La circostanza che la procedura esecutiva sia giunta al suo esito naturale, con la distribuzione finale del ricavato, non comporta necessariamente la cessazione della materia del contendere, né la sopravvenuta carenza di interesse, con riguardo alle parentesi di cognizione che si siano già innestate nel processo esecutivo anche attraverso l’opposizione agli atti esecutivi.
Il caso Un coesecutato nell'ambito di una procedura esecutiva avente ad oggetto un locale commerciale si costituiva nel procedimento stesso lamentando di vizi di notifica relativi ad altra procedura riunita a quella pendente. Nonostante tali eccezioni, il Giudice dell'esecuzione disponeva la vendita all'asta dell'immobile e l'interessato svolgeva allora opposizione all'esecuzione ex articolo 615 c.p.c. lamentando la nullità del mutuo di scopo, l'errata valutazione del merito credito e opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c. ribadendo i vizi di notifica . L'opposizione ex articolo 615 c.p.c. veniva dichiarata inammissibile, mentre l'opposizione ex articolo 617 c.p.c. veniva respinta per cessazione della materia del contendere e sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo dal momento che l'immobile veniva alienato all'asta e il ricavato veniva distribuito tra i creditori. Il coesecutato allora impugnava in appello la decisione sull'opposizione ex articolo 615 c.p.c. e ricorreva in Cassazione avverso quella assunta in ordine al gravame ex articolo 617 c.p.c. La decisione della Cassazione L'ordinanza in esame decide il ricorso proposto dal coesecutato avverso la decisione del Tribunale sull'opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c. Nello specifico viene contestato l'assunto per cui “cessava la materia del contendere” a causa dell'intervenuta vendita all'asta dell'immobile nell'ambito della procedura esecutiva. Al riguardo la Suprema Corte richiama il proprio orientamento già espresso nella pronuncia numero 31085/2023 in base al quale il fatto che la procedura esecutiva sia giunta al termine con alienazione dei beni e distribuzione del ricavato non comporta cessazione della materia del contendere o carenza di interesse in relazione ai giudizi di cognizione eventualmente innestatisi nel processo esecutivo stesso . Ferma l'intangibilità di quanto distribuito ai creditori da contestare eventualmente con il diverso rimedio previsto dall' articolo 512 c.p.c. , la parte che abbia svolto opposizione ex articolo 615 c.p.c. e/o ex articolo 617 c.p.c. mantiene inalterato l'interesse e il diritto ad una pronuncia di merito . Solo in tal modo infatti l'opponente potrà aspirare alla tutela della propria posizione soggettiva. Quanto sopra, ribadiscono gli Ermellini, discende dai principi stessi e dalle caratteristiche strutturali del processo esecutivo. Infatti, se al contrario passasse il concetto per cui compiuta l'esecuzione forzata e distribuito il ricavato ogni opposizione divenisse per ciò solo “superflua” o “irrilevante”, si negherebbe la tutela giurisdizionale violando direttamente l' articolo 24 Cost. Ciò, si badi bene, vale anche per le opposizioni “formali” agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c. poiché – spiega la Corte – anche l'accoglimento di un gravame di tal genere può comportare la riapertura del processo esecutivo. Quanto sopra, ad esempio, potrebbe avvenire ove risultasse che l'atto oggetto dell'opposizione non solo era viziato, ma anche che la nullità che lo colpiva ha determinato uno sviluppo anomalo ed illegittimo del processo esecutivo e della sua conclusione. Per tali ragioni la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza rinviando al Tribunale per la decisione nel merito.
Presidente De Stefano - Relatore Guizzi Fatti di causa 1. R.C. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza numero 2054/22, del 18 ottobre 2022, del Tribunale di Nola, censurandola nella parte in cui ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione all'opposizione ex articolo 617 cod. proc. civ. dallo stesso proposta nell'ambito di due procedure esecutive poi riunite, comminandogli, inoltre, la condanna alle spese di lite, secondo il principio della soccombenza virtuale. