La Suprema Corte, intervenendo sulla legittimità del licenziamento per giusta causa, legato all’uso distorto dei permessi per assistenza familiare disabile ex l. numero 104/1992, ribalta la decisione della Corte d’Appello l’abuso del diritto non è solo una questione quantitativa, ma anche qualitativa, richiedendo una valutazione complessiva della condotta del lavoratore, oltre ai calcoli aritmetici sui tempi di assistenza.
Il caso Un dipendente era stato licenziato dalla società datrice di lavoro il 30 dicembre 2019 per giusta causa, in seguito alla contestazione di un uso distorto dei permessi giornalieri per l'assistenza al suocero disabile. L'azienda aveva sostenuto che il ricorrente non avesse prestato un'assistenza sufficiente, dedicando solo un'ora al giorno al suocero, mentre il resto della giornata sarebbe stato impiegato in attività personali. Il dipendente aveva impugnato il licenziamento , sostenendo che, pur non avendo dedicato l'intera giornata all'assistenza, aveva comunque svolto tutte le attività necessarie per garantirla, come l'acquisto di medicinali e la gestione delle incombenze quotidiane. La decisione del Tribunale e della Corte d'Appello Il Tribunale aveva inizialmente accolto il ricorso, annullando il licenziamento e ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro. Inoltre, la società era stata condannata al pagamento di un risarcimento limitato a dodici mensilità . Il Tribunale aveva ritenuto che il tempo complessivamente dedicato all'assistenza fosse sufficiente e che le attività strumentali, come l'acquisto di beni di prima necessità, dovessero essere considerate parte integrante dell'assistenza al disabile. La Corte d'Appello, nel suo giudizio, aveva accolto il gravame della società, affermando che il tempo dedicato dall'impiegato all'assistenza fosse inferiore a quanto necessario . In particolare, aveva escluso che il tempo impiegato nelle attività accessorie fosse sufficiente a giustificare l'uso dei permessi come legittimo. La Corte territoriale aveva quindi escluso il nesso causale tra i permessi richiesti e l'effettiva assistenza al disabile , citando precedenti giuridici della Suprema Corte Cass. numero 9217/2016 in cui la violazione dei doveri di buona fede e correttezza era configurata quando l'assistenza prestata fosse stata inferiore alla metà del tempo dei permessi. La decisione della Corte Il dipendente aveva impugnato la sentenza della Corte d'Appello tramite ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte avesse errato nel ritenere necessario che l'assistenza fosse prestata durante le ore di lavoro e che il tempo dedicato all'assistenza fosse inferiore alla metà della giornata lavorativa . Inoltre, il ricorrente aveva lamentato l'omesso esame di un fatto decisivo, ossia che l'assistenza fosse stata prestata ogni giorno di assenza dal lavoro, anche se in misura inferiore a quella ritenuta sufficiente dalla Corte territoriale. La Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso. In particolare, ha sottolineato che la nozione di “ uso distorto ” dei permessi per assistenza a familiare disabile non può essere ridotta a una semplice valutazione quantitativa, ma deve includere anche un aspetto qualitativo . La Corte ha precisato che le attività accessorie e complementari all'assistenza, come l'acquisto di medicinali e altri beni necessari per il disabile, devono essere considerate come parte integrante dell'assistenza. La necessità che il nesso causale fra l'assenza dal lavoro e l'assistenza al disabile sia valutato non soltanto in termini quantitativi, ma anche qualitativi e complessivamente in modo relativo, ossia tenendo conto del contesto e di tutte le circostanze del caso concreto, è stata da tempo affermata dalla Corte Suprema in materia di congedo straordinario retribuito ai sensi dell' articolo 42, comma 5, d.lgs. numero 151/2001 e ha indotto a ritenere che il c.d. abuso del diritto sussista soltanto se quel nesso causale venga a mancare “del tutto” Cass. numero 19580/2019 . Laddove la Corte stessa ha infatti ritenuto che solo a tale condizione potrebbe rimproverarsi al lavoratore di aver tenuto un comportamento contrario a buona fede e correttezza «Ove l'esercizio del diritto soggettivo non si ricolleghi alla attuazione di un potere assoluto e imprescindibile, ma presupponga un'autonomia comunque collegata alla cura di interessi, soprattutto ove si tratti - come nella specie - di interessi familiari tutelati nel contempo nell'ambito del rapporto privato e nell'ambito del rapporto con l'ente pubblico di previdenza, il non esercizio o