Risarcimento del danno da malattia professionale: l’onere probatorio del lavoratore deve essere assolto secondo il canone del “più probabile che non”

Il lavoratore che chiede la condanna datoriale al risarcimento del danno subìto per aver contratto una grave patologia in conseguenza dell’utilizzo di sostanze cancerogene ha l’onere di provare la sussistenza del nesso causale tra l’uso di tali sostanze e la malattia assolvendo, tuttavia, tale onere non in una prospettiva di certezza assoluta ma secondo il canone probabilistico, che tiene in considerazione la presenza, o assenza, di eventuali ulteriori fattori di rischio, estranei all’attività lavorativa.

Il caso Con l'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli eredi di un lavoratore e ha cassato con rinvio la sentenza resa dalla Corte d'Appello di Potenza in materia di malattia professionale e risarcimento del danno. La controversia riguarda il decesso di un lavoratore, impiegato alle dipendenze della Provincia di Matera con mansioni di cantoniere e di agente tecnico stradale, a causa di una patologia oncologica che gli eredi hanno ritenuto cagionata dalla nocività del lavoro svolto , che implicava la manipolazione di catrame in assenza di dispositivi di protezione. In primo grado, il Tribunale ha accolto la domanda risarcitoria , la cui quantificazione è stata tuttavia ritenuta insufficiente dai ricorrenti che hanno impugnato la sentenza davanti alla Corte d'Appello di Potenza. Contestualmente, anche la Provincia di Matera ha proposto appello, ribadendo la richiesta di rigetto della domanda dei ricorrenti. Dopo aver riunito le due impugnazioni, trattando quella della Provincia di Matera come appello incidentale , la Corte d'Appello ha accolto quest'ultimo , riformando la pronuncia di primo grado e rigettando integralmente la domanda degli eredi. Proponendo ricorso per Cassazione, gli eredi del lavoratore hanno impugnato la sentenza di appello, denunciando una serie di motivi per violazione di legge ex articolo 360 numero 3 c.p.c. , attinenti a profili procedurali e sostanziali. L'ordinanza della Cassazione Nell'ordinanza in commento la Suprema Corte ha accolto il ricorso , valorizzando in particolare, sotto il profilo procedurale  il mancato esame, da parte della Corte territoriale, del tema sollevato dai ricorrenti relativo alla utilizzabilità o meno della documentazione prodotta dalla Provincia di Matera solo nel grado d'appello la mancata considerazione della questione relativa alla tardività dell'allegazione secondo la quale il materiale usato dai dipendenti della Provincia sarebbe stato bitume – meno cancerogeno – e non catrame .   Da un punto di vista sostanziale, il giudice d'appello ha negato la sussistenza del nesso causale tra lavoro e malattia  senza indagare alcuna possibile causa alternativa o altri fattori di rischio senza negare l'utilizzo di materiale cancerogeno in assenza di protezioni omettendo di confrontarsi con le argomentazioni rese dal C.T.U. nella propria relazione che, sotto il profilo medico legale, ha ritenuto sussistente il nesso causale tra la neoplasia e l'attività lavorativa espletata  ritenendo che, al di là delle considerazioni medico – legali, i ricorrenti non abbiano assolto l'onere di provare il nesso causale tra la patologia sofferta e l'attività lavorativa espletata .   Con riferimento al primo argomento esaminato, la Cassazione ha rilevato che in assenza di una preventiva valutazione sull'indispensabilità di tali nuove prove, avrebbe dovuto considerare le stesse inutilizzabili , ferma restando l'inammissibilità di nuove eccezioni cfr. articolo 437, comma 2, c.p.c . Con riguardo, invece, al profilo sostanziale della questione, la Suprema Corte evidenzia come il modus operandi della Corte d'Appello lucana nasconda una concezione della prova del nesso causale concepita in termini di certezza o quasi certezza, incompatibile con il concetto del “più probabile che non”, consolidato da più lustri nella giurisprudenza di legittimità relativa alla responsabilità civile cfr. da ultimo Cass. numero 25805/2024 ritiene fondato il motivo di ricorso relativo alla mancata considerazione delle risultanze della C.T.U. medico – legale atteso che, una volta accertato l'utilizzo senza protezioni di materiale potenzialmente cancerogeno, il giudizio di causalità non può prescindere da valutazioni medico-legali.   Sul punto, la Cassazione ribadisce il proprio orientamento, affermando che «il mancato esame della C.T.U. integra un vizio della sentenza che ben può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ex articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c. , risolvendosi, come nel caso di specie, nell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» cfr. Cass. numero 14599/2021 18598/2020 13770/2018 13399/2018 . Ciò anche in considerazione del fatto che, nel caso esaminato, la Corte d'Appello di Potenza non ha soltanto ignorato la relazione del C.T.U., ma ha dichiaratamente espresso il proprio giudizio sul nesso causale «al di là delle considerazioni medico legali espresse dal C.T.U. e fatte proprie dal primo giudice», nonostante il fatto che anche le dichiarazioni testimoniali avessero confermato l'uso di catrame e l'assenza di guanti o mascherine. Pertanto, alla luce delle considerazioni svolte, la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza di appello, ribadendo il divieto anche nel rito del lavoro di nuove allegazioni e produzioni documentali in appello salvi i limiti ex articolo 437 c.p.c. e la necessità di ritenere assolto l'onere probatorio relativo alla sussistenza del nesso causale alla luce del canone probabilistico.

