Il danno da perdita parentale ha natura autonoma, ed essendo i congiunti soggetti terzi rispetto alla prestazione lavorativa in occasione della quale si era verificato l’incidente mortale al loro congiunto, le loro domande risarcitorie jure proprio rientrano nell’ambito di applicazione della polizza RCT stipulata dal datore di lavoro.
La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha affrontato la qualificazione del danno da perdita parentale subito dagli eredi di una vittima sul lavoro e l'operatività delle polizze di Responsabilità Civile stipulate dal datore di lavoro e dall'imprenditore coinvolto nell'incidente. I congiunti del lavoratore deceduto hanno chiesto il risarcimento dei danni jure proprio subiti convenendo il datore di lavoro del de cuius e l'imprenditore coinvolto nell'incidente, i quali a loro volta hanno formulato domanda di garanzia nei confronti del proprio assicuratore che peraltro era il medesimo invocando rispettivamente la polizza rilasciata a copertura del rischio RCO e RCT. La compagnia di assicurazione si è difesa negando l'operatività della polizza RCT qualificando il danno ai congiunti come riflesso derivato e conseguenza della partecipazione manuale della vittima all'attività assicurata, nonché della RCO in quanto operante solo a copertura dei danni subiti dal lavoratore. Il Tribunale adito, pur riconoscendo una responsabilità minima della vittima nell'infortunio quantificata al 10% , condannava in solido i convenuti al risarcimento del danno non patrimoniale in favore di ciascuno dei congiunti della vittima, dichiarando la compagnia di assicurazione tenuta a manlevare i convenuti secondo quanto previsto nelle rispettive polizze. Tale decisione veniva confermata in appello. Il danno dei congiunti ha natura autonoma La Suprema Corte nel respingere il ricorso proposto dalla compagnia di assicurazione ha ribadito come il danno da perdita parentale - quello subito iure proprio dai congiunti per la venuta meno della relazione parentale che li legava al defunto – abbia natura autonoma e si differenzi da quello dagli stessi subito iure hereditatis. Secondo la Corte, il danno parentale, attenendo alla sfera relazionale della persona, è autonomamente e specificamente configurabile quando la sofferenza e il dolore non rimangano più allo stato intimo ma evolvano, seppure non in degenerazioni patologiche integranti il danno biologico , in pregiudizi concernenti aspetti relazionali della vita, ovvero lo sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di un congiunto, poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia articolo 2, 29 e 30 Cost. . Tale principio è conforme ad un consolidato orientamento giurisprudenziale cfr Cass., sez. 3, 19/10/2016, numero 21059 Cass., sez. 3, 17/01/2018, numero 901 Cass, sez. 3, 13/04/2018, numero 9196 , Cass. civ., sez. 3, 09/05/2011, numero 10107 . Il danno da perdita parentale non è un danno riflesso o “da rimbalzo” Nell'esaminare la natura del danno da perdita parentale, la Suprema Corte chiarisce, altresì, che la genesi dei pregiudizi, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dai congiunti della vittima non si configura come propagazione alle vittime secondarie delle conseguenze dell'illecito e, dunque, del primo e unico evento lesivo, ma, piuttosto, come causazione di una pluralità di eventi dannosi coincidenti con la lesione di altrettanti interessi meritevoli di tutela . Nel caso del decesso sul lavoro l'illecito viene considerato plurioffensivo , dove non è una prima lesione quella della vittima a riflettersi sulla persona di altri, ma si tratta di un unico illecito che colpisce più soggetti con modalità differenti. Il danno da perdita del rapporto parentale non è quindi un danno conseguenza ovvero un danno riflesso, ma autonomo , seppur determinato dal medesimo fatto l'infortunio mortale occorso al lavoratore . I congiunti della vittima sono considerati terzi ai fini dell'operatività della polizza La natura autonoma del danno parentale ed il fatto che i congiunti della vittima soggetti debbano considerarsi terzi rispetto alla prestazione lavorativa in occasione della quale si era verificato l'incidente occorso al loro congiunto, esclude la clausola limitativa della responsabilità invocata dalla società assicuratrice . Difatti, i congiunti, a prescindere da ogni valutazione in merito alla effettiva partecipazione manuale della vittima all'attività assicurata al momento del sinistro, sono comunque rimasti del tutto estranei a tale attività e non possono, pertanto, essere ricompresi tra i soggetti contemplati dalla clausola ai fini dell'esclusione dell'operatività del contratto di assicurazione. Per tali ragioni i giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibile il ricorso promosso dalla compagnia di assicurazione.