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierno ricorrente di essersi costituito in un procedimento esecutivo immobiliare pendente innanzi al Tribunale di Nola che riuniva le procedure contrassegnate come R.G. 331/16 e 95/17 , per dedurre – nella qualità di coesecutato per un locale commerciale – di non aver ricevuto la notifica della pendenza del primo procedimento. Egli dichiarava, altresì, di non voler prestare acquiescenza alle pretese creditorie dell'esecutante Banca OMISSIS , avverso le quali formulava espressa riserva di proporre opposizione all'esecuzione, contestando, inoltre, la stima dell'immobile effettuata dal consulente tecnico d'ufficio, ritenendola irrisoria, nonché la quantificazione del canone locatizio, atteso che l'immobile risultava locato arbitrariamente dall'altro comproprietario, R.V., a prezzo che l'odierno ricorrente riteneva vile. Avendo il giudice dell'esecuzione, noncurante delle eccezioni da esso sollevate, disposto la vendita del bene, R.C. proponeva opposizione ai sensi sia dell' articolo 615 che dell'articolo 617 cod. proc. civ. , lamentando nullità del mutuo di scopo, da cui derivava il credito azionato in via esecutiva, oltre ad illecita valutazione del merito creditizio e delle garanzie, nonché l'illegittimità del tasso e delle altre condizioni del mutuo. L'allora opponente si doleva, altresì, della inopponibilità della locazione “a canone vile” e dell'illegittimità degli atti esecutivi, stante la mancata notifica del pignoramento, la duplicazione della procedura esecutiva e la evidente sottostima dell'immobile operata dal CTU. Respinta l'istanza di sospensione dell'esecuzione, instaurata la fase di merito del giudizio di opposizione, l'esito dello stesso – in difetto di ammissione delle istanze istruttorie formulate dall'opponente, nonché di svolgimento della richiesta, duplice, consulenza tecnica sia di natura contabile sul mutuo, che di stima dell'immobile e del suo valore locativo – si diversificava in relazione allo strumento utilizzato. Difatti, alla declaratoria di inammissibilità dell'opposizione ex articolo 615 cod. proc. civ. decisione che il R.C. ha gravato con appello , si affiancava quella di cessazione della materia del contendere, adottata con riferimento all'opposizione ex articolo 617 cod. proc. civ. per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo, risultando ormai definite le procedure esecutive per intervenuta pronuncia del decreto di trasferimento e distribuzione del ricavato tra i creditori. 3. Avverso la sentenza del Tribunale nolano ha proposto ricorso per cassazione R.C., sulla base – come già detto – di quattro motivi. 3.1. Il primo motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 100, 617 e 618 cod. proc. civ. , per avere la sentenza impugnata ritenuto cessata la materia del contendere per intervenuta vendita nel procedimento esecutivo immobiliare, nonché violazione degli articolo 24 e 111 Cost. e “ingiustizia” della decisione. Si assume, infatti, che tale statuizione sarebbe in contrasto con quanto affermato da questa Corte nell'affrontare una vicenda similare in materia di opposizione agli atti esecutivi, proposta in ragione della mancata notifica del pignoramento al comproprietario ex art 599 cod. proc. civ. questo Giudice di legittimità, difatti, in un caso in cui – a seguito di soddisfacimento del credito – era stata dichiarata la cessata materia del contendere “per difetto di interesse alla definizione del giudizio”, ha affermato, al contrario, che “l'opposizione … avrebbe dovuto essere esaminata nel merito”. 3.2. Il secondo motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 599 cod. proc. civ. , 180 disp. att. cod. proc. civ. e 101 cod. proc. civ., oltre che degli articolo 88 e 175 cod. proc. civ. , 1175 e 1227 cod. civ., nonché degli articolo 24 e 111 Cost. , lamentando “mancanza della notifica del primo pignoramento e mancata notifica/avviso al comproprietario del secondo pignoramento”, oltre a “violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa”. Si censura la sentenza impugnata là dove ha disatteso l'eccezione relativa alla mancata notifica dell'atto di pignoramento da cui è scaturita la procedura 331/16”, decisione assunta sul rilievo che tale atto avesse ad oggetto “la quota del R.V. per cui il pignoramento è stato correttamente notificato solo a quest'ultimo”. Osserva, al riguardo, il ricorrente che il Tribunale di Nola “ha completamente ignorato il fatto che non vi è mai stata alcuna notifica del pignoramento RGE 331/16 al ricorrente che era pignoramento dell'intero e non solo della quota, né tantomeno del pignoramento RGE 95/17 al condebitore R.V., sempre quale pignoramento dell'intero, nemmeno quale avviso ex art 599 cod. proc. civ. al comproprietario”. È