È discriminatorio non concedere il congedo di paternità alla "seconda mamma"?

Deferita alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell'articolo  27-bis d.lgs. numero 151/2001 in quanto risulta discriminatorio per le famiglie omogenitoriali nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio per una lavoratrice considerata come secondo genitore equivalente nei registri dello Stato civile.

La Corte d'Appello di Brescia ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardante l'articolo 27-bis d.lgs. numero 151/2001, nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio per una lavoratrice considerata come secondo genitore equivalente nei registri dello Stato civile, ritenendolo discriminatorio relativamente all'orientamento sessuale. In precedenza, il Tribunale di Bergamo aveva ordinato all’INPS di modificare il suo sistema informatico per permettere alle famiglie omogenitoriali di accedere ai congedi parentali, considerando discriminatorio il sistema che indicava esclusivamente «padre» come secondo genitore. Tuttavia, l'INPS aveva impugnato questa decisione, dal momento che, a suo avviso, è il legislatore in primis a doversi fare interprete della volontà collettiva legata a questioni come quella in esame. A questo punto, i giudici di secondo grado, chiamati a pronunciarsi, con l'ordinanza in commento, hanno manifestato dubbi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni concernenti i congedi parentali, basando le proprie argomentazioni sull'articolo 3 e 117 Cost. in relazione al divieto di discriminazione per l'orientamento sessuale. La mancata previsione del congedo di paternità per la seconda mamma all'interno di una coppia formata da due donne è stata ritenuta discriminatoria e contraria anche alla direttiva UE 2019/1158 con cui veniva stabilito che «gli stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente, abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore». La Corte territoriale ha, poi, continuato specificando che per rimuovere tale discriminazione pro futuro e con effetti erga omnes non è sufficiente l'intervento del giudice nè tantomeno quello dell'INPS, ma occorre una pronuncia della Consulta che consentirebbe anche alle coppie omogenitoriali di godere di tutti i diritti previsti in materia di permessi e congedi, anche nell'interesse delle esigenze e dei diritti dei minori.

Fatto/Diritto Con ricorso ex articolo 2 e 3 d.lgs. numero 215/2003, 28 d.lgs. 150/11 e 281 decies e ss. c.p.c., R.L. Avvocatura per i diritti LGBT di seguito anche solo R.L. ha premesso di essere un'associazione impegnata nella promozione di una cultura del rispetto dei diritti delle persone LGBTI+ e di agire nel presente giudizio esclusivamente a tutela delle coppie di genitori dello stesso sesso che risultano tali dai registri dello stato civile e che, viceversa, è estranea al giudizio ogni questione relativa all'accesso alla genitorialità delle coppie dello stesso sesso ha premesso altresì che le lavoratrici e i lavoratori del settore privato che vogliono fruire dei congedi parentali e dei permessi ex D.lgs. numero 151/2001 hanno l'onere di presentare domanda all'Inps, soggetto gravato dall'obbligo del pagamento, e che le istanze debbono essere presentate in via telematica sul portale web dell'Inps direttamente dal soggetto interessato o tramite il patronato ha allegato che, peraltro, il sistema informatico dell'Inps non consente ai genitori dello stesso sesso di presentare domanda in quanto segnala un errore laddove vengono inseriti due codici fiscali dello stesso genere ha rappresentato che tramite la collaborazione del patronato INCA CGIL di Brescia è stato effettuato dalla associazione ricorrente un tentativo di presentazione di diverse istanze on line utilizzando i dati di soggetti dello stesso genere e che la procedura ha segnalato un errore e si è bloccata non consentendo così la presentazione della domanda in via telematica, unica che, di regola, viene presa in considerazione dall'Inps l'associazione ricorrente ha evidenziato che la procedura informatica per la presentazione delle domande per i congedi parentali e permessi predisposta dall'Inps riflette l'impostazione della normativa nazionale in base alla