Scrittura privata tra ex conviventi: validità ed efficacia alla luce delle norme sull'interpretazione dei contratti

La risoluzione dei contrasti interpretativi, tra una pattuizione « a latere » ed il contenuto di una separazione omologata o sentenza di divorzio, spetta al Giudice di merito ordinario, il quale dovrà fare ricorso ai criteri dettati dagli articolo 1362 s.s. c.c. in tema di interpretazione dei contratti ciò in relazione alla natura di contratti estranei all’oggetto del giudizio di divorzio, il che ne evidenzia la natura di contratti, impugnabili secondo le regole ordinarie.

Il caso Il Tribunale di Milano emetteva decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo col quale ingiungeva ad una donna di pagare all'ex convivente more uxorio la somma di oltre €380.000,00 in forza di una clausola contenuta in una scrittura privata sottoscritta tra le parti “a transazione” e a definizione degli aspetti economico-patrimoniali e a quelli relativi all'esercizio della responsabilità genitoriale sul figlio . Su opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla donna, il Tribunale, accogliendo la difesa della donna, rilevava che con tale accordo, avente natura transattiva, le parti avevano regolato gli aspetti sull'affidamento e sul mantenimento del figlio oltre ad aspetti economici e così dichiarava la risoluzione dell'accordo per grave inadempimento dell'uomo che non aveva provato di aver regolarmente adempiuto al proprio obbligo di mantenimento del figlio minore. In particolare, infatti, l'accordo prevedeva che la donna si impegnava, quale proprietaria di un immobile, a venderlo e a riconoscere all'uomo il prezzo con riconoscimento di debito finalizzato alla equiparazione delle elargizioni e dei beni conferiti dall'uomo alla prima famiglia e al primo figlio con quelle riconosciute e da riconoscersi alla seconda famiglia e al secondo figlio. I giudici d'appello, invece, riformava la decisione di primo grado, respingendo l'opposizione a decreto ingiuntivo accogliendo, dunque, le doglianze dell'uomo. Secondo la Corte, in particolare, tale accordo non era – come ritenevano i giudici di primo grado – un mero contratto di transazione, ma un accordo volto a regolamentare l'affidamento e il mantenimento del figlio, ai sensi dell' articolo 337 ter co. 4 c.c. , oltre ai rapporti patrimoniali tra gli ex conviventi. L'autonomia contrattuale delle parti, in questo caso, assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta. Data la peculiarità dell'accordo, secondo la Corte, gli obblighi previsti a carico delle parti non sono tra loro sinallagmatici, essendo il mantenimento della prole un obbligo che ex lege ricade su ciascun genitore, non possono esperirsi i rimedi dell'eccezione d'inadempimento articolo 1460 c.c. e della risoluzione del contratto per inadempimento articolo 1453 c.c. . Vista l'assenza di un rapporto di sinallagmaticità tra le obbligazioni di mantenimento del figlio minore assunte dal padre e l'obbligo della donna di corrispondere al padre di suo figlio il ricavato della vendita dell'immobile, quest'ultima non poteva giustificare il proprio mancato adempimento alle obbligazioni sancite dalla scrittura eccependo l'inadempimento della controparte. Gli accordi a latere La Corte di Cassazione torna, pertanto, a discutere di tutte quelle obbligazioni accessorie rispetto agli accordi c.d. separativi ribadendo che l' accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali , concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto neppure al giudice per l'omologazione Cass. 24621/2015 . Del pari, la soluzione dei contrasti interpretativi, tra una pattuizione «a latere» ed il contenuto di una separazione omologata o sentenza di divorzio, spetta al Giudice di merito ordinario, il quale dovrà fare ricorso ai criteri dettati dagli articolo 1362 s.s. c.c. in tema di interpretazione dei contratti, ciò in relazione alla natura di contratti estranei all'oggetto del giudizio di divorzio status, assegno di mantenimento per il coniuge o per i figli, casa coniugale ‒ seppure aventi causa nella crisi coniugale ‒, il che ne evidenzia la natura di contratti, impugnabili secondo le regole ordinarie. E quanto sopra vale anche per le coppie non sposate. L'autonomia negoziale delle parti e l'interpretazione dei contratti Quindi, appurato che tali accordi rientrino nell'autonomia negoziale delle parti, la Corte precisa anche che ai fini dell'interpretazione di dette clausole è necessario in via principale verificare il significato letterale che le parti hanno inteso attribuire a dette condizioni oltre alla generale volontà delle parti stesse la sentenza impugnata, al contrario, nella parte in cui ha ritenuto la clausola numero 5, in relazione al contenuto dell'accordo complessivo, nella parte relativa ad una obbligazione ex lege, quale il mantenimento della prole che ricade su ciascun genitore, non avesse natura contrattuale, con conseguente inapplicabilità dei rimedi dell'eccezione di inadempimento e della risoluzione per inadempimento, in mancanza di sinallagmaticità tra gli obblighi previsti delle parti, non ha provveduto a ricostruire la volontà delle parti. In particolare, la parte finale di detta clausola prevede «il riconoscimento dell'importo di € 380.000,00 a Tizio è finalizzato alla equiparazione delle elargizioni e dei beni conferiti da Tizio alla prima famiglia ed al primo figlio, al quale è stato intestato l'appartamento di via …., con quelle riconosciute e da riconoscersi alla seconda famiglia ed al secondo figlio ed alla ulteriore ed eventuale prole che dovesse sopravvenire». La clausola relativa ai 380.000 Euro che la donna si impegnava a versare all'ex convivente, secondo i giudici di legittimità, deve essere letta nel suo insieme e già dal significato letterale emerge la condizionalità con l'assolvimento degli obblighi di mantenimento, laddove inadempiuti. In tal modo, è del tutto legittimo che una delle parti,  nell'ambito di un accordo con l'ex convivente sul mantenimento del figlio questo lo scopo e sulla sostanziale sistemazione dei profili patrimoniali ma sempre in funzione del figlio , abbia riconosciuto un debito, del tutto disancorato dall'assunzione dell'obbligo ex lege, nonostante sia spiegata, nell'atto complessivo, la causa concreta del riconoscimento, la equiparazione dei diritti dei figli delle due famiglie dell'uomo. Erronea la conseguente della Corte d'Appello sulla non possibilità di una risoluzione per inadempimento.