Presidente De Stefano - Relatore Condello Fatti di causa 1. Pa.Af., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulle figlie minori, conveniva in giudizio Ti.Ma. e Br.Gi., titolari delle due omonime imprese individuali, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del congiunto Pa.Ja., occorso in data 16 settembre 2011 durante la fase di scarico di un miniescavatore bobcat da un autocarro dotato di gru, deducendo la responsabilità del primo convenuto ai sensi dell' articolo 2043 cod. civ. e, del secondo, ai sensi dell' articolo 2087 cod. civ. , quale datore di lavoro. I convenuti spiegavano due distinte domande di garanzia nei confronti del medesimo assicuratore AVIVA ITALIA Spa, e precisamente in forza di polizza rilasciata a copertura del rischio RCT Responsabilità civile per i terzi e, quanto al secondo, in relazione alla copertura RCO Responsabilità civile verso i terzi per l'operatore . La società assicuratrice, costituendosi in giudizio, eccepiva, in riferimento alla chiamata in garanzia del Ti.Ma., l'inoperatività della garanzia prestata, in ragione della partecipazione manuale della vittima all'attività svolta dall'assicurata quanto alla garanzia spiegata dal Braglia, l'inoperatività della garanzia sul presupposto che la garanzia RCO coprisse solo i danni occorsi al lavoratore e non già a terzi. Il Tribunale adito dichiarava che l'infortunio si era verificato per concorrente responsabilità di Ti.Ma., di Br.Gi. e di Pa.Ja., rispettivamente nella misura del 60 per cento, del 30 per cento e del 10 per cento, e condannava, in solido, i convenuti al risarcimento del danno non patrimoniale in favore di ciascuno dei congiunti della vittima, dichiarando AVIVA ITALIA Spa obbligata a tenere indenne e manlevare i convenuti secondo quanto previsto nelle rispettive polizze. 2. La sentenza di primo grado è stata impugnata, in via principale, dalla società soccombente AVIVA ITALIA Spa e, in via incidentale, da Ti.Ma. e Br.Gi. dinanzi alla Corte d'Appello di Bologna, che ha rigettato tutti i gravami. In sintesi, per quel che ancora rileva in questa sede, esaminando l'appello principale incentrato sulla inoperatività della polizza e sull'assunto che gli stretti congiunti della vittima avessero subito un danno solo di riflesso, i giudici d'appello hanno osservato, da un lato, che la posizione dei congiunti era autonoma, negando così la natura secondaria e dipendente del danno sopportato dalle parti appellate, e, dall'altro, che la moglie e le figlie della vittima erano soggetti terzi rispetto alla prestazione lavorativa in occasione della quale si era verificato il grave sinistro, con la conseguenza che le pretese dalle stesse azionate dovevano ritenersi comprese ‹‹nell'area soggettiva di applicazione delle polizze RCT, così come individuata dalla clausola 5.1 Oggetto dell'assicurazione . Soffermandosi, inoltre, sulla ricostruzione fattuale della vicenda, la Corte di merito, premettendo che il Pa.Ja. aveva raggiunto i terreni agricoli per conto della impresa Green Service di Braglia Gianluca, unitamente al Ti.Ma., ha fatto propria la dinamica spiegata nell'informativa redatta dal Servizio di Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell'Usl di Reggio Emilia, dalla quale emergeva che la causa dell'infortunio era da addebitarsi al mancato ancoraggio delle rampe di carico/scarico dell'autocarro , ed ha escluso al contempo che esso potesse essere imputato all'erroneo posizionamento della rampa da parte della vittima, rilevando che il Ti.Ma., che si trovava alla guida dell'escavatore, non aveva usato la dovuta diligenza nella manovra di discesa del mezzo di grossa taglia, potenzialmente pericoloso, né si era assicurato che lo spazio antistante la rampa fosse sgombro, sebbene il Pa.Ja. fosse intento in quel momento a scaricare da terra, sul lato sinistro, lato guida, attrezzature manuali. La Corte ha pure ravvisato profili di responsabilità a carico di Br.Gi., per avere