quale solo le coppie di genitori di sesso diverso possono accedere agli istituti ex D.lgs. numero 151/2001 ha lamentato, pertanto, il carattere discriminatorio della condotta dell'INPS consistente nell'aver adottato un sistema informatico che non consente alle coppie di genitori dello stesso sesso riconosciute nei registri dello stato civile di presentare domanda per gli istituti del congedo di paternità obbligatorio di cui all'articolo 27bis D.lgs. 151/2001, del congedo di paternità alternativo ex articolo 28 e ss. D.lgs. 151/2001, entrambi anche in relazione a quanto disposto dagli articolo 26 e 31 D.lgs. 151/2001, del congedo parentale ex articolo 32 e ss. D.lgs. 151/2001, dei periodi di riposo ex articolo 39 e 40 e ss. D.lgs. 151/2001, delle indennità di maternità ex articolo 64 e ss. e 66 e ss. D.lgs. 150/2001 ha chiesto di accertare e dichiarare il diritto delle coppie di genitori dello stesso sesso, risultanti dai registri dello stato civile, di godere, alle medesime condizioni previste per le coppie di genitori eterosessuali dei suddetti congedi e permessi e, in particolare, di accertare e dichiarare che 1 il congedo di paternità obbligatorio ex articolo 27bis D.lgs. 151/2001 spetta anche a una lavoratrice quando è genitore in una coppia di genitori composta da due donne 2 il congedo di paternità alternativo, ex articolo 28 e ss. d.lgs. 151/2001, anche in relazione a quanto disposto dagli articolo 26 e 31 d.lgs. 151/200,1 spetta al padre anche quando é genitore in una coppia di genitori composta da due uomini 3 il congedo parentale ex articolo 32 d.lgs. 151/2001 spetta a ciascuno dei due genitori indipendente dal genere dell'altro genitore 4 i periodi di riposo ex articolo 39 e 40 d.lgs. 151/2001 spettano al padre anche quando é genitore in una coppia di genitori composta da due uomini 5 le indennità di maternità ex articolo 64 e ss. e 66 e ss. d.lgs. 150/2001, spettano al padre anche quando è genitore in una coppia di genitori composta da due uomini conseguentemente ha domandato a di ordinare all' INPS di modificare, entro un termine perentorio indicato nell'emananda sentenza, il proprio sistema informatico e il sito web così da rimuovere ogni ostacolo che impedisce ai genitori in coppie dello stesso sesso di presentare le istanze per gli istituti di cui in ricorso come invece è possibile per le coppie di genitori di sesso diverso b di ordinare all'INPS di emanare, entro un termine perentorio indicato nell'emananda sentenza, una circolare o altra idonea comunicazione, da pubblicare sul portale web dell'Istituto e da diffondere alle sedi dello stesso con le modalità di diffusione che l'Istituto adotta per tali comunicazioni, nella quale indicare che gli istituti oggetto del presente giudizio debbano essere riconosciuti anche a coppie di genitori dello stesso sesso secondo quanto specificato nel ricorso c di condannare INPS a pagare ai sensi dell'articolo 614bis cpc la somma di euro 100,00 o la diversa somma ritenuta di giustizia per ogni giorno di ritardo rispetto al termine indicato nell'emananda sentenza nell'esecuzione dei predetti ordini in essa contenuti d di condannare INPS a risarcire all'associazione ricorrente, in quanto ente esponenziale dell'interesse leso dalla condotta discriminatoria di cui sopra, il danno non patrimoniale derivato dalla intervenuta discriminazione in misura da determinarsi in via equitativa ex articolo 1226 c.c. e comunque idonea a garantire il carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo della condanna indicata in euro 10.000,00, con eventuale vincolo di destinazione allo svolgimento di attività di promozione e tutela dei diritti delle persone LGBTI+ 7 e in ogni caso, di adottare, se ritenuto, ai sensi dell'articolo 28 co. 5 d.lgs. 150/2011, ogni altro provvedimento utile al piano di rimozione della discriminazione accertata. In diritto, R.L. ha sostenuto che tutti gli istituti di cui è causa rientrano tra le “condizioni di lavoro” in relazione alle quali secondo il diritto UE vige il divieto di discriminazione per orientamento sessuale in dettaglio, ha richiamato l'articolo 2 lett. a della direttiva 2000/78/CE in base al quale sussiste discriminazione diretta quando per orientamento sessuale