Presidente Acierno - Relatore Iofrida Fatti di causa La   Corte d'Appello di Milano, con sentenza numero 476/2023, pubblicata l'11/2/2023 , ha riformato la decisione di primo grado, respingendo l'opposizione,   ex articolo 645 c.p.comma , promossa da Pi.Mi. avverso il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, emesso dal Tribunale di Milano in data 29 aprile 2019, su ricorso di Sc.Gi., con il quale si era ingiunto alla Pi.Mi. di pagare allo Sc.Gi., ex convivente, la somma di Euro 380.000,00, oltre interessi e spese, in forza della clausola numero 5 di una scrittura privata sottoscritta da tali parti in data 21.11.2018, a transazione , per definire gli aspetti relativi all'esercizio della responsabilità sul figlio minore nato, nel 2007, dalla relazione sentimentale con convivenza more uxorio tra i due, terminata nel 2011 e quelli patrimoniali, clausola con la quale la Pi.Mi. si era impegnata in qualità di proprietaria esclusiva dell'abitazione sita in M alla via Omissis , a vendere il predetto immobile ed a riconoscere al sig. Sc.Gi. sul prezzo della vendita un ricavato pari alla somma complessiva di Euro 380.000,00 euro trecentottantamila/00 , riconoscimento di debito, sul prezzo di vendita di immobile di proprietà della Pi.Mi., finalizzato all'equiparazione delle elargizioni e dei beni conferiti dal sig. Sc.Gi. alla prima famiglia ed al primo figlio con quelle riconosciute e da riconoscersi alla seconda famiglia ed al secondo figlio . Il Tribunale, pronunciando sull'opposizione a decreto ingiuntivo nella quale l'opponente Pi.Mi. aveva chiesto, in via principale, che venisse dichiarata la nullità della clausola numero 5 dell'accordo ovvero la nullità dell'intera scrittura privata o, in via subordinata, che venisse annullata la clausola numero 5 dell'accordo ovvero l'intera scrittura privata ovvero, in via ulteriormente subordinata, che venisse pronunciata la risoluzione dell'accordo con conseguente condanna dello Sc.Gi. al risarcimento del danno , aveva accolto l'opposizione e rilevato che con tale accordo, avente natura transattiva, le parti, dalla cui convivenza more uxorio, cessata nel settembre 2011, era nato, il Omissis , il figlio Sc.Fr., avevano regolato gli aspetti concernenti l'affidamento e il mantenimento del figlio unitamente ad alcuni aspetti concernenti questioni patrimoniali pendenti tra le parti. Il Tribunale aveva dichiarato la risoluzione dell'accordo per grave inadempimento di parte opposta, lo Sc.Gi., che non aveva dato prova di avere regolarmente adempiuto al proprio obbligo di mantenimento del figlio minore, un'obbligazione a carattere alimentare, e aveva revocato il decreto ingiuntivo con condanna dello Sc.Gi. a rimborsare alla Pi.Mi. le spese di lite. In particolare, i giudici di appello hanno accolto i quattro motivi di appello principale dello Sc.Gi. si legge 1 Con il primo motivo censura la decisione di primo grado nella parte in cui il giudice ha ritenuto che le reciproche concessioni, necessarie ai fini della validità dell'accordo transattivo, andassero ravvisate solo nella disciplina convenzionale relativa all'obbligo di mantenimento su di lui gravante nei confronti del figlio Sc.Fr. e non anche nella ricognizione di debito - presente all'articolo 5 dell'accordo - volta a risolvere le questioni economiche esistenti tra le parti. 2 Con il secondo motivo impugna la parte della motivazione nella quale il Tribunale ha accolto l'eccezione di inadempimento formulata dalla Pi.Mi., senza considerare che tale eccezione non poteva essere opposta in assenza della prova di inadempimenti a lui imputabili. Precisa come l'appellata si sarebbe limitata a contestare un ritardo nell'esecuzione delle prestazioni, che tuttavia, in assenza di termine essenziale, non poteva giustificare l'operatività dell'eccezione   ex articolo 1460 c.comma   Il giudice avrebbe inoltre omesso di compiere il giudizio di comparazione tra le condotte di inadempimento e non aveva considerato la contrarietà a buona fede dell'eccezione di inadempimento invocata dalla Pi.Mi. in quanto volta a mascherare la sua inadempienza.3 Con il terzo motivo lamenta che il Tribunale aveva erroneamente posto a suo carico l'onere di provare di avere bene adempiuto, pur in assenza di una precisa allegazione avversaria circa le sue presunte condotte di inadempimento. 4 Con il quarto motivo l'appellante impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice ha ritenuto che l'inadempimento della sola parte dell'accordo concernente il mantenimento costituiva valido presupposto ai fini dell'operatività della tutela ex art 1460, senza rilevare che, dal tenore letterale dell'accordo e, in particolare, dalla clausola numero 5, emergeva che l'ulteriore interesse in capo alla Pi.Mi. di tutelare il proprio patrimonio da un'eventuale azione di riduzione o restituzione, impediva l'operatività dell'eccezione di inadempimento e respinto quello incidentale della Pi.Mi., articolato in tre motivi si legge 1 Con il primo motivo chiede che venga dichiarata la nullità dell'accordo transattivo per mancanza di causa. In particolare, ritiene non sussistenti i requisiti della reciprocità delle concessioni e dell'individuata la res dubia, necessari al fine di sorreggere causalmente una transazione. 2 Con il secondo motivo chiede l'annullamento dell'accordo per violenza morale, prospettando che lo Sc.Gi. l' avrebbe indotta ad accettare la clausola numero 5 dell'accordo minacciando, in mancanza, il mancato pagamento del contributo di mantenimento del figlio. 