Processo penale e separazione delle carriere: riflessioni in libertà

La separazione delle carriere è un argomento di grandissima attualità. Si tratta, è facile constatarlo immediatamente, di questione che ha fatto sorgere molte polemiche ed è senz’altro fonte di divisioni. Prima di tutto nel dibattito parlamentare, anche se, come del resto prevedibile, l’approvazione alla Camera dei Deputati dei giorni scorsi, è avvenuta con un certo margine.

Contrapposizione forte anche tra Politica o, se preferite, maggioranza e Magistratura tant'è vero che quest'ultima ha indetto per il 27 febbraio 2025 un' astensione dalle attività giudiziarie . Severo, senza dubbio alcuno, il giudizio di ANM sulla separazione definita una riforma che, stravolgendo l'attuale assetto costituzionale e l'equilibrio tra i poteri dello Stato, sottrae spazi di indipendenza alla giurisdizione riducendo le garanzie e i diritti di libertà per i cittadini. In linea con tale critica vi è stata, com’è noto, la protesta dei Magistrati durante le varie cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Tutti, non soltanto giudici, avvocati e altri operatori della giustizia, si rendono perfettamente conto che la questione è anche – e forse soprattutto – politica e, al dire il vero, non potrebbe essere diversamente. La Costituente e il fattore politico e morale Confrontarsi sugli assetti della Magistratura implica, inevitabilmente, considerazioni anche di natura politica. Nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente novembre 1947 tutti gli interventi, davvero straordinari per il valore non solo giuridico dei medesimi, sono concordi nel ritenere che delineare i tratti portanti della Magistratura che era riuscita a mantenere una significativa indipendenza dal fascismo sia un problema politico e morale insieme e ciò a prescindere dagli assetti giuridici. Sarebbero fin troppi gli spunti recuperabili da quei dibattiti – tutti finalizzati a garantire autonomia e indipendenza al Giudice - ed è quindi impossibile farlo in questa sede, anche se qualche utile lettura in chiave moderna può ancora farsi. In particolare, nella seduta dell'11 novembre 1947, l'iscritto a parlare di turno Macrelli , riflette sui lavori del Congresso Nazionale Forense di Firenze di quel medesimo anno, guidato da Piero Calamandrei. Un congresso importante, il primo del dopoguerra, nel quale vengono discussi, non solo argomenti strettamente legati alla professione forense, ma anche i necessari interventi sul Codice di Procedura Civile e, per quanto interessa ai fini del presente commento, sul Codice di Procedura Penale. Gli avvocati a Firenze riconoscono, con convinzione, l'altissima funzione della Magistratura e per motivi molteplici auspicano che il modello processuale sia caratterizzato ad una maggiore adesione della volontà popolare e alle più gravi decisioni giudiziarie penali. Vero è che il ragionamento riguardava le giurie popolari , maèaltresì vero che il concetto di procedimento penale, adeguato al volere dei cittadini in uno Stato democratico come è il nostro , offre la possibilità di riflettere con attenzione anche e proprio sul tema della separazione delle carriere oggi di estrema attualità. Sono trascorsi quasi 80 anni da quelle riflessioni e qualcuno pare essersi dimenticato che dal 1989 è entrato in vigore il nuovo Codice di Procedura Penale che è, a tutti gli effetti, di tipo accusatorio e sideralmente diverso da quello inquisitorio del 1930, vigente al momento del dibattito costituente. Modelli processuali principi e regole che riguardano le parti Il processo penale non si sottrae alla definizione che normalmente viene fornita per i procedimenti giudiziari si tratta di una sequenza di atti e di attività che muovendo dalla contestazione di un fatto ritenuto reato, si sviluppano per arrivare ad un risultato che è raccolto nella sentenza. Non esiste un solo tipo di processo penale e, limitando le sommarie considerazioni di cui al presente articolo a quanto di interesse, la prova più evidente di questa possibile diversità tra vari modelli processuali sta nel semplice confronto tra il Codice di Procedura Penale cosiddetto Vassalli e il Codice di Procedura Penale del 1930, senz'altro più autoritario, di Rocco. Difficile negare che il modello accusatorio, oggi vigente, non possa fare a meno della cosiddetta triade processuale giudice terzo, accusa e difesa. Non solo, occorre aggiungere che il modello in questione non può neppure prescindere da altri elementi che lo contraddistinguono in maniera molto netta e, primi tra tutti, la parità delle parti e il diritto alla prova. La Fondazione Luigi Einaudi nel maggio scorso ha ricordato un’intervista al quotidiano “La Repubblica” del ’91 rilasciata da Giovanni Falcone nella quale si ribadiva che il modello accusatorio parte dal presupposto che il Pubblico Ministero raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento durante il quale egli rappresenta una parte in causa e proprio nel dibattimento non deve sussistere alcun tipo di parentela con il Giudice. Sostanziali quindi, oltre che innegabili, le differenze con il processo inquisitorio che è contraddistinto da una sostanziale identità tra chi giudica e chi accusa e anche dal fatto che ben diversa è la gestione delle prove .  