Pluralità di concorrenti nel reato: necessaria la ripartizione della confisca per equivalente

In tema di omesso versamento tramite indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, in caso di concorso di persone nel reato ed esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito.

La sentenza in commento concerne la vicenda che ha visto il Tribunale di Brindisi disporre la confisca del profitto del reato e condannare l'imputato a tre anni di reclusione per l'omesso versamento di somme dovute utilizzando crediti inesistenti in compensazione fiscale per importi superiori alla soglia di punibilità, in concorso con i legali rappresentanti delle società interessate. La Corte d'Appello di Lecce ha ridotto la pena a due anni di reclusione e dichiarato prescritti alcuni reati. Ha anche diminuito la durata delle pene accessorie, concesso la sospensione condizionale della pena e ridotto la confisca, confermando il resto della sentenza. Avverso la pronuncia di appello il ricorrente proponeva ricorso per cassazione , deducendo tre distinti motivi di impugnazione violazione dell'articolo 13- bis d.lgs. 74/2000 la difesa sostiene che il ricorrente ha semplicemente presentato modelli F24 con codici scaduti, senza elaborare un modello fraudolento complesso e senza dimostrare un concorso con i beneficiari dell'operazione. Contesta, quindi, l'applicazione dell'aggravante e chiede la dichiarazione di prescrizione difetto di motivazione sulla pena e sulle aggravanti la difesa lamenta che la Corte d'Appello non abbia applicato il minimo edittale né valutato la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche , nonostante la collaborazione del ricorrente e, questione di maggior momento, quest'ultimo fosse incensurato violazione dell' articolo 12- bis d.lgs. 74/2000 in materia di confisca la difesa contesta che sia stata disposta la confisca senza dimostrare che il ricorrente abbia ottenuto un profitto. Sostiene che, in caso di pluralità di concorrenti , la confisca non può eccedere la quota di profitto attribuibile a ciascuno e, in assenza di prove di profitto, questa dovrebbe essere pari a zero.   I Giudici hanno parzialmente accolto i motivi di ricorso, disponendo che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alle condotte contestate ai capi 1 e 2 dell'imputazione perché i relativi reati sono estinti per prescrizione, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Lecce per le determinazioni in ordine al trattamento sanzionatorio e alla confisca, rigettando, nel resto, il ricorso. Come noto, in tema di reati tributari , ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e, dunque, anche della confisca ex articolo 12 bis d.lgs. 74/2000, costituisce profitto del reato il risparmio di spesa o l'incremento patrimoniale concreto per il contribuente, determinati da «qualsiasi artificiosa alterazione unilaterale dell'obbligazione tributaria che, fuori dei casi previsti dalla legge, comporti la sottrazione degli importi evasi alla destinazione fiscale». Non rileva, difatti, che l'imposta evasa sia stata in concreto non pagata o indebitamente portata a credito dal contribuente. Ora, posto che nei reati tributari il profitto di reato si identifica nel c.d. risparmio di spesa , nel caso di specie esso coincide con il totale dell'importo portato a compensazione, ossia con il 100% del debito ciò in quanto il credito è inesistente. In altri termini, con la compensazione l'agente ottiene un beneficio il c.d. risparmio di spesa utilizzando crediti inesistenti. Ebbene, nella sentenza in commento i Giudici di Piazza Cavour rimarcano che, in tema di omesso versamento tramite indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti di cui all'articolo 10 quater d.lgs. 74/2000, è « legittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente , dell'importo corrispondente all'imposta evasa nella sua totalità e non alla sola parte che eccede la soglia di punibilità prevista dalla legge, in quanto il profitto del reato si identifica nell'intero ammontare del tributo non versato». Si evidenzia, poi, che il ricorrente, così come nel caso di specie, ritenuto responsabile, in concorso, della fattispecie di reato di cui all'articolo 10 quater d.lgs. 74/2000, «non può ritenersi estraneo al conseguimento del profitto, posto che il concorso di persone nel reato implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e il sequestro, pertanto, non è collegato all'arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito ». Nondimeno, gli Ermellini pongono l'accento sull'arresto delle Sezioni Unite del settembre 2024 a seguito del contrasto interpretativo rilevato sul tema della necessità o meno della ripartizione della confisca per equivalente del profitto del reato in caso di pluralità di concorrenti nel medesimo. Le Sezioni Unite, difatti, hanno affermato che, «in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito . Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali». In conclusione, la Suprema Corte ha affermato che, in tema di omesso versamento tramite indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti , di cui all'articolo 10 quater d.lgs. numero 74 del 2000, i medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca, per il quale l'obbligo motivazionale del Giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti.

