Avvocati: no all’elezione per più di due mandati consecutivi anche in presenza di dimissioni anticipate

Secondo la Suprema Corte, la condizione di ineleggibilità prevista dall’articolo 3, comma 3, della legge numero 113/2017, per cui i consiglieri dell’Ordine non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, trova applicazione anche in ipotesi di dimissioni volontarie intervenute dopo soli due mesi la elezione, non potendosi invocare l’applicazione dell’articolo 3, comma 4, della legge numero 113/2017.

La fattispecie Due legali avevano ricoperto la carica di consiglieri dell’Ordine per due mandati consecutivi, l’ultimo dei quali, solo parzialmente, avendo rassegnato le proprie dimissioni dopo appena due mesi dalla rispettiva elezione . Successivamente, entrambi i legali presentavano nuovamente la propria candidatura come componenti del Consiglio dell’Ordine e la Commissione, pur riscontrando la loro posizione utile in graduatoria, ne dichiarava la ineleggibilità , in quanto le rassegnate dimissioni volontarie non erano tali da escludere l’applicazione del disposto contenuto nell’articolo 3, comma 3, della legge numero 113/2017. I fatti di causa I due legali proponevano ricorso avverso la suddetta decisione dinanzi al CNF Il C.N.F., in accoglimento del ricorso promosso dai due legali, annullava l’atto di proclamazione degli eletti della Commissione Elettorale nella parte in cui dichiarava ineleggibili i due avvocati e disponeva la modifica della graduatoria degli eletti . Da qui il ricorso in Cassazione del legale escluso in graduatoria affidato a quattro motivi. Nello specifico questo lamentava violazione e/o falsa applicazione degli articolo 21- septies della l. 241/1990 nonché degli articolo 3, 8, 9 e 15 della l. numero 113/2017, nonché dell’articolo 12 delle preleggi, in relazione all’articolo 360, numero 3, c.p.c. per aver il Collegio ritenuto che la Commissione Elettorale, una volta assunti i candidati, non potesse più decidere sulla incandidabilità o ineleggibilità dei medesimi violazione e/o falsa applicazione degli articolo 3 e 4 della l. numero 113/2017 nonché dell’articolo 12 delle preleggi, in relazione all’articolo 360, numero 3, c.p.c. per aver il Collegio ritenuto non computabile il breve mandato svolto dai legali ai fini della ricandidatura e dell’applicazione del divieto previsto dall’articolo 3 della l. numero 113/2017 violazione e/o falsa applicazione degli articolo 3, comma 3, ultimo periodo della l. numero 113/2017 nonché dell’articolo 12 delle preleggi, in relazione all’articolo 360, numero 3 per aver la sentenza impugnata violato le norme in epigrafe violazione e/o falsa applicazione degli articolo 36 l. numero 247/2012 e 59 e ss. R.D. numero 37/34, dell’articolo 343 c.p.c. nonché dell’articolo 12 delle preleggi, in relazione all’articolo 360, numero 3, per aver il CNF ritenuto inammissibile il ricorso incidentale proposto volto a far accertare e dichiarare i legali incandidabili e ineleggibili ai sensi dell’articolo 3, co. 3, della l. numero 113/2017.   La decisione della Suprema Corte La Suprema Corte, nell’accogliere il secondo ed il terzo motivo di ricorso, ha ritenuto che le dimissioni volontarie rassegnate dal consigliere subito dopo la propria elezione nel caso di specie, dopo soli due mesi non consentono di invocare l’applicazione del disposto contenuto nell’articolo 3, comma 4, della l. numero 113/2017. La Corte, richiamando due propri precedenti Cass. numero 8566/2021 e Cass. numero 9755/2024 , precisa che, in tema di elezioni dei Consigli dell’Ordine degli avvocati, ai fini della corretta operatività del divieto contenuto nell’articolo 3, comma 3, della legge numero 113/2017, secondo cui i consiglieri dell’Ordine degli Avvocati non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, occorra far riferimento alla nozione oggettiva di mandato e, pertanto, alla “ durata oggettiva della consiliatura ”, essendo del tutto irrilevante la sua minor durata “ soggettiva ” riconducibile alla mera volontà dell’interessato. Il predetto divieto, infatti, risponde alla all'esigenza di impedire un terzo mandato a chi abbia già svolto le funzioni di consigliere, seppure solo per una parte della consiliatura, per due mandati consecutivi, salvo il caso eccezionale in cui uno dei precedenti mandati non abbia raggiunto la durata dei due anni pertanto, il consigliere già eletto per il secondo mandato è incandidabile alle elezioni successive, non assumendo rilievo la circostanza egli si sia dimesso anticipatamente rispetto alla durata legale della consiliatura.

