Interesse ad impugnare un’aggravante la cui esclusione non determina mutamenti sanzionatori: il quadro giurisprudenziale

Poiché la recidiva esplica comunque i suoi c.d. effetti indiretti, sussiste l'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza anche nel caso in cui la recidiva venga riconosciuta equivalente alle circostanze attenuanti, senza che da tale riconoscimento derivi un aumento di pena, e anche nel caso in cui siano state contemporaneamente riconosciute altre aggravanti concorrenti al giudizio di bilanciamento.

La valutazione della recidiva Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rideterminato la pena inflitta nei confronti degli imputati in anni uno e mesi sei di reclusione ciascuno, revocando la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, e ha confermato la condanna di entrambi per il delitto di concorso in lesioni aggravate. Avverso il provvedimento di conferma della condanna emesso dalla Corte d'Appello hanno proposto ricorso entrambi gli imputati, con due distinti atti di impugnazione. In particolare, uno dei due imputati ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione carente, riguardo alla sussistenza dell'aggravante della recidiva reiterata solo uno dei due precedenti rilevanti iscritti al casellario, infatti, era valutabile , poiché gli effetti penali della condanna relativa ad un patteggiamento del 2008 a pena inferiore a due anni erano da ritenersi estinti ex articolo 445, comma 2, c.p.p. Secondo il ricorrente, la motivazione con cui la Corte territoriale ha inteso superare l'eccezione omologa proposta con l'impugnazione di merito, sarebbe stata manifestamente illogica in quanto collegata ad un'asserita invariabilità del giudizio di bilanciamento tra circostanze in presenza di altre aggravanti . La difesa, sul punto, ha osservato che l'interesse a confutare la sussistenza della recidiva reiterata permarrebbe comunque trattandosi di aggravante che connota negativamente la personalità dell'imputato. I c.d. effetti indiretti della recidiva La Corte d'Appello ha sostenuto che, anche nel caso in cui l'aggravante della recidiva reiterata fosse stata esclusa, il giudizio di bilanciamento in equivalenza sarebbe rimasto invariato conseguentemente, anche la misura della pena irrogata in concreto sarebbe stata la stessa. In altri termini il giudice ha ritenuto che l'esclusione della recidiva non avrebbe mutato il disvalore del fatto data la presenza di altre, diverse aggravanti che avevano concorso all'individuaIizzazione concreta del trattamento sanzionatorio. Secondo la Cassazione, le argomentazioni spese dalla Corte territoriale non sono corrette, alla luce del fatto che il riconoscimento dell'aggravante della recidiva come equivalente alle circostanze attenuanti generiche, ancorché in concorso con altre aggravanti, non determina il venir meno degli ulteriori effetti che l'ordinamento attribuisce alla valutazione giurisdizionale di sussistenza della recidiva . La Suprema Corte ha quindi richiamato l'insegnamento delle Sezioni Unite Sez. U, numero 20808 del 25/10/2018 , dep. 2019, Schettino secondo cui la recidiva si caratterizza, tra le circostanze del reato, per avere natura peculiare ed « essere produttiva non solo dell'escursione sanzionatoria, ma anche di effetti ulteriori, decisivi per la concreta conformazione del trattamento del condannato recidivo ». Si tratta dei c.d. effetti indiretti della recidiva . La citata pronuncia Schettino ha censito alcuni di questi effetti, inter alia , i sul piano della commisurazione della pena, la previsione del limite minimo dell'aumento di pena da applicare per i reati in concorso formale o in continuazione, ai sensi dell' articolo 81, comma 4, c.p. ii sul piano della punibilità, l'aumento del tempo necessario alla prescrizione ordinaria del reato e l'incidenza sul termine massimo di prescrizione iii sul piano esecutivo, gli effetti più rilevanti sono quelli che modulano diversamente l'accesso ad alcuni benefici previsti dall'ordinamento penitenziario come i permessi premio, l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà e quelli che incidono negativamente su aspetti essenziali della fase esecutiva , quali le condizioni per la riabilitazione e l'estinzione della pena per decorso del tempo. Alla luce di tali considerazioni, la sentenza Schettino ha concluso che l'interesse a ricorrere dell'imputato avverso la statuizione con cui si è ritenuta sussistente nei suoi confronti la recidiva deve ritenersi valido nelle ipotesi in cui la recidiva sia ritenuta equivalente o prevalente rispetto alle altre aggravanti nel giudizio di bilanciamento. I due orientamenti in merito alla sussistenza dell'interesse a ricorrere da parte dell'imputato in assenza di mutamenti sanzionatori In relazione alla sussistenza dell' interesse a ricorrere in caso di recidiva ritenuta sussistente, ancorché priva di effetti sulla misura della pena in sé considerata, si registrano due orientamenti. Una prima posizione interpretativa ha ritenuto sussistente l'interesse dell'imputato ad impugnare in casi come quelli in esame poiché l'erroneo riconoscimento della sussistenza dell'aggravante, qualificando il fatto in termini di maggiore gravità, inciderebbe in ogni caso sulla determinazione della pena ex articolo 133 c.p. Nel medesimo contesto, è stato riconosciuto l'interesse ad impugnare la sentenza che riconosce l'esistenza della recidiva anche nel caso in cui non ne sia