l'esercizio secondo criteri diversi da quelli richiesti dalla natura della funzione può considerarsi abuso in ordine a quel potere pure riconosciuto dall'ordinamento. L'abuso del diritto, così inteso, può dunque avvenire sotto forme diverse … In base al descritto criterio della funzione, deve ritenersi verificato un abuso del diritto potestativo allorché il diritto venga esercitato … non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività » Cass. numero 4984/2014 . Inoltre, la Cassazione ha ribadito che l'uso distorto del diritto ai permessi può configurarsi solo quando il lavoratore eserciti il diritto per scopi diversi da quelli per cui il diritto stesso è stato concesso , ossia per motivi estranei all'assistenza del disabile. L'abuso del diritto presuppone non solo una valutazione quantitativa, ma anche una valutazione complessiva del comportamento del lavoratore, che deve tener conto del contesto e delle circostanze del caso. La Corte ha più volte affermato che ricorre un errore di sussunzione quando, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non doveva esserlo, ovvero che sia stata male applicata Cass. numero 26307/2014 Cass. numero 22348/2007 . D'altro canto, il controllo di legittimità non si esaurisce in una verifica di correttezza dell'attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma è esteso alla sussunzione del fatto , accertato dal giudice di merito, nell'ipotesi normativa Cass. numero 1537/2022 Cass. numero 21772/2019 Cass. numero 24756/2007 . Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d'Appello non avesse adeguatamente considerato il contesto qualitativo e complessivo della condotta del ricorrente, basandosi solo su un calcolo aritmetico delle ore di assenza e assistenza . La Cassazione ha così annullato la decisione della Corte d'Appello, restituendo il caso al giudice di merito per una valutazione complessiva, che tenesse conto anche degli aspetti qualitativi e delle finalità assistenziali della condotta del lavoratore. Conclusioni La Cassazione ha ribadito che l'abuso del diritto si configura solo quando il diritto è esercitato per scopi diversi da quelli per cui è stato riconosciuto , e che la valutazione dell'assistenza al familiare disabile deve essere complessiva , includendo sia il tempo dedicato all'assistenza diretta che quello necessario per le attività complementari. Inoltre, ha sottolineato che l'errore di sussunzione si verifica quando la norma non viene applicata correttamente rispetto ai fatti accertati. Dunque, la Cassazione chiarisce che l'uso distorto dei permessi per l'assistenza al familiare disabile non può essere valutato solo in termini quantitativi è necessario considerare anche il contesto qualitativo e le attività complementari all'assistenza. Il caso è quindi stato rimesso al giudice di merito per una nuova valutazione, che consideri anche questi aspetti, al fine di determinare se vi sia stato abuso del diritto.
Presidente Patti – Relatore Panariello Rilevato che 1.- Ze.Gi. era stato dipendente di Cotral Spa fino al 30/12/2019, quando era stato licenziato per giusta causa opinamento di destituzione in seguito alla contestazione disciplinare di un uso distorto dei permessi giornalieri per assistenza al familiare suocero disabile ex lege numero 104/1992. Il dipendente impugnava il licenziamento per vari motivi, fra cui l'insussistenza del fatto addebitato. 2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale, all'esito della fase c.d. sommaria di cui al rito introdotto dalla legge numero 92/2012 , accoglieva la domanda di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro e condannava altresì la società al pagamento dell'indennità risarcitoria nel limite massimo di dodici mensilità. A seguito di opposizione della società, il Tribunale confermava l'annullamento e la reintegrazione, ma limitava la condanna risarcitoria disponendo la detrazione dell'assegno alimentare percepito. 3.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'Appello accoglieva il gravame interposto da Cotral Spa. Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava a la contestazione disciplinare si riferisce ai permessi fruiti nei giorni 4, 11, 16 ottobre 2019, 6 e 23 novembre 2019 e addebita al lavoratore di aver dedicato al suocero soltanto un'ora al giorno, impiegando tutto il resto della giornata in attività personali insieme alla moglie b la difesa del lavoratore è nel senso che occorre considerare anche le incombenze esterne come l'acquisto di medicinali e di altri generi di prima necessità e che comunque era rimasto presso l'abitazione del suocero anche dopo le ore 17,00, quando l'attività investigativa era terminata c secondo il Tribunale occorre tenere conto anche delle attività strumentali ed accessorie rispetto all'assistenza vera e propria, nonché del tempo impiegato dal lavoratore per recarsi presso l'abitazione dell'assistito e del tempo di rientro presso la propria abitazione, tutti integranti la nozione di assistenza d all'esito di determinati calcoli il Tribunale ha accertato che il tempo complessivamente dedicato al familiare disabile era stato pari ad ore 16 o 17 in cinque giorni, quindi pari al 40/42% del totale ed ha ritenuto che sommando a questa percentuale il tempo impiegato in attività strumentali comunque finalizzate all'assistenza, non erano stati violati dal dipendente gli obblighi di buona fede e correttezza, sicché la condotta da lui tenuta non poteva dirsi illecita, in quanto di valenza solo marginale, senza efficacia interruttiva del nesso di causalità diretta tra la fruizione del permesso e l'assistenza al disabile e fondato è il secondo motivo di gravame, con cui la società lamenta l'erroneità di questo giudizio f va infatti considerato che secondo la Suprema Corte di Cassazione Cass. numero 9217/2016 la mancata assistenza per due terzi o per almeno la metà del tempo dovuto integra una grave violazione dei doveri di correttezza e di buona fede g nel caso in esame, pur volendo seguire il calcolo del Tribunale, si perviene ad un'assistenza comprensiva delle attività strumentali ed accessorie pari al 42,5/45% del tempo totale, che è inferiore alla metà h pertanto deve ritenersi spezzato il nesso causale fra quei permessi e l'assistenza al familiare disabile i in ogni caso il comportamento rientra nelle ipotesi contemplate dall'articolo 45, punti 2 e 4, del regolamento all. A al r.d. numero 148/1931, fra cui rientra l'avvalersi della propria condizione per procurarsi premi, compensi o vantaggi indebiti, ancorché non ne siano derivati inconvenienti di servizio . 4.- Avverso tale sentenza Ze.Gi. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 5.- Cotral Spa ha resistito con controricorso. 6.- Il Consigliere delegato dal Presidente ha formulato ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. una proposta di definizione accelerata di decisione, ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso a causa dell'esistenza di plurimi precedenti di questa Corte, ai quali è stata ritenuta conforme la sentenza impugnata. 7.- Il difensore del ricorrente ha proposto tempestiva istanza di decisione. 8.- Entrambe le parti hanno depositato memoria. 9.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge. Considerato che 1.- Il ricorrente premette che, a seguito dell' articolo 24 L. numero 183/2010 , sono venuti meno i requisiti della continuità e dell'esclusività dell'assistenza al disabile e che, a seguito dell' articolo 6 D.Lgs. numero 119/2011 , l'assistenza non deve essere necessariamente prestata in coincidenza con le ore in cui il lavoratore avrebbe dovuto svolgere la propria attività lavorativa. 2.- Ciò posto, con il primo motivo, proposto ai sensi dell' articolo 360, co. 1, numero 5 , c.p.c. il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ossia che egli aveva prestato assistenza tutti i giorni di assenza dal lavoro, anche se in misura ritenuta insufficiente dalla Corte territoriale. Il motivo è infondato, poiché - come riconosce lo stesso ricorrente - l'omissione denunziata non sussiste, avendo la Corte espressamente considerato quella circostanza e valutata nella sua portata quantitativa, ritenuta tuttavia insufficiente ai fini del nesso causale fra l'assenza dal lavoro e l'assistenza al disabile. 3.- Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell' articolo 360, co. 1, numero 3 , c.p.c. il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. , nonché 33, co. 3, L. numero 104/1992, per avere la Corte ritenuto necessario che l'assistenza sia prestata in coincidenza con le ore in cui il dipendente avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, o comunque per avere ritenuto necessaria una percentuale minima della giornata da dedicare all'assistenza al familiare disabile. Il motivo è fondato per quanto di ragione. 3.1.