Presidente D'Ascola – Relatore Marotta Fatti di causa 1. Con sentenza numero 94 del 2023, depositata e pubblicata il 9.5.2023, il Consiglio Nazionale Forense accoglieva i reclami elettorali presentati dagli avv.ti F.R. e F.L., con i quali si impugnavano i verbali della Commissione elettorale per l'elezione del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di OMISSIS che li aveva dichiarati ineleggibili ed aveva disposto lo scorrimento della graduatoria degli eletti. 2. I suddetti avv.ti F.R. e F.L. avevano ricoperto la carica di consigliere dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS per due mandati consecutivi, l'ultimo dei quali era stato per la consiliatura 2015/2018, con scadenza al 31.12.2018, poi prorogata fino a maggio 2019. I medesimi erano stati nuovamente eletti per la consiliatura 2019/2022 in data 8 maggio 2019, salvo poi a rassegnare le dimissioni con atto del 18 luglio 2019, dopo appena 2 mesi dalla proclamazione ciò a seguito della impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, con vari reclami, del verbale di proclamazione degli eletti con riguardo agli avv.ti F.L. e F.R. oltre che ad altri quattro consiglieri risultati eletti . Con delibera del 24.7.2019, il C.O.A. di OMISSIS aveva integrato la composizione del Consiglio con il subentro dei primi sei non eletti. Con atti del 12 gennaio 2023, gli avv. F.R. e F.L. avevano presentato la propria candidatura come componenti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS per il quadriennio 2023/2026 e la Commissione Elettorale ne aveva disposto l'ammissione con riserva. Successivamente, la Commissione, pur certificando che i candidati F.L. e F.R. risultavano collocati ai posti 2° e 3° della graduatoria, ne aveva dichiarato l'ineleggibilità. La ragione di tale decisione risiedeva nel fatto che detti avvocati avevano svolto due mandati consecutivi, l'ultimo dei quali, relativo al quadriennio 2019-2022, andava considerato per intero, poiché le dimissioni, seppur rassegnate dopo un periodo di consiliatura inferiore a due anni, non escludevano che fosse integrata la previsione dell'articolo 3, comma 3, terza parte della L. numero 113/2017 . Avverso tale decisione gli avv.ti F.R. e F.L. ricorrevano innanzi al C.N.F. e l'avv. V.G. presentava controricorso con ricorso incidentale. 3. Con l'indicata sentenza numero 94 del 2023, il C.N.F. annullava l'atto di proclamazione degli eletti della Commissione elettorale nella parte in cui dichiarava ineleggibili gli avv.ti F.R. e F.L. per il quadriennio 2023/2026 e disponeva, di conseguenza, la modifica della graduatoria degli eletti. Il C.N.F., in particolare, affermava la generale impossibilità di esercitare poteri valutativi in fase di proclamazione degli eletti e, a fortiori, nel caso in cui la Commissione elettorale, come nella vicenda in esame, si fosse già espressa in sede di ammissibilità delle candidature. Con delibera del 16.5.2023, il C.O.A. di OMISSIS dava esecuzione alla sentenza e dichiarava eletti gli odierni resistenti al posto degli avv.ti O.R. e V.G 4. La sentenza in esame è stata impugnata dall'avv. V.G., con ricorso affidato a quattro distinti motivi. 5. Gli avv. F.R. e F.L. hanno resistito con controricorso. 6. Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva. 7. Fissata l'adunanza camerale del 12/12/2023, il P.G. ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 8. In vista di detta adunanza sono state depositato memorie. 9. Con ordinanza interlocutoria numero 7058 del 2024, respinta l'istanza di sospensione proposta dalla ricorrente, rilevato che il primo motivo di ricorso poneva alla Corte la questione di diritto, su cui non risultavano specifici precedenti di legittimità, della ammissibilità della candidatura con riserva e della possibilità di delibare definitivamente sulla eleggibilità all'esito dello scrutinio e quindi a votazione già avvenuta, si è ritenuto di rinviare la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza. 10. Il P.G. ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 11. Entrambe le parti hanno depositato ulteriori memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 21-septies della L. 241/1990 nonché degli articolo 3, 8, 9 e 15 della L. numero 113/2017 nonché dell'articolo 12 delle preleggi, in relazione all' articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. Nello specifico, censura la decisione del primo Collegio laddove lo stesso ha ritenuto che, in attuazione dell' articolo 15 della L. numero 113/2017 , la Commissione Elettorale, una volta assunti i candidati, non potesse più decidere sull'incandidabilità o ineleggibilità degli stessi, a nulla rilevando la specifica riserva operata dalla stessa, che di fatto rinviava ogni valutazione di merito ad un momento successivo alle operazioni di voto. Invero, l'avvocata argomenta la legittimità dell'agire della Commissione ritenendo che l' articolo 9, comma 3, della L. numero 113/17 attribuisce espressamente alla Commissione elettorale la verifica delle condizioni di eleggibilità, ma non prevede termini e decadenze, ben potendosi la stessa riservare tale controllo ad un momento successivo all'ammissione. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 3 e 4 della L. numero 113/2017 , nonché dell'articolo 12 delle preleggi, in relazione all' articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. Assume l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, richiamando altri precedenti decisioni del C.N.F. in particolare la decisione numero 9 del 2022 , non computabile il breve mandato di circa due mesi svolto dai consiglieri F.R. e F.L. ai fini della ricandidatura e dell'applicazione del divieto previsto dall'articolo 3. In particolare, il Collegio, in violazione delle citate norme, ha affermato che, nell'ipotesi di dimissioni volontarie intervenute prima del decorso del biennio rilevante, ai sensi dell' articolo 3, comma 4, della legge numero 113/2017 , ai fini del divieto di ulteriore candidatura, non trovasse applicazione la concezione del mandato in senso oggettivo affermata, invece, da questa Corte, a sezioni unite, con sentenza numero 8566 del 2021 , la quale avrebbe comportato l'ineleggibilità degli avv.ti F.R. e F.L 3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 3, comma 3, ultimo periodo della legge numero 113/2017 , nonché dell'articolo 12 delle preleggi, con riferimento all' articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. Assume che la sentenza gravata ha violato le norme in epigrafe nella parte in cui ha affermato che le funzioni di consigliere svolte dagli odierni resistenti nel corso della consiliatura 2019/2022 non si sono protratte per un tempo superiore al biennio e che oltretutto la “ricandidatura” è intervenuta ben oltre il tempo in cui è stato svolto in concreto il precedente mandato. 4. Con il quarto motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 36 L. numero 247/2012 e 59 e ss. R.D. numero 37/34, dell'articolo 343 cod. proc. civ. nonché dell'articolo 12 delle preleggi in relazione all' articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. In particolare, la ricorrente censura la decisione del C.N.F. nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il ricorso incidentale da lei proposto, volto a far accertare e dichiarare gli avvocati F.R. e F.L. incandidabili e, comunque, ineleggibili per il quadriennio 2023-2026 ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della L. numero 113/2017. 5. Va preliminarmente respinta l'eccezione di intervenuta acquiescenza formulata dai controricorrenti alla luce della mancata impugnazione della delibera del C.O.A. di OMISSIS del 6 maggio 2023 di rideterminazione della composizione del consiglio, in attuazione della sentenza impugnata in questa sede. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte di legittimità, l'acquiescenza tacita alla sentenza ex articolo 329 cod. proc. civ. può sussistere soltanto qualora l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, trattandosi di atti assolutamente incompatibili con la volontà di impugnare Cass., Sez. 2, 29 febbraio 2016, numero 3934 . La pendenza del presente ricorso già esclude ogni acquiescenza. 6. Il primo motivo è infondato. 6.1. Il motivo pone la questione se sia consentito alla Commissione elettorale, in sede di proclamazione degli eletti, l'esercizio di un potere decisionale in ordine alla eleggibilità dopo lo svolgimento delle operazioni di voto e ciò anche con riguardo a candidature escluse ed ammesse con riserva. Ci si chiede, in particolare, se correttamente il C.N.F. abbia ritenuto la carenza, in capo alla Commissione Elettorale, del potere di dichiarare, dopo lo scrutinio dei voti e in sede di proclamazione degli eletti, l'ineleggibilità dei candidati ammessi, dalla medesima Commissione, alla competizione elettorale. 6.2. La questione è stata già affrontata da questa Corte Cass., Sez. Unumero , numero 22624 del 09/08/2024 e numero 23101 del 26/08/2024 . Si è, al riguardo, affermato che deve escludersi, in mancanza di una indicazione normativa, l'istituto della ammissione con riserva al voto per la designazione dei componenti dei Consigli degli ordini degli avvocati. Sulla base delle previsioni normative, il potere attribuito alla Commissione elettorale dall'articolo 9 della legge numero 113 del 2017 è esclusivamente quello di verificare preventivamente la sussistenza dei requisiti di legge e, in caso negativo, escludere uno o più candidati, per poi lasciare al candidato la scelta di tutelarsi proponendo una eventuale impugnazione della decisione anche in via cautelare davanti all'organo competente, ovvero il C.N.F., ex articolo 28 della medesima legge, organo dotato di competenza giurisdizionale esclusiva in materia proponendo in quella sede una eventuale richiesta di sospensione dell'efficacia del provvedimento di esclusione, eventualmente, al fine di non precludere al candidato il diritto di partecipare alla votazione . A differenza dei pubblici concorsi per titoli o esami, in cui l'ammissione con riserva non incide, o incide marginalmente sulla posizione degli altri candidati, consentendo al candidato di dar prova della sua preparazione mediante l'espletamento della prova, fruendo di una possibilità che andrebbe diversamente perduta, si tratta invece di una competizione elettorale ed, in particolare, di una competizione dotata di una base di elettorato attivo molto circoscritta, in cui l'elezione è frutto, anche, della visibilità e della stima di cui gode il candidato all'interno del suo ordine professionale nell'ambito territoriale in cui esercita la professione. L'ammissione con riserva non è prevista e non pare che corrisponda, in caso di selezione elettorale, ad un principio generale. Specie in ambiti territorialmente o corporativisticamente ristretti, come quello delle elezioni ai consigli degli ordini professionali, connotati da tratti peculiari di prossimità, mutuando l'espressione utilizzata dalla Corte costituzionale, inevitabilmente consentirebbe all'ammesso con riserva di condizionare l'esito delle elezioni, svolgendo campagna elettorale in proprio favore e veicolando a suo favore voti che, in caso di sua esclusione dalla competizione, sarebbero stati diversamente assegnati dai votanti. In mancanza di una chiara previsione di legge, deve escludersi che rientri nei poteri della Commissione elettorale istituita in occasione delle elezioni dei componenti del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, in sede di verifiche preventive di ammissibilità delle candidature, ammettere con riserva uno o più candidati. 