conseguito alcun aumento di pena in ragione del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, dal momento che la recidiva associa alla reiterazione dell'illecito un giudizio di effettiva riprovevolezza della condotta e pericolosità del suo autore. Un diverso fronte interpretativo , invece, ha evidenziato come, per il caso di subvalenza delle aggravanti rispetto ad attenuanti prevalenti, non possa ritenersi sussistente l'interesse a ricorrere. In molteplici occasioni è stata infatti dichiarata inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato preordinata ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto alle riconosciute attenuanti. In tale quadro, la Corte di Cassazione nella vicenda in oggetto ha aderito a una prospettiva “utilitaristica” secondo cui le ricadute del riconoscimento della recidiva equivalente sulla pena anche nella sua dimensione esecutiva ed applicativa possono integrare quegli effetti indiretti svantaggiosi o vantaggiosi ai quali le Sezioni Unite ricollegano il discrimine circa l'interesse o meno a ricorrere. Tale ragionamento, ha osservato la Corte, appare ancora più valido in un'ottica costituzionalmente orientata in base alla quale deve essere consentito ricorrere avverso la statuizione che determina effetti ulteriori come quelli prima analizzati, anche nel caso in cui la decisione non abbia influito sulla misura concreta della pena. La Suprema Corte ha quindi disposto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari per nuovo giudizio, limitatamente alla posizione di uno degli imputati in relazione alla sussistenza della recidiva e, di conseguenza, al trattamento sanzionatorio.

Presidente Guardiano - Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d'Appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale di Bari del 19.11.2020, ha rideterminato la pena inflitta nei confronti di Gi.Mi. e Mi.St. in anni uno e mesi sei di reclusione ciascuno, revocando la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, ed ha confermato la condanna di entrambi per il delitto di concorso in lesioni aggravate commesso ai danni di Es.Um. un politrauma contusivo, provocato da calci e pugni, nonché dall'aver colpito la vittima con una bottiglia di birra le aggravanti ritenute sussistenti sono quelle dei futili motivi, contestata ai sensi degli articolo 577, comma primo, numero 4 e 61, comma primo, numero 1, cod. penumero , nonché delle più persone riunite   ex articolo 585 cod. penumero , contestata in fatto . All'esito del giudizio di primo grado era stata già pronunciata l'assoluzione perché il fatto non sussiste, in relazione al reato inizialmente collegato alle lesioni, e cioè un tentativo di estorsione finalizzata all'acquisto per il consumo di gruppo di un quantitativo di sostanza stupefacente. I motivi futili sono stati individuati in modo alternativo, valutata anche la possibilità che abbiano concorso entrambe le seguenti ragioni scatenanti o perché la vittima si era sottratta alla richiesta di denaro che i due imputati gli avevano rivolto nei giorni precedenti all'aggressione o perché egli non aveva proseguito a giocare a carte con gli aggressori, poco prima dei fatti. 2. Avverso il provvedimento di conferma della condanna emesso dalla Corte territoriale hanno proposto ricorso entrambi gli imputati, con due distinti atti di impugnazione. 3. Il ricorso di Gi.Mi., formulato tramite il difensore di fiducia, si snoda attraverso tre motivi distinti. 3.1. Una prima ragione difensiva eccepisce vizio di illogicità della motivazione relativa alla valutazione degli elementi di prova a carico del ricorrente, con particolare riguardo all'attendibilità della persona offesa, che ha reso dichiarazioni diverse riguardo alla dinamica dell'aggressione, oltre ad aver ritrattato del tutto le accuse riferite alla contestazione di tentata estorsione, delitto, infatti, poi escluso. In particolare, la difesa lamenta la difformità tra il racconto iniziale della vittima reso a sommarie informazioni nella fase di indagini e quello successivo in sede di esame dibattimentale , con riferimento alla circostanza che la bottiglia di birra con cui è stata realizzata l'aggressione fosse vuota oppure piena ad acuire tale contraddittorietà del racconto e l'inattendibilità vi sarebbero anche gli atti investigativi e sanitari dai quali non risulta citata la presenza di birra sul corpo e sui vestiti della persona offesa, nonché la consulenza medica del pubblico ministero, che esclude ogni possibile certezza riguardo anche allo stesso utilizzo di una bottiglia per commettere le lesioni. La Corte d'Appello non ha dato risposta adeguata a tali palesi ed importanti contraddizioni ed a quello che la difesa ritiene un vero e proprio travisamento della consulenza medica espletata. 3.2. Il secondo motivo di ricorso ha eccepito vizio di illogicità della motivazione quanto alle circostanze aggravanti ritenute sussistenti. I futili motivi non possono essere ascritti al ricorrente, in quanto non ha partecipato alla richiesta di danaro per l'acquisto di cocaina, proposta soltanto da Mi.St., né era consapevole dei motivi dell'aggressione, ideata solo dal complice. Tale estraneità al movente del reato renderebbe priva di contenuto anche la configurabilità dell'aggravante delle più persone riunite l'azione condotta da più persone rientra, nel caso di specie, nella mera concorsualità. 