Nulla da obiettare ai legali che concordano con i propri clienti di proporre una domanda in un giudizio, anziché in un altro, in base ad una corretta strategia processuale e non propongono impugnazione avverso la sentenza che definisce quel giudizio, dopo averlo deciso con i clienti adeguatamente informati sulle prospettive del possibile ricorso.
Le contestazioni dei clienti I clienti avevano citato in giudizio i propri avvocati, chiedendo la risoluzione del contratto d'opera professionale per grave inadempimento dei professionisti e il risarcimento dei danni. Per quanto emerge dalla pronuncia, un immobile di proprietà dei clienti era stato sottoposto ad occupazione temporanea da parte del comune in due distinti periodi, uno successivo all'altro. I clienti addebitavano ai loro legali di aver proposto la domanda di indennità per il secondo periodo di occupazione temporanea solo nel secondo dei due giudizi, dagli stessi promossi con riferimento ai due provvedimenti di occupazione temporanea. Inoltre, contestavano che i legali non avrebbero adempiuto all' obbligo di informazione della pubblicazione della sentenza , che aveva omesso di pronunciarsi sulla predetta domanda, e all'obbligo di consiglio sulla opportunità o meno di un ricorso per cassazione avverso l'omissione di pronuncia, non avendo fornito ai clienti tutte le informazioni necessarie per decidere responsabilmente e consapevolmente se impugnare la sentenza. Le decisioni dei giudici di merito Il Tribunale di Torino aveva rigettato la domanda proposta dagli attori contro i propri legali e la Corte di Appello di Torino aveva confermato questa decisione, ritenendo che la domanda di indennità per il secondo periodo di occupazione temporanea dell'immobile da parte del comune era stata correttamente proposta nel secondo giudizio, relativo a tale periodo, e non poteva essere proposta nel primo giudizio, poiché il secondo periodo di occupazione era ancora in corso. Tale corretta strategia, secondo la Corte territoriale, era senza dubbio il frutto di una scelta concordata e non di negligenza degli avvocati. Inoltre, la Corte di Appello aveva ritenuto che gli avvocati avessero allegato elementi logico-documentali concordanti tali da costituire presunzioni univoche dell' avvenuto rispetto degli obblighi di informazione e di consiglio, per cui la mancata impugnazione della sentenza era stata discussa e concordata con i clienti. La decisione della Cassazione conferma le sentenze di merito Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte di Cassazione aderisce all'impostazione del giudice di secondo grado, ritenendo quindi infondati i motivi di ricorso dei clienti. Nessuna responsabilità degli avvocati se l'omessa proposizione della domanda è il frutto di una strategia corretta e concordata I ricorrenti addebitano alla Corte territoriale di aver escluso che l'indennità per l'occupazione temporanea potesse essere richiesta dal termine finale di ogni singolo anno o frazione di occupazione, ma, secondo il Supremo Collegio, tale questione non è stata affrontata nella sentenza di secondo grado, né risulta che sia stata proposta nel giudizio di merito. Tanto precisato, la Suprema Corte rileva come gli stessi ricorrenti non abbiano contestato il fatto che la domanda di indennità per il secondo periodo di occupazione temporanea fosse stata proposta nel secondo giudizio in base ad una strategia concordata con i difensori, contestando solo che gli stessi non avrebbero impugnato l'omessa pronuncia nella sentenza che aveva definito quel giudizio. Per queste ragioni, la Cassazione ritiene che si possa escludere una responsabilità professionale dei legali, poiché la proposizione nel secondo giudizio, e non nel primo, della domanda di indennità relativa al secondo periodo di occupazione temporanea è stata il frutto non di negligenza, ma di una strategia processuale corretta e concordata. Corretta la mancata impugnazione decisa con il cliente informato Con riferimento al rispetto degli obblighi di informazione e di consiglio, i giudici di legittimità ritengono corretta la valutazione delle prove da parte della Corte di Appello e quindi rispettati gli obblighi di informazione del deposito della sentenza e di consiglio sull'impugnazione, essendo stata la mancata impugnazione decisa in modo condiviso in base ad una adeguata informazione sulle prospettive del possibile