L’inadeguatezza della quantificazione aprioristica degli onorari

Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, il giudice di merito deve volta per volta verificare l'attività difensiva che l’avvocato ha dovuto prestare, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli inadeguato rispetto all'effettivo valore della controversia.

La Cassazione, con la pronuncia in esame, si è espressa in materia di compenso del legale per l'attività espletata. In particolare, nel caso di specie, un avvocato contestava il decreto di liquidazione del suo compenso professionale, difficile da determinare in quanto la controversia riguardava richieste risarcitorie legate a molteplici aspetti. Il Tribunale riteneva giusto riconoscere un compenso adeguato alla complessità della controversia e all'importanza dei diritti reclamati dal legale, ma respingeva le ulteriori obiezioni presentate dallo stesso avvocato, sottolineando che la sua partecipazione a udienze pubbliche non giustificasse automaticamente ulteriori compensi e che la natura unica della sua richiesta risarcitoria non fosse sufficiente a motivare un aumento degli onorari. Considerando anche la durata prolungata del processo e l'esito negativo della domanda risarcitoria, il Tribunale, nella determinazione del compenso, optava per applicare i minimi tariffari. Tale provvedimento è stato oggetto di ricorso per cassazione sulla base di due motivi, dichiarati immediatamente inammissibili della Suprema Corte. Quanto al primo motivo relativo alla nullità del provvedimento impugnato per supposta apparenza, illogicità ed incomprensibilità della sua motivazione, i Giudici hanno sottolineato che il Tribunale, nel riliquidare in aumento i compensi in favore del reclamante, non solo aveva tenuto adeguatamente conto dei tre giudizi patrocinati dal legale incaricato dalla curatela fallimentare e delle specifiche voci di liquidazione dei compensi da parte del giudice delegato, ma aveva anche valutato, tra gli altri aspetti, la complessità dei giudizi  e l'inadeguatezza di una quantificazione aprioristica del valore della domanda di risarcimento danni. La Cassazione ha, poi, ricordato il principio per cui anche nei rapporti tra avvocato e cliente sussiste la possibilità di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione con quello derivante dall'applicazione delle norme del codice di rito. «Tale interpretazione – hanno continuato i Giudici - risponde a quel principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell'opera professionale effettivamente prestata che le Sezioni Unite hanno ritenuto desumibile dall'interpretazione sistematica delle disposizioni in questione Cass. Sez. U, 19014/07 .» Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, dunque, il giudice di merito deve caso per caso verificare l'attività difensiva che l'avvocato ha dovuto apprestare, tenuto conto delle peculiarità della fattispecie specifica, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli inadeguato rispetto all'effettivo valore della controversia.

Presidente Pazzi - Relatore Amatore Fatti di causa 1.Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Locri, decidendo sul ricorso ex articolo 26 l. fall. presentato dall'Avv. C.F., nei confronti del FALLIMENTO OMISSIS SPA ed avverso il decreto di liquidazione del suo compenso professionale adottato dal g.d. in data 2.3.2020, ha accolto parzialmente il reclamo nei termini qui di seguito precisati. Il Tribunale ha osservato e rilevato che i in tema di liquidazione dei compensi del difensore l'articolo 6 d.m. 2004 stabilisce che devono essere usati i criteri indicati dal codice di procedura civile, tranne che ciò non sia possibile, e che l'articolo 10 d. att. c.p.c. indica come parametro di riferimento la domanda giudiziale ii su punto il reclamante aveva affermato che il valore della controversia sarebbe stato desumibile dal differenziale tra il valore del complesso aziendale e l'esiguo prezzo di vendita corrisposto dall'acquirente all'incanto iii “nel caso di specie, trattandosi di domanda di natura risarcitoria, collegata al verificarsi di un fatto illecito che richiede accertamenti di diversa natura e, come tale, non suscettibile, in una forbice così ampia di valutazione, di una quantificazione, aprioristicamente, del valore approssimativo della domanda” e considerato che in tutti i giudizi oggetto di richiesta del compenso vi era stata pronuncia di compensazione delle spese di lite, occorreva prendere atto che, sul punto, il reclamante aveva affermato che il valore della controversia sarebbe stato desumibile dal “differenziale tra il valore del complesso aziendale e l'esiguo prezzo di vendita corrisposto dall'acquirente all'incanto” iv occorreva ritenere congruo riconoscere “per i temi affrontati e l'importanza dei diritti reclamati, la complessità alta della controversia” v le ulteriori doglianze sollevate dalla odierna parte ricorrente dovevano invece essere considerate infondate, in quanto, da un lato, la semplice