In un suo scritto di qualche anno fa, un illustre autore Spangher , ebbe a tratteggiare, in maniera straordinaria, la relazione tra modello processuale e il trascorrere del tempo il processo, ebbe a scrivere, appartiene alla storia, alla cultura e alla politica di un paese e si può ritenere che mentre il modello inquisitorio è espressione di un regime autoritario, quello accusatorio è espressione di uno stato democratico e attualmente deve essere rispondente a quanto indicato nell' articolo 111 della nostra Costituzione . Non è quindi errato sostenere che ben si possa intervenire sugli assetti organizzativi della Magistratura, se lo richiedono esigenze attinenti al processo penale, a condizione che non si limitino, in alcun modo, l'autonomia e l'indipendenza della medesima e quindi di ogni componente del potere giudiziario. Separazione delle carriere o separazione delle magistrature requirente e giudicante? Dagli atti parlamentari disegno di Legge costituzionale A.comma 1917, presentato dal Governo alla Camera dei Deputati il 13 Giugno 2024 appare subito evidente che le modifiche relative all'articolo IV della Costituzione sono estremamente significative . Prova ne sia che, come ormai tutti sanno, vengono previsti due distinti organi di autogoverno il Consiglio Superiore della magistratura giudicante e quello della magistratura inquirente. L'intervento non si limita a questa scissione, in quanto attiene anche alla composizione dei suddetti Consigli la cui presidenza, in entrambi i casi, è attribuita al Presidente della Repubblica. Nel Consiglio Superiore della magistratura giudicante è membro di diritto il Primo Presidente della Corte di Cassazione, mentre per l'altro Consiglio Superiore membro di diritto è il Procuratore Generale della Corte di Cassazione. Quanto sopra risulta evidente dalla lettura del nuovo articolo 104 della Costituzione nel quale peraltro sono contenute altre e discusse novità in tema di composizione. I componenti infatti sono estratti a sorte per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati con almeno 15 anni di esercizio che il Parlamento, in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione per due terzi, rispettivamente, tra magistrati giudicanti e requirenti nel numero e secondo le procedure previste dalla legge.   I componenti designati durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva . Inoltre, finché sono in carica, non possono essere iscritti in albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale. Anche a voler prescindere dalla lettura delle ulteriori norme modificate non v'è dubbio che quanto sopra indicato sia davvero rivoluzionario rispetto all'attuale assetto della nostra magistratura. Non è un caso che qualche autorevole giurista Gialuz si soffermi sapientemente sull'aspetto forse più importante, e cioè se, anziché parlare di separazione delle carriere, si debba – più precisamente – pensare alla separazione delle magistrature . L'autore peraltro coglie anche ulteriori criticità come, ad esempio, quella concernente la portata stessa della riforma che rischia di assicurare soltanto una maggiore distanza sul piano simbolico tra Giudice e Pubblico ministero senza tuttavia garantire la parità assoluta delle parti e l'effettiva terzietà del giudice. Questioni,  queste ultime,  che dovranno essere attentamente valutate anche se - proprio il primo comma del nuovo articolo 104 della Costituzione - rassicura coloro che sono molto critici sulla riforma voluta dal Guardasigilli laddove espressamente ribadisce che la magistratura, intesa nel suo complesso, costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere affermazione già contenuta nel testo attualmente vigente   e aggiunge che ciò riguarda sia i magistrati giudicanti che quelli requirenti. Ne consegue che separare le carriere non mette a rischio l'indipendenza e l'autonomia dei pubblici ministeri . Semmai si potrebbe riflettere sul sorteggio vero è che pare finalizzato a superare il fenomeno delle correnti , ma è altresì vero che, pur con tutte le criticità che si sono viste negli anni, queste ultime rimangono espressione, quantomeno ai fini organizzativi, di autonomia e indipendenza nel senso più proprio del termine. L'Alta Corte Disciplinare Tra le molteplici novità non può certo dimenticarsi l' Alta Corte