una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe stata trattata un'altra in una situazione analoga ha affermato che l'articolo 3 della cit. direttiva estende il divieto di discriminazione all'occupazione e alle condizioni di lavoro tra le quali secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia rientra la concessione dei congedi parentali ha allegato che i congedi, i permessi e le indennità previsti a tutela della maternità e paternità per lavoratrici e lavoratori sono volti non solo a soddisfare il diritto della persona che lavora di poter conciliare i compiti di cura con quelli di lavoro v. il richiamo anche all'articolo 33 CDFUE , ma anche a promuovere una condivisione nei doveri di cura della prole tra i genitori e ad assicurare lo sviluppo relazionale tra i figli ed entrambi i genitori e che anche la recente Direttiva 2019/1158/UE sui congedi nei suoi considerando ha sollecitato una modernizzazione di tali istituti e un adeguamento del quadro giuridico laddove prevede l'opportunità di introdurre un diritto al congedo di paternità per i padri o per un “secondo genitore equivalente” nella misura in cui sia riconosciuto dal diritto nazionale in conclusione, ha lamentato il carattere discriminatorio della condotta dell'Inps che, pur non avendo mai espressamente negato la sussistenza del diritto ai congedi e permessi alle coppie omogenitoriali riconosciute nei registri dello stato civile, con il sistema informatico attuale per la presentazione delle domande ha di fatto reso impossibile l'accesso a tali istituti ai genitori dello stesso sesso, riconosciuti come tali dai registri dello stato civile ha quindi formulato le conclusioni sopra riportate e solo in subordine, laddove non sia ritenuto possibile pervenire al risultato auspicato mediante una interpretazione adeguatrice o costituzionalmente orientata della normativa nazionale, ha prospettato la necessità di un rinvio alla CGUE o del sindacato di costituzionalità. Con memoria di costituzione e risposta l'Inps ha eccepito il difetto di legittimazione ad agire della ricorrente ha contestato, inoltre, il ricorso nel merito sostenendo che il riconoscimento dello status di genitore al genitore intenzionale o sociale rappresenta un obiettivo perseguibile solo per via legislativa, poiché implica una scelta – costituzionalmente non imposta – che appartiene a quell'area di interventi con i quali il legislatore si fa interprete della volontà collettiva bilanciando i valori fondamentali in gioco e tenendo conto degli orientamenti e delle istanze che reputa maggiormente radicate in quel momento storico nella coscienza sociale. Con memoria ex articolo 105 c.p.c. è intervenuta volontariamente la CGIL che ha aderito alle conclusioni formulate da  R.L. Il Tribunale di Bergamo con ordinanza dep. in data 15 gennaio 2024, accertata la legittimazione ad agire di R.L., ha ritenuto l'esistenza di una discriminazione a danno dei genitori dello stesso sesso indicati come tali nei registri dello stato civile rispetto a genitori di sesso diverso in quanto, sebbene sia gli uni che gli altri siano riconosciuti genitori dall'ordinamento, i genitori di sesso diverso possono sempre proporre la domanda in via informatica per accedere ai permessi e congedi ex D.lgs. 151/2001 mentre i genitori dello stesso sesso non possono proporla, ciò ponendo questi ultimi in una condizione di evidente e significativo svantaggio con il citato provvedimento, dunque, il giudice ha ordinato all'Inps di modificare nel termine di due mesi il proprio sistema informatico di ricezione delle domande amministrative rendendo possibile alle coppie che risultino genitori dai registri di stato civile inserire i loro codici fiscali e ogni altro dato rilevante a prescindere dal sesso, dando adeguata comunicazione di tale modifica nel portale web con condanna dell'Inps anche al pagamento di una somma di € 100,00 per ogni giorno di ritardo. L'Inps ha proposto appello avverso detto provvedimento instando per l'immediata sospensione dell'efficacia esecutiva dello stesso. Si sono costituite R.L. e CGIL che si sono opposte alla sospensione dell'esecutività dell'ordinanza e nel merito hanno contestato la fondatezza del gravame chiedendone il rigetto