Il mercato immobiliare è sempre in fermento. Le operazioni di sopraelevazione, spesso agevolate dalle leggi regionali, dalla normativa sulla rigenerazione urbana e sul risparmio del suolo, sono ormai all’ordine del giorno. Realizzare una sopraelevazione è un'operazione più complessa di quanto possa sembrare in quanto occorre affrontare una serie di problematiche tecniche e giuridiche. Un aspetto spesso sottovalutato, che rischia di generare liti interminabili, è quello relativo alla proprietà del nuovo lastrico.
Il caso in esame La controversia in esame è complicata dalla pluralità delle parti coinvolte e dal trascorrere del tempo. Tutto nasce nel 1954 e ha ad oggetto un suolo edificabile su cui verrà costruito un immobile. Con atto successivo, le parti si danno reciprocamente atto che la vendita riguarda solo l'area posta al pianterreno mentre l'area soprastante rimane di proprietà del venditore che si riservava il diritto di edificare sulla erigenda costruzione al pianterreno senza corrispondere all'acquirente alcuna indennità. Negli atti non viene indicata l'altezza del fabbricato da erigere né la durata del diritto di superficie. A distanza di qualche anno nel 1961 l'originario proprietario, titolare del diritto di superficie, vende allo stesso acquirente anche il primo piano del fabbricato nell'atto di vendita non si fa alcuna menzione del diritto superficiario. A questo punto, la proprietà dell'intero immobile è divisa tra due soggetti da una parte il proprietario del piano terra e del primo piano, dall'altra il titolare del diritto di superficie. Nel corso degli anni successivi vengono costruiti e venduti a terzi i piani secondo, terzo e quarto. La situazione esplode negli anni '90 quando gli eredi del costruttore intraprendono una serie di atti diretti a far accertare la nullità degli atti di vendita delle singole porzioni immobiliari in quanto, nella loro prospettazione, si tratterebbe di vendita a non domino. Il parere del giudice di merito Il Tribunale riunisce i giudizi con cui le parti si rimpallano le richieste risarcitorie e annulla gli atti di vendita. Il giudice d'appello conferma il verdetto rigettando anche le domande di usucapione avanzate dagli acquirenti. La Corte d'appello precisa che l'originario proprietario del suolo, nel procedere alla vendita dell'area del piano terra, si era riservato il diritto di superficie e, quindi, di sopraelevare sul lastrico del piano terra venduto negli anni ‘50. Ritiene irrilevante la dichiarazione con cui il figlio del proprietario originario nonché titolare del diritto di superficie aveva confermato che l'area di copertura dello stabile era stata sempre posseduta dal costruttore. Precisa, al riguardo, che il trasferimento del diritto di superficie può essere effettuato solo per atto scritto di cui non solo non vi era traccia, ma che nessuna delle parti in causa aveva in qualche modo richiamato. A questo punto la questione si trasferisce nelle aule di Piazza Cavour. La Cassazione pone fine alla vicenda La Cassazione sez. II , con l'ordinanza del 9 gennaio 2025 numero 1725, conferma sostanzialmente il verdetto di merito chiarendo alcuni punti essenziali della vicenda. Gli Ermellini partono da alcuni dati di fatto l'atto di vendita dell'area relativa al piano terra non contiene alcuna indicazione relativa all'altezza massima del fabbricato da realizzare la vendita, peraltro, contiene espressamente la riserva del diritto di superficie a favore del venditore che, nel tempo, ha conservato tale diritto il fabbricato, nel corso degli anni, è venuto ad esistenza. Sotto questo profilo, la Cassazione ricorda che, «nel caso di sopraelevazione , il nuovo lastrico rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione salvo diversa specifica pattuizione ». L'estinzione del diritto si sopraelevazione Nel caso in esame, la vendita dell'aria al primo piano non contiene alcuna indicazione sull'altezza dell'erigendo fabbricato in tale atto il venditore