Lavoratore disabile e smartworking: accomodamento ragionevole

Sì allo smartworking per il lavoratore disabile, nonostante l’opposizione dell’azienda, se ne ha già usufruito durante la pandemia.

Il caso di specie muove dalla pretesa di un dipendente di una importante azienda di ottenere la possibilità di svolgere le proprie mansioni da remoto, a causa della propria condizione di disabilità . Netta l’opposizione della società datrice di lavoro, condivisa dai giudici del Tribunale. Di parere opposto, invece, i giudici d’Appello, i quali accolgono l’istanza avanzata dal lavoratore ed obbligano l’azienda ad assegnarlo alla struttura presente nel Comune di sua residenza e a consentirgli di svolgere, da remoto o in regime di lavoro agile, le stesse mansioni svolte presso la sede a causa dei  gravi deficit visivi e del riconoscimento dell' invalidità civile . Per la Corte d’Appello è evidente la violazione compiuta dall’azienda in relazione alla mancata adozione di ragionevoli accomodamenti, prescritti dalla norma, in funzione antidiscriminatoria con riguardo ai lavoratori con disabilità. Nello specifico poi, si è appurato che le condizioni di salute del lavoratore rendono molto difficoltoso l’accesso alla nuova sede di lavoro. Di conseguenza, «in base all’ obbligo di adottare ragionevoli accomodamenti per evitare disparità di trattamento del lavoratore con disabilità , va verificata, in concreto, la possibilità di espletare la prestazione con modalità di lavoro agile , con oneri finanziari per la società , quali la fornitura di idonea strumentazione e la formazione, non eccessivi e dunque non irragionevoli ». In questa ottica, quindi, la strada percorribile è, secondo i giudici, quella dello svolgimento di lavoro agile, seppure non prevista dall’azienda, come da accordo ad hoc, per i dipendenti inquadrati, come il lavoratore disabile, nel settore della assistenza tecnica di primo livello alla clientela business. Per i giudici, difatti, bisogna tenere presente che «l’espletamento della prestazione lavorativa in modalità di smartworking era stato realizzato durante il periodo di emergenza sanitaria correlata alla pandemia» e perciò «tale modalità può essere seguita come accomodamento ragionevole , in accoglimento della domanda del lavoratore, come misura proposta e attuabile». Inutili le obiezioni sollevate in Cassazione dall’azienda e mirate soprattutto a contestare la decisione d’Appello laddove «ha imposto sine die l’adibizione allo smartworking, in assenza di accordo tra le parti» e a porre in evidenza che «le norme in materia richiedono la sottoscrizione di un accordo individuale e prevedono la facoltà di recesso di entrambe le parti in caso di accordi a tempo indeterminato». In premessa, il Collegio ricorda che «la considerazione dell’ interesse protetto dei lavoratori disabili , in bilanciamento con legittime finalità di politica occupazionale, postula l’ applicazione del principio dell’individuazione di soluzioni ragionevoli per assicurare il principio di parità di trattamento dei disabili ». «In tema di comportamenti datoriali discriminatori infatti, «il termine di paragone è rappresentato dalle modalità della prestazione per i lavoratori non portatori di gravi disabilità», e «la questione degli accomodamenti ragionevoli possibili e praticabili in concreto si sposta sul piano della prova», e su tale piano è necessario « verificare l’effettiva praticabilità di ragionevoli accomodamenti , nel rispetto dei principi stabiliti in ambito comunitario, per rendere concretamente compatibile l’ambiente lavorativo con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile » e appurare se il datore di lavoro si sia trovato o meno «in una situazione di impossibilità di adottare gli accomodamenti organizzativi ragionevoli, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto». I magistrati si soffermano poi sul concetto di « ragionevole accomodamento organizzativo », che, cioè « senza comportare oneri finanziari sproporzionati » per il datore di lavoro è « idoneo a contemperare, in nome dei principi di solidarietà sociale, buonafede e correttezza, l’interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile all’impresa ». Ebbene, nella vicenda presa in esame, la soluzione è, secondo la Suprema Corte, «lo smartworking dall’abitazione, già utilizzato nel periodo pandemico ». E tale ragionevole accomodamento «può realizzarsi in sede negoziale ma, in mancanza di accordo, la soluzione del caso concreto deve essere individuata dal giudice », precisa, respingendo la tesi proposta dalla società. Infine, il Collegio pone in rilievo « il carattere vincolante dell’obbligo di accomodamenti ragionevoli , il cui rifiuto costituisce la discriminazione vietata», poiché «la violazione dell’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli si traduce nella violazione di doveri imposti per rimuovere gli ostacoli che impediscono ad una persona con disabilità di lavorare in condizioni di parità con gli altri lavoratori, realizzando così una discriminazione diretta».