ricorso. Solo al giudice del merito compete la valutazione degli elementi presuntivi Né, secondo la Corte, si possono censurare in sede di legittimità, come hanno fatto i ricorrenti, le valutazioni, ai sensi dell' articolo 2729 c.c. , della gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi comprovanti l'avvenuto rispetto degli obblighi di informazione e di consiglio. Riprendendo il proprio indirizzo consolidato, la Cassazione afferma infatti che nel giudizio di legittimità si può censurare soltanto l'insussistenza dei requisiti della presunzione e non la ricostruzione dei fatti, prospettando una diversa ricostruzione delle circostanze o una diversa inferenza probabilistica, valutazioni queste che competono soltanto al giudice di merito sono citate fra le altre Cass., numero 27266/2023 Cass. numero 22366/2021 Cass. numero 9054/2022 .
Presidente Travaglino Relatore Tatangelo Fatti di causa Bo.Em. erede di To.Fe. , Bo.Eu., Vi.Gi. erede di To.Or. e To.Ma. quest'ultima deceduta nel corso del giudizio di merito ed alla quale è subentrato l'erede Bo.Ra., a sua volta successivamente deceduto ed al quale sono, a loro volta succeduti, gli eredi Bo.Em., Bo.Eu., Bo.Cr. e Bo.Ra. , hanno agito in giudizio nei confronti degli avvocati Enrico e Paolo Quinzio, onde ottenere la risoluzione, per grave inadempimento di questi ultimi, di un contratto d'opera professionale con gli stessi intervenuto, avente ad oggetto l'incarico difensivo relativo a due giudizi civili nei confronti del Comune di F riguardanti una procedura di espropriazione per pubblica utilità di un loro immobile, nonché il risarcimento dei conseguenti danni. Il convenuto Qu.Enumero ha chiamato in giudizio la propria assicuratrice della responsabilità civile, GENERALI ITALIA Spa, per essere garantito in caso di soccombenza. La domanda degli attori è stata rigettata dal Tribunale di Torino. La Corte d'Appello di Torino ha confermato la decisione di primo grado. Ricorrono Bo.Em. ed Bo.Eu., nonché Vi.Gi., sulla base di tre motivi. Resistono, con distinti controricorsi a Enrico e Paolo Quinzio b GENERALI ITALIA Spa Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati. E stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375 e 380-bis 1 c.p.c. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell' articolo 380-bis 1 c.p.c. Il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia violazione -dell' articolo 20 legge numero 865/1971 in relazione dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. dell'articolo 115 e 116 c.p.c. in relazione dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. laddove la corte di merito ha affermato che i proprietari avrebbero potuto proporre il giudizio di opposizione alla indennità di occupazione temporanea solo dopo che fosse spirato il termine finale, anziché dal termine finale di ogni singolo anno o frazione di occupazione temporanea . Il motivo è infondato. 1.1 La Corte d'Appello non ha espressamente affermato quanto sostengono i ricorrenti e, cioè, che i proprietari avrebbero potuto proporre il giudizio di opposizione alla indennità di occupazione temporanea solo dopo che fosse spirato il termine finale, anziché dal termine finale di ogni singolo anno o frazione di occupazione temporanea . Ha semplicemente affermato quanto segue Tale giudizio è stato introdotto con atto di citazione notificato in data 7.2.2005, quando il periodo di occupazione legittima indicato non era ancora terminato gli avvocati non avrebbero pertanto potuto proporre con l'atto di citazione la domanda di pagamento dell'indennità per il periodo dal 29.8.2002 al 9.3.2005 indicata dagli appellanti . In altri termini, i giudici di appello si sono limitati a dare atto che non avrebbe potuto essere proposta la domanda relativa all'intero periodo di occupazione legittima, in un momento in cui la stessa non si era ancora verificata. Hanno comunque aggiunto, in proposito a che gli attori non avevano dedotto che gli avvocati avrebbero dovuto introdurre una modifica della domanda in corso di causa b che gli avvocati hanno comunque correttamente proposto la domanda in questione nel secondo giudizio c che non potendosi ipotizzare, in spregio alle regole sulla litispendenza e al contrasto tra giudicati, che gli attori intendessero proporre la medesima domanda avanti a due giudici diversi, è logico inferire che la scelta di proporre una