si riserva espressamente il diritto di sopraelevazione senza indicare alcun limite temporale. Con la realizzazione del piano terra, il lastrico solare non diventa un bene condominiale appartenente, anche se in percentuali millesimali diverse, al proprietario del piano terra e al titolare del diritto di superficie, bensì rimane di proprietà esclusiva di quest'ultimo. Diventano condominiali solo le parti comuni quali, per esempio, eventuali impianti e la scala di accesso al lastrico il titolare del diritto di superficie rimane titolare del diritto di procedere ad ulteriori sopraelevazioni senza dover corrispondere alcuna indennità al proprietario del piano terra. In parole povere, la proprietà dell'area è indipendente dalla proprietà della porzione di edificio sottostante . Inammissibili le domande di usucapione La Cassazione spiega perché le domande di usucapione sono state respinte. Tali domande sono state proposte nei confronti degli aventi causa del costruttore ovvero verso soggetti privi di legittimazione passiva sostanziale. La logica della decisione è ineccepibile s e il diritto di superficie esiste e appartiene all'originario proprietario dell'area, è evidente che l'eventuale azione di usucapione deve essere proposta contro di esso ovvero verso i vuoi aventi causa. La domanda proposta nei confronti del costruttore, dei suoi aventi causa ovvero di terzi, deve essere necessariamente respinta per mancanza di legittimazione passiva. Il diritto di superficie Il diritto di superficie rientra tra i diritti reali di godimento ed è disciplinato dall' articolo 952 c.c. che prevede «il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo». Nel primo caso avremo il diritto a costruire conferito dal proprietario ad un terzo, nel secondo un diritto di proprietà già esistente, che viene alienato come proprietà superficiaria. Il diritto di superficie prevedere, quindi, due ipotesi-tipo a la costruzione ex-novo su suolo b la sopraelevazione su edificio preesistente . Ove diritto di superficie sia costituito a tempo determinato , l a scadenza del termine provoca l'estinzione del diritto e la costruzione eventualmente realizzata è acquistata a titolo originario, salvo diversa volontà delle parti, dal proprietario del fondo secondo il principio dell'accessione articolo 934 c.c. . Ove il termine non venga indicato, il diritto di superficie si considera a tempo indeterminato . Il diritto superficiario si estingue, quindi, per scadenza del termine eventualmente indicato , per il verificarsi della condizione risolutiva e/o perimento della costruzione se tale condizione o tale causa è prevista nel contratto , prescrizione estintiva per non uso ventennale, rinunzia del superficiario effettuata con atto in forma scritta, per confusione, quando si riuniscono nello stesso soggetto la proprietà del suolo ed il diritto di superficie. Ovviamente il mancato verificarsi di una causa estintiva comporta il perdurare del diritto di superficie senza limiti temporali come avvenuto nel caso in esame.
Presidente Di Virgilio - Relatore Trapuzzano Fatti di causa 1.- Ma.Anumero conveniva, davanti al Tribunale di Messina, l'Ingrosso Bevande Peschiera di Peschiera E C. Sas, al fine di sentire dichiarare la nullità dell'atto di vendita del 7 dicembre 1992 in favore della convenuta, avvenuto a non domino a cura di Ma.Bi., quale procuratrice speciale dell'alienante Ma.Anumero , avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dell'ultimo piano dell'edificio sito in Messina, via Garibaldi, isolato numero 458, corrispondente al quarto piano o quinta elevazione fuori terra, costituito da un unico vano di mq. 313 circa, inserito in catasto al foglio numero 217, particella numero 95, subalterno numero 3. Instaurando separato giudizio, con atto di citazione del 26 giugno 1998, Vi.Gr., quale unica erede di Ma.Anumero , conveniva, davanti allo stesso Tribunale, l'Ingrosso Bevande Peschiera di Peschiera Francesco E C. Sas, chiedendo che