3.3. La terza eccezione difensiva denuncia vizio di motivazione illogica riguardo all'entità della pena inflitta al ricorrente, sproporzionata, alla luce della marginalità del suo contributo concorsuale, ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti ritenute nei suoi confronti evidente sarebbe l'illogicità della dosimetria sanzionatoria, visto che si è determinata una sanzione identica per Mi.St. in relazione al quale il bilanciamento ha dovuto tener conto della recidiva qualificata, circostanza non contestata al ricorrente. 4. Il ricorso di Mi.St., proposto dal difensore di fiducia, si compone di due motivi. 4.1. La prima delle due ragioni difensive si lamenta della violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, avuto riguardo alla forma di trattazione del processo in appello, svoltosi con rito dibattimentale in presenza, nonostante non vi fosse stata alcuna richiesta in tale senso da parte della difesa del ricorrente, ma solo da quella del coimputato Gi.Mi., e senza che Mi.St. ed il suo difensore fossero stati avvisati del mutamento di rito rispetto a quello previsto per legge. Nel verbale di udienza del 5.6.2023, infatti, risulta la presenza solo del Procuratore Generale e del difensore del coimputato, con violazione del contraddittorio. 4.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione carente, riguardo alla sussistenza dell'aggravante della recidiva reiterata nei confronti del ricorrente solo uno dei due precedenti rilevanti iscritti al casellario, infatti, era valutabile, poiché gli effetti penali della condanna relativa ad un patteggiamento del 2008 a pena inferiore a due anni erano da ritenersi estinti   ex articolo 445, comma 2, cod. proc. penumero La motivazione con cui la Corte d'Appello ha inteso superare l'eccezione omologa proposta con l'impugnazione di merito, senza fornire, in sostanza, alcuna risposta, è manifestamente illogica, poiché collegata ad una asserita invariabilità del giudizio di bilanciamento tra circostanze in presenza di altre aggravanti. Invero, l'interesse a confutare la sussistenza della recidiva reiterata permane comunque giacché si tratta di aggravante che connota negativamente la personalità dell'imputato. La difesa rammenta come, a proposito dell'interesse ad impugnare un'aggravante la cui esclusione non determini mutamenti sanzionatori, si registrano, in ogni caso, due orientamenti in contrasto tra loro nella giurisprudenza di legittimità. 5. Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione Cinzia Parasporo, con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di Mi.St., e l'inammissibilità del ricorso di Gi.Mi. Considerato in diritto 1. Il ricorso di Gi.Mi. è inammissibile. 1.1. Il primo ed il secondo motivo di censura sono formulati secondo direttrici di censura sottratte al sindacato di legittimità, poiché svolte in fatto e finalizzate a chiedere una rivalutazione del precipitato istruttorio, in assenza di evidenti manifeste illogicità della motivazione della sentenza impugnata riguardo ai punti oggetto dì ricorso. Invero, nel giudizio di cassazione, sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, a meno che non si rivelino indicatori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato cfr., tra le più recenti, Sez. 6, numero 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 Sez. 6, numero 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482 . Soprattutto il primo motivo dedotto è incentrato sull'evidente tentativo di sminuire la portata delle dichiarazioni d'accusa provenienti dalla persona offesa, testimone principale della vicenda delittuosa, in presenza, invece, di un adeguato esame del profilo della sua credibilità e dell'attendibilità della sua testimonianza da parte dei giudici di secondo grado, in una linea logica uniforme a quella già percorsa dal Tribunale e che si risolve in una doppia pronuncia conforme, dotata di maggior capacità di resistenza rispetto alle obiezioni difensive anche in caso di vizio di travisamento della prova, secondo costante giurisprudenza di legittimità. Nel caso di cosiddetta doppia conforme , infatti, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado da ultimo, cfr. Sez. 4, numero 45537 del 28/9/2022, m., Rv. 283777 . Nel caso di specie, senza neppure che sia necessario fare applicazione del richiamato orientamento, va evidenziato come la Corte territoriale abbia adeguatamente analizzato l'intero compendio di prova - le testimonianze, non soltanto della vittima, e la documentazione medica, compresa la consulenza medica espletata dal pubblico ministero - senza aporie o vizi di ordine logico-giuridico, né tantomeno travisamenti di sorta. Per soffermarsi sul passaggio contestato quale travisamento, la censura si rivela manifestamente infondata poiché la sentenza impugnata, nell'affermare l'impossibilità di stabilire con certezza medica, visto il tempo trascorso dai fatti, che le lesioni fossero state causate dall'impatto anche con un corpo contundente la bottiglia di birra , evidentemente non ne ha affatto escluso l'utilizzo e ciò è quanto si è limitata a valorizzare la sentenza, che ha rappresentato con chiarezza come la vicenda possa essere descritta come una vera e propria spedizione punitiva ai danni della vittima, attuata con il concorso del ricorrente sin dal momento ideativo e prodromico all'aggressione fisica, cui egli ha partecipato pienamente infierendo sulla persona offesa con colpi dì bottiglia. Altrettanto manifestamente infondate sono le critiche