in via di appello incidentale, poi, le appellate, posto che il dispositivo dell'ordinanza si è limitato a ordinare all'Inps la modifica del proprio sistema informatico senza affermare espressamente il diritto delle coppie dei genitori dello stesso sesso riconosciute nei registri dello stato civile di fruire dei congedi al pari delle coppie eterosessuali, hanno insistito, in subordine, nelle conclusioni già formulate in primo grado. All'udienza del 24 marzo 2024 all'esito della camera di consiglio il Collegio ha disposto la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza impugnata. Trattenuta la causa in decisione all'udienza del 20 giugno 2024 questa Corte, ritenuta sulla base delle difese delle parti possibile la prospettazione di una questione di illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge aventi ad oggetto permessi e congedi in favore del “padre” e della “madre” con riferimento sia all'articolo 3 Cost. che all'articolo 117 Cost., quest'ultimo in relazione al divieto di discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di cui agli articolo li 1 e 2 della Direttiva 2000/78 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro nonché in relazione all'articolo 4 della Direttiva 2019/1158/UE, con ordinanza in data 8 luglio 2024 ha assegnato alle parti un termine per il deposito di memorie illustrative invitandole a prendere posizione sulle specifiche ipotesi formulate nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio. All'udienza del 24 ottobre 2024 all'esito della discussione orale, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione. 2. Sulla eccezione di difetto di legittimazione attiva. Va preliminarmente affermata la sussistenza della legittimazione ad agire di  R.L. alla luce dell'articolo 5 comma 1 e 2 D.lgs. numero 215/2003 che prevede il diritto delle organizzazioni sindacali, delle associazioni e delle organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso di agire ai sensi dell'articolo 4 il cui comma 1 rimanda all'azione contro la discriminazione di cui all'articolo 28 d.lgs. numero 150 del 2011 nei casi di discriminazione collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione. In base allo Statuto adottato, R.L. -Avvocatura per i diritti LGBT+ è un'associazione di promozione sociale che “si propone di svolgere le attività indicate nell'articolo 2 nei limiti degli articolo 5 e 6 del d.lgs. 117/2017 per perseguire i seguenti scopi contribuire a sviluppare e a diffondere la cultura e il rispetto dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans* e intersex LGBT+ a livello regionale, nazionale, eurounitario e internazionale e in particolare a promuoverne lo studio, la conoscenza e la difesa tra tutte le operatrici e tutti gli operatori del diritto, sollecitando l'attenzione del mondo giudiziario verso il rispetto delle diversità” articolo 3 Statuto nel presente giudizio R.L. agisce al fine di fare accertare una discriminazione collettiva nei confronti delle coppie omogenitoriali risultanti dai registri dello Stato civile in Italia, ossia di soggetti che non sono individuabili in maniera diretta, in quanto si identificano in tutti i genitori dello stesso esso che, pur risultando indicati come genitori negli atti di nascita e iscritti come tali nei registri dello stato civile nel nostro ordinamento, non possono presentare domanda amministrativa sul portale dell'Inps per accedere alle prestazioni a sostegno della maternità e della paternità. 3. L'oggetto del giudizio di costituzionalità. Ciò premesso, questa Corte, sulla base delle difese delle parti, tra le varie ipotesi delineate nel ricorso di primo grado, dubita della legittimità costituzionale dell'articolo 27 bis d.lgs. numero 151 del 26/03/2001 T.U. sostegno di maternità e paternità , introdotto dall'articolo 2 comma 1 lett. c d.lgs. numero 30 giugno 2022 numero 105, secondo cui “Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa” in particolare, si ha fondato motivo di ritenere che tale disposizione contrasti con gli articolo 3 e 117 Cost. quest'ultimo in relazione al divieto di discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di cui agli articolo li 1 e 2 della Direttiva 2000/78 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, nonché in relazione all'articolo 4 della Direttiva 2019/1158/UE, che prevede che gli Stati riconoscano il diritto di congedo di paternità obbligatorio al secondo genitore equivalente, ove riconosciuto nel diritto interno nella parte in cui non prevede che il periodo di congedo obbligatorio di dieci giorni lavorativi spetti anche a una lavoratrice secondo genitore in una coppia di genitori composta da due donne, risultanti dai registri dello stato civile. 