Presidente Manna - Relatore Michelini Fatti di causa 1. La Corte d'Appello di Napoli, in riforma di sentenza di rigetto del Tribunale di Nola, in accoglimento della domanda di C.S., dipendente di OMISSIS dal 1997, inquadrato al 5° livello del CCNL applicato al rapporto, settore Caring – Customer Care – Servizio Clienti OMISSIS – addetto all'assistenza tecnica di primo livello alla clientela business presso la sede di Napoli – Centro Direzionale, ha ordinato alla società di assegnare l'appellante alla sede di Pomigliano d'Arco dove era residente per svolgere, da remoto o in regime di lavoro agile, le stesse mansioni svolte presso la sede di assegnazione. 2. In particolare, per quanto qui ancora rileva, la Corte di merito, considerati i gravi deficit visivi del lavoratore, invalido civile, ha riscontrato violazione dell' articolo 3, comma 3-bis, d. lgs. numero 216/2003 , in relazione alla mancata adozione da parte della società di ragionevoli accomodamenti, prescritti dalla norma in funzione antidiscriminatoria con riguardo ai lavoratori con disabilità. 3. Valutate le prove, la Corte di Napoli ha osservato che nella sede di Pomigliano d'Arco erano effettivamente adibiti soltanto tecnici che, peraltro, le condizioni di salute del lavoratore rendevano l'accesso alla sede di lavoro di Napoli molto difficoltosa che lo svolgimento di lavoro agile era regolato in azienda da accordo del 27.7.2017, da cui, però, erano esclusi i caring agents quali il ricorrente che, tuttavia, in base all'obbligo di adottare ragionevoli accomodamenti per evitare disparità di trattamento del lavoratore con disabilità, andava verificata in concreto la possibilità di espletare la prestazione con modalità di lavoro agile, con oneri finanziari per la società, quali la fornitura di idonea strumentazione e la formazione, non eccessivi e dunque non irragionevoli che, in esito a detta verifica, tenuto conto che l'espletamento della prestazione lavorativa in modalità di smart working era stato realizzato durante il periodo di emergenza sanitaria correlata alla pandemia, tale modalità poteva essere seguita come accomodamento ragionevole in accoglimento della domanda del lavoratore, come misura proposta e attuabile. 4. Per la cassazione della predetta sentenza la società propone ricorso con due motivi, illustrati da memoria resiste il lavoratore con controricorso. 5. Il PG ha concluso per il rigetto del ricorso. 6. La causa è stata discussa oralmente all'odierna pubblica udienza e trattenuta in decisione. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell' articolo 3, comma 3-bis, d. lgs. numero 216/2003 Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e dell' articolo 41 Cost. sostiene l'insussistenza e mancata dimostrazione di discriminazione in ragione della mancata adozione di ragionevoli accomodamenti da parte della società in relazione alla disabilità del dipendente. 2. Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 18 e 19 legge numero 81/2017 Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato sostiene che erroneamente la Corte d'Appello ha assegnato il lavoratore alla sede più vicina alla sua abitazione senza consentire alla datrice di lavoro di concordare con il lavoratore l'accesso al lavoro agile e le relative modalità né di esercitare il diritto di recesso dal lavoro agile, imponendo sine die l'adibizione allo smart working, in assenza di accordo tra le parti, mentre le norme in materia richiedono la sottoscrizione di un accordo individuale e prevedono la facoltà di recesso di entrambe le parti in caso di accordi a tempo indeterminato. 3. Il primo motivo non è fondato. 4. In linea generale, la tutela contro la discriminazione sulla base della disabilità si fonda, vuoi sulla della direttiva 2000/78/CE, attuata nell'ordinamento italiano, vuoi sulla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea , che include il motivo della disabilità nell'ambito dell'articolo 21 che sancisce il divieto generale di discriminazioni e contiene anche una disposizione specifica articolo 26 che riconosce il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità azioni positive . 5. È inoltre fondata sulla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con legge numero 18/2009 Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità . Detta Convenzione CDPD è stata altresì approvata dall'UE, nell'ambito delle proprie competenze, con Decisione del Consiglio del 26 novembre 2009 relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità 2010/48/CE , con la conseguenza che per la Corte di giustizia UE le stesse direttive normative antidiscriminatorie vanno interpretate alla luce della Convenzione. 