lasciato il lavoratore, suo dipendente, sfornito della dovuta vigilanza ed ha considerato meramente concorrente l'imprudenza ascrivibile alla vittima, che si trovava in un'area pericolosa perché attigua a quella di azione del Ti.Ma., così pervenendo a confermare la sentenza di primo grado in ordine alla ripartizione delle quote di responsabilità ed in ordine al quantum, limitandosi a rivalutare gli importi monetari già liquidati all'attualità ha infine integralmente compensato le spese di lite nel rapporto tra AVIVA ITALIA Spa ed il Ti.Ma. 3. ALLIANZ VIVA Spa propone ricorso per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di due motivi. Ti.Ma. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a due motivi. Br.Gi. e Pa.Af., in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale sulla minore Pa.Ri. ed altri Omessi resistono con autonomi controricorsi. La ricorrente principale resiste mediante controricorso al ricorso incidentale. 4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380-bis.1. cod. proc civ., in prossimità della quale la ricorrente principale e Br.Gi. hanno depositato memorie illustrative. Il Collegio si è riservato il deposito nel termine di sessanta giorni dalla decisione. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso principale è denunciata l Violazione e falsa applicazione degli articolo 1362,1363 e 1366 c.c. e dei principi e norme che regolano l'interpretazione delle clausole contrattuali, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. ›› e la ‹‹violazione e falsa applicazione dell' articolo 1905 c.c. , dell'articolo 1917 c.c. e degli articolo 5.1 e 5.6, lettera r , delle condizioni generali del contratto di assicurazione e dei principi e norme che regolano l'assicurazione della responsabilità civile verso i dipendenti, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. La ricorrente, trascrivendo il contenuto delle clausole delle condizioni generali del contratto di assicurazione richiamate in rubrica, lamenta che la Corte d'Appello, dopo avere correttamente accertato la non operatività della garanzia R.C.O., nell'ambito della quale non sono compresi i danni sofferti dai congiunti iure proprio, non avrebbe fatto buon governo, con specifico riferimento alla garanzia RCT, rilasciata in favore di entrambe le imprese individuali, dei criteri ermeneutici di interpretazione del contratto, omettendo di soffermarsi sul testo dell'articolo 5.6, lettera r , della polizza, che prevedeva l'esclusione della garanzia per i danni subiti da coloro che cooperavano a qualsiasi titolo con l'assicurata e, dunque, di verificare se la clausola si riferisse anche al danno da perdita parentale. Pur dando atto che il danno dei congiunti ha natura autonoma, sostiene che l'errore ermeneutico addebitabile ai giudici di merito è consistito nel non avere considerato che il danno da perdita del rapporto parentale è un danno conseguenza di un evento dannoso, ossia l'infortunio occorso al lavoratore dipendente che collaborava nell'attività delle imprese assicurate, non coperto, nella specie, dalla garanzia prestata. Nello specifico, ALLIANZ VIVA Spa sostiene che la Corte d'Appello avrebbe utilizzato un approccio ermeneutico contrario ai principi desumibili dagli articolo 1362 e ss. cod. civ. e precisa che il giudice d'appello avrebbe violato a l' articolo 1362 cod. civ. il Pa.Ja. dante causa delle danneggiate , al momento del sinistro, stava prestando la propria attività lavorativa nell'interesse di ambedue le imprese individuali, sicché, non potendo essere annoverato tra i soggetti terzi, i danni dallo stesso subiti non potevano ritenersi coperti dalla polizza, che espressamente li escludeva con la clausola di cui all'articolo 5.6, lettera r il danno ai congiunti, essendo derivato dalla morte del Pa.Ja., era conseguenza della partecipazione di questi all'attività delle assicurate b l' articolo 1363 cod. civ. , per non avere considerato che, se in polizza i contraenti avevano inteso escludere dal rischio i danni occorsi in conseguenza della partecipazione manuale all'attività e, quindi, gli infortuni sul lavoro, il senso della clausola altro non poteva essere se non quello di escludere sia i danni al lavoratore se deceduto iure hereditatis , sia i danni ai congiunti iure proprio c l' articolo 1366 cod. civ. , per non essersi resa conto che, dovendo la polizza in esame coprire