Presidente Andreazza - Relatore Giorgianni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18 settembre 2018, il G.U.P. del Tribunale di Brindisi condannava Ro.Ma. alla pena di tre anni di reclusione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante   ex articolo 13-bis, comma 3, D.Lgs. numero 74-2000 , in quanto ritenuta responsabile di diciotto violazioni del reato di cui all' articolo 10-quater D.Lgs. numero 74-2000   ascritte ai capi dall'1 al 18, avendo costei, quale ragioniere con compiti di consulenza fiscale e tenuta delle scritture contabili, non versato le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti con codice tributi 6700 credito d'imposta, incentivi per le medie e piccole imprese e-o codice tributo 2300 IRES saldo , per ammontari superiori alla soglia di punibilità, in cc ricorso con i legali rappresentanti delle società tenute al versamento delle imposte, applicando le pene accessorie di legge e disponendo la confisca del profitto del reato. Con sentenza del 23 ottobre 2023, la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione per i reati di cui ai capi 2 limitatamente alle Indotte relative agli anni 2012 e 2013 , 14, 15, 16, 17 e 18, rideterminando la pena, per le residue imputazioni, in anni due di reclusione, riducendo la durata delle pene accessorie temporanee e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena principale e delle pene accessorie, infine riducendo l'ammontar e della confisca ad € 1.504.024,38 e confermando nel resto. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, Ro.Ma., tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi. 2.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell' articolo 606, artt. b , cod. proc. penumero , violazione dell' articolo 13-bis, comma 3, D.Lgs. numero 74-2000 , nonché vizio motivazionale. In sintesi, la difesa deduce che la ricorrente avesse inserito in compensazione crediti di propri clienti riguardanti una normativa sul credito di imposta ormai desueta, limitandosi a presentare semplicemente un modello F24 per il pagamento delle tasse, con apposizione dei codici 6700 e 2300. Ai fini della integrazione della circostanza aggravante occorreva da un lato porsi il problema del concorso con i clienti, in quanto l'aggravante può essere applicata solo quando il professionista è concorrente nel predetto reato, dall'altro ere l stato eccepito che difettava l'elaborazione di un modello, atteso che la condotta si era estrinsecata in una ordinaria attività di commercialista, vale a dire nella presentazione di alcuni modelli F24 sulla piattaforma informatica di Agenzia delle Entrate o dell'INPS a seconda del tributo, mentre invece l'integrazione della circostanza aggravante richiedeva un percorso di condotte, magari anche apparentemente lecite, che nel proprio complesso portassero ad un risultato illecito voluto dell'evasione fiscale. La ricorrente, dopo aver ripercorso l'iter di formazione della disposizione normativa di cui all' articolo 13-bis D.Lgs. numero 74-2000 , ribadisce la necessità, ai fini dell'integrazione dell'aggravante, del concorso con il beneficiario dell'operazione e della elaborazione di un modello che vada oltre il semplice, per quanto infedele, adempimento fiscale. Conclude, pertanto, che nel caso di specie l'indagine non aveva disvelato alcun artificioso modello, anche in considerazione delle modalità attraverso le quali era stato dato avvio all'indagine, ovverosia muovendo da una verifica fiscale nei confronti di una società che aveva effettuato compensazioni per importi sopra la soglia di punibilità penale, utilizzando il codice 6700, da tempo in disuso, risalendo quindi al consulente della ditta, per poi verificare che anche per altre ditte seguite dallo stesso consulente erano state effettuate simili compensazioni. In sostanza, nessuna elaborazione di un modello di evasione, ma semplicemente un grossolano e banale utilizzo di un normale F24 con codice scaduto, la cui scoperta era avvenuta in pochissimi step da parte degli inquirenti. Richiama giurisprudenza di legittimità a sostegno ed evidenzia che la insussistenza della circostanza aggravante di cui all' articolo 13-bis D.Lgs. numero 74/2000   comporta la dichiarazione di prescrizione dei reati. 