il predetto atto di vendita del 7 dicembre 1992 fosse dichiarato nullo per simulazione assoluta, con l'accertamento del suo diritto di proprietà e con la condanna al risarcimento dei danni. Intervenivano volontariamente in tale giudizio Ro.Fr., Ma.Gi., Ma.Ma., Ma.Gr. e Ma.Gi., quali eredi di Ma.Anumero nonché suoi aventi causa in forza di atti pubblici di donazione del 1 settembre 1995 - con cui Ma.Anumero aveva donato ai propri figli Ma.Gi. Omissis , Ma.Ma. Omissis e Ma.Gr. Omissis , nonché Ca.Gi. la nuda proprietà, limitatamente alla quota della metà dell'intero fabbricato emarginato, inserito in catasto al foglio numero 217, particella numero 95, subalterni nnumero 1, 2 e 3, riservando l'usufrutto alla propria moglie Ro.Fr. -, i quali chiedevano che fosse accertata la nullità della vendita del 7 dicembre 1992, in quanto avvenuta a non domino, e che fosse riconosciuta la proprietà dell'immobile in questione, in comunione con Ma.Gi., cui erano succeduti nel frattempo i suoi aventi causa Sg.Anumero e Ma.Sa., rispettivamente moglie e figlia, con la condanna, in solido, della Vi.Gr. e della società Peschiera al risarcimento dei danni. Nel corso di tale giudizio decedeva Vi.Gr., sicché la causa era proseguita su impulso della sua erede universale Ma.Bi. In ulteriore separato giudizio, instaurato con atto di citazione notificato il 25 maggio 1999, Ro.Fr., Ma.Gi., Ma.Ma., Ma.Gr. e Ma.Gi., quali eredi di Ma.Anumero nonché suoi aventi causa, convenivano, davanti al medesimo Tribunale, Vi.Gr. nonché Za.Do., Za.Wa. e Za.Gi., al fine di sentire dichiarare la nullità dell'atto pubblico di vendita del 30 marzo 1999, avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dell'immobile sito in via Garibaldi numero 214, costituito da un unico vano di circa mq. 390, adibito a deposito, riportato in catasto al foglio numero 217, particella numero 95, subalterno numero 5, da Vi.Gr. a Za.Do., Za.Wa. e Za.Gi., per difetto del titolo dominicale in capo alla venditrice, con la condanna degli acquirenti all'immediato rilascio del bene e dei convenuti al risarcimento dei danni. Si costituivano in giudizio Za.Do., Za.Wa. e Za.Gi., i quali contestavano, in fatto e in diritto, la fondatezza delle avversarie domande, eccependo che il cespite oggetto della compravendita avvenuta a loro favore non corrispondeva a quello oggetto della compravendita in favore della società Peschiera. Concludevano, dunque, per il rigetto delle pretese di controparte e, in caso di evizione, chiedevano - in via riconvenzionale - che la Vi.Gr., quale loro dante causa, fosse condannata al risarcimento dei danni, rivendicando l'acquisto dell'immobile a titolo originario per intervenuta usucapione. Resisteva altresì alle domande avversarie Vi.Gr., la quale rappresentava che il terrazzo di copertura del palazzo non era mai stato trasferito in favore di Ma.Anumero , sicché questi non aveva mai potuto acquistare la proprietà del piano sopraelevato assumeva poi che la proprietà ricadeva in favore del suo dante causa Ma.Anumero ed eccepiva l'intervenuta usucapione a proprio favore, quantomeno del diritto di superficie, invocando la nullità/rescissione del contratto di compravendita del 30 marzo 1999 per lesione ultra dimidium. I tre giudizi erano riuniti e in corso di causa era assunta la prova orale ammessa interrogatorio formale e prova testimoniale ed era espletata consulenza tecnica d'ufficio. Quindi, il Tribunale adito, con sentenza numero 2593/2013 , depositata il 27 dicembre 2013 1 rigettava le domande proposte da Vi.Gr., cui era succeduta Ma.Bi. 2 dichiarava nullo il contratto di vendita concluso il 7 dicembre 1992 3 dichiarava nullo il contratto di vendita concluso il 30 marzo 1999 4 dichiarava che il bene oggetto delle compravendite, inserito in catasto al foglio numero 217, particella numero 95, subalterno numero 3, ricadeva nella comproprietà, ciascuno per la quota indivisa di 1/8, di Ma.Gr., Ma.Gi., Ma.Ma. e Ma.Gi., tutti complessivamente