una molteplicità di rischi dell'attività imprenditoriale, doveva essere mantenuta ferma la previsione di una delimitazione del rischio anche nelle ipotesi in cui il testo contrattuale appariva lacunoso, operando una interpretazione secondo buona fede d l' articolo 1367 cod. civ. , in quanto assumendo che il danno da rapporto parentale, in quanto autonomo, fuoriusciva dalla delimitazione imposta dalla clausola di cui all'articolo 5.6, lettera r , aveva, di fatto, sancito, sia pure implicitamente, l'inutilità della stessa clausola in riferimento ai danni derivanti da infortuni mortali, in palese contrasto con il principio di conservazione del contratto, che imponeva di ricercare un utile effetto. 2. Con il secondo motivo ALLIANZ VIVA Spa deduce messa o insufficiente motivazione in ordine al disposto rigetto dell'appello proposto avverso l'impugnata sentenza del Tribunale civile di Bologna. Omessa statuizione circa un punto specifico dell'appello proposto da AVIVA ITALIA Spa - ora ALLIANZ VIVA Spa Con l'appello aveva dedotto che, sebbene si fosse dinanzi ad un danno ‹‹riflesso››, che sostanzialmente si identificava con una ipotesi di danno autonomo iure proprio, lo stesso, costituendo conseguenza della morte del lavoratore che partecipava all'attività assicurata, avrebbe dovuto ritenersi escluso dalla garanzia assicurativa prestata, a mente del richiamato articolo 5.6, lett. r , in tal modo evidenziando che se il danno alla vittima primaria era escluso da tale clausola, a maggior ragione doveva esserlo il danno alla vittima secondaria la motivazione offerta dalla corte territoriale, proprio perché si concentrava su un tema nemmeno devoluto e mai invocato, quello dell'autonomia del danno da rapporto parentale, era viziata, perché omessa o, quanto meno, insufficiente. 3. Il primo motivo è inammissibile. 3.1. Va premesso, dovendosi dare continuità al consolidato orientamento di questa Corte in punto di censura dell'ermeneutica contrattuale, secondo il quale l'interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, che il sindacato di legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errori di diritto tra le tante, Cass., sez. 3, 31/03/2006, numero 7597 Cass., sez. 3, 01/04/2011, numero 7557 Cass., sez. 3, 14/02/2012, numero 2109 Cass., sez. 3, 29/07/2016, numero 15763 . Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità Cass., sez. 3, 11/03/2014, numero 5595 Cass., sez. 6 -3, 27/02/2015, numero 3980 Cass., sez. 6 -1, 19/07/2016, numero 14175 di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte che aveva proposto l'interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un'altra Cass., sez. 1, 22/02/2007, numero 4178 Cass., sez. 6- L, 03/09/2019, numero 19044 Cass., sez. 1, 27/06/2018, numero 16987 . 3.2. L'odierna ricorrente contesta, nella sostanza, alla Corte d'Appello di non avere esteso, nell'ambito dell'attività di interpretazione delle polizze stipulate dalle due imprese assicurate, l'esclusione dalla garanzia, prevista dalla clausola di cui all'articolo 5.6, lett. r , anche ai danni risentiti dai prossimi congiunti della vittima, sulla base dell'assunto che la previsione contrattuale, stabilendo che i danni subiti da coloro che cooperano nell'attività delle assicurate non sono compresi nel perimetro della garanzia assicurativa, lascia intendere che debba essere parimenti esclusa dalla garanzia prestata la pretesa risarcitoria azionata dai congiunti della vittima, atteggiandosi il danno dedotto in giudizio quale diretta conseguenza dell'infortunio sul lavoro. 3.3. La tesi difensiva di parte ricorrente è stata dalla Corte d'appello disattesa sulla base di due argomentazioni la prima fonda sul rilievo che il danno patito dagli stretti congiunti del Pa.Ja. trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con la conseguenza che i congiunti sono legittimati ad agire iure proprio contro il responsabile, atteggiandosi il danno da perdita del rapporto parentale come danno autonomo con la seconda si è evidenziato che Pa.Af. e le figlie sono soggetti terzi rispetto alla prestazione lavorativa in occasione della quale si è verificato il grave sinistro che ha cagionato la morte del loro congiunto e, conseguentemente, che le pretese dalle stesse fatte valere ricadono nell'ambito di operatività di applicazione delle polizze RCT. 3.4. Con riguardo al primo profilo, è incontestato, e