4. Sulla rilevanza e ammissibilità della questione. L'istituto di cui all'articolo 27 bis D.lgs. 151 del 2001 è disciplinato con esplicito riferimento al diritto del “padre” lavoratore di fruire del congedo di paternità obbligatorio “Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa” il sistema informatico dell'Inps ricalca la struttura della norma consentendo, per quanto pacifico, solo al lavoratore “padre” in una coppia di genitori formata da una “madre” e da un “padre” di presentare la domanda per la fruizione del congedo di paternità obbligatorio la Direttiva numero 1158 del 2019 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, all'articolo 4 prevede che “Gli stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente, abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore” nei suoi “considerando” la direttiva afferma che lo scopo del riconoscimento del diritto al congedo di paternità obbligatorio è quello di “incoraggiare una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne, nonché per consentire un'instaurazione precoce del legame tra padre e figlio” v. considerando numero 19 e che “Gli Stati membri sono incoraggiati a concedere il diritto al congedo parentale a tutti i lavoratori che hanno responsabilità genitoriali in conformità all'ordinamento giuridico nazionale” v. considerando numero 21 nel nostro ordinamento il legislatore nel dare esecuzione alla direttiva con il D.lgs. 30 giugno 2022 numero 105 laddove ha introdotto con l'articolo 27 bis il congedo di paternità obbligatorio lo ha fatto con esclusivo riferimento al “padre” in una coppia di genitori di sesso diverso all'interno del nostro ordinamento, tuttavia, vi sono alcuni casi – e sul punto va sottolineato che non vi è alcuna contestazione tra le parti – in cui l'esistenza del legame genitoriale di coppie formate da persone dello stesso sesso è riconosciuta sul piano giuridico si tratta di coppie di genitori dello stesso sesso che risultano dai registri dello stato civile per es. a seguito di sentenze divenute definitive o che abbiano ottenuto la trascrizione in Italia dell'atto di nascita formato all'estero a seguito di tecniche di procreazione assistita e la registrazione come genitori nei registri dello stato civile anche a seguito dell'adozione in casi particolari ex articolo 44 L. numero 184 del 1983 in questi casi non è dubitabile che il genitore non biologico sia considerato nell'ordinamento interno come secondo genitore equivalente, in quanto a seguito della iscrizione nei registri dello stato civile risulta investito sul piano giuridico dei diritti e dei doveri di genitore ebbene, per quel che rileva in questa sede, nei casi di trascrizione nei registri dello stato civile di due genitori donna, di cui una sia la madre biologica e l'altra no, la madre biologica potrà chiedere di godere del congedo di maternità obbligatorio mentre la madre secondo genitore riconosciuto nei registri dello stato civile non potrà fruire del congedo obbligatorio di dieci giorni di cui all'articolo 27 bis in quanto il sistema informatico dell'Inps è strutturato in maniera tale da consentire solo al “padre” in una coppia di genitori di sesso diverso di chiedere tale congedo la condotta dell'Inps che, attraverso il sistema informatico attualmente in uso non consente alla donna lavoratrice secondo genitore in una coppia di due donne risultanti genitori da registri dello stato civile di accedere al congedo di cui all'articolo 27 bis, a parere di questa Corte, integra una discriminazione per ragioni di orientamento sessuale che incide sulle condizioni di lavoro il congedo obbligatorio di paternità, infatti, rientra nell'ambito di applicazione del divieto di discriminazione per orientamento sessuale sancito