per la quota indivisa di un mezzo, su cui vi era l'usufrutto di Ro.Fr. 5 condannava l'Ingrosso Bevande Peschiera di Peschiera Francesco E C. Sas, Za.Gi., Za.Do. e Za.Wa. all'immediato rilascio, in favore di Ro.Fr., Ma.Gr., Ma.Gi., Ma.Ma. e Ma.Gi., dell'immobile emarginato, libero e sgombro da persone e cose 6 rigettava le domande di condanna al risarcimento dei danni avanzate dagli eredi di Ma.Anumero 7 dichiarava che Ma.Sa., quale erede di Ma.Gi., era comproprietaria, per la quota indivisa di un mezzo, del cespite indicato 8 dichiarava la cessazione della materia del contendere nel rapporto tra Ma.Bi., da un lato, Za.Gi., Za.Do. e Za.Wa., dall'altro 9 rigettava le domande proposte da Za.Gi., Za.Do. e Za.Wa 2.- Con atto di citazione notificato il 4 luglio 2014, Ma.Bi. spiegava gravame avverso la predetta sentenza del Tribunale, contestando il rigetto delle domande di usucapione e l'accertamento della proprietà del bene in favore degli eredi di Ma.Anumero e Ma.Gi. Con separato atto di citazione notificato il 14 luglio 2014, Za.Gi. e Za.Wa., in proprio e quali eredi di Za.Do., proponevano appello avverso la medesima pronuncia di primo grado, lamentando 1 l'erroneo rigetto delle domande riconvenzionali di usucapione in favore degli acquirenti Za.Do. e, ancora prima, in favore di Vi.Gr. 2 la validità dell'atto di vendita in loro favore del 30 marzo 1999 3 l'erroneo riconoscimento della proprietà e dell'usufrutto sul cespite in favore di Ma.Gr., Ma.Gi., Ma.Ma. e Ma.Gi. nonché di Ro.Fr Si costituivano nei giudizi di impugnazione Ro.Fr., Ma.Gr., Ma.Gi., Ma.Ma. e Ma.Gi., i quali instavano per il rigetto dell'appello, con la conferma della decisione impugnata. Previa riunione dei giudizi, decidendo sui gravami interposti, la Corte d'Appello di Messina, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento per quanto di ragione delle impugnazioni spiegate e in parziale riforma della pronuncia appellata, dichiarava che gli aventi causa di Ma.Anumero e Ma.Gi. non erano titolari di diritti reali sull'immobile emarginato e, per l'effetto, compensava interamente tra le parti le spese del giudizio di primo grado e d'appello, confermando nel resto la sentenza impugnata. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede a che le due vendite del 7 dicembre 1992 e del 30 marzo 1999, come accertato dal Tribunale, avevano ad oggetto il medesimo bene, nonostante diversamente identificato nei relativi atti pubblici b che la marchesa di Cassibile Pu., vendendo - con atto del 1 luglio 1961, in favore dei germani Ma.Anumero e Ma.Gi. - il terzo piano realizzato in forza del suo diritto di superficie di cui all'atto di ratifica del 22 ottobre 1955, succeduto all'atto di vendita del 14 luglio 1954, era rimasta ancora titolare del diritto di sopraelevare sul lastrico del piano venduto, non essendovi menzione nell'atto di trasferimento anche di tale diritto, distinto dalla proprietà superficiaria, né risultando dall'atto di ratifica del 1955 che il diritto di edificare rimasto in capo alla Pu. avesse limitazione di altezza c che tuttavia non vi era alcun atto in forza del quale il diritto di sopralzo mantenuto dalla Pu. si fosse trasferito in favore di Ma.Anumero , così da rendere quest'ultimo proprietario legittimo della quinta elevazione fuori terra dell'edificio ex Metropol d che allo scopo non poteva ritenersi utile la dichiarazione del figlio della marchesa Pu. resa il 21 settembre 1992, con la quale si sosteneva che Ma.Anumero avesse posseduto, quale unico ed esclusivo proprietario, l'area di copertura dello stabile, poiché il trasferimento del diritto di superficie non poteva che derivare da un atto scritto, a pena di nullità, atto che non era stato né indicato né a fortiori prodotto e che, quanto alla censura relativa al mancato accoglimento della dedotta usucapione del diritto di superficie, il relativo rigetto doveva essere confermato, sebbene per ragioni diverse da quelle rappresentate dal Tribunale, e ciò perché detta domanda era stata erroneamente proposta nei confronti degli aventi causa di Ma.Anumero e Ma.Gi. mentre il contraddittore legittimo sarebbe stato il titolare del diritto di superficie, ossia l'erede della marchesa Pu. f che, per le ragioni innanzi esposte, neanche Ma.Sa., da una parte, e gli aventi causa di Ma.Anumero , dall'altra, potevano ritenersi proprietari o titolari di altro diritto reale sull'immobile in questione, poiché il diritto di sopraelevare, in forza del quale era stato realizzato detto immobile, era rimasto in capo alla Pu 3.- Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, Ma.Gi., Ma.Ma. e Ma.Gr., in proprio e in qualità di eredi di Ro.Fr., nonché Ca.Gi., Ca.Gi. e Ca.Ma., in qualità di eredi di Ma.Gi. Hanno resistito, con controricorso, Za.Gi. e Za.Wa., che - a loro volta - hanno proposto ricorso incidentale, articolato in cinque motivi. Ha notificato e depositato controricorso anche Ma.Sa., che ha riprodotto il contenuto del ricorso principale, chiedendo l'accoglimento del relativo motivo. Sono rimasti intimati Ma.Bi., Peschiera e la F.lli Srl 4.- I ricorrenti e i controricorrenti nonché ricorrenti incidentali hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 1.- Con l'unico motivo i ricorrenti principali denunciano motivo ripreso dalla controricorrente Ma.Sa. , ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell' articolo 954, quarto comma, c.c. , per avere la Corte di merito ritenuto che, all'esito dell'atto di vendita del 1 luglio 1961, il diritto di sopraelevare fosse rimasto in capo all'originaria venditrice, nonostante il patto contrario rappresentato dalla ratifica del 22 ottobre 1955, con la quale la Pu. si sarebbe riservata l'area soprastante al piano terreno, senza corrispondere agli acquirenti alcuna indennità. Obiettano gli istanti che il rilievo della sentenza impugnata - secondo cui il diritto di sopraelevare della Pu. si sarebbe trasferito dall'area soprastante al pianterreno a quella dell'ultima elevazione nel frattempo alienata con l'atto del 1 luglio 1961, in difetto di alcuna menzione dell'esclusione di tale riserva in tale ultimo atto pubblico di vendita - non avrebbe tenuto conto del mancato esercizio di tale diritto di superficie, in capo alla Pu., per un periodo ultraventennale, con la conseguente sua estinzione, sicché, in base al principio di accessione, gli aventi causa dei germani Ma.Anumero e Ma.Gi. avrebbero visto estendersi il proprio diritto anche al piano costruito successivamente al loro atto di acquisto, indipendentemente dal tempo in cui tale costruzione fosse stata completata. 1.1.- Il motivo è inammissibile. E tanto perché il ricorso di legittimità risulta imperniato su una causa petendi completamente diversa da quelle fatte valere nei gradi di merito del giudizio, gradi nei quali mai è stata prospettata dagli aventi causa di Ma.Anumero l'avvenuta estinzione del diritto di superficie per non uso ultraventennale, a fondamento del loro asserito acquisto per accessione. Per contro, nel giudizio di merito Ro.Fr. nonché Ma.Gi., Ma.Ma., Ma.Gr. e Ma.Gi. hanno sostenuto che la proprietà sull'ulteriore piano sopraelevato realizzato dal loro dante causa Ma.Anumero , corrispondente al quarto piano, pari alla quinta sopraelevazione fuori terra, inserito in catasto al foglio numero 217, particella numero 95, subalterno numero 3, fosse loro ascrivibile in ragione del passaggio di proprietà anche sul lastrico solare per effetto dell'atto di vendita del piano sottostante del 1 luglio 1961. Ora, il principio secondo cui nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l'oggetto e non con il titolo che ne costituisce la fonte, va reso compatibile con la struttura del giudizio di cassazione, il quale non consente nuove o diverse indagini di fatto, neppure sulla base di elementi già presenti in atti Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 30274 del 25/11/2024 Sez. 2, Ordinanza numero 32470 del 22/11/2023 Sez. 2, Sentenza numero 24483 del 17/10/2017 Sez. 6-2, Ordinanza numero 11211 del 10/05/2013 . Senonché l'accertamento del diritto di proprietà sul lastrico a favore dell'acquirente della proprietà del piano sottostante, per avvenuta estinzione del diritto di superficie in capo alla venditrice originaria, esige una verifica in fatto, che non può essere compiuta in questa sede. 1.2.