3 Con il terzo motivo reitera la richiesta di un risarcimento del danno in aggiunta alla risoluzione dell'accordo, rilevando che la risoluzione giustifica la condanna generica della parte inadempiente al risarcimento del danno, indipendentemente dal concreto accertamento di un pregiudizio patrimoniale . La Corte d'Appello ha fondato la decisione su una diversa qualificazione giuridica del rapporto, ritenuto, diversamente da quanto affermato in primo grado, non un contratto di transazione, ma un accordo volto a regolamentare l'affidamento e il mantenimento del figlio, disciplinati dall' articolo 337 ter co. 4 c.comma , oltre ai rapporti patrimoniali tra gli ex conviventi, la cui validità è stata da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità cfr. ex multis Cass. 663/2022 quale espressione dell'autonomia privata, accordo non di natura prettamente contrattuale, avendo ad oggetto l'adempimento di obbligo ex lege, cosicché l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività ed efficacia tra le parti del negozio concluso, nella corrispondenza delle pattuizione in esso contenute alle effettive esigenze di figlio Cass. 663/2022 . Poiché, in tale tipologia di accordo, gli obblighi previsti a carico delle parti non sono tra loro sinallagmatici, essendo il mantenimento della prole un obbligo che ex lege ricade su ciascun genitore, non possono esperirsi i rimedi dell'eccezione d'inadempimento articolo 1460 c.comma e della risoluzione del contratto per inadempimento articolo 1453 c.comma che la legge prevede in ambito contrattuale a tutela del contraente non inadempiente, difettando in toto il necessario requisito della corrispettività delle prestazioni stante l'assenza di un rapporto di sinallagmaticità tra le obbligazioni di mantenimento del figlio minore assunte dallo Sc.Gi. e l'obbligo della Pi.Mi. di corrispondere al padre di suo figlio il ricavato della vendita dell'immobile, quest'ultima non poteva giustificare il proprio mancato adempimento alle obbligazioni sancite dall'articolo 5 della scrittura eccependo l'inadempimento della controparte. Né potevano accogliersi i motivi di appello incidentale condizionato della Pi.Mi. in punto di nullità sia pure riferito dalla Pi.Mi. alla transazione, ai requisiti della reciprocità delle concessioni e dell'individuazione della res dubia , dovendo riconoscersi Cass. Sez. Unumero 2176/2021 piena validità alle clausole dell'accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reale, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, considerazioni queste estensibili anche agli accordi intervenuti a seguito della cessazione di un rapporto di convivenza di fatto la causa del contratto è da rinvenirsi nell'interesse che i contraenti avevano, al momento della stipulazione, a regolare tutti gli aspetti concernenti l'affidamento del figlio minore e a risolvere le pendenti questioni patrimoniali insorte a seguito della cessazione del rapporto di convivenza . Neppure era fondata la domanda di annullamento del contratto, reiterata dall'appellante incidentale nel secondo motivo, per la asserita violenza morale che la sig.ra Pi.Mi. avrebbe subito dall'ex compagno Sc.Gi., dovendo condividersi sul punto la valutazione del Tribunale, né alcuna prova vi era i capitoli di prova articolati dalla sig.ra Pi.Mi. erano generici e valutativi che Sc.Gi. avesse estorto con minaccia il consenso negoziale della Pi.Mi. e che la stessa fosse stata indotta a concludere l'accordo solo in conseguenza dell'illecito comportamento della controparte. Avverso la suddetta pronuncia, Pi.Mi. propone ricorso per cassazione, notificato 12/4/2023, affidato a sei motivi, nei confronti di Sc.Gi. che resiste con controricorso . La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. La ricorrente lamenta a con il primo motivo, la nullità della sentenza   ex articolo 360, numero 4 c.p.comma , in riferimento agli   articolo 112,329,342   e   346 c.p.c., per non avere la Corte d'Appello di Milano rilevato che, sulla natura transattiva della scrittura privata intercorsa tra le parti nel 2018 si era formato un giudicato interno e che dunque la questione non poteva essere riconsiderata in fase di appello b con il secondo motivo, la nullità della sentenza,   ex articolo 360, numero 4 c.p.comma , in riferimento all' articolo 101 c.p.comma , per avere la Corte d'Appello di Milano, riqualificando la fattispecie di riferimento, emesso una sentenza a sorpresa , violando il principio del contraddittorio e il diritto di difesa delle parti ed in particolare dell'odierno ricorrente c con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione   ex articolo 360, numero 3 c.p.comma   degli articolo 1362 ss. c.c., in materia di interpretazione del contratto nonché del procedimento che presiede alla ri qualificazione giuridica, avendo la sentenza impugnata accolto l'appello principale, senza tener conto, nella sua riqualificazione della fattispecie di riferimento come non prettamente contrattuale , né del tenore letterale della scrittura privata intercorsa tra le parti, né della loro comune intenzione né del loro comportamento successivamente alla stipula della scrittura stessa d con il quarto motivo, in via subordinata, la violazione falsa applicazione di norme di diritto articolo 360, numero 3 c.p.comma , in relazione agli   articolo 1321 ss. c.comma , 1424, 1453, 1460 e 337 ter, comma 4, c.c., per avere la Corte d'Appello di Milano, nell'accogliere l'appello principale, negato che un accordo stipulato in occasione di una crisi genitoriale possa avere natura contrattuale come invece riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità ed essere dunque assoggettato alla disciplina in materia di risoluzione per inadempimento e con il quinto motivo, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 360, numero 3 c.comma , con riferimento agli   articolo 1362 ss. c.comma , in materia di interpretazione del contratto nonché del procedimento che presiede alla ri qualificazione giuridica, per avere la Corte d'Appello, accogliendo il gravame principale dello Sc.Gi. e respingendo quello incidentale condizionato della Pi.Mi., non rilevato che alla scrittura privata intercorsa tra le parti doveva riconoscersi natura mista , valorizzando la natura contrattuale almeno dell'impegno qualificato