sola volta la domanda avanti alla Corte d'Appello dell'Aquila, competente funzionalmente e in unico grado per le controversie inerenti a diritti di natura indennitaria connessi a provvedimenti di espropriazione, sia stato frutto di strategia processuale concordata con i clienti e non di una mera dimenticanza . Hanno, altresì, precisato che a conferma del fatto che si sia trattato di scelta concordata dai professionisti con i clienti e non di mera dimenticanza, nel primo atto di citazione introduttivo del primo giudizio è stato esposto con chiarezza l'oggetto delle domande, espressamente limitato al periodo fino al 29.8.2002, il fatto che con delibere del 2002 il Comune aveva nuovamente disposto l'occupazione del compendio immobiliare dal 29.8.2002, ed è stata espressamente fatta salva e impregiudicata ogni utile tutela avverso i nuovi provvedimenti come da ultimo assunti dal Comune e che non risultava affatto, contrariamente a quanto affermato dagli appellanti, che la domanda in questione sia stata poi proposta nel primo giudizio in sede di appello . 1.2 Orbene, in primo luogo, è opportuno osservare che la questione relativa alla possibilità di chiedere l'indennità per il periodo di occupazione legittima dal termine finale di ogni singolo anno o frazione di occupazione temporanea non risulta affrontata nella decisione impugnata e i ricorrenti non precisano se essa era stata già posta nel corso del giudizio di merito, in violazione dell' articolo 366, comma 1, numero 6, c.p.c. In ogni caso, deve ritenersi assorbente, in proposito, la considerazione che quanto meno le affermazioni della Corte d'Appello sopra richiamate sub b e sub c , in ordine alla circostanza che la domanda relativa all'indennità per il secondo periodo di occupazione legittima era stata richiesta nel secondo giudizio, direttamente instaurato davanti alla Corte d'Appello, in base a strategia concordata tra clienti e difensori, costituiscono una autonoma ratio decidendi, sul punto in contestazione, da sola sufficiente a sostenere la statuizione impugnata. 1.3 Con riguardo a tali affermazioni i ricorrenti si limitano ad affermare quanto segue la violazione denunciata non è scalfita dalla circostanza non contestata che i difensori abbiano successivamente proposto la domanda di indennità per la seconda occupazione temporanea dal 29.8.2002 al 9.3.2005 nel successivo giudizio di opposizione alla stima introdotto dinanzi alla Corte di Appello dell'Aquila La circostanza è infatti superata dalla constatazione che su quella domanda la Corte di Appello ha poi omesso di pronunciarsi e che i difensori hanno omesso di informare i clienti in ordine alla pubblicazione della citata sentenza e di consigliare termini e modalità del rimedio esperibili avverso la stessa questo punto è oggetto del seguente secondo motivo del presente ricorso . In sostanza, i ricorrenti, in primo luogo, non contestano specificamente l'accertamento di fatto secondo il quale la proposizione della domanda relativa all'indennità per il secondo periodo di occupazione legittima nel secondo giudizio, instaurato davanti alla Corte d'Appello cioè il giudice effettivamente competente a decidere su di essa, come essi stessi riconoscono era stato frutto di una strategia concordata tra clienti e difensori neanche negano che tale domanda potesse anzi, dovesse effettivamente essere posta alla Corte d'Appello in unico grado, in sede di opposizione alla stima si limitano a sostenere che la Data questione sarebbe assorbita dalla pretesa responsabilità dei medesimi difensori, in relazione alla mancata impugnazione dell'omissione di pronuncia in proposito verificatasi in quel secondo giudizio. 1.4 Orbene, in tal modo, resta in realtà confermata, con riguardo alla mancata proposizione della predetta domanda nel primo giudizio, instaurato davanti al Tribunale, la conformità a diritto della ritenuta esclusione della responsabilità professionale dei convenuti, non avendo essi omesso di proporre la predetta domanda in quel giudizio per negligenza ma perché avevano ritenuto opportuno proporla nel secondo giudizio, sulla base di una strategia processuale corretta e, comunque, concordata con i loro assistiti salva, ovviamente, l'eventuale responsabilità per non avere adeguatamente coltivato la suddetta domanda nel giudizio in cui era stata avanzata, che però è oggetto di diversa statuizione della Corte d'Appello, a sua volta oggetto di diverse censure, formulate nei successivi motivi di ricorso e che saranno di seguito esaminate . 2. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell' articolo 1218 c.c. , dell'articolo 1176 c.c. e dell' articolo 115 c.p.c. in relazione all' articolo 360/1 numero 3 c.p.c. laddove la corte di merito ha affermato che i difensori avessero assolto non solo all'obbligo di informazione ai clienti della pubblicazione della sentenza ma anche all'obbligo di consiglio sulla opportunità o meno del ricorso per cassazione con la certezza che i clienti avessero ben compreso le implicazioni, i rischi ed i vantaggi della impugnazione ed avessero deciso consapevolmente di non proporla . Con il terzo motivo si denunzia falsa applicazione degli articolo 2727 e 2729 c.c. in relazione all' articolo 360 numero 3 c.p.c. laddove la corte di merito ha fondato la presunzione secondo cui i difensori avrebbero assolto all'obbligo di informazione della pubblicazione della sentenza ed all'obbligo di consiglio sulla opportunità o meno del ricorso per cassazione su fatti storici D privi di gravità, di precisione e di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, incorrendo così in un ragionamento decisorio affetto da manifesta illogicità ed intrinseca contraddittorietà . Il secondo ed il terzo motivo del ricorso pongono questioni connesse logicamente e giuridicamente possono pertanto essere esaminati congiuntamente. I ricorrenti sostengono che l'affermazione della Corte d'Appello secondo la quale i professionisti convenuti avevano fornito sufficiente prova di averli informati della avvenuta pubblicazione della sentenza della Corte d'Appello relativa al secondo dei giudizio instaurati e dell'opportunità di proporre ricorso per cassazione sarebbe stata adottata sulla base di prove non offerte e introdotte dalle parti e considerando come facenti piena prova, recependoli senza il necessario apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione secondo motivo e, comunque, sulla base di una falsa applicazione dell' articolo 2729 c.c. in materia di presunzioni semplici terzo motivo . I motivi in esame sono infondati 2.1 La Corte d'Appello ha operato una prudente valutazione delle prove emergenti dagli atti e, all'esito di tale valutazione, ha concluso che gli avv.ti Quinzio, tenuti a offrire la prova dell'adempimento alle proprie obbligazioni professionali, hanno allegato plurimi e concordanti elementi logico-documentali che costituiscono presunzioni univocamente convergenti nel provare che l'informativa ai clienti del deposito della sentenza è stata resa e che la decisione sulla mancata impugnativa è stata discussa e condivisa con i clienti ha, inoltre, dettagliatamente indicato i suddetti elementi logico-documentali, ritenuti precisi, univoci e convergenti nel senso della sussistenza dei fatti da provare, nonché le ragioni del proprio convincimento in ordine all'effettiva concludenza degli stessi. Va, dunque, certamente escluso che, come sostenuto dai ricorrenti, la Corte d'Appello abbia giudicato sulla base di prove non offerte e introdotte dalle parti e, tanto meno, che abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza il necessario apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione . 2.2 D'altra parte, per quanto emerge dalla stessa sentenza impugnata, non risulta posta nel corso del giudizio di merito la specifica questione che certamente richiede anche accertamenti di fatto relativa alla correttezza, adeguatezza e completezza dell'informazione fornita dai difensori in ordine alle prospettive del possibile ricorso per cassazione e, nel ricorso, non vi è un adeguato richiamo al contenuto degli atti difensivi che possa eventualmente consentire di ritenere il contrario. In ogni caso, da una lettura complessiva della motivazione della decisione impugnata, con riguardo alla questione in contestazione, emerge in modo chiaro anche se in parte anche implicito che la Corte d'Appello, nell'affermare che i plurimi e concordanti elementi logico-documentali univocamente convergenti nel provare che l'informativa ai clienti del deposito della sentenza è stata resa e che la decisione sulla mancata impugnativa è stata discussa e condivisa con i clienti , abbia inteso dare atto che agli attori erano state adeguatamente prospettate, dai professionisti convenuti, le