- D'altronde, correttamente si è ritenuto che la venditrice originaria avesse continuato a mantenere il diritto di sopraelevare, atteso che, ai fini del trasferimento di tale diritto agli acquirenti, occorreva che nel predetto atto di vendita del 1 luglio 1961 ne fosse fatta menzione. Orbene, con scrittura privata autenticata del 14 luglio 1954, registrata il 3 agosto 1954, la marchesa Pu. Loffredo, a ministero del suo procuratore speciale Ma.Anumero , nominato con atto pubblico del 21 novembre 1952, aveva venduto e contestualmente ceduto ai germani Ma.Anumero il suolo edificabile della misura di mq. 670 circa, affinché obbligatoriamente fosse realizzata su tale suolo una costruzione. Con successivo atto di ratifica del 22 ottobre 1955 gli stessi contraenti avevano specificato che l'accordo del 14 luglio 1954 aveva ad oggetto soltanto l'area posta al pianterreno mentre l'area soprastante sarebbe rimasta di proprietà della venditrice, la quale avrebbe mantenuto il diritto di edificare sulla costruzione al pianterreno senza corrispondere ai germani Ma. alcuna indennità. Successivamente, con l'indicato atto pubblico di vendita del 1 luglio 1961, la marchesa Pu., sempre tramite il proprio procuratore speciale Ma.Anumero , aveva trasferito ai germani Ma.Anumero e Ma.Gi. il primo piano del fabbricato soprastante al piano terreno nel frattempo edificato, senza che vi fosse stato alcun riferimento all'ulteriore diritto di sopraelevare, sicché tale diritto di sopraelevazione è rimasto in capo alla venditrice, come argomentato dalla sentenza impugnata. Ed invero, nel caso di sopraelevazione, il nuovo lastrico rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione. Il diritto di superficie, infatti, salvo che il titolo non ponga limiti di altezza al diritto di sopraelevazione, non si esaurisce con l'erezione della costruzione sul lastrico, né il nuovo lastrico si trasforma in bene condominiale, poiché il titolare della superficie, allorché eleva una nuova costruzione, anche se entra automaticamente nel condominio per le parti comuni ad esso, ha un solo obbligo nei confronti dello stesso, cioè quello di dare un tetto all'edificio, restando, tuttavia, sempre titolare del diritto di sopralzo, che è indipendente dalla proprietà della costruzione Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 7563 del 18/03/2019 Sez. 2, Sentenza numero 18822 del 31/10/2012 Sez. 2, Sentenza numero 1916 del 23/02/1987 . 2.- Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo i controricorrenti lamentano, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. , la violazione degli articolo 1362,1363 e 1364 c.c. nonché dell' articolo 952, secondo comma, c.c. , per avere la Corte territoriale male interpretato i contratti richiamati, ossia la scrittura privata del 14 luglio 1954, registrata il 3 agosto 1954, l'atto di ratifica del 22 ottobre 1955 e l'atto di vendita del 1 luglio 1961. Osservano gli istanti che erroneamente la Corte d'Appello avrebbe ritenuto che anche per la vendita del 1961, come era avvenuto per l'atto di ratifica del 1955, la venditrice si fosse riservata il diritto di superficie e di edificazione sull'area soprastante al fabbricato realizzato, mentre con tale atto di vendita si sarebbe trasferita la proprietà separata, acquistata a titolo derivativo, atteso che al momento della stipula del rogito la costruzione era già stata realizzata. 2.1.- Il motivo è infondato. Premesso che non vi è una specifica deduzione in ordine ai puntuali criteri ermeneutici in tesi violati, in ogni caso, per quanto anzidetto, nel caso di sopraelevazione, il nuovo lastrico rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione, salvo diversa specifica pattuizione, non contenuta nel citato atto di vendita del 1 luglio 1961. 