neppure disconosciuto dalla odierna ricorrente, che il danno da perdita parentale, che è il danno subito iure proprio dai congiunti per la venuta meno della relazione parentale che li legava rispettivamente al defunto, ha natura autonoma e si differenzia dai pregiudizi dai congiunti superstiti subiti iure hereditatis. Come questa Corte ha avuto più volte modo di sottolineare in particolare Cass., sez. 3, 19/10/2016, numero 21059 Cass., sez. 3, 17/01/2018, numero 901 Cass, sez. 3, 13/04/2018, numero 9196 , le voci di danno non patrimoniale non rientranti nell'ambito del danno biologico, in quanto non conseguenti a lesione psico-fisica, ben possono essere definiti come danno parentale, attenendo alla sfera relazionale della persona, autonomamente e specificamente configurabile allorquando la sofferenza e il dolore non rimangano più allo stato intimo ma evolvano, seppure non in degenerazioni patologiche integranti il danno biologico, in pregiudizi concernenti aspetti relazionali della vita, ovvero lo sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di un congiunto, poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia articolo 2,29 e 30 Cost. . Il danno da perdita del rapporto parentale, infatti, viene definito come quel danno che va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti così Cass. civ., sez. 3, 09/05/2011, numero 10107 . L'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, favorita dagli spunti ricostruttivi offerti dalla dottrina, ha dimostrato la fallacia della nozione di danno riflesso o da rimbalzo , evidenziando come la genesi dei pregiudizi, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dai congiunti della vittima non si configuri come propagazione alle vittime secondarie delle conseguenze dell'illecito e, dunque, del primo e unico evento lesivo, ma, piuttosto, come causazione di una pluralità di eventi dannosi coincidenti con la lesione di altrettanti interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico in titolarità di diversi soggetti come osservato in dottrina, l'illecito plurioffensivo è il risultato di un'indagine condotta in punto di rapporto di causalità non è una prima lesione a riflettersi sulla persona di altri, ma un unico illecito che colpisce più soggetti in questo senso si esprime Cass., sez. 3, 08/04/2020, numero 7748 . Ne discende, come ben rilevato dalla Corte d'Appello, che impropriamente la ricorrente, a supporto delle censure, fa leva sul concetto di danno riflesso e sulla distinzione fra vittima primaria e vittima secondaria. 3.5. Proprio prendendo le mosse dalla considerazione che i congiunti del Pa.Ja. vantano una pretesa autonoma, la Corte d'Appello è pervenuta ad affermare che la vicenda sottoposta al suo esame non potesse essere ricondotta alla clausola limitativa della responsabilità invocata dalla società assicuratrice, risultando i congiunti della vittima soggetti terzi rispetto alla prestazione lavorativa in occasione della quale si era verificato l'incidente occorso al loro congiunto, e che, al contrario, le domande risarcitorie fatte valere rientrassero a pieno titolo nell'ambito di applicazione della polizza RCT, così come individuato dalla clausola 5.1. del contratto. 3.6. L'impostazione seguita dai giudici di merito, sebbene non contenga un espresso richiamo ad essi, non incorre nella violazione di alcuno dei criteri ermeneutici invocati. 3.6.1. Invero, sulla base del tenore letterale della clausola 5.6, lett. r , sono esclusi dalla garanzia gli infortuni subiti da persone che, ai fini dell'Assicurazione R.C.T., non sono considerati terzi e tra questi, oltre al coniuge, ai genitori, ai figli dell'assicurato e a qualsiasi altro parente o affine, i dipendenti dell'assicurato che subiscano il danno in occasione del lavoro o servizi, i subappaltatori ed i loro dipendenti, nonché tutti coloro che, indipendentemente dalla natura del loro rapporto con l'assicurato, subiscano il danno in conseguenza della loro partecipazione manuale alle attività cui si riferisce l'assicurazione ma è evidente che i congiunti della vittima, a prescindere da ogni valutazione in merito alla effettiva partecipazione manuale del Pa.Ja. all'attività assicurata al momento del sinistro, sono rimasti del tutto estranei a tale attività e non possono, pertanto, essere ricompresi tra i soggetti contemplati dalla clausola. 