come transattivo di cui alla clausola numero 5 g con il sesto motivo, la violazione e falsa applicazione di legge articolo 360, numero 3 c.comma , in riferimento agli   articolo 1362   e   1965 c.comma , per avere la Corte d'Appello di Milano, dopo avere escluso un rapporto sinallagmatico tra le obbligazioni scaturenti dalla scrittura privata del 2018, respinto, sulla base di una erronea riqualificazione dell'accordo e senza dare rilievo almeno alla natura mista del negozio intercorso tra le parti, il primo motivo di appello incidentale condizionato della sig.ra Pi.Mi., che chiedeva di dichiarare la nullità della clausola numero 5, con riferimento alla normativa in materia di transazione, per mancanza dei presupposti di tale contratto e, in generale, di una causa del suo impegno a favore del sig. Sc.Gi., affermando che tale causa doveva rinvenirsi nella definizione delle questioni economiche esistenti tra le parti, senza considerare che la lettera e la dichiarata intenzione delle parti escludeva tale riferimento, nonché la nullità della sentenza impugnata   ex articolo 360, numero 4 c.p.comma , con riferimento all' articolo 132 c.p.comma   e all' articolo 111, comma 6 Cost. , per avere la Corte d'Appello di Milano respinto il primo motivo di appello incidentale condizionato della Pi.Mi. con una motivazione apparente e tautologica. 2. La prima censura è infondata. 2.1. Assume la ricorrente che per tutto il procedimento di primo grado, le parti si erano confrontate sul presupposto che quella sottoscritta dagli stessi nel 2018 fosse una transazione e il Tribunale nella sentenza del dicembre 2021 aveva affermato che l'accordo tra le parti aveva natura transattiva La clausola numero 5 del contratto, esclusa dalla presentazione al giudice della regolamentazione dei rapporti con la prole a seguito della cessazione di una unione di fatto, dalla cui competenza esula l'omologazione di accordi in materia di rapporti patrimoniali tra gli ex conviventi, non costituisce una pattuizione autonoma, ma trova la propria ragion d'essere proprio nella complessiva disciplina convenzionale con cui le parti hanno inteso porre fine e prevenire controversie sia con riguardo specifico alle modalità di adempimento dei doveri del sig. Sc.Gi. nei confronti del primogenito Sc.Fr. sia ad eventuali ma possibili controversie circa i diritti della prima e della nuova famiglia , in relazione alle attribuzioni patrimoniali già destinate al minore la clausola numero 5 fa espresso riferimento, infatti, all'immobile di via Omissis . Lo Sc.Gi., nel suo appello principale avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano, non aveva messo in discussione la natura transattiva della scrittura privata del 2018, rispetto alla quale, anzi, aveva individuato le reciproche concessioni previste dalla legge per la validità di una transazione, contestando, con i motivi di appello, soltanto il capo della sentenza di primo grado che aveva dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento. Quindi la Corte d'Appello di Milano, nel riqualificare la fattispecie controversa in senso totalmente distonico rispetto a quanto sino a quel momento discusso tra le parti, deciso dal giudice di prime cure e posto ad oggetto degli appelli principali ed incidentali delle medesime parti, si sarebbe pronunciata su una questione che era ormai coperta dal giudicato interno, per il combinato disposto degli   articolo 112,329,342   e   346 c.p.comma 2.2. Il controricorrente sostiene che la doglianza è infondata, in quanto se la formazione del giudicato interno, in ossequio al contenuto precettivo risultante dal combinato disposto degli   articolo 112,329,342   e   346 c.p.c., richiede necessariamente l'inerzia/acquiescenza dell'appellante in ordine a capi della sentenza del tutto autonomi, nel caso in esame, la natura transattiva dell'accordo stipulato tra le parti il 21.11.2018 non è suscettibile di acquisire la forza tipica del giudicato, costituendo l'antecedente necessario ed imprescindibile di tutte quelle conseguenze giuridiche che costituiscono oggetto di specifica impugnativa . Osserva il controricorrente che il titolo su cui poggia la domanda ovvero la pretesa creditoria azionata in sede monitoria , vale a dire l'accordo del 2018, a prescindere dal suo nomen iuris, che è alla base dell'individuazione del bene della vita richiesto dall'appellante Sc.Gi., non ha subìto mutazioni di sorta ad opera del giudice dell'impugnazione, che non ha introdotto nel thema decidendum nuovi elementi di fatto, in grado di determinare una modifica del petitum o della causa petendi, ma si è limitato ad offrire una diversa qualificazione di quegli elementi già indicati dalle parti nell'instaurato giudizio. Peraltro, la stessa appellante incidentale Pi.Mi. aveva eccepito l'invalidità della transazione e l'invalidità dell'atto per carenza dei requisiti essenziali, che è una patologia che attiene al momento genetico dello stesso, osta, evidentemente, alla formazione del giudicato sulla natura giuridica del medesimo, che costituisce il presupposto logico-giuridico della paventata nullità . 2.3. La Corte d'Appello ha ritenuto di poter procedere alla diversa qualificazione giuridica del rapporto, d'ufficio, in difetto di specifico motivo di impugnazione, sulla base della giurisprudenza in materia di riqualificazione del rapporto. Questa Corte Cass. 9597/1998 ha da tempo affermato che il giudice d'appello può dare al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere dovere di inquadrare nell'esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purché nell'ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il petitum e la causa petendi e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto . Il principio si trova ribadito in   Cass. 15674/2004   In tema di impugnazioni, il giudice di appello incorre nel vizio di extrapetizione allorché pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d'ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato. Non è precluso, invece, allo stesso giudice l'esercizio del potere-dovere di attribuire al rapporto