3.- Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali contestano, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. , la violazione dell' articolo 1158 c.c. e degli articolo 934 e ss. c.c. in tema di accessione nonché dell' articolo 1146 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte distrettuale negato la maturazione del diritto di usucapione verso Ma.Anumero e Ma.Gi. e i loro aventi causa, in ragione del contegno assunto da Ma.Anumero , il quale aveva presentato in data 14 agosto 1968 un'istanza per la realizzazione della sopraelevazione al Comune di Messina, cui era seguita la relativa autorizzazione per l'esecuzione dei lavori, aveva dato incarico per la progettazione, era stato dichiarato effettivo proprietario dell'area superficiaria soprastante, come da scrittura privata rilasciata dall'erede della marchesa Pu., aveva concesso in locazione in data 13 gennaio 1986 il predetto immobile in favore dell'Enaip, aveva chiesto, con istanza del 28 settembre 1992, al Comune di Messina - Ufficio urbanistica l'attestazione di ultimazione del fabbricato, aveva regolato, unitamente ai germani Giacomo e Angelo, i rapporti relativi ai beni in comune, il tutto come corroborato dalle prove testimoniali raccolte con la teste Donato Maria Luisa e con il teste Tripodo, atti e prove non esaminati dalla Corte di merito. 4.- Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali deducono, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. , la violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. , in tema di disponibilità e valutazione delle prove, per avere la Corte del gravame omesso di ponderare il fatto storico rappresentato dal possesso ultraventennale in favore di Ma.Anumero , Vi.Gr., Ma.Bi. ed i germani Za.Do., secondo le prove documentali offerte, le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio svolta nel corso del giudizio di primo grado e la prova testimoniale assunta. 4.1.- I due motivi - che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto connessi sul piano logico e giuridico - sono inammissibili. Le censure non colgono, infatti, la ratio della decisione, che ha disatteso le domande di usucapione, non già perché sfornite di prova, bensì perché proposte verso soggetti privi di legittimazione passiva sostanziale, ossia verso Ma.Anumero e Ma.Gi. e verso i loro aventi causa, che non avevano alcun diritto dominicale sul lastrico e sulla relativa sopraelevazione realizzata, corrispondente al piano inserito in catasto al foglio numero 217, particella numero 95, subalterno numero 3. Sul punto, la sentenza impugnata ha rilevato che tali domande riconvenzionali di usucapione, come spiegate sia dagli eredi di Ma.Anumero , Vi.Gr. e Ma.Bi., sia dagli acquirenti, Za.Gi., Za.Wa. e Za.Do., avrebbero dovuto essere azionate nei confronti della proprietaria del cespite interessato, ossia della marchesa Pu. e - per la stessa - dei suoi eredi, nient'affatto evocati in causa. Sicché le domande sono state reiette in appello per difetto di titolarità del diritto dominicale in capo ai soggetti verso cui sono state proposte, senza entrare nel merito delle prove articolate per dimostrare il possesso continuato, pacifico e indisturbato. 5.- Con il quarto motivo i ricorrenti incidentali si dolgono, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c. , della violazione dell' articolo 354 c.p.c. , per avere la Corte d'Appello, una volta ritenuto che le domande di accertamento della proprietà proposte in via riconvenzionale avrebbero dovuto essere proposte nei confronti dell'erede della venditrice Pu. Loffredo, mancato di procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti di tale soggetto, retrocedendo il giudizio al primo grado. 5.1.