6.3. Quanto alla fase successiva al voto, dalla scansione procedimentale delle procedure di voto, ed in particolare dall' articolo 15 della legge numero 113 del 2017 , si deduce che la Commissione elettorale non può effettuare alcun tipo di attività di verifica delle candidature dopo che lo scrutinio è terminato. Nella fase successiva allo scrutinio, i compiti della Commissione elettorale sono specificamente indicati dalla legge e sono solo quelli indicati dalla legge essa deve procedere al conteggio dei voti, alla formazione della graduatoria e alla proclamazione degli eletti, dandone le comunicazioni agli organi previsti dalla legge. Una volta espletata l'elezione sulla base di un determinato elettorato, non è più dato alla Commissione elettorale modificarne i risultati escludendo un candidato precedentemente ammesso, perché in tal modo altererebbe gli esiti della votazione. Ipotizzando l'ammissibilità con riserva di un candidato in una competizione elettorale con un elettorato molto circoscritto, e questo, come nella specie, risultasse tra gli eletti ma potesse essere successivamente escluso dalla stessa Commissione preposta a vigilare sul regolare svolgimento delle operazioni elettorali, l'intero esito dell'elezione ne risulterebbe alterato. Ed infatti, il candidato subentrante per effetto della esclusione di altro candidato successivamente disposta potrebbe non essere quello che nella competizione elettorale svoltasi ha riportato un maggior numero di preferenze, pur non risultando eletto. Se l'ammesso con riserva non fosse stato tra gli eleggibili, infatti, tutti i voti avrebbero potuto essere ripartiti diversamente non risentendo della campagna elettorale da questi svolta in proprio favore. Deve ritenersi preferibile l'interpretazione secondo la quale la Commissione elettorale, che è organo preposto a vegliare sul regolare espletamento del voto, non abbia poteri preventivi di ammissione con riserva al voto, né poteri successivi di esclusione. 6.4. Gli aventi diritto al voto non sono peraltro privi di mezzi di reazione contro una fallace interpretazione della Commissione stessa che ammetta un candidato che non ne ha diritto, o che escluda uno che ne ha diritto nell'ambito della fase procedimentale precedente alla espressione del voto, gli interessati possono rivolgersi alla stessa Commissione, perché modifichi in sede di autotutela i propri provvedimenti finché non hanno inizio le operazioni di voto. Dopo le operazioni di voto e la proclamazione degli eletti, questo atto è impugnabile in sede giurisdizionale davanti all'organo competente, ovvero il C.N.F., ex articolo 36 della legge professionale forense, che ha la competenza di verificare la legittimità o meno dei provvedimenti adottati dalla Commissione elettorale. 6.5. La suddetta delimitazione dei poteri della Commissione risulta evidente dal confronto tra l' articolo 9, comma 5, della legge 113 del 2017 il quale prevede che «la commissione elettorale procede alla verifica delle candidature nonché del rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 8 della presente legge e sovraintende a tutte le operazioni elettorali, nonché alle ulteriori attività connesse sino alla proclamazione degli eletti» e l'articolo 15 della medesima legge che, rispettivamente ai commi 4, 5, 6 e 7, dispone che «effettuato lo scrutinio, la commissione elettorale predispone, in base ai voti riportati da ciascuno, una graduatoria con l'indicazione di tutti gli avvocati che hanno riportato voti», «risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti, sino al raggiungimento del numero complessivo dei seggi da attribuire», «in caso di parità di voti risulta eletto l'avvocato più anziano per iscrizione all'albo e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età», «terminato lo scrutinio, il presidente del seggio ne dichiara il risultato e nella stessa giornata procede alla proclamazione degli eletti, dandone immediata comunicazione al Ministero della giustizia, al Consiglio nazionale forense, al competente presidente di tribunale e a tutti gli altri ordini e curandone la pubblicazione nel sito internet istituzionale del proprio ordine». Si aggiunga che solo nelle ipotesi espressamente previste dal successivo articolo 16 il risultato espresso dalla votazione può essere modificato «In caso di morte, rinunzia, dimissioni, decadenza, impedimento permanente per qualsiasi causa di uno o più consiglieri, subentra il primo dei non eletti. In caso di parità di voti, subentra il più anziano per iscrizione all'albo e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. Il consiglio, preso atto, provvede all'integrazione improrogabilmente