controverso una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti, purché essa non si fondi su elementi di fatto nuovi rispetto a quelli che hanno formato oggetto del dibattito processuale, dovendosi riconoscere al giudice di appello la possibilità di definire, anche con riferimento alla individuazione della causa petendi , l'esatta natura del rapporto dedotto in giudizio onde precisarne il contenuto e gli effetti, in relazione alle norme applicabili e in   Cass. 4008/2006   Il giudice d'appello può dare al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere dovere di inquadrare nell'esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purchè nell'ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il petitum e la causa petendi e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto nel caso di specie, parte attrice aveva domandato la risoluzione di una transazione per inadempimento della controparte, la quale aveva contestato la natura di transazione della dichiarazione sottoscritta e questa Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza d'appello che aveva qualificato come transazione novativa l'accordo raggiunto tra le parti, avendo le stesse dichiarato di rinunciare e di annullare ogni precedente scritto ed accordo derivante dal contratto di locazione . In linea con tale orientamento, si è affermato Cass. 19090/2007 che Il giudice d'appello può conferire al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere-dovere di inquadrare nell'esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purché nell'ambito delle questioni riproposte col gravame e con il limite di lasciare inalterati il petitum e la causa petendi e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto il principio è stato applicato nel caso di domanda di pagamento proposta con riguardo ad un contratto plurilaterale - stipulato da un terzo con la parte appellata ed a favore dell'appellante - invece qualificato dal giudice d'appello come delegatio promittendi , a seguito della quale l'appellata si era obbligata verso l'appellante ad adempiere ad un'obbligazione gravante sul terzo . Conforme anche   Cass. 16213/2015   con la quale si è ritenuto che la riconduzione delle pattuizioni intervenute tra le parti alla figura del contratto autonomo di garanzia, anziché a quella della fideiussione, in quanto frutto dell'interpretazione di clausole già esaminate e discusse in primo grado, non implicava il mutamento della causa petendi posta a fondamento della pretesa azionata in giudizio dall'attore . Sempre questa Corte ha ribadito Cass. 10617/2012 conf.   Cass. 3893/2020 che sebbene sia consentito al giudice d'appello qualificare il contratto oggetto del giudizio in modo diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, tale attività gli è vietata se, per pervenire alla nuova qualificazione debba prendere in esame fatti nuovi e non dedotti dalle parti, né rilevati dal giudice di primo grado cosicché si è ritenuto che, una volta che un contratto di garanzia sia stato qualificato come fideiussione tipica dal giudice di primo grado, è viziata da ultrapetizione la sentenza con la quale il giudice d'appello lo qualifichi come contratto autonomo di garanzia, facendo leva sul contenuto di alcune clausole contrattuali non considerate dal giudice di prime cure . Ancora questa Corte Cass. 12875/2019 ha precisato che il giudice d'appello può qualificare il rapporto dedotto in giudizio in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, purché non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto, lasci inalterati il petitum e la causa petendi ed eserciti tale potere-dovere nell'ambito delle questioni, riproposte con il gravame, rispetto alle quali la qualificazione giuridica costituisca la necessaria premessa logico-giuridica, dovendo, altrimenti, tale questione preliminare formare oggetto di esplicita impugnazione ad opera della parte che risulti, rispetto ad essa, soccombente nella specie è stato ritenuto inammissibile il motivo con il quale si invocava error in iudicando nella qualificazione giuridica del rapporto e si impugnava la sentenza d'appello nella parte in cui aveva qualificato il rapporto inter partes come contratto di trasporto merci, anziché come contratto di appalto di servizi, in quanto l'inquadramento giuridico del rapporto nello schema negoziale del contratto di trasporto merci per conto terzi, operato dal Tribunale, avrebbe dovuto costituire esplicito motivo di gravame da parte della società committente . Nella specie, la Corte d'Appello non ha mutato il titolo della domanda dell'appellante Sc.Gi. ma ha evidenziato la natura non prettamente contrattuale dell'accordo de quo, non introducendo nel thema decidendum nuovi elementi di fatto, in grado di determinare una modifica del petitum o della causa petendi, ma si è limitata ad offrire una diversa qualificazione di quegli elementi già indicati dalle parti nell'instaurato giudizio. 3. La seconda censura è del pari infondata. Si lamenta che vi sarebbe stata una decisione a sorpresa , senza la necessaria previa sollecitazione del contraddittorio tra le parti sulla diversa qualificazione giuridica del contratto posto a base della pretesa creditoria . Orbene, il principio iura novit curia comporta che nell'esercizio della sua funzione, il giudice possa essere coadiuvato dalle parti nella ricerca delle fonti giuridiche da applicare al caso concreto, ma resta comunque libero di qualificare la fattispecie ed individuare la relativa norma. Al fine di evitare che il giudice, nel decidere una controversia, introduca una questione che non sia mai stata sottoposta al controllo e alla discussione delle parti, violando così non solo il principio del contraddittorio, ma anche il diritto di difesa, l' articolo 101, comma 2, c.p.comma   commina la nullità delle decisioni che si fondino su questioni rilevate ex officio sulle quali il giudice non abbia sollecitato il confronto dialettico tra le parti. Tuttavia, per costante giurisprudenza, l'obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d'ufficio, stabilito dall' articolo 101, comma 