3.6.2. La sentenza impugnata sfugge, dunque, alle censure prospettate anche con riferimento agli ulteriori criteri interpretativi di cui agli articolo 1363 e 1366 cod. civ. , dal momento che la parte ricorrente, nell'illustrazione del motivo, fa discendere i vizi contestati dal presupposto, erroneo per quanto sopra esposto, che il senso della clausola non poteva essere altro se non quello di escludere sia i danni del lavoratore se deceduto iure hereditatis, quindi , sia i danni dei suoi congiunti iure proprio , costituendo il danno dei congiunti un danno da rimbalzo. Deve piuttosto darsi continuità al principio di diritto, secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, la comune intenzione dei contraenti deve essere sì ricercata avendo riguardo al senso letterale delle parole da verificare alla luce dell'intero contesto negoziale ai sensi dell' articolo 1363 cod. civ. , nonché ai criteri d'interpretazione soggettiva di cui agli articolo 1369 e 1366 cod. civ. , ma sempre volti rispettivamente sia a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta, sia ad escludere - mediante comportamento improntato a lealtà ed a salvaguardia dell'altrui interesse - interpretazioni cavillose deponenti per un significato in contrasto con gli interessi che le parti hanno voluto tutelare mediante la stipulazione negoziale Cass., sez. 2, 28/03/2017, numero 7927 Cass., sez. 3, 23/05/2011, numero 11295 . Ebbene, la Corte di merito è nel caso approdata ad una interpretazione del contratto de quo in termini conformi ai suindicati principi, in quanto non si è limitata ad una interpretazione meramente formalistica del contratto, ma ha pure avuto cura di offrire una interpretazione non estranea allo scopo pratico che l'accordo stipulato era funzionalmente volto a realizzare, pervenendo ad un risultato ermeneutico tale da rendere realizzabile il programma contrattuale delle parti e l'intesa raggiunta e, quindi, l'interesse che l'operazione contrattuale era propriamente volta a soddisfare ha, quindi, tenuto conto dell'affidamento che, in base al contenuto ed allo scopo pratico dell'accordo quale emergente alla stregua dell'interpretazione sistematica e funzionale del contratto, tale clausola era idonea ad ingenerare nell'assicurato, in conformità al principio di buona fede. 3.6.3. Non pertinente è, invece, il richiamo al criterio di conservazione del contratto, secondo il quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno. La clausola di cui si discute, secondo l'interpretazione offerta dal giudice a quo, è già produttiva di effetti, in quanto esclude dalla garanzia gli infortuni causati a coloro che cooperano nell'attività assicurata, mentre la diversa interpretazione che la ricorrente suggerisce mira ad estendere quegli effetti anche ad ipotesi non espressamente contemplate dalla stessa e che, pertanto, ricadono nell'ambito di operatività della garanzia assicurativa. In tale contesto, dunque, le critiche avanzate da parte ricorrente, lungi dal rilevare errori giuridici nell'attività ermeneutica dei giudici di appello, finiscono per prospettare una lettura alternativa del testo contrattuale, che in nessun modo si confronta con i limiti segnati dalla giurisprudenza di legittimata sopra richiamata ciò che ne comporta l'inammissibilità. 3.7. Inammissibile, perché generico e del tutto inesplicato, è il secondo profilo di doglianza sollevato con il primo motivo violazione degli articolo 1905 e 1917 c.c. , per non avere la ricorrente minimamente indicato le ragioni per le quali la sentenza si pone in contrasto con le disposizioni normative evocate. Nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex articolo 360, primo comma, numero 3 , c.p.c. , giusta il disposto dell' articolo 366, primo comma, numero 4 , c.p.c. , dev'essere dedotto, a pena d'inammissibilità, non solo con l'indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. tra le tante, Cass., sez. 3, 26/07/2024, numero 20870 . Tale onere non è stato assolto dalla ricorrente. 