Disciplinare prevista dal nuovo testo dell' articolo 105 della Costituzione . La disposizione precisa innanzitutto che le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei Magistrati, spettano a ciascun Consiglio Superiore della Magistratura. Ne consegue che le valutazioni di professionalità dei Magistrati disciplinate dagli articoli 10- bis , 11-bis , 11- ter d.lgs. numero 160/2006 e successive modifiche laddove la riforma dovesse entrare davvero in vigore saranno ben diverse poiché, ad esempio, le valutazioni del Magistrato giudicante saranno effettuate solo dal Consiglio che lo riguarda senza nessuna possibile interferenza da parte dei Magistrati inquirenti – e viceversa. Per quanto attiene invece alla Giurisdizione Disciplinare , tanto nei riguardi del Magistrato giudicante, quanto nei confronti del P.M., il citato articolo 105 ne prevede l'attribuzione all'Alta Corte Disciplinare. Una scelta di particolare rilievo, stando a quanto si legge nella relazione illustrativa, considerato che la materia disciplinare ha ormai piena connotazione giurisdizionale e, d'altra parte, che la Corte Costituzionale ha riconosciuto questo carattere alle funzioni esercitate dalle sezioni disciplinari del CSM. L'Alta Corte è composta da 15 Giudici 3 nominati dal Presidente della Repubblica e scelti tra professori ordinari e avvocati con almeno 20 anni di esercizio 3 estratti a sorte da un elenco di soggetti aventi gli stessi requisiti predisposto dal Parlamento 6 Magistrati giudicanti e 3 requirenti estratti a sorte tra appartenenti alle rispettive categorie con almeno 20 anni di esercizio delle funzioni giudiziarie.   I Giudici dell'Alta Corte restano in carica 4 anni e il Presidente è eletto tra quelli nominati dal Presidente della Repubblica o tra quelli estratti a sorte. Anche in questo caso è prevista l'incompatibilità con altre, diverse, funzioni.   Separare non è sinonimo di colpire Più o meno tutte le riforme in materia penale, o processual penalistica, suscitano spesso critiche, talvolta anche feroci. Non può quindi sorprendere che la separazione delle carriere inneschi un dibattito ancora più forte. Poc'anzi abbiamo ricordato la presa di posizione, estremamente dura, di ANM che merita non solo rispetto ma anche un'attenta valutazione. D'altra parte, è pur vero che la preoccupazione dei nostri Padri Costituenti, quando si confrontarono e trattarono della Magistratura, era quella di assicurare a questo potere dello Stato piena autonomia e indipendenza. Due principi straordinari rispetto ai quali la domanda da porsi è se la riforma in atto tende a colpirli o anche semplicemente a limitarli. La lettura delle nuove norme, anche in relazione ai principi del giusto processo contenuti nell' articolo 111 della Costituzione e del modello di processo penale oggi vigente, non sono tali, almeno per chi scrive, da suggerire preoccupazioni di questo tipo. Qualsiasi Magistrato, Giudice o P.M. che sia, rimarrà soggetto solo e soltanto alla legge e potrà svolgere la funzione in maniera autonoma e indipendente perché l'articolo 104 nel nuovo testo ribadisce espressamente ciò che è già scritto. Non possono negarsi le criticità rispetto ad alcune scelte quella del sorteggio è forse la più complessa da accettare ma è ipotizzabile che queste ultime siano funzionali a colpire il potere giudiziario? Parrebbe, a dire il vero, di no. In un volume di qualche tempo fa 1997 , in tema di separazione delle carriere, l'autore Nordio, l'attuale Guardasigilli evidenziava come il cittadino avverte nella interscambiabilità di ruoli una sostanziale iniquità e tale osservazione, sia essa apprezzata o meno l'interscambiabilità oggi è meno accentuata ,  finisce per mettere comunque in evidenza la percezione dei ruoli da parte del cittadino è difficile far comprendere, a chi subisce un procedimento penale, che chi giudica e chi accusa appartengono a quello stesso potere e che un accusatore possa influire sull'avanzamento di  carriera di quel Giudice. Può darsi, sicuramente alcuni lo penseranno, che la percezione valga in maniera non decisiva, ma è innegabile che abbia potenzialmente un effetto negativo nella valutazione popolare della Magistratura e nella percezione stessa della giurisdizione. Quand'anche la separazione fosse soltanto utile a ristabilire un diverso clima intorno a quest'ultima, sarebbe apprezzabile e diventerebbe difficile osteggiarla. Ha perfettamente ragione Piero Calamandrei quando, nel suo “Elogio dei Giudici”, ebbe a scrivere che un avvocato che si rispetti deve avere fede nel Giudice perché solo così può pensare di convincerlo a condividere la propria tesi difensiva. Nei confronti di un Giudice, rafforzato nella sua terzietà, sarà più facile anche per l'Avvocatura, che quotidianamente lo fa da sempre, affidarsi al suo giudizio.