relative all'incoerenza del racconto della vittima circa il fatto che la bottiglia di birra fosse piena o vuota al momento dell'impatto si tratta di un dettaglio del racconto che, in ogni caso, non ne minerebbe l'attendibilità del nucleo essenziale, soprattutto alla luce della concitazione dei momenti e delle conseguenze scioccanti per l'aggredito, che possono aver influito sul suo ricordo sin dalle prime fasi nelle quali ha riferito l'accaduto come ha sottolineato il provvedimento impugnato , nonché della certa presenza sul luogo dei cocci di vetro residui. Infine, è priva di pregio e fondatezza anche la censura riferita alla sussistenza dell'aggravante dei futili motivi ed a quella delle più persone riunite. Si tratta, anche in questo caso di una richiesta volta a rivalutare approdi cognitivi privi di incoerenze logiche da parte del giudice d'appello, poiché si assume apoditticamente che il ricorrente non sarebbe stato al corrente della richiesta di danaro per l'acquisto di cocaina, formulata alla vittima dal coimputato Mi.St. giorni prima del reato e indicata come uno dei possibili motivi di rancore di quest'ultimo nei confronti della prima, e, d'altra parte, si tralascia di confrontarsi con la circostanza che tale movente recondito e più risalente del risentimento è banale quanto la ragione ultima scatenante dell'ira nei confronti della persona offesa, egualmente evidenziata in sentenza d'appello e che ha visto presente e protagonista lo stesso ricorrente una divergenza momentanea quanto al gioco di carte che stavano svolgendo prima dell'aggressione. Del tutto infondata e, ancora una volta, inammissibilmente rivalutativa è la censura relativa alla configurabilità dell'aggravante delle più persone riunite l'azione lesiva è stata direttamente condotta, oltre che da Mi.St., anche dal ricorrente, il quale ha colpito più volte la vittima con una bottiglia, sicché non vi è dubbio sul fatto che l'aggressione sia stata realizzata con la simultanea presenza di almeno due soggetti nel luogo e al momento di realizzazione della condotta violenta. 1.2. Il terzo motivo è, da un lato, manifestamente infondato poiché il trattamento sanzionatorio è stato adeguatamente motivato dalla sentenza impugnata e notevolmente ridotto rispetto a quello inflitto in primo grado, tenendo conto delle circostanze concrete e dei parametri di cui all' articolo 133 cod. penumero per altro aspetto, la censura si rivela inedita e, dunque, inammissibile, quanto alla denuncia del mancato bilanciamento in prevalenza tra circostanze attenuanti e aggravanti, e, in ogni caso, manifestamente infondata poiché la motivazione utilizzata dai giudici di secondo grado copre anche la scelta del bilanciamento in equivalenza, alla luce della ritenuta congruità della sanzione prescelta. 2. Il ricorso di Mi.St. è parzialmente fondato, quanto al secondo motivo dedotto. 2.1. La prima delle due ragioni critiche che compongono l'impugnazione è inammissibile. Va premesso, anzitutto, che il Collegio ha avuto accesso al fascicolo ed agli atti ivi contenuti, data la natura processuale del vizio dedotto cfr. Sez. 1, numero 8521 del 9/1/2013, Chahid, Rv. 255304 Sez. 3, numero 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F, Rv. 273525 . Ebbene, dagli atti risulta che il decreto di citazione per il giudizio d'appello è stato notificato al difensore del ricorrente tramite pec ed è relativo ad una convocazione di udienza in presenza, che ordina la citazione a comparire in aula dell'imputato, con dovizia di particolari sul luogo e tempo del processo ed i necessari avvertimenti che, in caso di mancata comparizione, si procederà in assenza dell'imputato. Il decreto di citazione è, dunque, idoneo ad avvisare delle forme dell'udienza, sicché il motivo di ricorso, basato sull'assunto che la citazione inviata avesse instaurato un giudizio cartolare secondo il regime processuale di emergenza pandemica, è manifestamente infondato e generico, poiché non si confronta, quanto meno, con il dato di fatto evidenziato. Si sottolinea, peraltro, in ogni caso, anche la genericità dell'argomentazione difensiva, che non si confronta con la condivisibile opzione interpretativa di questa Corte regolatrice secondo cui, pur se si fosse trattato di giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la nullità, derivante dall'omesso avviso al difensore di fiducia dell'imputato della richiesta di trattazione orale del giudizio avanzata da una delle altre parti, avrebbe potuto essere eccepita con il ricorso per cassazione a condizione dell'allegazione specifica della concreta ed effettiva menomazione che l'imputato ha subito nell'esercizio del suo diritto di difesa per effetto della mancata comparizione in udienza del suo difensore Sez. 5, ord. numero 47562 del 27/10/2023, Tereujanu, Rv. 285557 . L'orientamento si basa sul rilievo, ribadito dal Collegio, che, in ogni caso, quella dedotta sarebbe stata una nullità intermedia e non assoluta Sez. 5, numero 7750 del 27/10/2021, dep. 2022, N., Rv. 282897 contra Sez. 3, numero 11170 del 15/12/2023, dep. 2024, Marro, Rv. 286046 . 3. Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondato. La Corte d'Appello ha dichiaratamente superato l'obbligo di rispondere al motivo di impugnazione riferito alla sussistenza della recidiva in capo al ricorrente, sostenendo che, anche ove tale aggravante fosse stata esclusa, il giudizio di bilanciamento in equivalenza sarebbe rimasto invariato e così la misura della pena irrogata in concreto, attesa la presenza di altre aggravanti, la considerazione delle quali avrebbe comunque impedito un diverso esito i giudici d'appello, dunque, hanno valorizzato soltanto l'aspetto sanzionatorio in sé considerato degli effetti del riconoscimento della recidiva contestata. Il ricorrente, dal suo canto, aveva proposto in appello un motivo più ampio nei suoi contorni sostanziali, volto ad escludere la sussistenza della recidiva di per sè, in mancanza del presupposto che il nuovo reato commesso costituisca sintomo effettivo di maggior riprovevolezza della condotta e pericolosità del suo autore, vista la distanza di tempo intercorsa tra i fatti per i quali vi è oggi processo e l'unico precedente che gravava sull'imputato e non potendo tenersi conto, altresì, del reato di cui alla sentenza di patteggiamento del 2008, ai sensi dell' articolo 445 cod. proc. penumero Nel ricorso, la difesa dell'imputato si duole proprio della mancata risposta alla questione dedotta, volta ad ottenere l'esclusione della recidiva, erroneamente collegata all'affermazione di invariabilità del giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno opposto e della misura della pena, in presenza di altre aggravanti. E come si è anticipato, il ricorso rappresenta la sussistenza dell'interesse dell'imputato a confutare la configurabilità della recidiva reiterata giacché si tratta di aggravante che, comunque, connota negativamente la sua personalità. 3.1. In effetti, la difesa pone il problema dell'ammissibilità del ricorso volto ad escludere l'aggravante della recidiva, quando, come accaduto nel caso di specie, il bilanciamento in equivalenza abbia sterilizzato in concreto la sua valenza di fattore di aggravamento della risposta sanzionatoria al reato. Il Collegio ritiene, in proposito, che la questione posta con il motivo di ricorso in esame sia ammissibile, sussistendo l'interesse del ricorrente ad impugnare una statuizione siffatta, per le ragioni che si esporranno di seguito. Le argomentazioni spese dalla Corte d'Appello per ritenere assorbita così si esprime la sentenza impugnata la censura dell'appellante non sono esatte, alla luce del fatto che il riconoscimento dell'aggravante della recidiva come equivalente alle circostanze attenuanti generiche, ancorché in concorso con altre aggravanti, non determina il venir meno degli ulteriori effetti che l'ordinamento abbina alla valutazione giurisidizionale di sussistenza della recidiva. Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, la recidiva si caratterizza, tra le circostanze del reato, per avere natura peculiare ed essere produttiva non solo dell'escursione sanzionatoria, ma anche di effetti ulteriori, decisivi per la concreta conformazione del trattamento del condannato recidivo nell'attuale quadro normativo, la recidiva ha una sua specificità funzionale, per il fatto che è produttiva dei cosiddetti effetti indiretti . In tal senso si esprime, in motivazione, Sez. U, numero 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319, che rappresenta una fondamentale pronuncia utile all'analisi dell'istituto della peculiare circostanza aggravante in esame, in tutte le sue principali implicazioni la sentenza, nel decidere la questione controversa sottopostale, ha affermato che la valorizzazione da parte del giudice dei precedenti penali dell'imputato, ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva contestata, in assenza di aumento della pena a tale titolo o di confluenza della stessa nel giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee, attesa la diversità dei giudizi riguardanti i due istituti, sicché di essa non può tenersi conto ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato . La citata pronuncia Schettino censisce alcuni di tali effetti ulteriori ed indiretti collegati al riconoscimento della sussistenza della recidiva, diversi da quello, omogeneo e tipico di ogni aggravante, costituito dall'incidenza sulla dosimetria sanzionatoria concretamente determinata dal giudice - sul piano della commisurazione della pena, la previsione del limite minimo dell'aumento di pena da applicare per i reati in concorso formale o in continuazione, ai sensi dell' articolo 81, quarto comma cod. penumero - sul piano della punibilità, l'aumento del tempo necessario alla prescrizione ordinaria del reato e l'incidenza sul termine massimo di prescrizione - sul piano esecutivo, la modulazione del tempo utile a determinare l'estinzione della pena articolo 172, settimo comma, cod. penumero e del tempo necessario per ottenere la riabilitazione articolo 179, secondo comma, cod. penumero le preclusioni in tema di amnistia articolo 151, quinto comma cod. penumero e di indulto articolo 174, terzo comma, cod. penumero le previsioni derogatorie al regime ordinario del trattamento penitenziario, quanto all'entità del periodo di espiazione che permette di fruire dei permessi premio previsti dall' articolo 30-ter ord. penumero , ed alla non concedibilità oltre una volta dell'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall'articolo 47, della detenzione domiciliare e della semilibertà al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma cod. penumero   cfr. l' articolo 58-quater, comma 1-bis, ord. penumero . Per la presenza di tali ulteriori effetti, affermano le Sezioni Unite, quando è in gioco la recidiva, specie se qualificata, la funzione rieducatrice