Presidente Doronzo – Relatore Zuliani Fatti di causa I ricorrenti sono gli eredi di Pi.Fr., deceduto il 30.8.2005 in esito a una patologia oncologica. Il de cuius aveva lavorato alle dipendenze della Provincia di Matera dal 1961 al 1995, con mansioni di cantoniere e successivamente di agente tecnico stradale specializzato. I suoi eredi si rivolsero al Tribunale di Matera, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere la condanna della datrice di lavoro al risarcimento dei danni, sul presupposto che il loro congiunto avesse contratto la malattia che lo portò alla morte a causa della nocività del lavoro svolto, che implicava la manipolazione di catrame, con conseguente esposizione agli idrocarburi policiclici aromatici IPA . Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale - stralciata la domanda di risarcimento del danno patito jure proprio e trattenuta solo quella relativa al danno jure hereditario, disposta c.t.u. ed assunte prove testimoniali - accolse la domanda, liquidando il danno in Euro 135.548, in linea capitale. Gli eredi impugnarono la sentenza davanti alla Corte d'Appello di Potenza, contestando la quantificazione del danno, ritenuta insufficiente ai fini di un integrale ristoro del pregiudizio subito. La Provincia di Matera propose a sua volta appello, ribadendo la richiesta di rigetto della domanda proposta nei suoi confronti. Le due impugnazioni vennero riunite, cosicché quella della Provincia di Matera venne trattata come appello incidentale. La Corte territoriale lucana rigettò l'appello principale ed accolse quello incidentale, così riformando la decisione di primo grado nel senso di un totale rigetto della domanda degli eredi, che vennero anche condannati alla rifusione della metà delle spese legali di entrambi i gradi di giudizio. Contro la sentenza della Corte territoriale gli eredi hanno proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi. La Provincia di Matera si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2087, 1218 e 2697 c.c. , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. , comunque per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio . I ricorrenti sostengono che la Corte d'Appello, pur avendo esposto in termini corretti la regola sull'assolvimento dell'onere della prova gravante sul lavoratore che agisce per ottenere il risarcimento del danno ai sensi dell' articolo 2087 c.c. , l'avrebbe poi di fatto disattesa, ignorando l'esito della c.t.u. e dell'istruttoria testimoniale e valutando la prova del nesso causale tra ambiente di lavoro insalubre e malattia secondo un parametro di certezza o quasi certezza, invece che secondo il canone del più probabile che non, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità. L'errata applicazione di tale canone viene indicata come vieppiù evidente tenuto conto della riscontrata assenza di altri fattori di rischio, quali la familiarità per quel tipo di patologia, l'abitudine al fumo o il consumo di alcolici. 2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2087, 1218 e 2697 c.c. , nonché 377 e 369 e 4 del D.P.R. 27.4.1955 numero 547 , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. e comunque per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio . Si completa la critica svolta nell'illustrazione del primo motivo, rilevando che nella motivazione dell'impugnata sentenza non si è tenuto conto del fatto che la Provincia non ha mai contestato l'assenza di dotazioni di sicurezza in uso ai dipendenti addetti alla lavorazione dell'asfalto per riparare le buche delle strade, né il fatto che questi non erano stati informati sul rischio connesso a tali lavorazioni, circostanze del resto anche provate mediante le deposizioni testimoniali. 3. Il terzo motivo prospetta nullità della sentenza o del procedimento per violazione e falsa applicazione dell' articolo 112 c.p.c. , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 4, c.p.c. , per mancanza di presa di posizione del giudice di secondo grado rispetto all'eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio di dichiarare in rito inammissibile e, quindi, non producibile quali fonte di prova, la nuova produzione documentale allegata al numero 3 e al numero 9 del fascicolo di parte della Provincia di Matera in quanto prodotti solo in sede di gravame e nel contempo dichiarare inammissibile ed improcedibile l'appello in relazione all'invocato divieto di domande ed eccezioni nuove in appello . I ricorrenti evidenziano di avere immediatamente eccepito la tardività della nuova allegazione e dei nuovi documenti prodotti da controparte aventi ad oggetto l'uso del bitume - invece che del più pericoloso catrame - per la riparazione delle buche dell'asfalto nelle strade e si dolgono che su tale eccezione la Corte d'Appello non si sia affatto pronunciata. 