dal diritto UE in particolare, l'articolo 1 della Direttiva 2000/78/CE afferma che tra gli obiettivi perseguiti la Direttiva si pone lo scopo di stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate, tra l'altro, sulle tendenze sessuali e l'articolo 2 comma 2 lett. a afferma che “sussiste discriminazione diretta quando sulla base dei uno dei motivi di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe stata trattata un'altra in una situazione analoga” l'articolo 3 individua il campo di applicazione del divieto di discriminazione con riferimento anche all'occupazione e alle condizioni di lavoro compresa la retribuzione articolo 3 comma 1 lett. c la giurisprudenza consolidata della CGUE, invero, riconduce i permessi e i congedi parentali alle “condizioni di occupazione e di lavoro” in quanto istituti che, determinando l'astensione dal lavoro retribuita, incidono sullo svolgimento dell'attività lavorativa modificando il tempo di lavoro v. tra le altre sentenza 20 marzo 2003 causa C-187/00 Kutz-Bauer punti 44 e 45 e sentenza nella causa C 222/14 Maïstrellis del 16 luglio 2015 punto 45 nonché sulla retribuzione il congedo obbligatorio di paternità, dunque, in quanto compreso tra le condizioni di occupazione e di lavoro rientra pienamente nel campo di applicazione del divieto di discriminazione della Direttiva 2000/78/CE sulla base di tali premesse, la condotta dell'Inps che, a causa di un sistema informatico che consente la presentazione della domanda per il congedo di cui all'articolo 27 bis soltanto a un “padre”, precludendola alla lavoratrice secondo genitore nella coppia di genitori formata da due donne riconosciute come tali agli atti dello stato civile, si traduce sul piano oggettivo in una discriminazione per orientamento sessuale per quanto attiene alle condizioni di lavoro, alla occupazione e alla retribuzione ai sensi della direttiva 2000/78/CE in altri termini il fattore che genera la discriminazione incidente sulle condizioni di lavoro e sulla retribuzione in questo caso è solo ed esclusivamente l'appartenenza a un determinato genere. Ciò ritenuto, R.L. ha domandato di ordinare all'Inps la modifica del sistema informatico al fine di eliminare tale discriminazione e di consentire per il futuro alle donne lavoratrici secondo genitore equivalente nelle coppie -tali risultanti dai registri dello stato civile composta da due genitori di sesso femminile di presentare domanda e, ove ne ricorrano gli altri presupposti di legge, di fruire del congedo obbligatorio di dieci giorni tale risultato, a parere di questa Corte, non può essere conseguito se non attraverso una pronuncia della Corte Costituzionale il sistema informatico dell'Inps, infatti, riflette esattamente l'impianto della normativa a tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al d.lgs. numero 151 del 2001 e, per quel che qui rileva, ricalca la formulazione dell'articolo 27 bis, della cui legittimità costituzionale si dubita, consentendo solo al “padre” in una coppia di genitori formata da una “madre” e da un “padre” di presentare la domanda per il congedo di paternità l'adozione del piano di rimozione della condotta discriminatoria richiesto da R.L. con la modifica del sistema informatico dell'Inps, invero, non è possibile attraverso una interpretazione dell'articolo 27 bis improntata al rispetto del principio di non discriminazione fondato sull'articolo 3 Cost. né attraverso una interpretazione conforme del diritto nazionale alle norme UE che impongono il principio della parità di trattamento senza distinzioni fondate sull'orientamento sessuale nelle condizioni di impiego articolo 2 e articolo 3 Direttiva 2000/78 il tenore letterale inequivocabile dell'articolo 27 bis, che fa esclusivo riferimento al “padre”, non consente interpretazioni diverse la norma è chiara e non presenta lacune logico-normative bisognose di essere colmate né appare integrabile in via ermeneutica da parte di fonti più generali la Corte di giustizia, inoltre, insegna che sebbene il contrasto tra norma interna e diritto unionale vada composto, se possibile, in via interpretativa, tuttavia, l'obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell'interpretazione e