contestata, inoltre, anche la decisione di respingere il successivo motivo di opposizione, in base al quale il pignoramento 95/17 sarebbe nullo, in quanto mera duplicazione del primo, rilevando, al riguardo, il giudice dell'opposizione non solo trattarsi “di debitori diversi e diverse quote”, ma pure che “nulla vieta al creditore di intraprendere più procedure esecutive per il soddisfacimento dello stesso credito, ferma restando l'unicità della soddisfazione della pretesa”. In questo modo, tuttavia, sarebbe stato disatteso il principio enunciato da questa Corte secondo cui “costituisce abuso del processo la moltiplicazione delle iniziative esecutive che, senza frutto per il creditore, hanno l'unico effetto di far lievitare i costi della procedura”, tale condotta essendo illecita, non solo processualmente, ma “anche sul piano deontologico ai sensi dell'articolo 66 del codice deontologico forense”. 3.3. Il terzo motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 112, 191 e 568 cod. proc. civ. , per “mancato esame delle istanze istruttorie”, oltre che delle “deduzioni difensive contenute nelle note di trattazione scritta”. Si duole il ricorrente del “mancato esame dell'istanza istruttoria di CTU per la valutazione dell'immobile staggito sia come valore commerciale che come valore locativo alla data della vendita” si rileva, infatti, che “la stima dell'immobile oggetto della procedura esecutiva è assolutamente inferiore ai valori di mercato sia per tipologia di locale sia per la zona ove è ubicato”. Si assume, inoltre, la ricorrenza, nella specie, di un “canone vile”, “perché inferiore di un terzo al giusto prezzo od a quello risultante da precedenti locazioni”. Con riguardo, poi, al mancato esame delle deduzioni difensive contenute nelle note di trattazione scritta si assume che il Tribunale di Nola avrebbe “commesso una grave violazione del diritto di difesa, ritenendo l'opponente assente all'udienza del 14.07.2022” svoltasi con modalità cartolare, senza che costui avesse depositato le note cinque giorni prima , “non consentendo l'istruttoria richiesta e rinviando per le conclusioni”. Deduce, per contro, il ricorrente di aver depositato solo il giorno dell'udienza le proprie note “perché la modalità cartolare era stata stabilita con un provvedimento di rinvio di ufficio che, arrivato via Pec, recava la sola dicitura rinvio d'ufficio e non decreto trattazione scritta , quindi solo in Tribunale, fisicamente presenti all'udienza, si è avuta cognizione di tale stabilita modalità e si è chiesto di essere rimessi in termini per l'errore scusabile di non aver aperto un allegato anonimo della detta Pec”. 3.4. Il quarto motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ. , per la erronea e sproporzionata condanna alle spese e per la dichiarata soccombenza virtuale. Si assume che il giudice avrebbe dichiarato “inopinatamente” la soccombenza virtuale a seguito della dichiarazione di cessata materia del contendere per vendita del cespite, non rendendosi conto che “ai fini dell'accertamento della soccombenza virtuale deve farsi riferimento all'esistenza di un interesse ad agire al tempo in cui è stata proposta l'opposizione, risultando irrilevante che la stessa sia stata successivamente dichiarata estinta”, o, come nel caso di specie, “vi sia stata la vendita del cespite”. Inoltre, si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe “dichiarato la soccombenza virtuale senza aver consentito l'istruttoria e la chiesta CTU che avrebbe potuto confermare la fondatezza della domanda attorea, oltre a non aver rilevato le gravi nullità/illegittimità del procedimento”. Infine, “si eccepisce l'illegittimità della condanna alle spese nel quantum stante la loro eccessività e sproporzionalità”. 4. Hanno resistito all'avversaria impugnazione, con distinti controricorsi, la società OMISSIS S.r.l. o meglio, per essa, la mandataria OMISSIS S.p.a. e R.V., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. 5. È rimasta solo intimata Banca OMISSIS S.p.a. 6. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. 7. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 8. In via preliminare, deve rilevarsi che sono da superare i dubbi – avanzati dallo stesso ricorrente, tanto da aver formulato istanza di rimessione in termini – circa la procedibilità del ricorso. 