- Ai fini dell'interpretazione dell'articolo 33, co. 3, L. numero 104/1992 va evidenziato che, contrariamente all'assunto della Corte d'Appello, la nozione di diritto al permesso per assistenza a familiare disabile e quella correlativa di uso distorto o abuso del diritto al permesso implica un profilo non soltanto quantitativo, bensì anche - e soprattutto - qualitativo. Sotto il primo profilo va tenuto conto non soltanto delle prestazioni di assistenza diretta alla persona disabile, ma anche di tutte le attività complementari ed accessorie, comunque necessarie per rendere l'assistenza fruttuosa ed utile, nel prevalente interesse del disabile avuto di mira dal legislatore. In questo senso rileveranno le attività e i relativi tempi necessari finalizzate ad esempio all'acquisto di medicinali, al conseguimento delle relative prescrizioni dal medico di famiglia, all'acquisto di generi alimentari e di altri prodotti per l'igiene, la cura della persona e il decoro della vita del disabile, o infine alla possibile partecipazione di quest'ultimo ad eventi di relazione sociale, sportiva, religiosa etc. Sotto il secondo profilo vanno valutate portata e finalità dell'intervento assistenziale da parte del dipendente in favore del familiare disabile, tenuto conto del complessivo contesto, anche relazionale, rispetto ad eventuali strutture sanitarie, pubbliche o private, presso le quali sia necessario espletare accertamenti o effettuare ricoveri. Posta questa nozione, costituita dalle due componenti quantitativa e qualitativa , soltanto qualora sia evincibile un abuso - nel senso tecnico-giuridico di abuso del diritto - potrà configurarsi un uso distorto dei predetti permessi. 3.2.- A tal fine occorre allora valutare i due elementi costitutivi della fattispecie abusiva illecita. Sul piano oggettivo il concetto di abuso del diritto implica un esercizio del diritto per scopi diversi da quelli per i quali il diritto stesso è riconosciuto dall'ordinamento c.d. sviamento funzionale . Questa è la nozione di abuso tradizionalmente tratta dall' articolo 833 c.c. relativo agli atti emulativi del proprietario , per il quale ciò che rileva è l'assenza di utilità per il proprietario e la destinazione esclusiva dell'atto a pregiudicare terzi. In materia tributaria il concetto di abuso del diritto ha trovato una più precisa connotazione nell' articolo 10 bis L. numero 212/2000 , secondo cui ciò che rileva è il compimento di una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti su tale nozione v. da ultimo Cass. numero 22072/2024 Cass. ord. numero 14674/2024 . In questa materia, dunque, il concetto di abuso del diritto implica la creazione di un'apparentia iuris, alla quale non corrisponde la realtà di alcuna operazione economica. È questo anche il caso della c.d. società schermo, ritenuta da questa Corte una costruzione di puro artifizio, diretta, nel settore tributario, al raggiungimento di un mero beneficio fiscale indebito, attraverso la creazione di catene di società prive di effettività economica o di no genuine economic activity Cass. numero 10305/2024 . Anche in tal caso, dunque, la connotazione propria dell'abuso è il pregiudizio all'interesse pubblico all'integrità delle entrate tributarie. Nozione analoga di abuso del diritto è quella elaborata in materia di immigrazione. In particolare questa Corte ha affermato che il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari al cittadino extracomunitario coniuge di cittadino italiano, disciplinato dal D.Lgs. numero 30/2007 , non presuppone la convivenza effettiva dei coniugi e neppure il pregresso regolare soggiorno del richiedente. E tuttavia, ai sensi dell' articolo 30, co. 1 bis, D.Lgs. numero 286/1998 , deve essere negato ove il matrimonio risulti fittizio o di convenienza, assumendo a tal fine rilievo le linee guida elaborate dalla Commissione europea, contenenti una serie di criteri valutativi che inducono ad escludere l'abuso dei diritti comunitari, e il manuale redatto dalla stessa Commissione, recante, invece, l'indicazione degli elementi che fanno presumere tale abuso Cass. ord. numero 13189/2024 Cass. numero 6747/2021 . Anche in tal caso, dunque, ciò che rileva è la creazione di un'apparentia iuris, priva di effettiva consistenza relazionale fra le due persone unite formalmente in matrimonio, volto a pregiudicare l'interesse pubblico al controllo e al contingentamento della presenza di stranieri sul territorio nazionale. In materia di locazione questa Corte ha ravvisato un abuso del diritto del locatore, in termini di comportamento contrario a buona fede e correttezza, soltanto nel caso in cui il ritardo nell'esercizio delle proprie prerogative non risponda ad alcun interesse del suo titolare e si traduca in un danno per il conduttore Cass. ord. numero 11219/2024 . Anche in tal caso, dunque, ciò che rileva è il compimento di un atto privo di qualunque funzione per il suo autore e idoneo ad arrecare un pregiudizio all'altra