass. Sez. U numero 8077-12 . 5. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso e l'affermazione, in relazione al primo motivo, del seguente principio di diritto “Il rapporto tra l'istituto della postergazione dei crediti da rimborso dei finanziamenti dei soci, regolato dall' articolo 2467 cod. civ. , e quello della compensazione in sede fallimentare di cui all' articolo 56 l. fall . si pone in termini di ontologica incompatibilità, nel senso che il creditore postergato non può compensare nella predetta sede i crediti di cui al menzionato articolo 2467 cod. civ. con gli eventuali debiti verso il fallito, dovendosi ritenere inderogabile la finalità di protezione dei creditori sociali anche rispetto alle ragioni poste a fondamento della possibilità per il creditore in bonis di compensare il proprio diritto con quello del debitore assoggettato alla procedura concorsuale”. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 Cass. Sez. Unumero 23535 del 2019 . P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.