4. Con il quarto motivo si prospettano violazione e falsa applicazione degli articolo 115, 116, 416, 421, 437 c.p.c. e articolo 2697 c.c. - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. - per aver reputato ammissibile per la prima volta in appello l'allegazione in ordine alla manipolazione e impiego da parte del lavoratore, nell'ambito dell'attività lavorativa svolta, non di un materiale altamente cancerogeno, quale il catrame, ma probabilmente di bitume costituente sostanza ritenuta meno cancerogena rispetto alla prima . Il quarto motivo si abbina al precedente, in quanto pone nuovamente e direttamente la questione dell'inammissibilità della nuova allegazione e delle nuove prove introdotte dalla Provincia di Matera in grado d'appello. 5. Il quinto motivo censura violazione dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c. , omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nonché il travisamento della c.t.u., accertamento costituito oltre che dalla relazione depositata dai chiarimenti successivamente resi dall'ausiliare al giudice di primo grado in ordine alla causa del decesso del de cuius e accertamento del nesso eziologico tra malattia, decesso e attività lavorativa che è stata dal c.t.u. individuata con certezza nella presenza di idrocarburi policiclici aromatici IPA la cui presenza è riscontrabile sia nel catrame che nel bitume . I ricorrenti si dolgono, in questo caso, di come la Corte d'Appello abbia disatteso le conclusioni del c.t.u. nominato in primo grado, senza un approfondimento scientifico alternativo e valorizzando - in modo che oltretutto si ritiene errato - i documenti tardivamente prodotti nel giudizio d'appello. 6. Infine, il sesto motivo denuncia nullità della sentenza o del procedimento per violazione e falsa applicazione dell' articolo 112 e 161 c.p.c. , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 4, c.p.c. , per l'omessa esplicita presa di posizione del giudice di secondo grado rispetto ai motivi 1 e 2 dell'atto d'appello principale . Il motivo è volto a censurare la mancata decisione sui motivi di appello principale con cui i ricorrenti avevano contestato la quantificazione dei danni risarcibili. 6. I motivi da uno a cinque sono fondati, per quanto di ragione, nei termini di seguito esposti. 6.1. Vanno valutati innanzitutto, per priorità logica, i motivi 3 e 4, in quanto attengono entrambi alla delimitazione della materia del contendere in fatto e delle prove utilizzabili per la decisione della causa. La Corte territoriale non ha esaminato il tema della utilizzabilità o meno della documentazione prodotta dalla Provincia di Matera solo in grado d'appello, né tantomeno si è posta il problema della tardività dell'allegazione secondo cui il materiale utilizzato dai dipendenti della Provincia sarebbe stato bitume e non catrame. Quindi, in mancanza di una preventiva valutazione sulla indispensabilità delle nuove prove, le avrebbe dovute considerare inutilizzabili, ferma, in ogni caso, l'inammissibilità di nuove eccezioni articolo 437, comma 2, c.p.c. , salva solo l'ipotesi della rimessione in termini, previa richiesta in tal senso della parte e sussistendone i rigorosi presupposti articolo 153, comma 2, c.p.c. . 6.1.1. Il vizio denunciato è un error in procedendo, come tale censurabile ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 4, c.p.c. , sicché è errato il riferimento al numero 3 del medesimo comma contenuto nella rubrica del quarto motivo. Ma tale errore formale non rende di per sé inammissibile il motivo di ricorso e non impedisce alla Corte di Cassazione di decidere su di esso, inquadrandolo correttamente, una volta constatato che il suo oggetto è chiaramente comprensibile v. Cass. S.U. numero 17931/2013 Cass. numero 10862/2018 . Sempre con riguardo all'ammissibilità dei due motivi, si deve rilevare che la censura in essi contenuta rispetta il necessario requisito di specificità articolo 366, comma 1, numero 6, c.p.c. , perché vengono riportati con sufficiente precisione, in particolare nell'illustrazione del terzo motivo, i passaggi della memoria di costituzione nel giudizio d'appello promosso dalla Provincia di Matera quello poi riunito come appello incidentale all'appello degli eredi con cui vennero contestate le tardive allegazioni e produzioni documentali v. pagg. 28 e 29 del ricorso per cassazione . 