6. La necessaria considerazione dell'interesse protetto dei lavoratori disabili, in bilanciamento con legittime finalità di politica occupazionale, postula l'applicazione del principio dell'individuazione di soluzioni ragionevoli per assicurare il principio di parità di trattamento dei disabili, garantito dall'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE, ovvero degli accomodamenti ragionevoli di cui alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, alla cui luce vanno interpretate le direttive normative antidiscriminatorie UE Cass. numero 9095/2023, numero 14316/2024, numero 24052/2024 . 7. Posto che, in tema di comportamenti datoriali discriminatori, nel caso di discriminazione diretta la disparità di trattamento è determinata dalla condotta e nel caso di discriminazione indiretta la disparità vietata è l'effetto di un atto, di un patto, di una disposizione, di una prassi in sé legittima Cass. numero 20204/2019 , il termine di paragone è rappresentato dalle modalità della prestazione per i lavoratori non portatori di gravi disabilità la questione degli accomodamenti ragionevoli possibili e praticabili in concreto si sposta, pertanto, sul piano della prova e su tale piano la sentenza impugnata è conforme al regime probatorio specifico e speciale vigente nel diritto antidiscriminatorio. 8. Nei giudizi antidiscriminatori, i criteri di riparto dell'onere probatorio non seguono i canoni ordinari di cui all' articolo 2729 c.c. , bensì quelli speciali di cui all' articolo 4 del d.lgs. 216 del 2003 , che non stabiliscono un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'agevolazione del regime probatorio in favore del ricorrente Cass. numero 1/2020, numero 6497/2021 per effetto dell'attenuazione del regime probatorio ordinario introdotta a seguito del recepimento delle direttive numero 2000/78/CE, numero 2006/54/CE e numero 2000/43/CE, così come interpretate dalla CGUE, incombe sul lavoratore l'onere di allegare e dimostrare il fattore di rischio e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi, mentre il datore di lavoro deve dedurre e provare circostanze inequivoche, idonee ad escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della misura litigiosa cfr. Cass. numero 23338/2018 , in tema di recesso . 9. La Corte distrettuale ha proceduto, secondo tale regime probatorio e con accertamento di fatto riservato al giudice del merito, a verificare l'effettiva praticabilità di ragionevoli accomodamenti, nel rispetto dei principi stabiliti dalla direttiva 2000/78/CE, per rendere concretamente compatibile l'ambiente lavorativo con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile specularmente, non ha giudicato che il datore di lavoro si trovasse in una situazione di impossibilità di adottare i suddetti accomodamenti organizzativi ragionevoli, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto v. Cass. numero 5048/2024 il ragionevole accomodamento organizzativo che, senza comportare oneri finanziari sproporzionati, idoneo a contemperare, in nome dei principi di solidarietà sociale, buona fede e correttezza, l'interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile all'impresa, è stato individuato nella soluzione dello smart working dall'abitazione, già utilizzata nel periodo pandemico v. Cass numero 6497/2021 cit., numero 9870/2022 . 10. Neppure è fondato il secondo motivo. 11. Gli accomodamenti ragionevoli ben possono realizzarsi in sede negoziale, ma, in mancanza di accordo, la soluzione del caso concreto è individuata dal giudice di merito. 12. L'onere di interlocuzione, la cui base giuridica risiede nella Convenzione di New York e nella giurisprudenza della CGUE, è ora direttamente stabilito nell' articolo 17 d.lgs. 3.5.2024 numero 62 Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l'elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato pur non applicabile ratione temporis al caso di specie, la procedimentalizzazione della facoltà della persona con disabilità di richiedere l'adozione di un accomodamento ragionevole, con conseguente diritto di partecipare alla sua individuazione, riflette il carattere vincolante dell'obbligo di accomodamenti ragionevoli, il cui rifiuto costituisce la discriminazione vietata la violazione dell'obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli, sancito, in attuazione di obblighi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, dall' articolo 3, comma 3-bis, d.lgs. numero 216/2003 , si traduce nella violazione di doveri imposti per rimuovere gli ostacoli che impediscono ad una persona con disabilità di lavorare in condizioni di parità con gli altri lavoratori,  realizzando così una discriminazione diretta cfr. Cass numero 14307/2024 . 13. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. 14. Le spese di lite del grado, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario, seguono il regime della soccombenza. 15. Al rigetto dell'impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante, nella ricorrenza dei relativi presupposti processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi professionali, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore antistatario.