2.2 Con il secondo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell'articolo 606, lett. e , cod. proc. penumero , difetto di motivazione in punto di pena e di aggravanti. Deduce la ricorrente che, con appositi motivi di appello, era stata eccepita la mancata individuazione della pena base nel minimo della pena edittale ed era stato invocato un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull'aggravante contestata. I giudici di secondo grado, pur riconoscendo una pena base inferiore a quella individuata dal giudice di primo grado, non hanno individuato la pena base nel minimo edittale, senza confrontarsi con la richiesta difensiva, ed hanno omesso di pronunciarsi sulla richiesta prevalenza delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche, nonostante la ricorrente fosse soggetto incensurato, senza pendenze di altra natura, alla prima esperienza criminale e collaborativo. Tanto doveva portare a ritenere applicabile anche l'istituto della non menzione. 2.3 Con il terzo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell'articolo 606, lett. b ed e , cod. proc. penumero , violazione dell' articolo 12-bis D.Lgs. numero 74/2000   in materia di confisca e motivazione apodittica ed illogica. In sintesi, la difesa si duole dell'aver la Corte di merito confermato la statuizione in materia di confisca anche in capo alla ricorrente, nonostante gli arresti giurisprudenziali di legittimità secondo i quali il sequestro preventivo funzionale alla futura confisca non possa eccedere, per ciascuno dei concorrenti, la misura della quota di prezzo o profitto a lui attribuibile. La sentenza impugnata, pertanto, aveva commesso un duplice errore da un lato, assommando apoditticamente tutti i profitti dall'altro, non considerando la mancata dimostrazione che la ricorrente avesse ottenuto un profitto, con la conseguenza che, in mancanza di tale dimostrazione, la misura della quota di profitto a lei attribuibile dovrà essere pari a zero. Conclude, pertanto, chiedendo di annullare la confisca o, in subordine, di rimettere alle Sezioni Unite il quesito se, in caso di pluralità di imputati, quali concorrenti in un medesimo reato possa disporsi la confisca per equivalente di beni corrispondenti al prezzo o al profitto del reato, senza eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di prezzo o profitto a lui attribuibile ovvero se invece è possibile disporre ad uno solo dei concorrenti la confisca dell'intero. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. L' articolo 13-bis, comma 3, D.Lgs. numero 74 del 2000 , come modificato dall' articolo 12 del D.Lgs. 24 settembre 2015, numero 158 , dispone Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista e da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale . È stato affermato che la circostanza di cui all' articolo 13-bis, comma 3, D.Lgs. numero 74 del 2000   sviluppa le indicazioni della legge delega, la quale prevede la revisione delle sanzioni sulla base anche di criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti , perché attribuisce specifico rilievo a condotte che si manifestano attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale , e che, quindi, sono da tate di caratteri di diffusività e sistematicità, e, come tali, connotate da particolare pericolosità Sez. 3, numero 23335 del 28-01-2021, Alecci, Rv. 281589 -08 . La giurisprudenza è concorde nel rilevare la necessità di un duplice presupposto, uno soggettivo, concernente la qualifica soggettiva dell'agente, e l'altro oggettivo, riguardante la tipologia della condotta contestata, nonché la necessità della serialità e ripetitività della stessa cfr., per tutte, Sez. 3, numero 36212 del 03-04-2019, Martini, Rv. 277831-01 e Sez. 3, numero 1999 del 14-11-2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713-01 . La serialità si ritiene possa consistere nel ricorso a iniziative elusive sistematiche, perché già sperimentate in casi analoghi, e perché comunque riproducibili in futuro a beneficio di altri potenziali evasori , quale adesione a un ben preciso modello comportamentale che, in quanto elaborato