CEDU: fuori i giudici dal talamo nuziale

Nel caso in esame la CEDU ha ribadito che la libertà sessuale, quale una delle espressioni della libertà di disporre del proprio corpo e del principio di autodeterminazione, nonché gli oneri internazionali che gravano su tutti gli Stati contraenti del COE e della Convenzione di Istanbul circa la lotta alla violenza domestica, sono in netto contrasto col concetto di dovere coniugale, inteso come obbligo avere rapporti col coniuge così come codificato dall’ordinamento francese e da altri simili .

È quanto deciso nel caso H.W. c. Francia del 23 gennaio, inserito nei factsheets Diritto alla vita privata e familiare . La ricorrente, dopo quasi 40 anni di matrimonio e 4 figli, nel 2012 presentava istanza di divorzio sostenendo che suo marito aveva dato priorità alla sua carriera professionale a scapito della loro vita familiare e che era stato irascibile, violento e offensivo, chiedendo dunque, tra le altre cose, l'addebito per colpa ed un indennizzo per le asserite e non meglio precisate colpe dell'uomo durante il loro matrimonio. Nel 2015 quando iniziò la causa di divorzio l'uomo in via riconvenzionale chiese l'addebito alla moglie del divorzio in quanto per tanti anni aveva rifiutato di avere rapporti intimi e di essere indennizzato per le calunnie diffuse in atti contro di lui. In prime cure i giudici si pronunciarono a favore della donna, rifiutando di addebitare colpe ai coniugi, tanto più che nulla era ascrivibile alla ricorrente la suddetta lunga astinenza era dovuta a motivi di salute , perciò non doveva essere colpevolizzata per il deterioramento permanente della vita coniugale che aveva portato al divorzio. Nei successivi gradi questa decisione fu annullata ed il naufragio delle nozze fu addebitato alla donna per il suo sciopero del sesso. Obbligo di sesso quale dovere coniugale è illecito ed arcaico La  libertà sessuale e di disposizione del proprio corpo rientrano sia nel principio dell'autodeterminazione individuale che nella tutela della privacy e della serenità familiare ex art.8 Cedu , palesemente violato nella fattispecie. La CEDU ricorda come anche la Convenzione di Istanbul imponga oneri precisi agli Stati che l'hanno sottoscritta per contrastare e prevenire le violenze domestiche e gli stupri a danno del coniuge o convivente. Inoltre chiarisce che la nozione di “basata sulla legge” va intesa come basata sia sull'ordinamento, ma anche sul diritto scritto e non scritto come la prassi e la dottrina costante su un dato tema. Nella fattispecie il codice civile era ben chiaro nel comprendere il sesso tra i doveri coniugali e la prassi nell'addebitare il divorzio a chi sottraeva a tale dovere, salvo che l'astinenza non fosse dovuta a comprovate ragioni di salute. La prassi poi era mutata e detto rifiuto comportava ipso iure l'addebito . Ergo erano chiare e prevedibili chi si astiene dal fare sesso col coniuge è passibile di addebito della rottura del matrimonio con possibili gravi conseguenze finanziarie addebito, conseguenze pecuniarie e il diniego può costituire la base per un'azione indennitaria . Gli Stati, però, quando le leggi o le tematiche trattate riguardano libertà e diritti fondamentali come in questo caso, hanno un margine discrezionale molto limitato seppure la norma contestata avesse una base legale solida e fosse prevedibile,  non era però necessaria in una società democratica . Infatti, dato che contrasta con i suddetti principi ed oneri internazionali, giustificando , sotto alcuni aspetti, un possibile stupro da parte del coniuge, dovendo, per lo meno, subire rapporti indesiderati onde evitare l'addebito del divorzio, va disapplicata e comporta un'ingerenza indebita ed eccessiva nella vita privata e familiare della ricorrente. In breve, accettando che è dovere coniugale, cui un coniuge non può sottrarsi , avere obbligatoriamente rapporti col coniuge, onde evitare dette conseguenze in caso di astinenza prolungata, si legittima un reato penalmente reprensibile come lo stupro e ciò è inaccettabile. Un coniuge deve essere libero di non fare sesso con l'altro senza la minaccia di gravi conseguenze legali e giuridiche. In limine, la CEDU ribadisce che il marito avrebbe potuto usare altri mezzi per ottenere un eventuale addebito del divorzio in capo alla moglie e chiedere un indennizzo per l'astinenza imposta in via principale anziché riconvenzionale. Nella fattispecie infine, non c'è stato alcun equo bilanciamento dei contrapposti interessi.

CEDU,  23 gennaio 2025 , H.W. comma Francia, ricomma 13805/21