partecipazione alla udienza collegiale davanti alla Corte d'appello e al Tar non poteva determinare il riconoscimento dello svolgimento dell'attività di istruzione e trattazione, in assenza della prova del compimento di un ulteriore esplicazione delle difese già svolte negli atti difensivi depositati e, dall'altro, l'identità della domanda risarcitoria, avanzata nei confronti di più parti aventi la medesima posizione, non avrebbe potuto determinare l'aumento del 20% del compenso, come stabilito dall'articolo 4 del d.m. 55/2014 vi stante il disposto del predetto articolo 4, occorreva tener conto “dei risultati conseguiti” e vii che il giudizio, protrattosi per diversi anni, si era poi concluso con il rigetto della domanda per difetto di prova dei presupposti della fattispecie risarcitoria, circostanza che, unitamente alla serialità delle difese nei diversi giudizi, giustificava l'applicazione dei minimi tariffari viii occorreva pertanto concludere per la determinazione dei seguenti onorari a per il procedimento innanzi al Tribunale di Locri euro 2.142 per diritti ed euro 1890 per onorari b per il procedimento Tar Calabria, euro 4.925 c per il procedimento innanzi alla Corte di appello di Reggio Calabria, euro 4.750, oltre accessori di legge. 2. Il provvedimento, pubblicato il 4.9.2020, è stato impugnato da C.F. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il FALLIMENTO OMISSIS SPA, intimato, non ha svolto difese. 3. È stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., essendo stati ravvisati profili di inammissibilità di tutti i motivi del ricorso. Il ricorrente ha proposto istanza di decisione, con memoria depositata ai sensi del medesimo articolo 380 bis c.p.c. È stata, quindi, disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375 e 380 bis.1 c.p.c La parte ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ., “nullità della sentenza per insussistenza di uno dei requisiti posti dall'articolo 132 c.p.c. e dall'articolo 118 disp. att. c.p.c. Motivazione apparente ovvero obiettivamente illogica ed incomprensibile”. 2. Con il secondo mezzo si deduce “Violazione e falsa applicazione del limite di cui all'articolo 2233, comma 2, cc – Violazione e falsa applicazione degli articolo 10 e 14 cpc – Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5, comma 2, del DM 55/2014 e dell'articolo 6, comma 2, DM 55/2014 e alle allegate tabelle dei parametri forensi nnumero 12 e 21 – Violazione e falsa applicazione delle tabelle A II e B I allegate al DM 127/2004 Violazione e falsa applicazione dell'articolo 24 della L. 794/1942 e dell'articolo 4 del DM 127/2004, in relazione alla liquidazione dei compensi afferenti al procedimento avanti il Tribunale di Locri, sez. Siderno. In relazione all'articolo 360 numero 3 cpc”. I motivi sopra esposti sono inammissibili, esattamente per le ragioni già evidenziate nella proposta di decisione accelerata di cui all'articolo 380 bis c.p.c., che la Corte ritiene del tutto condivisibili e che fa proprie. Quanto al primo motivo, non sussiste la prospettata nullità del provvedimento impugnato per supposta apparenza, illogicità ed incomprensibilità della sua motivazione, la quale non risulta inferiore al “minimo costituzionale” Cass. Sez. U, 8053/2014 conf. Cass. 17586/2023, 7090/2022, 22598/2018, 23940/2017 . Il Tribunale infatti, nel riliquidare in aumento i compensi in favore del reclamante, ha chiaramente i indicato i tre giudizi patrocinati dal legale incaricato dalla curatela fallimentare due gradi di giudizio dinanzi al giudice ordinario sulla domanda di risarcimento danni, conclusosi con declaratoria di difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo giudizio dinanzi al TAR conclusosi con il rigetto della domanda, di cui il giudice delegato non ha autorizzato l'appello, nonostante il parere favorevole del difensore ii descritto le specifiche voci di liquidazione dei compensi da parte del giudice delegato, sulla base dei corrispondenti parametri normativi d.m. 127/04 e d.m. 55/14 applicati su “valore indeterminabile” iii indicato i riferimenti normativi in rilievo articolo 10 c.p.c., articolo 6 d.m. cit. e gli orientamenti giurisprudenziali in materia iv valutato la complessità dei giudizi nei quali all'esito negativo si è accompagnata la compensazione delle spese , ma anche l'inadeguatezza di una quantificazione aprioristica del valore della domanda di risarcimento danni lire 5.430.900.000 pari alla differenza tra il valore di stima dei beni, lire 5.490.900.000 e il prezzo di aggiudicazione esattoriale da parte del Comune, lire 60.000.000 v tenuto conto, ai sensi dell'articolo 4 d.m. 55/14, dei “risultati conseguiti” “rigetto della domanda per difetto di prova dei presupposti della fattispecie risarcitoria” e della “serialità delle difese nei diversi giudizi” vi disatteso ulteriori specifiche doglianze su attività svolte e difesa di più parti . Anche le violazioni di legge lamentate con il secondo mezzo non sussistono, poiché la motivazione si pone in linea