o applicate da un esperto del settore, denota la maggiore pericolosità del fatto, stante anche alla possibilità di replica del sistema di operazioni preordinate all'illecito in favore di una pluralità indifferenziata di altri utenti così Sez. 3, numero 36212 del 2019, cit ., in motivazione . Ed ancora, l'elaborazione… di modelli di evasione f scale può consistere in un'attività di svolgimento e di sviluppo, in concreto, di uno schema procedimentale di evasione fiscale, quale adesione ad un ben preciso modello comportamentale, sempre che tale attività sia svolta in modo seriale e ripetitivo, oltre che da un professionista o un intermediario finanziario o bancario nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale, o in concorso con un soggetto dotato di una delle qualità appena precisate Sez. 3, numero 2351 del 18-11-2022, Almanza, Rv. 284057 . Nella specie, i giudici di merito hanno accertato che la ricorrente era un professionista abilitato, in quanto iscritta all'albo dei commercialisti di Brindisi, amministratore unico della Rossella Consulting Srl, esercente l'attività di consulenza amministrativa , oltre che titolare di partita IVA come professionista, ed ella, avvalendosi di tale qualifica professionale, come consulente di diverse società ben diciotto , in concorso con legali rappresentanti delle ditte clienti, per più anni di imposta ed in modo ripetuto, aveva predisposto dichiarazioni fiscali utilizzando in compensazione crediti inesistenti, attraverso il codice tributo 6700 non più in vigore dopo il 31.12.2008 e il codice tributo 2300 saldo IRES, in mancanza di versamenti in acconto o di IRES negativa , con un danno complessivo per l'erario di circa 2 milioni di euro, considerando soltanto gli episodi contestati altri episodi non erano stati contestati perché non superavano la soglia di punibilità . Sottolinea il giudice di primo grado che, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, il sistema fraudolento era stato organizzato in modo tale da non permettere alcun incrocio tra i dati sia da parte dell'INPS, sia da parte dell'Agenzia delle Entrate, tanto che i sistemi informatici di detti enti non avevano rilevato alcuna anomalia. In particolare, mancavano le comunicazioni di accesso al credito e non è stato compilato il quadro RU delle dichiarazioni, in tal modo non consentendo ai sistemi informatici di incrociare i dati e rilevare eventuali anomalie. Il Tribunale di Brindisi osserva pertanto come ciò presupponesse una specifica conoscenza dei sistemi di controllo dell'Agenzia delle Entrate e dell'INPS ed una peculiare competenza nell'utilizzo di software applicativi, oltre alla necessità di forzare il sistema di trasmissione telematica imposto dall'utilizzo del codice tributo 6700, non più in vigore. Tanto che, negli episodi contestati in rubrica, il sistema di indebita compensazione risulta essere stato utilizzato con riferimento a diciotto diverse società e per anni di imposta che vanno dal 2012 al 2016. In questo modo, i giudici di merito hanno correttamente affermato la responsabilità della ricorrente cfr., Sez. 3, numero 1999 del 14-11-2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713 -01, secondo cui il consulente fiscale è responsabile, a titolo di concorso, per la violazione tributaria commessa dal cliente, quando, in modo seriale, ossia abituale e ripetitivo, attraverso l'elaborazione e commercializzazione di modelli di evasione, sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente ed altrettanto correttamente hanno ritenuto la sussistenza dei presupposti necessari per la sussistenza dell'aggravante, mettendo in luce, sulla base dei plurimo, univoci e convergenti elementi richiamati, come il descritto modello di compensazione indebita fosse elaborato da un professionista e suscettibile di essere utilizzato ripetutamente, per più anni di imposta in favore di un cospicuo numero di ditte contribuenti. 2. Il terzo motivo di ricorso è fondato. 