della pena risulta debitrice non tanto, e comunque non solo, della variazione quantitativa della sanzione, quanto anche dell'avvenuto riconoscimento della sussistenza della recidiva , poiché la sua statuizione costituisce il fattore primario di un complessivo programma tendente alla rieducazione del condannato programma che si snoda, poi, in modo determinante nella fase dell'esecuzione della pena, ma che si forma sulle direttrici identificate dal giudice del merito. Diversamente, quando la pur ritenuta sussistente recidiva viene considerata subvalente nel giudizio di bilanciamento, allora vuol dire che il giudice ha inteso esprimere una valutazione di disfunzionalità della recidiva , rispetto al programma di trattamento che comincia a delinearsi con la fissazione della pena da infliggere, tale che sarebbe contraddittorio attribuire, in questi casi, valore alla recidiva nella conformazione di quel programma rieducativo del condannato. Ecco perché, in caso di subvalenza, come non si produce l'effetto diretto sulla pena così non si producono gli effetti indiretti della recidiva . Concludono, pertanto, le Sezioni Unite ritenendo che, solo qualora il giudizio di bilanciamento di cui all' articolo 69 cod. penumero   si chiuda con una valutazione di subvalenza della recidiva, di questa non può tenersi conto ad alcun effetto, salvo che nelle ipotesi in cui sia espressamente previsto che deve tenersi conto della recidiva senza avere riguardo al giudizio di bilanciamento   ex articolo 69 cod. penumero , come per la prescrizione, ai sensi dell' articolo 157 cod. penumero   cfr., in tema, Sez. 6, numero 50995 del 9/7/2019, Pastore, Rv. 278058. E sottolinea la sentenza Schettino, ai fini della soluzione della questione sottoposta al suo giudizio, come siano proprio previsioni quale quella dell' articolo 157 cod. penumero   circa l'irrilevanza del giudizio di bilanciamento a porre in luce i diversi effetti derivanti da un giudizio che riconosce la recidiva, ma la valuta subvalente, e una statuizione che nega del tutto, invece, la ricorrenza della recidiva. Viceversa, nei casi dì equivalenza, e, ovviamente, di prevalenza della recidiva su concorrenti attenuanti, la speciale aggravante che si sta analizzando produrrà i suoi effetti ulteriori, poiché la sua applicazione è avvenuta già con il bilanciamento e il giudizio anche solo di equivalenza ha prodotto l'effetto di impedire alle circostanze attenuanti di segno opposto di dispiegare la sua funzione di concreto alleviamento della pena irroganda per il reato cfr. Sez. U, numero 17 del 18/06/1991, Grassi, Rv. 187856, richiamata dalla sentenza Schettino, unitamente alla pronuncia Sez. U, numero 31669 del 23/6/2016, Filosofi, Rv. 267044 . Alla luce di tali condivise affermazioni, nelle ipotesi di equivalenza o prevalenza nel giudizio di bilanciamento deve essere ammesso l'interesse a ricorrere dell'imputato avverso la statuizione con cui si è ritenuta sussistente nei suoi confronti la recidiva. Le considerazioni relative agli effetti ulteriori che, anche alla luce della sedimentazione normativa degli ultimi due decenni, conseguono alla configurazione della recidiva in capo all'imputato, anche se ritenuta equivalente nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti attenuanti, come nel caso di specie, inducono ad aprire le maglie dell'ammissibilità del ricorso. La scelta interpretativa di ritenere sussistente l'interesse a ricorrere per escludere la recidiva bilanciata in equivalenza si rivela preferibile, infatti, alla luce delle motivazioni esposte dalla sentenza delle Sezioni Unite Schettino, ancorché detta aggravante non sia stata in concreto ritenuta dal giudice quale ragione di inasprimento sanzionatorio, perché concorrente con altre aggravanti che avrebbero comunque giustificato il bilanciamento equivalente e la medesima dosimetria. Invero, anche in questo caso, così come nell'ipotesi in cui una simile, peculiare valutazione non sia stata svolta e la recidiva sia stata bilanciata equivalente quale unica aggravante, il giudice di merito non ha espresso quel giudizio di subvalenza che, solo, rende disfunzionale la recidiva rispetto ai suoi effetti ulteriori, ma si è limitato a considerare l'assenza di ricadute sanzionatorie primarie concrete della valutazione di configurata recidivanza. Eppure, gli effetti ulteriori derivati da tale esito giurisdizionale non possono ritenersi esclusi dal diritto vivente delle Sezioni Unite, cristallizzato nelle affermazioni della sentenza Schettino, mentre le argomentazioni proposte in maniera pragmatica e asettica dalla sentenza impugnata, per non dar seguito di esame al motivo formulato dal ricorrente sulla sussistenza o meno dell'aggravante della recidiva reiterata a lui contestata, appaiono deboli rispetto a tali più ampie riflessioni. Non è la considerazione che nulla sarebbe cambiato nella prognosi del giudice d'appello, quanto al dimensionamento della pena, a poter modificare la natura del giudizio di equivalenza del bilanciamento dell'aggravante e, di conseguenza, la scelta di consolidare in chiave funzionale l'applicazione della recidiva. Senza contare che, a voler seguire il ragionamento del giudice del provvedimento impugnato, l'irrilevanza sanzionatoria delle ricadute della circostanza aggravante avrebbe potuto condurre ad una sua disapplicazione, che, invece, contraddittoriamente, non è emersa anzi, è stato ribadito in sentenza il giudizio di bilanciamento