6.1.2. La Provincia di Matera eccepisce l'inammissibilità della censura contenuta in questi due motivi di ricorso osservando che la nuova allegazione e le nuove prove sarebbero rimaste del tutto irrilevanti ai fini della decisione assunta dalla Corte d'Appello. Tale opinione non è tuttavia suffragata dalla lettura della motivazione della sentenza. Infatti, è vero che le considerazioni sul contenuto dei nuovi documenti prodotti dalla Provincia sono precedute dalla indicazione che esse sono svolte per completezza espositiva . Tuttavia, innanzitutto tale espressione non indica di per sé, in modo inequivocabile, il carattere meramente pleonastico delle successive argomentazioni in secondo luogo, si deve rilevare che, dopo tali ulteriori argomentazioni, la motivazione si conclude con la formula Per tutte le considerazioni espresse, va respinto l'appello principale . Il che induce a pensare che anche le circostanze allegate e documentate in appello abbiano avuto un peso nella decisione adottata dalla Corte d'Appello. 6.2. A questo punto devono essere presi in esame congiuntamente, per la stretta connessione tra di loro, i primi due motivi di ricorso, i quali contengono una censura complessiva che non è limitata a una radicale disapprovazione su come la Corte d'Appello abbia apprezzato il materiale istruttorio disponibile, ma si estende alla falsa applicazione della regula iuris sulla prova del nesso causale, quantunque correttamente enunciata. In effetti, il giudice d'appello è giunto a negare la prova del nesso causale tra lavoro e malattia, senza individuare alcuna possibile causa alternativa o altri possibili fattori di rischio, non negando l'utilizzo di materiale cancerogeno senza protezioni e, al tempo stesso, omettendo di confrontarsi con gli argomenti spesi dal consulente tecnico d'ufficio. Su quest'ultimo punto la motivazione della sentenza è esplicita, laddove si legge Il c.t.u. ha ritenuto la sussistenza sotto il profilo medico legale del nesso causale tra la neoplasia e l'attività lavorativa espletata quale cantoniere alle dipendenze della Provincia di Matera. Ritiene la Corte che, al di là delle considerazioni medico legali espresse dal c.t.u. e fatte proprie dal primo giudice, i ricorrenti non abbiano assolto l'onere di provare il necessario nesso causale tra la patologia sofferta e l'attività lavorativa espletata alla luce delle seguenti considerazioni . Seguono alcune citazioni giurisprudenziali sull'onere della prova nelle azioni promosse ai sensi dell' articolo 2087 c.c. e alcune considerazioni sul contenuto delle prove testimoniali assunte in primo grado, che vengono considerate insufficienti ad assolvere l'onere della prova al di là di qualsiasi confronto con le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio. Tale modo di procedere implica necessariamente una nascosta concezione della prova del nesso causale in termini di certezza o di quasi certezza, incompatibile con il concetto di più probabile che non, consolidato nella giurisprudenza di legittimità da ultimo, Cass. numero 25805/2024 . Infatti, il giudizio relativistico sulla possibilità qualificata dell'esistenza di un nesso causale non potrebbe essere espresso se non all'esito del completo esame del materiale istruttorio, senza trascurare gli aspetti medico-legali viceversa un risultato di certezza può ben essere considerato ormai irraggiungibile anche sulla base della valutazione di una parte soltanto del materiale probatorio, laddove esso sia ritenuto già in sé lacunoso. 