2, c.p.comma   non riguarda le questioni di solo diritto, ma quelle di fatto ovvero quelle miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio, bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle richieste dalle parti ovvero un'attività assertiva in punto di fatto e non già mere difese Cass. numero 11724/2021 . In   Cass. 82/2024   si è ribadito che L'obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d'ufficio, stabilito dall' articolo 101, comma 2, c.p.comma , non riguarda le questioni di solo diritto, ma quelle di fatto ovvero quelle miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio, bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero una attività assertiva in punto di fatto e non già mere difese in applicazione del principio, questa Corte ha negato la nullità della sentenza impugnata che, rilevando d'ufficio il caso fortuito, non aveva concesso termine a difesa   ex articolo 101 c.p.comma , posto che non si trattava di una nuova questione di fatto, ma di una diversa ricostruzione della vicenda con parziale riqualificazione dei medesimi fatti . In   Cass. 1617/2022 , si è ritenuto che la ritenuta sussistenza di un adempimento di un'obbligazione naturale, giustificata dai doveri di natura morale e sociale di un convivente verso l'altro, in luogo di una donazione nello spostamento patrimoniale derivato da un'operazione di giroconto effettuata dal titolare di conto corrente in favore di altro soggetto, avrebbe necessitato il previo contraddittorio tra le parti, in quanto la sussistenza della obbligazione naturale postula una duplice indagine, finalizzata non solo ad accertare se ricorra un dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente nella società, ma implica altresì la sussistenza della proporzionalità fra il pregiudizio subito e l'attribuzione patrimoniale compiuto , requisiti che dovevano essere riscontrati positivamente solo previo contraddittorio tra le parti. Orbene la Corte d'Appello, nel ritenere configurabile, nel caso di specie, non un contratto di transazione, ma un accordo stipulato in occasione di una crisi familiare a struttura non sinallagmatica, ha risolto, con una riqualificazione giuridica del rapporto rilevata ex officio, come poteva fare, una questione di puro diritto, o, al più, a natura mista, di fatto e diritto, che, in ogni caso, è stata decisa dall'adito giudicante sulla base di una diversa valutazione del materiale probatorio già esistente e ritualmente prodotto dalle parti. Poiché i fatti costitutivi sono rimasti gli stessi, non è sorta la necessità di sollecitare il contraddittorio su elementi fattualmente incontroversi. 4. Con il terzo motivo si denuncia la violazione delle norme in materia di interpretazione del contratto, in punto di individuazione della comune intenzione delle parti,   ex articolo 1362 c.comma , deducendosi che la stessa era da individuarsi nella volontà delle stesse di porre fin ad una controversia insorta a causa dell'inadempimento dello Sc.Gi. all'obbligo di mantenimento del figlio, al momento della cessazione della convivenza con la Pi.Mi. attraverso la regolamentazione di vari profili patrimoniali. Tale intenzione si evinceva sia dall'intestazione della scrittura Scrittura privata portante transazione sia dal comportamento successivo delle parti, da cui si evinceva che le stesse avevano sempre inteso l'accordo come un contratto a prestazioni corrispettive. Con il quarto motivo si lamenta la violazione di altre disposizioni, gli   articolo 1321 ss. c.comma , 1424, 1453, 1460 e 337 ter, comma 4, c.c., per avere la Corte d'Appello di Milano, nell'accogliere l'appello principale dello Sc.Gi., escluso che un accordo stipulato in occasione di una crisi genitoriale possa avere natura contrattuale e che gli obblighi previsti a carico delle parti siano tra loro sinallagmatici, essendo il mantenimento della prole un obbligo che ex lege ricade su ciascun genitore, cosicché per tali motivi non possa essere assoggettato alla disciplina in materia di risoluzione del contratto per inadempimento. Il che sarebbe in contrasto con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, alla cui stregua, nel contesto delle relazioni affettive, il riconoscimento dell'autonomia negoziale si estrinseca nell'attribuzione della natura contrattuale allo stesso accordo di separazione consensuale / divorzio a domanda congiunta v.   Cass., numero 18066/2014 , in particolare rispetto ai profili patrimoniali attinenti al contenuto c.d. eventuale e, a fortiori, lo stesso ragionamento deve valere per gli accordi stipulati tra genitori non coniugati ai sensi dell' articolo 337 ter, comma 4 c.comma Secondo la ricorrente sarebbe inconferente il riferimento a Cass. 663/2022 o a   Cass. 11342/2004 , in quanto, nel caso qui in esame, l'impegno contenuto nella clausola numero 5 della scrittura transattiva tra le parti non è stato preso da un genitore a titolo di adempimento del proprio obbligo genitoriale di mantenimento, bensì dall'altro genitore, ovvero quello che, in base alla scrittura stessa, in quanto collocatario della prole, avrebbe ricevuto il contributo nel mantenimento del figlio . Poiché l'obbligazione di cui si controverte nel presente giudizio non è quella del genitore tenuto al mantenimento né afferisce in alcun modo alla responsabilità genitoriale sul figlio minore delle parti, stante la natura sicuramente contrattuale dell'obbligazione, si sarebbe dovuta applicare la normativa generale dei contratti in materia di risoluzione del contratto, per consentire alla Pi.Mi. di non adempiere al proprio obbligo di cui alla clausola numero 5 della scrittura, a fronte del palese, incontestato e realisticamente premeditato inadempimento da parte dello Sc.Gi. Nella specie, l'impegno assunto dalla Pi.Mi. con la clausola numero 5 dell'accordo non si colloca nel contesto della regolamentazione del mantenimento del figlio minore Sc.Fr. da parte del padre, bensì in quello della definizione di una asserita ma inesistente controversia tra le due parti. Con il quinto motivo, in relazione al rigetto dei motivi dell'appello incidentale condizionato