nei trenta giorni successivi al verificarsi dell'evento» . Il fatto che l'articolo 9 citato preveda che la Commissione «sovraintende a tutte le operazioni elettorali, nonché alle ulteriori attività connesse sino alla proclamazione degli eletti» non consente di ritenere che in sede di proclamazione degli eletti la stessa possa rinnovare o modificare il proprio già espresso giudizio di candidabilità trattandosi di mera attività di controllo e vigilanza circa la regolarità del voto come reso evidente dall'articolo 11, comma 5 «La permanenza nel seggio elettorale è consentita ai soli componenti della commissione elettorale che devono sovraintendere alle operazioni di voto mentre l'accesso al seggio elettorale è consentito agli elettori per il tempo strettamente necessario all'espressione del voto» , dall'articolo 12, comma 2 «Le operazioni di voto si aprono con la costituzione del seggio elettorale formato ai sensi dell'articolo 11, nell'ora, nel giorno e nel luogo indicati nell'avviso di convocazione. Il presidente ed il segretario della commissione elettorale assumono rispettivamente le funzioni di presidente del seggio e di segretario del seggio» , dall'articolo 13, comma 4 «L'accesso alle postazioni elettorali, che garantiscono la riservatezza del voto, avviene previa identificazione del votante e del suo diritto al voto da personale del consiglio e sotto il controllo della commissione elettorale. La stessa commissione controlla poi che ogni votante deponga nell'urna la ricevuta del suo voto» . È evidente, allora, che corretta è la decisione del C.N.F. che ha ritenuto precluso alla Commissione elettorale l'esercizio di poteri valutativi in fase di proclamazione degli eletti là dove detta Commissione si sia già espressa in sede di ammissibilità delle candidature ed ha affermato competere al COA, nei termini di legge, provvedere alla rideterminazione della compagine consiliare ottemperando alla decisione del C.N.F. intervenuta a seguito del ricorso degli interessati. 7. Sono fondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente stante l'intrinseca connessione. 7.1. Gli avv.ti F.R. e F.L. avevano ricoperto la carica di Consigliere dell'ordine per due mandati consecutivi, l'ultimo dei quali per il quadriennio 2015 – 2018, prorogato, per effetto del D.L. 2/2019 e poi della L. 12/2019 . Si erano ricandidati alle elezioni per il quadriennio 2019-2022, tenutesi nei giorni 8 e 9 maggio 2019 ed erano risultati eletti. Il nuovo Consiglio si insediava il 18 maggio 2019. La proclamazione veniva impugnata avanti al C.N.F., inducendo l'avv. F.R. e l'avv. F.L. a rassegnare le dimissioni dalla carica, formalizzate con atto del 18.7.2019. Con delibera del 24.7.2019 il COA di OMISSIS , pertanto, provvedeva ad integrare la composizione del Consiglio con il subentro di altri consiglieri. In data 12.1.2023 entrambi i ricorrenti presentavano la propria candidatura quali componenti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS , per il quadriennio 2023-2026, rappresentando in modo esplicito la loro posizione personale, riferita ai mandati precedentemente svolti. La Commissione elettorale disponeva l'ammissione alla competizione elettorale di tutte le candidature presentate, riservando al momento della proclamazione ogni provvedimento in ordine ad eventuali ineleggibilità. All'esito delle votazioni l'avv. F.R. e l'avv. F.L. risultavano eletti, collocandosi rispettivamente in terza posizione e in seconda posizione nella graduatoria, per numero di voti ricevuti. La Commissione elettorale, riunitasi dopo lo scrutinio, pur dando atto dei voti ricevuti dagli avv.ti F.R. e F.L., ne dichiarava l'ineleggibilità “per avere svolto due mandati consecutivi, l'ultimo dei quali 2019/2022 considerato per intero, poiché le rassegnate dimissioni dopo un periodo di consiliatura inferiore a due anni non rientrano nella previsione del quarto comma dell' articolo 3 della legge numero 113/2017 «Dei mandati di durata inferiore ai due anni non si tiene conto ai fini del rispetto del divieto di cui al secondo periodo del comma 3» - c.d. divieto del terzo mandato consecutivo - . Proclamava quindi eletti ventuno