Nonostante fosse atteso, è innegabile l’impatto che il d.m. 27 dicembre 2024, numero 206, ha portato tra il brindisi alla fine di un anno che ancora consentiva agli avvocati una sorta di tranquillizzante doppio binario per il deposito degli atti penali, e l’ingresso nel 2025 con tanti interrogativi, poche certezze e strumenti insufficienti talvolta inefficienti .
La quotidiana arte degli avvocati penalisti è stata sconvolta da un decreto ministeriale. Vero è che il codice di procedura penale, in tema di depositi, richiama anche al rispetto della normativa regolamentare, ma è altrettanto vero che prevede anche, ad esempio, che il deposito avvenga nel fascicolo informatico. Così come, salvo errori, nel codice di rito non vi è una distinzione tra soggetti abilitati interni magistrati, cancellieri e polizia giudiziaria ed esterni avvocati . Questo ultimo punto merita un breve riflessione che gli avvocati siano esterni al processo è questione che mina alle basi quel rapporto di collaborazione auspicato ed auspicabile con i magistrati. Non solo perché tra i soggetti elencati nel libro I del codice di procedura penale albergano anche i difensori, ma soprattutto perché il diritto di difesa è previsto e assicurato dalla Costituzione tale diritto può essere esercitato nel processo - e fin dalle indagini preliminari - unicamente a mezzo di un avvocato a meno che l’imputato - o l’indagato - non sia, per l’appunto, un legale e come tale ammesso a difendersi in proprio. Tale questione, che sì, è anche di principio, ha pure delle ricadute pratiche cui accenneremo più avanti. Tornando al fascicolo informatico “formato, aggiornato, accessibile, leggibile, inter-operativo, agevolmente consultabile in via telematica” cui è titolato l’articolo 111-ter c.p.p., la domanda sorge spontanea di cosa si tratta? Ciò che è stato messo a disposizione degli avvocati è il Portale deposito atti penali, strumento di creazione emergenziale in tempo di pandemia per gli atti destinati alla Procura della Repubblica e rimasto tale, pur con le implementazioni che ci hanno condotto sino ad oggi. Ebbene tale strumento, per l’appunto di solo deposito degli atti provenienti – unicamente - dagli avvocati, è tutto tranne che un fascicolo. Al momento del deposito, il cui esito si attende con ansia quando appare in modalità di transito nella speranza che sia accettato e non rifiutato, l’atto non è più visibile neanche al mittente. I magistrati, invece, sono stati recentemente dotati di una APP, un applicativo ministeriale la cui utilizzazione è stata definita dall’Associazione Nazionale Magistrati, disastrosa. Probabilmente era prevedibile la necessità di interventi correttivi da apportare alla progettazione iniziale del software il punto critico, tuttavia, è un altro. L’applicativo pare volto alla gestione del processo, ma esso è lungi dall’essere inter-operativo, ossia non colloquia, evidentemente, con il Portale deposito atti penali. In sostanza, non è reso visibile ai difensori. Gli atti dei magistrati requirenti sono acquisiti in TIAP trattamento informatico atti processuali . Si tratta di un fascicolo che resta nella disponibilità della Procura e che può essere consultabile dai difensori quando venga predisposto mediante gli strumenti TIAP SAD segreteria atti dibattimentali o TIAP PUD preparazione udienza dibattimentale , cioè al termine delle indagini preliminari. Anche in tal caso non vi è alcuna interoperatività rispetto agli avvocati si comprende invece che non vi sia in relazione al Giudice monocratico o al Collegio non solo, ma il TIAP meglio definibile come acronimo di Trattamento Invasivo per l’Avvocato in Punizione consente all’avvocato di stazionare negli uffici preposti scorrendo una serie, a volte infinita, di immagini informatiche, per poi dover chiedere copia integrale del contenuto. Difficile, infatti, ottenere una copia parziale, dei soli atti che siano ritenuti gli unici di interesse. Non solo, ma al momento di consultare comodamente quanto si è ottenuto dietro corresponsione dei relativi diritti ovviamente mediante PagoPa , agli occhi già stanchi del difensore appaiono una serie di cartelle e sottocartelle. Aprendo i singoli file si trovano, poi, atti ripetutamente caricati che costringono l’utente ad assicurarsi che non si tratti di un atto diverso, ma dello stesso. La situazione poi si complica se l’avvocato volesse avere accesso all’ascolto, e magari ad ottenere copia, delle intercettazioni telefoniche e/o ambientali conservate in un server che pare inaccessibile. Questa che sembra una rappresentazione semi comica, in realtà è una situazione assai seria ha a che fare con l’effettività e la concretezza del diritto di difesa. Non possiamo dimenticare poi, l’articolo 391-octies c.p.p. intitolato “Fascicolo del difensore” al comma 3 è previsto che la documentazione delle indagini difensive presentata in fase di indagini direttamente al Giudice per le Indagini Preliminari, sia “inserita nella parte del fascicolo informatico riservata al difensore”. Il meccanismo è incomprensibile un deposito diretto, infatti, non può che essere cartaceo, posto che il Giudice, in tale fase, potrebbe non avere ancora un proprio fascicolo. Ciò tanto più che il medesimo comma continua in questi termini “i documenti redatti e depositati in forma di documento analogico sono conservati in originale o, se il difensore ne chiede la restituzione, in copia, presso l’ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari”. Pare che il codice stesso professi l’inadeguatezza della totale informatizzazione del processo penale. Ma è quando si arriva all’udienza dibattimentale che il decreto ministeriale diventa davvero disastroso. Come è noto, le produzioni documentali possono essere effettuate nel corso delle udienze istruttorie, al momento ritenuto opportuno dalle parti circostanza che nella pratica attiene più alla difesa che alla pubblica accusa . Vi è un ritmo processuale, in sostanza, che riguarda la discovery di alcuni atti, ad esempio l’esibizione di un documento da sottoporre ad un testimone che sta rendendo l’esame. Previa offerta in visione al Pubblico Ministero per le sue valutazioni in ordine all’ammissibilità, e successiva autorizzazione del Giudice, l’avvocato può procedere a sottoporre il documento al testimone e successivamente a produrlo. Questo fino al 31 dicembre 2024, perché dal 1° gennaio 2025 dovrebbe depositarlo sul Portale. Le domande sul quando prima, durante, dopo l’udienza, o “senza ritardo” si moltiplicano, ma la vera domanda è come si concilia tutto ciò con l’oralità e l’immediatezza del processo penale, con il principio costituzionale del giusto processo che prevede la formazione delle prove nel contraddittorio tra le parti davanti al Giudice? Ci sono diritti che, per loro natura, non sono scansionabili e caricabili all’interno di un sistema informatico. Altra questione critica nel dibattimento è la costituzione di parte civile non è stato abrogato il primo comma dell’articolo 78 c.p.p. che prevede che essa sia depositata nella cancelleria del Giudice che procede “o presentata in udienza”. Qualora il difensore si avvalga legittimamente di tale facoltà, come può effettuare il deposito se non in formato cartaceo? A fronte di tale situazione, alcuni Presidenti di Tribunali e Procuratori Capo hanno disposto la sospensione dell’utilizzo della APP, invitando a proseguire con il deposito degli atti in forma analogica, ossia in cartaceo altri hanno disposto rinvii delle udienze in attesa di correttivi ad esempio proprio sulla questione concernente la costituzione di parte civile . E gli avvocati? Potrebbero essere virtuosi, tentare di adeguarsi in qualche modo al disposto del decreto ministeriale, salvo poi eccepire la nullità o inefficacia dei depositi effettuati dai magistrati contra legem. Tale “soluzione” si prospetta in realtà come un’amara consolazione pare di leggere già sui mass media la solita questione dell’utilizzo di “cavilli” da parte degli avvocati per rallentare il corso della giustizia come avveniva con la prescrizione, quando c’era . Se la transizione verso la giustizia digitale è un percorso ormai iniziato e come tale deve andare avanti, è pur vero che esso debba riguardare tutti i soggetti che all’operatività del sistema giustizia concorrono, di pari passo, con pari strumenti ed in una condizione di vera parità. I magistrati lamentano di non essere preparati, né dotati di strumenti efficienti e di personale formato, il che può essere realistico non si comprende tuttavia la presunzione iuris et de iure, che gli avvocati debbano essere invece necessariamente pronti. Se gli uffici giudiziari sono carenti di personale ausiliario, non è detto che i giovani avvocati sempre meno numerosi , dispongano di una segreteria che si occupi di tutti questi incombenti che poco hanno a che fare con lo studio e la preparazione del processo. E se i grandi studi associati non hanno questo problema, ci si chiede se davvero possano affidare il delicato compito di depositare gli atti in quell’oscuro Portale a persone diverse da un giovane associato. Eppure, abbiamo l’esempio del processo civile telematico un’unica consolle che opera interattivamente tra le parti, il Giudice e persino i suoi ausiliari si pensi ai periti . Un sistema in cui tutti vedono tutto e sono informati telematicamente dalla cancelleria quando chiunque abbia effettuato un deposito. Certo, il processo penale è un’altra cosa e, proprio per questo, va trattato diversamente e maneggiato con cura per evitare che si rompa.