nell'applicazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli di certezza del diritto e di non retroattività, e non può servire da fondamento ad un'interpretazione contra legem del diritto nazionale sentenze 8.10.1987, causa C-80/86, Kolpinghuis Nijmegen 16.6.2005, causa C 105/03, Pupino Adeneler e altri, citata Impact, citata in senso contrario non rileva il fatto, pacifico in causa, che l'Inps nel corso del presente giudizio ha provveduto a riconoscere i congedi parentali di cui all'articolo 32 d.lgs. 151/2001 anche ai genitori dello stesso sesso, in quanto l'articolo 32 è formulato in maniera diversa dall'articolo 27 bis e contempla il diritto al congedo per ciascun “genitore” utilizzando un termine neutro senza fare riferimento a distinzioni di sesso laddove, invece, il congedo di paternità obbligatorio è previsto esclusivamente per il “padre” né la richiesta dell'associazione ricorrente può trovare accoglimento attraverso la disapplicazione della norma di legge interna in favore dell'articolo 4 della Direttiva 2019/1158 che prevede il congedo di paternità obbligatorio in favore del secondo genitore equivalente, ove riconosciuto nell'ordinamento interno a parere di questa Corte, solo la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 27 bis D.lgs 151 del 2000, consentirebbe, ove ve ne siano i presupposti, di rimuovere la discriminazione accertata anche per il futuro e con effetti erga omnes in conformità a quanto auspicato dell'associazione ricorrente laddove ha domandato la condanna dell'Inps a modificare il proprio sistema informatico al fine di consentire in futuro a tutte le coppie omogenitoriali risultanti dai registri dello stato civile di godere di congedi e permessi ex D.lgs. 151/2000 la discriminazione, infatti, nel caso di specie, deriva dalla struttura del sistema informatico dell'Inps che si fonda sulla norma di legge e dunque deriva dalla legge stessa, sicché per ordinare all'Inps di cambiare il sistema informatico in relazione alle modalità di presentazione della domanda per l'accesso al congedo di paternità obbligatorio si impone come unica soluzione l'intervento della Corte Costituzionale sulla norma di legge recepita dal sistema informatico dell'Inps diversamente opinando, l'ordine giudiziale di modifica del sistema informatico dell'Inps si tradurrebbe in un ordine inammissibile all'amministrazione di agire contra legem la natura del presente procedimento, invero, non è di ostacolo alla ammissibilità della questione di costituzionalità la compatibilità del procedimento antidiscriminatorio con l'incidente di costituzionalità, invero, ha trovato espressa conferma nella recente sentenza numero 15 del 2024 della Corte Costituzionale nella quale è stato affermato che “Le peculiari caratteristiche del giudizio ex articolo 28 del d.lgs. numero 150 del 2011 consentono…la convivenza tra il meccanismo della non applicazione della normativa interna incompatibile con il diritto dell'Unione europea e lo strumento del controllo accentrato di legittimità costituzionale, in relazione a parametri interni o sovranazionali, sulla medesima normativa interna, che ne consente l'eliminazione dall'ordinamento con effetti erga omnes” sempre in punto di ammissibilità della questione, infine, si è consapevoli che ai sensi dell'articolo 28 della legge numero 87 del 1953 il controllo di legittimità della Corte costituzionale “esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento” e che, quindi, il rispetto della discrezionalità del legislatore, soprattutto in una materia così delicata, costituisce un limite alle possibilità di intervento della Corte costituzionale ciononostante, si ritiene che nel caso specifico l'eventuale intervento della Corte Costituzionale non comporti il rischio di invadere la sfera di discrezionalità propria del legislatore ed infatti, non viene qui in rilievo la questione del riconoscimento o meno della omogenitorialità o della capacità della coppia omosessuale di svolgere le funzioni genitoriali, questione che certo spetta al legislatore regolamentare nel bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti e costituzionalmente protetti nel caso in esame, come già detto, il ruolo genitoriale della coppia di persone dello stesso sesso è già riconosciuto all'interno del nostro ordinamento in quanto nella fattispecie si discute di coppie omogenitoriali che di fatto e per motivi diversi sono state iscritte nei registri dello stato civile in Italia, le quali hanno sul piano giuridico le stesse responsabilità derivanti dalla loro condizione di genitori delle coppie composte da una “madre” e da un “padre” non pare dunque ragionevole attribuire al padre in una coppia eterosessuale il diritto al congedo obbligatorio di dieci giorni e negarlo, invece, alla lavoratrice secondo genitore in una coppia di due donne genitori risultanti dai registri dello stato civile. 