consiglieri, con esclusione dell'avv. F.R. e dell'avv. F.L Il C.N.F. riteneva non corretta tale impostazione assumendo che le dimissioni rassegnate dai reclamanti dopo soli due mesi dalla proclamazione alla carica di consiglieri per il quadriennio 2019/022 rendessero non computabile il mandato ai fini della ricandidatura e non potessero integrare la previsione dell'articolo 3, comma 3, terza parte della L. numero 113/2017 di conseguenza, annullava l'atto di proclamazione degli eletti della Commissione Elettorale istituita presso il Consiglio dell'Ordine di OMISSIS nella parte in cui aveva dichiarato ineleggibili gli avvocati F.R. e F.L. per il quadriennio 2023/2026. 7.2. Questa Corte si è già pronunciata sulle intervenute dimissioni successive alla proclamazione. Con sentenza numero 8566 del 26 marzo 2021, le Sezioni Unite di questa Corte, richiamata la pronuncia della Corte Costituzionale e ribadito che - per quanto già evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità - la ratio del divieto di terzo mandato consecutivo è quella di “assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice”, hanno affermato il seguente principio di diritto “ai fini dell'applicazione della norma di cui al terzo comma dell' articolo 3 della legge numero 113/2017 , che prevede che i consiglieri dell'ordine degli avvocati non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, occorre far riferimento alla nozione di mandato in senso oggettivo, senza che possa avere rilievo la circostanza che il consigliere già eletto per il secondo mandato si sia dimesso anticipatamente rispetto alla durata legale della consiliatura, non potendo quindi ripresentarsi alle elezioni immediatamente successive. Né può rilevare in senso contrario la diversa previsione del terzo periodo del terzo comma, secondo cui la ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato, atteso che la norma mira a rafforzare il divieto di cui al precedente periodo, disponendo che il divieto di rielezione opera anche nel caso in cui, pur non essendovi stata un'immediata ripresentazione, la successiva consiliatura abbia avuto una fine anticipata rispetto al termine legale, non sia ancora decorso un numero di anni uguale a quello del precedente mandato, sempre inteso come riferito alla durata della consiliatura”. La pronuncia delle Sezioni Unite ruota intorno alla nozione oggettiva di mandato, correlata alla “durata oggettiva della consiliatura”, negando rilevanza alla minor durata “soggettiva” che sia dipesa da dimissioni volontarie del singolo consigliere ed evidenziando che, in tale ottica “oggettiva”, la previsione del terzo periodo del comma 3 dell' articolo 3 L. numero 113/2017 «La ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato» vale a disciplinare le ipotesi in cui, dopo l'espletamento di due mandati consecutivi, l'ex consigliere non si sia candidato alla terza consiliatura e, tuttavia, questa abbia avuto una durata inferiore a quella legale quadriennale , per tale ipotesi prevedendo che la candidatura alla nuova consiliatura sia possibile solo se sia trascorso un numero di anni uguale a quello nei quali si è svolto il precedente mandato “garantendo in tal modo che il divieto di presentazione per tre mandati consecutivi, cui è correlata l'esigenza di un decorso temporale tale da favorire il ricambio all'interno dell'organo, superando quelle rendite di posizione collegate al precedente svolgimento delle funzioni elettive non sia eluso approfittando dell'anomala cessazione anticipata della consiliatura” . 