possibili ragioni di impugnativa della sentenza della Corte d'Appello emessa in unico grado nel secondo giudizio, onde la decisione condivisa di non proporre il ricorso per cassazione fosse stata assunta in base ad una adeguata informazione delle relative prospettive. Gli stessi ricorrenti, in realtà, sembrano riconoscerlo, in quanto essi danno atto, proprio nel sintetizzare le censure formulate con i motivi di ricorso in esame, che la corte di merito ha affermato che i difensori avessero assolto non solo all'obbligo di informazione ai clienti della pubblicazione della sentenza ma anche all'obbligo di consiglio sulla opportunità o meno del ricorso per cassazione con la certezza che i clienti avessero ben Dat compreso le implicazioni, i rischi ed i vantaggi della impugnazione ed avessero deciso consapevolmente di non proporla . 2.3 Per quanto attiene alla censura di violazione degli articolo 2727 e 2729 c.c. , i ricorrenti affermano che la Corte d'Appello avrebbe sussunto sotto la citata norma fatti storici privi di gravità, precisione e concordanza , peraltro senza aver considerato e valutato comparativamente, ai fini dell'inferenza probabilistica, le citate ulteriori circostanze pacificamente acquisite agli atti , alla luce delle quali la corretta applicazione degli articolo 2727 e 2729 c.c. avrebbe dovuto indurre la corte di merito ad affermare che i difensori non avessero mai informato i clienti della pubblicazione della sentenza numero 961/2011 della Corte di Appello dell'Aquila né fornito loro, nel rispetto dell'obbligo di consiglio, tutte le informazioni necessarie a decidere responsabilmente e con consapevolezza se interporre o meno il ricorso per cassazione . In realtà, la sostanza delle censure formulate con il motivo di ricorso in esame è quella di una contestazione dell'accertamento di fatto e della valutazione svolti dalla corte in ordine alla gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi presi in considerazione. I ricorrenti sostengono che tali elementi non fossero sufficientemente gravi, precisi e concordanti ai fini della prova dei fatti allegati dai professionisti convenuti e indicano altri elementi che, a loro dire, avrebbero dovuto indurre a ritenere, al contrario, del tutto inverosimili tali fatti. In tal modo, però, essi, in sostanza, muovono alla statuizione impugnata delle critiche che finiscono per risolversi nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali ovvero nella prospettazione di inferenze probabilistiche degli elementi considerati diverse da quelle ritenute applicabili dal giudice di merito, il che non è consentito nel giudizio di legittimità. Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare, infatti, in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall' articolo 2729 c.c. e dell'idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell' id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 27266 del 25/09/2023 , Rv. 669130 01 Sez. L, Ordinanza numero 22366 del 05/08/2021, Rv. 662103 01 , mentre la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato articolo 2729 c.c. , ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. , può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma Cass., Sez. 2, Ordinanza numero 9054 del 21/03/2022 , Rv. 664316 01 , ciò in quanto la censura per vizio di motivazione in ordine all'utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo Cass., Sez. 6 1, Ordinanza numero 5279 del 26/02/2020, Rv. 657231 01 in senso analogo Sez. L, Sentenza numero 18611 del 30/06/2021, Rv. 661649 01, secondo cui la critica deve con Data centrarsi sull'insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può svolgere argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità, criticando la ricostruzione del fatto ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione . 3. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui all' articolo 13, co. 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 numero 115 . P.Q.M. rigetta il ricorso condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole a in favore di Qu.Pa ed Qu.Enumero , in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge b in favore di GENERALI ITALIA Spa, in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui all 'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 numero 11 5, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.