con l'orientamento consolidato di questa Corte che, in tema liquidazione degli onorari di avvocato a carico del cliente, attribuisce al giudice un generale potere discrezionale di adeguare la misura dell'onorario all'effettiva importanza della prestazione resa, qualora ravvisi una manifesta sproporzione tra il petitum e l'effettivo valore della controversia Cass. 19520/2015 . In particolare, in base a una lettura coordinata dell'articolo 6, comma 2, d.m. numero 127/04 e del successivo comma 4 – ove, nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, per la determinazione del valore effettivo della controversia deve aversi riguardo al valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti – si è affermato il principio, di generale applicazione Cass. 14691/2015, 1805/2012, 13229/2010 , per cui, anche nei rapporti tra avvocato e cliente e non solo nei confronti della parte soccombente, per la quale il comma 1 ammette espressamente, nelle cause di risarcimento di danni, la determinazione del valore della lite secondo il criterio del decisum , sussiste la possibilità di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione con quello derivante dall'applicazione delle norme del codice di rito. Tale interpretazione risponde a quel principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell'opera professionale effettivamente prestata che le Sezioni Unite hanno ritenuto desumibile dall'interpretazione sistematica delle disposizioni in questione Cass. Sez. U, 19014/07 . Deve pertanto ritenersi che, sebbene il richiamo della norma tariffaria al valore presunto a norma del codice di procedura civile si riferisca a tutte le regole dettate dal codice di rito per la determinazione del valore della controversia, ivi compresa quella ex articolo 10 e 14 c.p.c. quantum della domanda nelle cause relative a somme di danaro , resta tuttavia ferma la facoltà discrezionale del giudice di adeguare la misura dell'onorario all'effettiva importanza della prestazione, in relazione alla concreta valenza economica della controversia, ove ne ravvisi la manifesta sproporzione o inadeguatezza rispetto al petitum, desumibile dagli implicati interessi sostanziali Cass. 18942/2020, 18507/2018, 14691/2015, 7807/2013, 23809/2012 . Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, quindi, il giudice di merito deve di volta in volta verificare l'attività difensiva che il legale ha dovuto apprestare, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all'effettivo valore della controversia, tenuto conto anche della sproporzione tra la pretesa azionata e quanto poi attribuito alla parte assistita, perché, a prescindere dai profili di responsabilità ascrivibili al professionista, il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa può manifestare una obbiettiva inadeguatezza e quindi non rappresentare effettivamente il corrispettivo della prestazione espletata Cass. 18507/2018, che ha ritenuto legittimo parametrare il valore della controversia non alla domanda, ma a quanto effettivamente attribuito a titolo di risarcimento dei danni . Il principio è stato di recente ribadito anche con riguardo alle corrispondenti disposizioni dell'articolo 5 del d.m. 55/14, articolo 5, sul rilievo che “il giudice, ove ravvisi una manifesta sproporzione tra formale petitum e l'effettivo valore della controversia, quale è desumibile dai sostanziali interessi in contrasto, gode di una generale facoltà discrezionale di adeguare la misura dell'onorario all'effettiva importanza della prestazione, in relazione alla concreta valenza economica della controversia” Cass. 28885/2023 . Quanto poi all'individuazione, in concreto, del diverso e più appropriato valore di riferimento, nell'impossibilità di ricorrere alle somme in concreto riconosciute a titolo risarcitorio nel caso di specie pari a zero , appare del tutto plausibile il ricorso in via suppletiva al criterio della causa di valore indeterminabile cfr., sia pure ad altri fini, Cass. 23406/2023 e 14691/2015 . 3. Il ricorso è dunque dichiarato inammissibile. Per le spese del giudizio di cassazione nessuna statuizione è dovuta, stante la mancata difesa della parte intimata. Sussistono, inoltre, i presupposti per la condanna del ricorrente, nella presente sede, sia ai sensi dell'articolo 96, comma 4, c.p.c. disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza numero 27195 del 22/09/2023 Sez. U, Ordinanza numero 27433 del 27/09/2023 . La Corte stima equo fissare in € 2.500 la sanzione ai sensi dell'articolo 96, comma 4, c.p.c. anche atteso il carattere consolidato dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta inammissibilità del ricorso, per i motivi ampiamente esposti. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui all'articolo 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 numero 115. Per questi motivi La Corte - dichiara inammissibile il ricorso - condanna il ricorrente a pagare l'importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell'articolo 96, comma 4, c.p.c