7.3. L'irrilevanza delle dimissioni volontarie al fine dell'integrazione di un mandato inferiore a due anni per gli effetti di cui all' articolo 3, comma 4, della L. numero 113/2017 è stata affermata anche da Cass., Sez. Unumero , numero 9755 dell'11 aprile 2024 evidenziandosi che tali dimissioni non sono idonee a elidere il fatto che il mandato sia stato ricevuto per l'intera consiliatura. In tal caso, dunque, il mandato, per come conferito, va parametrato alla durata oggettiva della consiliatura, a prescindere dalla sua minor durata soggettiva, dipesa dalla volontà dell'interessato senza che rilevino le ragioni sottese alla scelta delle dimissioni . La suddetta sentenza ha, altresì, marcato la differenza tra l'ipotesi, come quella qui in esame, del mandato soggettivamente infrabiennale tale solo per effetto della volontà dell'eletto e quella del mandato oggettivamente infrabiennale subentro di un consigliere non eletto per un limitato periodo di consiliatura , in riferimento alla già citata disposizione del comma 4 dell'articolo 3 l. numero 113/2017 «Dei mandati di durata inferiore ai due anni non si tiene conto ai fini del rispetto del divieto di cui al secondo periodo del comma 3» , inidoneo a determinare un qualche condizionamento del corpo elettorale e quindi a costituire una cesura della possibilità di condizionamento derivante dall'espletamento di precedenti mandati cfr., Cass., Sez. Unumero , numero 25040 del 16 settembre 2021 , al punto 7.5 . 7.4. Va, quindi, ribadito che le dimissioni volontarie del consigliere eletto per l'intero mandato non consentono di fare applicazione dell' articolo 3, comma 4, della legge numero 113/2017 . 8. Il quarto motivo è infondato. Esso si sostanzia nella censura rivolta alla decisione del C.N.F. nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il ricorso incidentale proposto dall'avv. V.G. inteso a far accertare e dichiarare l'ineleggibilità degli avv.ti F.R. e F.L Va fatta applicazione di quanto già affermato da queste Sezioni Unite nella già citata Cass. numero 22624/2024 punto 8 del Considerato in diritto . Il C.N.F. è l'organo avente competenza giurisdizionale a decidere sui ricorsi relativi alle elezioni dei Consigli dell'Ordine, ex articolo 36 della legge professionale forense, e quindi preposto alla verifica della legittimità della procedura elettorale seguita dai Consigli degli Ordini territoriali. Esso effettua, su ricorso degli interessati, un controllo di legalità sul corretto svolgimento delle operazioni elettorali e provvede ad annullare il provvedimento di proclamazione degli eletti se accerta che lo stesso o un atto ad esso prodromico sono stati adottati in violazione di legge. Nel far ciò, è chiamato a decidere nell'ambito della materia del contendere che gli viene sottoposta dagli interessati. Nello specifico, adito dagli avv.ti F.R. e F.L. con reclamo avverso il provvedimento di proclamazione degli eletti che si era concluso con la declaratoria della loro ineleggibilità, rientrava nelle competenze del C.N.F. verificare la regolarità del procedimento elettorale in relazione a quanto lamentato e, ove avesse accertato - come nella specie - il compimento di attività in violazione di legge, era suo compito annullare la proclamazione. Non avrebbe potuto invece in quella sede, come ipotizzato dalla ricorrente, andare a verificare se i reclamanti avessero o meno i requisiti di eleggibilità ai sensi dell' articolo 3, comma 3, secondo e terzo periodo della legge numero 113/2017 degli avv.ti F.R. e F.L. a prescindere dalla dedotta carenza di potere della Commissione elettorale e dalla richiesta formulata dai reclamati principali di essere dichiarati eletti . Non era dunque possibile un reclamo incidentale avverso un provvedimento già precedentemente impugnato da altro soggetto legittimato al fine di devolvere alla cognizione del giudice profili diversi da quelli già devoluti in ragione dell'impugnazione principale. Non poteva, del resto, l'avv. V.G. dolersi in via principale di una pronuncia della Commissione elettorale a lei favorevole. Né è preclusa agli interessati la possibilità della verifica della sussistenza dei requisiti di eleggibilità in capo a chi abbia già espletato due mandati consecutivi che potrà essere effettuata nella sede opportuna, anche impugnando per questo motivo la nuova delibera del C.O.A. che proclami eletti avvocati ineleggibili. 9. Da tanto consegue che vanno accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso e rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio, per un nuovo esame, al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione. 10. La novità e complessità delle questioni trattate giustifica l'integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione compensa le spese di legittimità.