8.1. Difatti, se è vero che il deposito del ricorso – avvenuto, al pari della notificazione, in forme interamente telematiche – risale al 10 gennaio 2023, donde il dubbio sul rispetto del termine di venti giorni ex articolo 369, comma 1, cod. proc. civ. risalendo la notificazione del ricorso al 20 dicembre 2022 , deve ritenersi integrata, nella specie, l'esistenza di un “errore fatale”, che ha impedito il perfezionarsi del deposito telematico il giorno 9 gennaio 2023, e dunque in tempo utile a garantire l'osservanza della suddetta previsione normativa. Questa Corte, difatti, in tema di deposito telematico di atti processuali, ha affermato il principio secondo cui il c.d. “errore fatale”, che abbia determinato l'esito negativo del deposito, “non è necessariamente ascrivibile a colpa del mittente, ma esprime soltanto l'impossibilità di caricare l'atto nel fascicolo telematico, che impedisce al cancelliere l'accettazione del deposito, e consente quindi la rimessione in termini, escludendo la produzione di effetti invalidanti” quando “vi sia stato il raggiungimento dello scopo, ai sensi dell' articolo 156, comma 3, cod. proc. civ. , per effetto della rinnovazione del deposito entro il tempo ragionevolmente necessario per svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria” così, in motivazione, da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 20 agosto 2024, numero 22977 , non massimata, che richiama, tra le altre, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 5 maggio 2023, numero 238, Rv. 666323-01 . Nella specie, dunque, ricorre taluno di quegli “errori del sistema informatico” che questa Corte ha compendiato, in particolare, in “un errore di accesso o stivaggio informatico o anomalo rifiuto” che sono ritenuti “indizianti” di un deposito rispettoso del dettato di cui all' articolo 369 cod. proc. civ. , o meglio, suscettibili di determinare – allorché il depositante, come avvenuto nella specie, abbia ricevuto dalla cancelleria la “PEC” di accettazione e consegna, provvedendo poi, a fronte della segnalazione del c.d. “errore fatale”, a rinnovare “illico et immediate” il deposito dell'atto – quello “stato soggettivo di affidamento della parte, tale da giustificare ex post la oggettiva tardività del deposito” cfr., in motivazione, Cass. Sez. Unumero , ord. 11 ottobre 2023, numero 28403 , Rv. 668997-02 . 9. Ciò premesso, il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati. 9.1. Il primo motivo è fondato. 9.1.1. Invero, questa Corte ha puntualizzato – di recente – che “la circostanza che la procedura esecutiva sia giunta al suo esito naturale, con la distribuzione finale del ricavato, non significa affatto che da ciò debba necessariamente derivare la cessazione della materia del contendere, né la sopravvenuta carenza d'interesse, con riguardo alle parentesi di cognizione che si siano già innestate nel processo esecutivo” difatti, “posta l'irretrattabilità della distribuzione non opposta o, se opposta ex articolo 512 cod. proc. civ. , con opposizione definita con sentenza passata in giudicato , con conseguente intangibilità dei pagamenti eseguiti ai creditori concorrenti”, risulta “evidente che la parte che, per qualsivoglia ragione, abbia spiegato nel corso della procedura esecutiva un'azione opposizione all'esecuzione e/o agli atti esecutivi ex articolo 615 e 617 cod. proc. civ. , reclamo ex articolo 630 cod. proc. civ. , ecc. tendente a determinare o l'arresto definitivo della procedura, o quantomeno la necessità di rinnovare uno o più atti del processo perché in tesi adottati contra legem e tempestivamente opposti , mantiene intatto l'interesse alla decisione, perché solo attraverso la sua esecuzione la parte stessa può anelare alla adeguata tutela della propria posizione soggettiva” così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 8 novembre 2023, numero 31085 , non massimata . Invero, “si tratta di un principio che discende dalla stessa morfologia del processo esecutivo e dalle caratteristiche strutturali e funzionali degli incidenti di cognizione che vi si innestano è evidente che, se la procedura esecutiva giungesse a suo compimento, con la distribuzione, e da tanto dovesse derivare, sic et simpliciter, la superfluità delle eventuali opposizioni esecutive frattanto proposte dalle parti”, ne “discenderebbe da un lato la negazione stessa del diritto di azione, costituzionalmente tutelato ex articolo 24 Cost. , ma del tutto svuotato di ogni significato, e dall'altro l'attribuzione al giudice dell'esecuzione almeno, per le opposizioni esecutive di un potere addirittura esorbitante rispetto a quello del