della Pi.Mi., si denuncia violazione o falsa applicazione dell' articolo 1362 c.comma   in tema di interpretazione del contratto per non avere la Corte d'Appello di Milano accogliendo l'appello principale dello Sc.Gi. e respingendo l'appello incidentale condizionato della Pi.Mi. rilevato che alla scrittura privata intercorsa tra le parti dovesse riconoscersi almeno natura mista , valorizzando la natura contrattuale almeno dell'impegno qualificato come transattivo di cui alla clausola numero 5. In via subordinata, rispetto ai motivi terzo e quarto, si deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere, a tutto volere concedere , che la scrittura privata intercorsa tra le parti docomma 5 si componeva di due negozi distinti il primo, relativo alla determinazione delle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale sul figlio minore Sc.Fr. articolo 2, 3 e 4 della scrittura , il secondo, relativo ad una transazione tra le parti in merito alla vendita dell'immobile di Via della Omissis a M da parte della sig.ra Pi.Mi., di obbligo della stessa, all'esito di tale vendita, di corrispondere 380.000,00 Euro al sig. Sc.Gi. articolo 5 . Si sostiene che si sia trascurato di considerare il tenore letterale della clausola. La clausola numero 5, nella sua parte finale, afferma infatti che il riconoscimento dell'importo di Euro 380.000,00 al sig. Sc.Gi. è finalizzato alla equiparazione delle elargizioni e dei beni conferiti dal sig. Sc.Gi. alla prima famiglia ed al primo figlio, al quale è stato intestato l'appartamento di via Omissis , con quelle riconosciute e da riconoscersi alla seconda famiglia ed al secondo figlio ed alla ulteriore ed eventuale prole che dovesse sopravvenire . E si sarebbe trascurato di considerare che le parti, in occasione della loro crisi matrimoniale / genitoriale, possono concludere anche accordi a contenuto misto, dedicati, in parte alle questioni direttamente scaturenti da tale crisi e, per altra parte, alla definizione di altre questioni patrimoniali tra loro controverse. Accordi di questo tipo non sono direttamente collegata alla crisi familiare o genitoriale ma trovano, in tale crisi, esclusivamente l'occasione per la loro stipulazione e devono ritenersi assoggettati alla disciplina generale dei contratti e a quella specifica dei contratti di transazione. Inoltre, si sarebbe trascurato di considerare che l'autonomia all'impegno di cui al punto 5 della scrittura, rispetto agli altri assunti negli articolo da 2 a 4, emergeva dalla stessa lettera della scrittura da loro sottoscritta che, al punto 6, impegnava le parti a depositare un ricorso congiunto   ex articolo 316   e   337 bis ss. c.comma , aventi le medesime condizioni della presente scrittura ad eccezione dei punto 5 e 6 entro un mese dalla sottoscrizione della presente scrittura privata docomma 5, p. 8 . Da tale clausola, emerge con chiarezza la comune intenzione delle parti di tenere distinti gli accordi sulla responsabilità genitoriale da quello relativo alla vendita della casa di via Omissis di proprietà esclusiva della Pi.Mi. Con il sesto motivo, si denuncia sempre la violazione o falsa applicazione degli   articolo 1362   e   1965 c.comma , avendo la Corte d'Appello di Milano respinto, senza dare rilievo almeno alla natura mista del negozio intercorso tra le parti, il primo motivo di appello incidentale condizionato della Pi.Mi. che chiedeva di dichiarare la nullità della clausola numero 5, con riferimento alla normativa in materia di transazione, applicabile almeno a tale clausola, per mancanza dei presupposti di tale contratto e, in generale, di una causa del suo impegno a favore del Sc.Gi., nonché la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell' articolo 360, numero 4 c.p.comma , con riferimento all' articolo 132 c.p.comma   e all' articolo 111, comma 6 Cost. , per avere respinto il primo motivo di appello incidentale condizionato con una motivazione apparente. Si ribadisce che la clausola numero 5 della scrittura del 2018, ove ritenuta di natura transattiva, resta priva di causa concreta , dal momento che la Pi.Mi. - non aveva debiti nei confronti di Sc.Gi. - non era tenuta a farsi carico delle ragioni della nuova famiglia dell'odierna appellante dovendo anzi tutelare le ragioni del figlio Sc.Fr. - con l'accordo preso con Sc.Gi. non avrebbe comunque messo al riparo Sc.Fr. da future rivendicazioni successorie dei fratelli . Ma anche prescindendo dalla qualificazione dell'obbligazione in termini di transazione, la promessa di versare un'ingente somma, all'esito della vendita di un immobile di proprietà esclusiva, da parte del genitore economicamente più debole, nonché collocatario del figlio minore e in virtù di ciò titolare del diritto a percepire un assegno di mantenimento a vantaggio del minore medesimo , a vantaggio dell'altro genitore economicamente più forte , restava comunque priva di causa, considerato che a non vi era liberalità, la quale peraltro non può formare oggetto di un'obbligazione qual è quella divisata nel caso di specie e comunque richiede requisiti formali qui non presenti b non vi era obbligazione naturale, essendo tra l'altro la Pi.Mi. priva di mezzi nonché soggetto economicamente debole c non vi era alcun obbligo giuridico in capo alla medesima Pi.Mi. . 