che coinvolge la recidiva come sussistente, ancorché ritenuta un fattore inutile per la dosimetria. In questo caso, l'interesse a ricorrere da parte dell'imputato si rivela coerente, altresì, con il consolidato insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte regolatrice in tema, poiché funzionale al conseguimento degli effetti positivi sul complessivo programma rieducativo. Ed infatti, Sez. U, numero 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693 ha chiarito che, nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può essere basata sul concetto di soccombenza - a differenza delle impugnazioni civili che presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come conflitto di interessi contrapposti - ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un'utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo cfr. anche Sez. U, numero 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202269 . In questa prospettiva utilitaristica , le ricadute del riconoscimento della recidiva equivalente sul volto della pena anche nella sua dimensione esecutiva ed applicativa -ricadute da ritenersi plausibili e possibili, alla luce delle argomentazioni della sentenza Schettino - possono integrare quegli effetti svantaggiosi o vantaggiosi indicati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità effetti ai quali le Sezioni Unite ricollegano il discrimine circa l'interesse o meno a ricorrere. Ed infatti, si ribadisce, non solo il riconoscimento giudiziario della sussistenza di tale aggravante, qualificando il fatto in termini di maggiore gravità, incide sulla determinazione della pena   ex articolo 133 cod. penumero , ma può incidere significativamente ed in prospettiva del suo aggravamento progressivo ai sensi dell' articolo 99 cod. penumero anche sull'esecuzione di essa a modulando diversamente l'accesso ad alcuni benefici previsti dall' ordinamento penitenziario , quali i permessi premio cfr. l' articolo 30-quater ord. penumero o - secondo quanto stabilisce l' articolo 58-quater, comma 1-bis, ord. penumero   - l'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall' articolo 47 ord. penumero , la detenzione domiciliare e la semilibertà, che non possono essere concessi più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, cod. penumero . In proposito, va evidenziato che non sono più vigenti, per la detenzione domiciliare, la previsione dell' articolo 47-ter1.1. ord. penumero , e, per il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione, la lettera c del comma 9 dell'articolo 656 cod. penumero , in ragione della novella di cui al   D.L. numero 78 del 2013 , conv. in I. numero 94 del 2013 la sentenza   numero 56 del 2021 della Corte costituzionale   ha eliminato, altresì, la previsione dell' articolo 47- ter, comma 1, della legge numero 354 del 1975 , limitatamente alle parole né sia stato mai condannato con l'aggravante di cui all' articolo 99 del codice penale b incidendo negativamente su aspetti essenziali della fase esecutiva, quali le condizioni per la riabilitazione, a norma dell' articolo 179, comma secondo, cod. penumero , e l'estinzione della pena per decorso del tempo, ai sensi degli articolo 172, comma settimo e 173, comma primo, cod. penumero Come è evidente, si tratta di un ventaglio di possibilità che delineano in modo consistente l'atteggiarsi dei caratteri e delle modalità con le quali la pena concretamente vive nell'ordinamento e viene percepita dal condannato, eventualmente anche nella sua applicazione concreta, sicché non può esservi dubbio che, in un'ottica costituzionalmente orientata cfr., per un'ampia prospettiva del tema dell'esecuzione della pena, le sentenze n numero 56 del 2021 ,   32 del 2020   e   253 del 2019 Corte cost. , debba essere consentito ricorrere avverso la statuizione che determina tali effetti ulteriori, sebbene sulla misura concreta della pena il riconoscimento di tale aggravante non abbia inciso poiché il giudice ha ritenuto che la sua esclusione non mutasse il disvalore del fatto data la presenza di altre, diverse aggravanti che avevano concorso all'individualizzazione concreta del trattamento sanzionatorio . Deve concludersi, pertanto, nel senso che sussiste l'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva equivalente alle circostanze attenuanti, ancorché da tale riconoscimento non consegua alcun aumento di pena ed anche nell'ipotesi in cui siano state contemporaneamente riconosciute altre aggravanti, che concorrono al citato giudizio di bilanciamento, posto che la recidiva esplica comunque i suoi effetti ulteriori riguardo alla modulazione di alcuni benefici penitenziari, alle condizioni per la riabilitazione, all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo . 3.2. Vi è da aggiungere che la scelta di preferire la tesi che considera sussistente l'interesse a ricorrere in caso di recidiva ritenuta sussistente, ancorché priva di effetti sulla misura della pena in sé considerata, proprio perché radicata nella speciale natura e nei peculiari effetti della recidiva nel delineare in modo significativo il volto della pena anche nella sua dimensione esecutiva ed applicativa, prescinde dalla difformità di opinioni che esiste da tempo, nella giurisprudenza di legittimità, quanto all'interesse a ricorrere dell'imputato per vedersi esclusa un'aggravante, quale che sia la sua tipologia, e sebbene essa non abbia esplicato effetti sulla dosimetria della pena. Il Collegio, per chiarezza, rammenta sinteticamente i termini essenziali del contrasto. Una posizione ermeneutica ritiene, infatti, che, in generale, sussista l'interesse dell'imputato ad impugnare onde ottenere l'esclusione di un'aggravante, anche nel caso in cui con il provvedimento gravato gli siano state concesse attenuanti valutate in termini di equivalenza o di prevalenza, in quanto l'erroneo riconoscimento della sussistenza dell'aggravante, qualificando il fatto in termini di maggiore gravità, incide comunque sulla determinazione della pena   ex articolo 133 cod. penumero   tra le molte, cfr. Sez. 1, numero 9019 del 23/11/2023, dep. 2024, Boukssid, Rv. 285921 Sez. 1, numero 35429 del 24/6/2014, Mileti, Rv. 261453 . In un'area interpretativa omogenea ancorché non identica si segnalano le affermazioni che ritengono sussistente l'interesse ad impugnare quelle aggravanti che, pur non incidendo in concreto sulla dosimetria concreta secondo il giudice del provvedimento impugnato, ineriscano alla quantità e alla qualità della condotta criminosa e alla personalità dell'agente Sez. 1, numero 38822 del 28/9/2022, Belforte, Rv. 283569 . Nel medesimo contesto, è stato affermato l'interesse ad impugnare la sentenza che riconosce l'esistenza della recidiva anche nel caso in cui non ne sia conseguito alcun aumento di pena in ragione del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, dal momento che la recidiva associa alla reiterazione dell'illecito un giudizio di effettiva riprovevolezza della condotta e pericolosità del suo autore Sez. 5, numero 24622 del 09/05/2022, Jerradi, Rv. 283259 - 01 Sez. 1, numero 27826 del 13/06/2013, Bisogno, Rv. 255991 Sez. 6, numero 3174 del 11/01/2012, Merlo, Rv. 251575 . Particolarmente rilevanti e convicenti paiono gli argomenti citati dalla sentenza numero 24622 del 2022, Jerradi, secondo cui l'esito del giudizio di bilanciamento lascia integro il disvalore del fatto e, dunque, non priva di interesse all'impugnazione l'imputato nei cui confronti l'aggravante subvalente sia stata applicata, segnalando alcuni esempi di come l'equiparazione, a determinati effetti, del fatto criminoso alla circostanza aggravante è già stata oggetto di rilevanti affermazioni di principio. Infine, un ulteriore raggio di azione dell'orientamento, facendosi carico della questione relativa agli effetti ulteriori della recidiva, ma senza confrontarsi con le ragioni differenziatrici stabilite dalla sentenza Schettino tra la recidiva bilanciata in equivalenza e quella giudicata subvalente, ha affermato che l'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste comunque, anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo Sez. 5, numero 29284 del 3/5/2024, Pjetri, Rv. 286644 Sez. 2, numero 14653 del 7/3/2024, R., Rv. 286209 . Tale opzione non tiene conto del fatto che, seguendo la sentenza Schettino, il giudizio di subvalenza della recidiva determina che essa non dia luogo a tali effetti indiretti ed ulteriori così come non ha determinato l'aggravamento della dosimetria della pena. Un diverso, opposto fronte interpretativo, invece, evidenzia come, per il caso di subvalenza delle aggravanti rispetto ad attenuanti prevalenti, non può ritenersi che sussista interesse a ricorrere le ragioni di tale opzione sono ispirate alle considerazioni delle Sezioni Unite sull'assenza di un interesse concreto quanto agli effetti di determinazione della dosimetria sanzionatoria tra le molte, cfr. Sez. 5, numero 13628 del 15/12/2023, dep. 2024, Scalia, Rv. 286222 Sez. 4, numero 15937 del 14/3/2024, Simeone, Rv. 286342 . 3.3. Alla luce di quanto sin qui argomentato, il secondo motivo di ricorso dell'imputato Mi.St. non soltanto è ammissibile ma fondato, poiché, oltre alle possibili ricadute future sulla dimensione concreta che la pena potrà assumere nei suoi confronti una volta passata in giudicato la sentenza di condanna, il motivo d'appello riferito a far valere gli effetti dell' articolo 445, comma 2, cod. proc. penumero   doveva essere esaminato al fine di valutare proprio la stessa sussistenza della recidiva reiterata cfr. Sez. 2, numero 994 del 25/11/2021, dep. 2022, Raccuia, Rv. 282515, secondo cui, in tema di patteggiamento, la declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall' articolo 445 cod. proc. penumero   comporta l'estinzione degli effetti penali anche ai fini della recidiva . 4. Pertanto, deve disporsi l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di Mi.St. in relazione alla sussistenza della recidiva e, di conseguenza, al trattamento sanzionatorio nel resto, il suo ricorso è inammissibile e non si fa luogo a condanna alle spese in ragione della solo parziale soccombenza. Il ricorso di Gi.Mi. invece, è inammissibile per quanto già esposto e ne consegue, ai sensi dell' articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità cfr. sul punto   Corte Cost. numero 186 del 2000 , al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000. 4.1. Deve essere disposto, altresì, che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell' articolo 52 D.Lgs. numero 196 del 2003 , in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Mi.St., limitatamente alla ritenuta recidiva e al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari per nuovo giudizio. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di Mi.St Dichiara inammissibile il ricorso di Gi.Mi. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.