giudice della cognizione, con riguardo alla fase di merito delle stesse opposizioni ciò perché, in fin dei conti, l'esito dello stesso giudizio di merito finirebbe col dipendere dalla circostanza che il giudice dell'esecuzione abbia sospeso o meno la procedura nella fase sommaria” così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. numero 31085 del 2023 , cit. . Queste considerazioni, pertanto, impongono – soprattutto in ragione del nesso di “strumentalità” che riconoscono tra la “non superfluità” delle opposizioni esecutive, o meglio della loro definizione, e il diritto alla tutela giurisdizionale diritto da ascrivere “tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio” cfr. Corte cost., sent. 22 gennaio 1982, numero 18 analogamente Corte cost., sent. marzo 1996, numero 82 e Corte cost., sent. 22 ottobre 2014, numero 238 – l'accoglimento del primo motivo di ricorso, con il quale si è censurata la sentenza impugnata per aver ritenuto cessata la materia del contendere per il solo fatto dell'intervenuta vendita a conclusione del procedimento esecutivo immobiliare. Né in senso contrario a tale esito possono invocarsi i precedenti di questa Corte richiamati dalla sentenza impugnata Cass. Sez. 6-3, ord. 7 settembre 2017, numero 20924, Rv. 645478-01 Cass. Sez. 3, sent. 10 luglio 2014, numero 15761 , Rv. 631879- 01 . Essi, infatti, sebbene affermino che la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il giudizio si determina esclusivamente per le opposizioni agli atti esecutivi, non hanno affrontato “ex professo” tale questione, avendo riguardato casi di opposizione esecutiva, in relazione ai quali hanno escluso la configurabilità della cessazione della materia del contendere. Del resto, la crescente ampiezza del campo di applicazione dell'opposizione formale, che la giurisprudenza ammette ormai pure per il merito di ogni atto del giudice dell'esecuzione che implichi lo sviluppo del processo fino alla sua definizione, in uno all'esigenza di effettività della tutela del diritto dei soggetti del processo esecutivo impongono che tale unico strumento di contestazione debba potersi esperire utilmente quando sia rivolto a mettere in discussione la più consistente conseguenza dell'atto impugnato, vale a dire - appunto - lo sviluppo del processo fino alla sua definitiva cessazione a tal fine, consentendo la neutralizzazione di tale risultato, ove beninteso la contestazione, previamente e tempestivamente dispiegata, sia infine riconosciuta fondata. Può anzi dirsi, similmente a quanto affermato da questa Corte in relazione al momento di conclusione del processo di espropriazione immobiliare Cass. Sez. 3, sent. 20 novembre 2023, numero 32143 , Rv. 669492-02 Cass. Sez. 3, sent. 20 novembre 2023, numero 32146 , Rv. 669574-02 , che l'eventuale accoglimento dell'opposizione formale ben può comportare la riapertura del processo esecutivo che sia comunque proseguito fino alla sua definizione ciò che è intuitivo, se e quando sia infine riconosciuto che l'atto oggetto di quell'opposizione era non solo viziato, ma, anzi, che la nullità che lo colpiva ha determinato uno sviluppo anomalo ed illegittimo del processo ed una altrettanto anomala ed illegittima conclusione di questo. Il carattere puramente incidentale della pregressa affermazione che resta, dunque, confinata al livello di mero “obiter dictum” , unitamente alla natura non “sincronica” del rilevato contrasto di giurisprudenza, esime questo collegio dall'invio degli atti del presente giudizio alla Prima Presidente per valutare l'applicabilità dell' articolo 374, comma 2, cod. proc. civ. 10. I restanti motivi, relativi al merito delle doglianze agitate con l'opposizione, sono assorbiti dall'accoglimento del primo. 11. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Nola, in persona di diverso magistrato, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto “la circostanza che la procedura esecutiva sia giunta al suo esito naturale, con la distribuzione finale del ricavato, non comporta necessariamente la cessazione della materia del contendere, né la sopravvenuta carenza d'interesse, con riguardo alle parentesi di cognizione che si siano già innestate nel processo esecutivo anche attraverso l'opposizione agli atti esecutivi”. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti i restanti cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Nola, in persona di diverso magistrato, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.