5. Sulla non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale. Alla luce di quanto esposto, l'articolo 27 bis nella sua formulazione, laddove non estende il diritto al congedo obbligatorio di dieci giorni alla madre secondo genitore riconosciuto tale nei registri dello stato civile nelle coppie di genitori composte da due donne, secondo questa Corte, appare in contrasto con il principio di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro di cui alla Direttiva 2000/78/CE articolo li 2 e 3 l'articolo 27 bis confligge anche con l'articolo 4 della Direttiva 2019/1158 che, pur demandando agli Stati la scelta del riconoscimento o meno di un secondo genitore equivalente, stabilisce che, laddove tale riconoscimento vi sia stato in base all'ordinamento nazionale, il congedo obbligatorio di dieci giorni deve essere riconosciuto a tale genitore dato che le direttive comunitarie fungono da norme interposte, atte a integrare il parametro per la valutazione di conformità della legislazione interna al precetto di cui all'articolo 117 primo comma Cost., la violazione di tali direttive si traduce in un vizio di illegittimità costituzionale dell'articolo 27 bis del d.lgs. 151 del 2001 si ritiene, inoltre, che l'articolo 27 bis, laddove non prevede il diritto al congedo obbligatorio di dieci giorni in favore della lavoratrice secondo genitore equivalente risultante dai registri dello stato civile nella coppia composta da due donne, si ponga in contrasto anche con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 Cost. in quanto due situazioni equivalenti finiscono per essere trattate in maniera diversa la condizione della donna che non ha partorito e che riveste il ruolo di secondo genitore in una coppia di due donne genitori secondo i registri dello stato civile appare equivalente a quella del padre in una coppia di genitori formata da persone di sesso diverso in termini di assunzione di responsabilità, di condivisione di un nuovo progetto di vita familiare, di esigenza di conciliare i tempi di lavoro con le necessità della famiglia e di coltivare una relazione stabile con il figlio appena nato, interessi che, oltretutto, trovano corrispondenza con le esigenze e i diritti dei minori, costituzionalmente tutelati articolo li 30 e 31 Cost sotto tale profilo, la Corte di giustizia ha affermato il diritto dei figli di mantenere relazioni regolari e contatti diretti con entrambi i genitori, se questo corrisponde al loro interesse sentenza 5 ottobre 2010, in causa C-400/10 PPU, J. McB. e la Corte EDU ha ripetutamente ricondotto all'articolo 8 CEDU diritto al rispetto della vita privata e familiare la garanzia di legami affettivi stabili con chi, indipendentemente dal vincolo biologico, abbia in concreto svolto una funzione genitoriale, prendendosi cura del minore per un lasso di tempo sufficientemente ampio Corte EDU, sezione prima, sentenza del 16 luglio 2015, Nazarenko contro Russia, paragrafo 66 . P.Q.M. Visto l'articolo 23 legge numero 87/1953 ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 27 bis D.lgs. numero 151/2001 nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio anche a una lavoratrice quando è secondo genitore equivalente in una coppia di due donne risultanti genitori nei registri dello stato civile, ciò per contrasto con l'articolo 3 Cost. e con l'articolo 117 Cost., quest'ultimo in relazione agli articolo 2 e 3 Direttiva 2000/78 e all'articolo 4 Direttiva 2019/1158 dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento dispone la sospensione del presente giudizio sino alla decisione della Corte Costituzionale.