6.3. Quanto ora esposto vale anche a introdurre il tema introdotto dal quinto motivo di ricorso, che censura, appunto, il contrasto tra la decisione della Corte d'Appello e le conclusioni cui era giunto il c.t.u. nominato in primo grado conclusioni condivise anche dal Tribunale . Anche questo motivo, che completa la critica complessiva mossa con i motivi precedenti, è fondato per quanto di ragione. È di tutta evidenza che, una volta accertato l'utilizzo senza protezioni di materiale potenzialmente cancerogeno, il giudizio sul nesso causale tra lavoro e insorgere della malattia non può prescindere da competenze e valutazioni tecniche medico-legali. Le conclusioni del c.t.u. devono scaturire dal regolare contraddittorio tra le parti ed essere sottoposte al vaglio critico del giudice, che può anche, motivatamente, disattenderle. Ma, una volta espletata la consulenza tecnica, il mancato esame della c.t.u. integra un vizio della sentenza che ben può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c. , risolvendosi, come nel caso di specie, nell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti Cass. nnumero 14599/2021 18598/2020 13770/2018 13399/2018 . La Corte d'Appello di Potenza non ha semplicemente ignorato la relazione del c.t.u., ma ha dichiaratamente espresso il proprio giudizio sul nesso causale al di là ovverosia a prescindere delle considerazioni medico legali espresse dal c.t.u. e fatte proprie dal primo giudice . E ciò nonostante le riportate dichiarazioni dei testi avessero confermato sia l'uso di pietrisco mescolato a catrame , sia l'assenza di guanti o mascherine . Indubbiamente, per valutare la possibile incidenza causale di tali modalità di lavoro sull'insorgere della malattia si deve tenere conto anche della frequenza e delle modalità dell'uso del catrame, quali risultanti all'esito delle prove documentali e testimoniali, ma ciò non toglie che il relativo giudizio rimane prettamente tecnico e non può prescindere da una discussione medico-legale. 7. Il sesto motivo deve intendersi assorbito per effetto dell'accoglimento dei precedenti. È evidente che, una volta negata l'esistenza del credito con l'accoglimento dell'appello incidentale , non si può svolgere alcuna discussione e non può essere adottata alcuna decisione sull'ammontare del credito inesistente. Pertanto, con la cassazione della sentenza, resta impregiudicato l'accertamento del giudice del rinvio sia con riguardo all'esistenza del nesso causale e quindi del credito vantato dai ricorrenti , sia con riguardo al suo ammontare, che potrà risultare anche superiore o inferiore a quanto liquidato nella sentenza di primo grado. 8. Accolto il ricorso nei termini sopra esposti, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Potenza, in diversa composizione, anche per decidere sulle spese del presente giudizio di legittimità, attenendosi ai seguenti principi di diritto anche nel rito del lavoro non sono consentite nuove allegazioni e nuove produzioni documentali in appello, se non nei limiti di cui all' articolo 437 c.p.c. , che il giudice ha il dovere di rilevare e valutare, prima di ammettere le nuove allegazioni e utilizzare le nuove prove il lavoratore che chiede la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subìto per avere contratto una grave patologia in conseguenza dell'utilizzo di sostanze cancerogene senza adeguate protezioni e senza istruzioni su come evitare o limitare il pericolo ha l'onere di provare la sussistenza del nesso causale tra l'uso di tali sostanze e l'insorgere della malattia tale onere deve essere assolto - non in termini di certezza assoluta o quasi assoluta, bensì - secondo il canone del più probabile che non , da applicare anche tenendo conto della presenza o dell'assenza di eventuali altri fattori di rischio, estranei all'attività lavorativa qualora l'uso delle sostanze risulti provato, il giudizio sulla sua incidenza causale rispetto all'insorgere della malattia, seppur riservato al giudice del merito, implica necessariamente competenze e valutazioni di carattere tecnico medico-legale, sicché il giudice - una volta esperita la c.t.u. - non può decidere la causa prescindendo dall'esame delle relative risultanze e da un confronto con le argomentazioni del consulente . 9. Si dà atto che, in base all'esito del ricorso, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell' articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002 . P.Q.M. La Corte accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Potenza, in diversa composizione, anche per decidere sulle spese legali del presente giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dei ricorrenti e del loro dante causa riportati nell'ordinanza.