5. Le censure, da trattare unitariamente, vanno accolte nei sensi di cui in motivazione. Questa Corte ha affermato che le clausole dell'accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso È stato attestato, assume forma di atto pubblico   ex articolo 2699 c.comma   e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione   ex articolo 2657 c.comma   Cass. S.U. 21761/2021 . Ed, inoltre, si è chiarito che l'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto neppure al giudice per l'omologazione Cass. 24621/2015 e questa Corte ha stabilito che la soluzione dei contrasti interpretativi, tra una pattuizione a latere ed il contenuto di una separazione omologata o sentenza di divorzio, spetta al Giudice di merito ordinario, il quale dovrà fare ricorso ai criteri dettati dagli   articolo 1362 s.s. c.comma   in tema di interpretazione dei contratti. Cio' in relazione alla natura di contratti estranei all'oggetto del giudizio di divorzio status, assegno di mantenimento per il coniuge o per i figli, casa coniugale - seppure aventi causa nella crisi coniugale -, il che ne evidenzia la natura di contratti, impugnabili secondo le regole ordinarie. Nella specie, si verte in ipotesi di accordo stipulato tra ex conviventi di fatto, al momento della cessazione della convivenza, al fine di disciplinare sia profili relativi al mantenimento della prole sia questioni patrimoniali insorte nella coppia. Al riguardo, è stato affermato che In tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cu all' articolo 337 ter comma 4 c.comma , anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell'autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un'omologazione o controllo giudiziale preventivo tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l'adempimento di un obbligo ex lege , l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell'effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all'interesse morale e materiale della prole Cass. 663/2022 . Orbene, riconosciuto dalla stessa Corte d'Appello che rientrasse nella piena autonomia negoziale delle parti disciplinare gli aspetti economico-patrimoniali, estranei agli obblighi ex lege riguardanti la prole, in relazione ai quali l'autonomia delle parti contraenti incontra limiti, occorreva vagliare con attenzione il contenuto complessivo delle pattuizioni e della clausola numero 5 in particolare dell'accordo inter partes del 2018, in base ai criteri di legge in ambito di interpretazione del contratto. Risponde, peraltro, ad un orientamento altrettanto consolidato il principio per cui, in sede di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate Cass. numero 7927 del 2017 . Si è, tuttavia, precisato al riguardo che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale. Il giudice, infatti, non può arrestarsi ad una considerazione atomistica delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del senso letterale delle parole , giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto Cass. numero 7927 del 2017 , in motivazione   Cass. 23701 del 2016 , in motivazione . Il giudice, quindi, deve raffrontare e coordinare tra loro le varie espressioni che figurano nella dichiarazione negoziale, riconducendole ad armonica unità e concordanza Cass. numero 2267 del 2018   Cass. numero 8876 del 2006 . La sentenza impugnata, invece, laddove ha ritenuto la clausola numero 5, in relazione al contenuto dell'accordo complessivo, nella parte relativa ad una obbligazione ex lege, quale il mantenimento della prole che ricade su ciascun genitore, non avesse natura contrattuale, con conseguente inapplicabilità dei rimedi dell'eccezione di inadempimento e della risoluzione per inadempimento, in mancanza di sinallagmaticità tra gli obblighi previsti delle parti, non ha provveduto a ricostruire la volontà delle parti, per come fatta palese dal ricorso ai criteri di interpretazione teleologica e sistematica, oltre che letterale del testo al suo esame, omettendo, in particolare, di vagliare il tenore letterale della clausola numero 5, nella sua parte finale, laddove afferma che il riconoscimento dell'importo di Euro 380.000,00 al sig. Sc.Gi. è finalizzato alla equiparazione delle elargizioni e dei beni conferiti dal sig. Sc.Gi. alla prima famiglia ed al primo figlio, al quale è stato intestato l'appartamento di via Omissis , con quelle riconosciute e da riconoscersi alla seconda famiglia ed al secondo figlio ed alla ulteriore ed eventuale prole che dovesse sopravvenire . Del pari si È trascurato di vagliare l'autonomia dell'impegno di cui al punto 5 della scrittura, rispetto agli altri assunti negli articolo da 2 a 4, quale poteva emergere dalla stessa lettera della scrittura dalle parti sottoscritta che, al punto 6, impegnava le parti a depositare un ricorso congiunto ex articolo 316 e 337 bis ss. c.c., aventi le medesime condizioni della presente scrittura ad eccezione dei punto 5 e 6 entro un mese dalla sottoscrizione della presente scrittura privata docomma 5, p. 8 . Orbene, la clausola 5 relativa ai 380.000 Euro che la Pi.Mi. si impegnava a versare all'ex convivente deve essere letta nel suo insieme e già dal significato letterale emerge la condizionalità con l'assolvimento degli obblighi di mantenimento, laddove inadempiuti. Invero, si dice espressamente che si equiparano i diritti della prima famiglia e della seconda dello Sc.Gi. Si È così ritenuto che una delle parti, nell'ambito di un accordo con l'ex convivente sul mantenimento del figlio questo lo scopo e sulla sostanziale sistemazione dei profili patrimoniali ma sempre in funzione del figlio , abbia riconosciuto un debito, del tutto disancorato dall'assunzione dell'obbligo ex lege, nonostante sia spiegata, nell'atto complessivo, la causa concreta del riconoscimento, la equiparazione dei diritti dei figli delle due famiglie dello Sc.Gi. Si deve ribadire che l'accordo va letto nel suo insieme, non potendo il nesso condizionale tra la prima parte e la seconda essere scisso. Risultano pertanto essere stati violati i canoni legali ermeneutici, in primis quello letterale della singola clausola articolo 5 che va letta nell'insieme dell'accordo e con la prima parte dello stesso atto. La conseguente conclusione circa la non possibilità di una risoluzione per inadempimento risulta dunque falsata ed erronea. E, di conseguenza, anche la statuizione di rigetto dei motivi dell'appello incidentale condizionato rispetto all'accoglimento del gravame principale dello Sc.Gi. della Pi.Mi., con i quali si reiterava la doglianza di invalidità della clausola, deve essere cassata. 3. Per quanto sopra esposto, vanno accolti i motivi terzo, quarto, quinto e sesto, nei sensi di cui in motivazione, respinti i primi due motivi, e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i motivi terzo, quarto, quinto e sesto, nei sensi di cui in motivazione, respinti i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.