2.1 In via preliminare, occorre richiamare l'affermazione costante di questa Corte cfr. Sez. 4, numero 42195. del 21-09-2023, Rv. 285226 e Sez. 3, numero 57 del 27-09-2018, dep. 2019, Rv. 275474 e Sez. 3, numero 19994 del 21-09-2011, dep. 2017, Rv. 269763 , secondo cui, in tema di reati tributari, ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e dunque anche della confisca   ex articolo 12 bis del D.Lgs. numero 74 del 2000 , costituisce profitto del reato il risparmio di spesa o l'incremento patrimoniale concreto per il contribuente, determinati da qualsiasi artificiosa alterazione unilaterale dell'obbligazione tributaria che, fuori dei casi previsti dalla legge, comporti la sottrazione degli importi evasi alla destinazione fiscale, senza che rilevi che l'imposta evasa sia stata in concreto non pagata o indebitamente portata a credito dal contribuente. E, dunque, se nei reati tributari il profitto del reato si identifica rei C.d. risparmio di spesa, nella fattispecie in esame esso coincide con il totale dell'importo portato a compensazione, ossia con il 100% del debito, proprio perché il credito è inesistente con la compensazione, cioè, l'agente ottiene un beneficio, il risparmio totale di spesa, utilizzando crediti inesistenti. Coerentemente, è stato affermato che, in tema di omesso versamento tramite indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all' articolo 10-quater, D.Lgs. numero 74 del 2000 , è legittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dell'importo corrispondente all'imposta evasa nella sua totalità e non alla sola parte che eccede la soglia di punibilità prevista dalla legge, in quanto il profitto del reato si identifica nell'intero ammontare del tributo non versato Sez. 6, numero 6705 del 16-12-2014, dep. 201S, Rv. 262394 -01 . 2.2 Nella fattispecie, la ricorrente è stata ritenuta responsabile, in concorso, delle fattispecie di reato   ex articolo 10-quater D.Lgs. numero 74-2000   come individuate dalla Corte di merito, per aver predisposto dichiarazioni fiscali, utilizzando in compensazione crediti inesistenti, con corrispondente quantificazione del profitto dei reati accertati cui è stato parametrato l'importo della confisca. E, al conseguimento del profitto, non può ritenersi estranea la ricorrente, dal momento che il concorso di persone nel reato implica l'imputazione del 'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrer te e il sequestro non è collegato all'arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito Sez. 3, Inumero 1999 del 14-11-2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713 -01, cit. Sez. 3, numero 24967 del 14-05-2015, Taurino, fattispecie quest'ultima relativa ad un professionista ritenuto concorrente, a titolo di istigazione, delle violazioni tributarie imputabili al contribuente nell'interesse del quale espletava gli adempimenti fiscali . 2.3 Tuttavia, la Sesta Sezione di questa Corte, con la pronuncia numero 22935 del 05-03-2024, ha rilevato un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità sul tema della necessità o meno della ripartizione della confisca per equivalente del profitto del reato in caso di pluralità di concorrenti nel medesimo, se, cioè, tale misura possa comunque essere disposta per l'intero valore del profitto nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente dal conseguimento di una quota dello stesso o dalla misura di quella individualmente percepita oppure se l'ablazione indifferenziata possa avvenire soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno, non potendo altrimenti la confisca superare, per ciascuno di essi, il valore di tale quota ovvero, ancora, se alla ripartizione debba provvedersi comunque, anche quando, cioè, non possa determinarsi la quota di profitto realizzata da ciascun concorrente, e, in questo caso, secondo quale criterio precisando, infine, che tali questioni controverse si pongono in termini pressoché speculari anche con riferimento al sequestro preventivo disposto ai sensi dell' articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero , in funzione strumentale a tal specie di confisca. Conseguentemente, è stata sottoposta alle Sezioni Unite la questione di diritto se, in caso di pluralità di concorrenti nel reato, la confisca per equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l'intero nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente da quanto da ognuno eventualmente percepito, oppure se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile s abilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno od ancora se, in quest'ultimo caso, la confisca debba comunque essere ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ognuno oppure in parti eguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali . Le Sezioni Unite hanno affrontato la questione all'udienza del 26-09-2024 ed è stata pubblicata la seguente informazione provvisoria In caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali. I medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca per il quale l'obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti . La sentenza impugnata non è in linea con l'indirizzo espresso dalle Sezioni Unite, poiché afferma come il sequestro preventivo funzionale alla confisca possa essere disposto, sì entro i limiti quantitativi del profitto, ma indifferentemente nei confronti di uno o più tra i diversi concorrenti allo stesso reato, non essendo ricollegabile all'arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito. Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza con rinvio alla Corte di appello di Lecce affinché riesamini la pronuncia sulla confisca alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite. 3. La non manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso e la fondatezza del terzo rendono il rapporto processuale validamente instaurato e la sentenza della Corte di appello di Lecce in data 23-10-2023 deve essere annullata senza rinvio limitatamente alle condotte di cui all'anno di imposta 2014 contestate ai capi 1 e 2 dell'imputazione quest'ultima con riguardo all'addebito relativo all'anno di imposta 2014 residuato all'esito del giudizio di appello perché i relativi reati sono estinti per prescrizione. È infatti principio del tutto pacifico che l'obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità determina l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, ove sia nel frattempo maturato il termine di prescrizione del reato. In specie, il termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei, considerati i periodi di sospensione della prescrizione intervenuti dal 24-11-2017 al 12-07-2018 in primo grado e dal 14-02-2022 al 05-12-2022 in secondo grado per complessivi 555 giorni, è maturato limitatamente alle condotte relative all'anno di imposta 2014, contestate ai capi 1 e 2 dell'imputazione e commesse sino al 16-12-2014, termine di prescrizione maturato il 23-12-2023. Poiché i giudici di merito avevano assunto come pena base la pena del reato contestato al capo 1, considerato come reato più grave, segue il rinvio ad un'altra sezione della Corte di appello di Lecce per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio nel contempo, ai sensi dell' articolo 624, comma 2, cod. proc. penumero , deve essere dichiarata l'irrevocabilità dell'affermazione di responsabilità in ordine ai reati residui. Conseguentemente, il secondo motivo di ricorso sul trattamento sanzionatorio resta assorbito perché la rideterminazione del trattamento sanzionatorio è interamente devoluta al giudice di rinvio. 4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alle condotte di cui all'anno di imposta 2014 contestate ai capi 1 e 2 dell'imputazione perché i relativi reati sono estinti per prescrizione, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per le determinazioni in ordine al trattamento sanzionatorio quanto alle residue imputazioni e alla confisca relativamente alla confisca, il giudice del rinvio dovrà considerare anche le condotte dichiarate prescritte da questa Corte, alla luce della disposizione di cui all' articolo 578-bis cod. proc. penumero , rendendosi al riguardo necessarie valutazioni di merito non consentite in questa sede. Il ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle condotte di cui all'anno di imposta 2014 contestate ai capi 1 e 2 dell'imputazione perché i relativi reati sono estinti per prescrizione e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per le determinazioni in ordine al trattamento sanzionatorio e alla confisca. Rigetta nel resto il ricorso.