- Il motivo è infondato. Infatti, ove la legittimazione passiva sostanziale, con riferimento al momento della decisione, manchi, non sorge la necessità della chiamata in causa del soggetto che risulti effettivo proprietario del cespite ed il giudice dovrà respingere, nel merito, la domanda così come proposta. L'integrazione del contraddittorio va disposta in presenza di una causa inscindibile, la quale ricorre ogni qual volta venga dedotto in giudizio un rapporto giuridico con pluralità di soggetti e si renda necessaria, per motivi di diritto sostanziale o anche processuale, l'unità della decisione, sicché, in difetto di tale unità, la sentenza sarebbe inutiliter data. Con la conseguenza che, evocati in causa solo alcuni dei legittimati, deve essere disposta l'integrazione del contraddittorio verso gli altri legittimati non citati. Pertanto, non è configurabile litisconsorzio necessario fra un non legittimato costituito in giudizio ed il legittimato non comparso perché non citato, in quanto, in tal caso, la domanda irritualmente proposta contro il non legittimato deve essere respinta ed all'attore incombe l'onere di riproporla nei confronti dell'effettivo titolare del rapporto Cass. Sez. 1, Sentenza numero 57 del 07/01/1967 Sez. 2, Sentenza numero 2167 del 04/08/1966 Sez. 3, Sentenza numero 188 del 06/02/1963 . Il rimedio processuale dell'integrazione del contraddittorio non può, infatti, essere utilizzato per sanare l'errore dell'agente che abbia evocato in causa, rispetto alla domanda spiegata, un soggetto privo della titolarità passiva del rapporto sostanziale consentendo così di instaurare la lite verso l'effettivo soggetto legittimato . 6.- Il quinto motivo investe, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. , la violazione dell' articolo 91 c.p.c. , per avere la Corte d'Appello compensato le spese di entrambi i gradi di merito del giudizio, mentre, alla stregua della soccombenza degli aventi causa di Ma.Anumero e Ma.Gi., le spese di lite avrebbero dovuto essere poste a carico di quest'ultimi. 6.1.- Il motivo è inammissibile. Si premette che la compensazione è stata disposta in ragione della soccombenza reciproca tra le parti in specie, gli odierni ricorrenti incidentali sono rimasti soccombenti in ordine alle spiegate riconvenzionali di accertamento dell'acquisto della proprietà a titolo originario per usucapione . Tanto premesso, attraverso tale doglianza si censura la regolamentazione delle spese di lite non già in sé, bensì quale mero effetto riflesso dell'auspicato accoglimento dei precedenti motivi e della conseguente ritenuta fondatezza delle domande proposte . In questi termini la censura articolata non costituisce un autonomo motivo, posto che, per effetto della riforma, sia pure parziale, dei capi principali della pronuncia impugnata, automaticamente si produce la caducazione del capo accessorio sulla regolamentazione delle spese, in ragione dell'effetto espansivo interno di cui all' articolo 336, primo comma, c.p.c. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 32953 del 17/12/2024 Sez. 2, Sentenza numero 27152 del 22/09/2023 Sez. 2, Ordinanza numero 10941 del 26/04/2023 Sez. 2, Ordinanza numero 7618 del 16/03/2023 Sez. 1, Sentenza numero 3204 del 08/10/1969 Sez. 2, Sentenza numero 312 del 26/01/1966 . 7.- In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso principale compresa la riproposizione a cura della controricorrente Ma.Sa. deve essere respinto e così il ricorso incidentale spiegato dai controricorrenti. Le spese e compensi di lite devono essere integralmente compensati tra le parti, in ragione della loro soccombenza reciproca ex articolo 92, secondo comma, c.p.c. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell' articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 -, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e compensa interamente tra le parti le spese di lite. Ai sensi dell 'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 200 2, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.