parte. In materia societaria questa Corte ha ravvisato un abuso del diritto in termini di abuso di maggioranza con conseguente annullabilità della delibera assembleare che ne costituisca attuazione nel caso in cui il voto espresso non trovi alcuna giustificazione nel perseguimento dell'interesse della società, poiché volto a perseguire un interesse personale antitetico a quello sociale, oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza, diretta a ledere i diritti partecipativi o gli altri diritti patrimoniali dei soci di minoranza, in violazione del canone della buona fede oggettiva nell'esecuzione del contratto Cass. numero 4034/2024 . Anche in tal caso la nozione di abuso del diritto implica un atto o un comportamento privo di qualunque efficacia funzionale, destinato unicamente a pregiudicare diritti o interessi di terzi. In materia fallimentare questa Corte ha affermato che il giudizio di omologazione del concordato fallimentare è limitato alla verifica della regolarità formale della procedura e dell'esito della votazione, restando escluso ogni controllo sul merito, giacché la valutazione del contenuto della proposta concordataria, riguardando il profilo della convenienza, è devoluta ai creditori, sulla base del parere inerente ai presumibili risultati della liquidazione formulato dal curatore e dal comitato dei creditori. Tuttavia si è precisato che resta pur sempre salva l'indagine sull'eventuale abuso del diritto, ravvisabile nel caso in cui, in presenza di una proposta concordataria avanzata da un terzo, si riscontri un ingiustificato sacrificio per le ragioni del debitore, che, non essendo parte dell'accordo intervenuto tra il proponente e i creditori, si veda sottrarre i suoi beni sulla base di una valutazione che, pur idonea a soddisfare i crediti in misura ritenuta conveniente dalla maggioranza dei creditori, risulti palesemente insufficiente rispetto al valore reale dell'attivo fallimentare. In tal caso, infatti, l'istituto concordatario finirebbe per essere impiegato per procurare a chi l'utilizza un vantaggio ulteriore rispetto alla tutela del diritto presidiato dallo strumento e a chi lo subisce un danno maggiore rispetto a quello strettamente necessario per la realizzazione del diritto dell'agente Cass. ord. numero 30703/2023 , che richiama sul punto Cass. numero 3274/2011 . Dunque, sul piano sistematico e ordinamentale può dirsi che, sotto il profilo oggettivo, il concetto di abuso del diritto implichi l'assenza di funzione, ossia un esercizio del diritto solo apparente, privo di qualunque legame ed utilità rispetto allo scopo per il quale quel diritto è riconosciuto dal legislatore. Sul piano soggettivo è necessario un elemento psicologico, di natura intenzionale o dolosa, che parimenti deve essere accertato, sia pure mediante presunzioni semplici, dalle quali sia possibile individuare la finalità di pregiudicare interessi altrui. Nel caso del diritto al permesso per assistere un familiare disabile, queste presunzioni possono essere fondate ad esempio sul tempo irrisorio o comunque molto limitato dedicato nella singola giornata all'assistenza al disabile, ovvero sulle particolari connotazioni dell'elemento oggettivo. Entrambi gli elementi sono necessari, sicché l'assenza o il mancato accertamento di uno dei due impedisce la configurabilità di un abuso del diritto . 3.3.- Orbene, a prescindere da calcoli più o meno esatti - che si traducano in determinate percentuali riferite al tempo totale pari alla somma del tempo di ciascuna giornata in cui il dipendente ha fruito dei permessi - la prossimità del tempo dedicato all'assistenza almeno alla metà di quello totale, specie se a quella quantità di tempo si aggiungono i tempi necessari di percorrenza dalla propria abitazione a quella del disabile, si è in presenza di un esercizio del diritto che può essere sussunto nella nozione legale di assistenza al familiare disabile. In tal caso va quindi esclusa la sussistenza di una condotta di abuso del diritto , contraria ai principi di buona fede e correttezza. La Corte territoriale è dunque incorsa in un errore di sussunzione, poiché non si è attenuta alla predetta nozione di assistenza al disabile, ma si è affidata unicamente ad un calcolo aritmetico relativo ai tempi, rivelatisi prossimi alla metà di quello totale di assenza dal lavoro, senza verificare se nella fattispecie sussistessero tutti gli altri elementi necessari per sussumere la fattispecie concreta in quella astratta del diritto ai permessi. Questa Corte ha più volte affermato che ricorre un errore di sussunzione quando, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non doveva esserlo, ovvero che sia stata male applicata Cass. numero 26307/2014 Cass. numero 22348/2007 . Del resto, il controllo di legittimità non si esaurisce in una verifica di correttezza dell'attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma è esteso alla sussunzione del fatto, accertato dal giudice di merito, nell'ipotesi normativa Cass. ord. numero 1537/2022 Cass. numero 21772/2019 Cass. numero 24756/2007 . 