4. Neppure sfugge alla declaratoria d'inammissibilità il secondo motivo del ricorso principale. La nuova formulazione dell' articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. , introdotta dall'articolo 54, comma 1, lett. b , del D.L. 22 giugno 2012, numero 83, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, numero 134 , ha limitato la impugnazione per vizio di motivazione alla sola ipotesi di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti , per cui, al di fuori di tale omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto minimo costituzionale, richiesto dall' articolo 111, sesto comma, Cost. Pertanto, il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un fatto storico controverso e che appaia decisivo ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del percorso argomentativo giustificativo della decisione adottata Cass., sez. U, 17/04/2014, numero 8053 e numero 8054 Cass., sez. U, 22/09/2014, numero 19881 Cass., sez. 3, 10/06/2016, numero 11892 . Il motivo in esame non è stato formulato nei termini in cui il vizio ex articolo 360, primo comma, n, 5, cod. proc. civ. è deducibile, considerato che esso tende a contestare una insufficienza della motivazione, non più sindacabile, e non individua il fatto storico, inteso nel rigoroso senso suddetto, pretermesso dal giudice di appello, che ha adeguatamente illustrato il criterio logico-giuridico che l'ha condotto al rigetto dell'appello, rendendo una motivazione che si pone sicuramente al di sopra del cd. minimo costituzionale. 5. Passando all'esame del ricorso incidentale, con il primo motivo il Ti.Ma. prospetta nullità della sentenza per violazione dell' articolo 112 cod. proc. civ. , addebitando alla Corte d'Appello di non essersi pronunciata sul motivo di gravame con cui aveva chiesto la condanna della società assicuratrice per responsabilità da mala gestio assicurativa, per violazione degli articolo 1175,1176,1218,1224,1375,1917,2697 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ. Rappresenta, al riguardo, di avere già avanzato la domanda in primo grado e che, in difetto di pronuncia da parte del Tribunale, l'ha reiterata in secondo grado, facendo rilevare che la condotta tenuta dalla società assicuratrice, che nulla aveva corrisposto ai congiunti della vittima, nonostante il lungo tempo trascorso dall'evento dannoso, gli aveva arrecato un evidente pregiudizio derivante sia all'aumento, con l'attualizzazione degli importi, del danno liquidato a suo carico ultra-massimale, sia anche dal fatto che era rimasto esposto alle azioni esecutive ed alla richiesta di fallimento. 5.1. Il motivo, che è rispettoso del principio di autosufficienza, in quanto il Ti.Ma. ha specificato di avere proposto la domanda nella comparsa di costituzione e risposta in primo grado, di cui ha riportato in ricorso uno stralcio e, successivamente, nell'appello incidentale, di cui pure ha riportato il contenuto, merita accoglimento. 5.2. Nella sentenza qui impugnata non si fa menzione alcuna del motivo di appello, che non viene in alcun modo esaminato, né dalla motivazione è possibile desumere che lo stesso sia stato ritenuto assorbito il che impone di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia. Poiché la questione prospettata involge accertamenti di fatto, la sentenza, in parte qua, deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'Appello, che dovrà procedere alla valutazione della doglianza, tenendo presente che affinché possa configurarsi una responsabilità che superi i limiti del massimale per mala gestio dell'assicuratore della responsabilità civile non è necessario che questi ometta il pagamento dell'indennizzo quando il debito dell'assicurato verso il terzo danneggiato sia stato accertato e quantificato con sentenza passata in giudicato ovvero per effetto di accordo negoziale, ma è sufficiente che vi sia stato l'omesso pagamento nonostante la responsabilità dell'assicurato e l'ammontare del danno fossero determinabili dall'assicuratore alla stregua dell'ordinaria diligenza e del principio di buona fede Cass., sez. 3, 24/10/2017, numero 25091 . 6. La fondatezza del primo motivo consente di dichiarare assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si censura, per violazione degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ. , il capo della sentenza concernente le spese di lite e, in particolare, la disposta compensazione delle spese nel rapporto processuale tra l'odierna ricorrente ed il Ti.Ma. 7. Va, dunque, dichiarata l'inammissibilità del ricorso principale va, inoltre, accolto il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame in ordine alla censura accolta e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo motivo cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.