3.4.- La necessità che il nesso causale fra l'assenza dal lavoro e l'assistenza al disabile sia valutato non soltanto in termini quantitativi, ma anche qualitativi e complessivamente in modo relativo, ossia tenendo conto del contesto e di tutte le circostanze del caso concreto, è stata da tempo affermata da questa Corte in materia di congedo straordinario retribuito ai sensi dell' articolo 42, co. 5, D.Lgs. numero 151/2001 Cass. numero 29062/2017 Cass. numero 13383/2017 e ha indotto a ritenere che il c.d. abuso del diritto sussista soltanto se quel nesso causale venga a mancare del tutto Cass. numero 19580/2019 . Questa Corte ha infatti ritenuto che solo a tale condizione potrebbe rimproverarsi al lavoratore di aver tenuto un comportamento contrario a buona fede e correttezza Cass. numero 4984/2014 . Va dunque ribadito che Ove l'esercizio del diritto soggettivo non si ricolleghi alla attuazione di un potere assoluto e imprescindibile, ma presupponga un'autonomia comunque collegata alla cura di interessi, soprattutto ove si tratti - come nella specie - di interessi familiari tutelati nel contempo nell'ambito del rapporto privato e nell'ambito del rapporto con l'ente pubblico di previdenza, il non esercizio o l'esercizio secondo criteri diversi da quelli richiesti dalla natura della funzione può considerarsi abuso in ordine a quel potere pure riconosciuto dall'ordinamento. L'abuso del diritto, così inteso, può dunque avvenire sotto forme diverse In base al descritto criterio della funzione, deve ritenersi verificato un abuso del diritto potestativo allorché il diritto venga esercitato non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività Cass. numero 4984 cit., in motivazione . 3.5.- Dunque il giudice di merito deve accertare se la condotta contestata in via disciplinare al lavoratore abbia comunque preservato le finalità primarie dell'intervento assistenziale voluto dal legislatore, perché in tal caso il fatto contestato in termini di uso distorto o di abuso del diritto si rivelerebbe insussistente. Nell'ambito di questa imprescindibile verifica non sono sufficienti meri dati quantitativi, ma occorre compiere una valutazione complessiva, sia quantitativa che qualitativa, della condotta tenuta dal lavoratore, tenendo altresì conto del contesto in cui quella condotta è stata tenuta. Ne consegue che il c.d. abuso del diritto potrà configurarsi soltanto quando l'assistenza al disabile sia mancata del tutto, oppure sia avvenuta per tempi così irrisori oppure con modalità talmente insignificanti, da far ritenere vanificate le finalità primarie dell'intervento assistenziale voluto dal legislatore id est la salvaguardia degli interessi del disabile , in vista delle quali viene sacrificato il diritto del datore di lavoro ad ottenere l'adempimento della prestazione lavorativa. Di tale relatività del giudizio la Corte territoriale non ha tenuto conto, essendosi limitata e fermata ad un accertamento meramente quantitativo in termini di percentuale del tempo giornaliero dedicato all'assistenza al disabile, sulla base di una nozione errata di assistenza cui è collegato il diritto al permesso ex lege numero 104/1992. Resta in ogni caso fermo che il datore di lavoro, salvo diverso accordo tra le parti sociali, non può sindacare la scelta dei giorni in cui fruire di tali permessi, rimessa esclusivamente al lavoratore e soggetta solo ad obbligo di comunicazione, né può contestare la prestazione dell'assistenza in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, la quale pertanto non costituisce abuso del diritto Cass. ord. numero 26417/2024 . In conclusione, i giudici del reclamo non si sono attenuti alla sopra indicata nozione legale di assistenza al familiare disabile e a quella correlata di abuso del diritto al permesso per tale assistenza, sicché va cassata affinché venga compiuto un nuovo esame di tutte le circostanze del caso concreto e ne sia garantita l'esatta sussunzione in quella nozione legale. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, in relazione al motivo accolto, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.