Il d.lgs. numero 198/2024, che ha adeguato la normativa nazionale alle disposizioni della direttiva U.E. 2016/343 sulla presunzione di innocenza dell’imputato, stabilisce il divieto di pubblicazione del solo testo delle ordinanze che applicano misure cautelari.
La riforma legislativa Il d.lgs. numero 198/2024, che ha adeguato la normativa nazionale alle disposizioni della direttiva U.E. 2016/343 sulla presunzione di innocenza dell'imputato, è entrato in vigore il 7 gennaio 2025. La vicenda riguarda le regole della pubblicazione dell'ordinanza che applica misure cautelari, che fino al 2017 si riteneva vietata, con la riforma Orlando diventò pubblicabile esclusivamente nel suo testo, ma ora non sarà più pubblicabile testualmente ma solo nel suo contenuto. Ma tali contorcimenti legislativi non sono ammessi in tema di pubblicazione di ordinanze cautelari, argomento di fondamentale importanza in quanto riguardante i rapporti tra giustizia e informazione, e sappiamo come la cronaca giudiziaria influenzi l'opinione pubblica, quasi sempre in senso colpevolista, in spregio alla presunzione di innocenza dell'imputato. La normativa articolo 114 e 329 c.p.p. Il discorso è molto semplice e si snoda in una manciata di norme che vanno dall'articolo 329 al 114 del codice di procedura penale. Come sappiamo, l'articolo 329 c.p.p. copre con il segreto investigativo, fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari gli “atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria” pertanto, la richiesta cautelare del P.M., l'ordinanza cautelare o l'informazione di garanzia, che non sono atti di indagine non sono coperti dal segreto investigativo e quindi sono pubblicabili anche nel loro testo. Il buon senso suggerisce che l'ordinanza applicativa di misure cautelari sia pubblicabile solo dopo la sua esecuzione per impedire l'eventuale fuga dell'indagato o imputato. Da parte sua, l'articolo 114, comma 1, c.p.p. prescrive il divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli “atti coperti” dal segreto investigativo o anche solo del loro contenuto, mentre il comma 2 vieta la pubblicazione, anche parziale, degli “atti non più coperti dal segreto” fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, ma faceva eccezione per l'ordinanza cautelare che quindi era pubblicabile anche testualmente. Come già detto, l'ordinanza cautelare, così come l'informazione di garanzia, non essendo atti di indagine, possono essere pubblicati testualmente, anche se al riguardo sono sorti molti equivoci. Ora si stabilisce, per la prima volta, il divieto di pubblicazione del solo testo dell'ordinanza che applica misure cautelari personali, mentre la l. numero 114/2024 vieta già la pubblicazione del testo dell'informazione di garanzia articolo 369 c.p.p. che rinvia all'articolo 114, comma 2, c.p.p. . Infatti, l'informazione di garanzia che, non essendo un atto di indagine, era liberamente pubblicabile, come l'ordinanza cautelare, ed era il cavallo di battaglia della stampa colpevolista, ora non può essere pubblicata nel suo testo fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, ma rimane pubblicabile nel contenuto. Si registra così un revirement solo apparente l'ordinanza cautelare e l'informazione di garanzia saranno pubblicabili liberamente interpretate, riassunte o commentate dal cronista il che è molto pericoloso perché il cronista scrive sugli atti di indagine del solo P.M. e inoltre può enfatizzare e addirittura travisare il contenuto dell'ordinanza. Il giornalista come si procura l'ordinanza cautelare o l'informazione di garanzia? È precluso agli operatori dell'informazione l'accesso non solo agli atti coperti dal segreto investigativo ma anche agli atti non segreti, come l'ordinanza cautelare, la richiesta del P.M., l'informazione di garanzia. Eppure, l'articolo 116, comma 1, c.p.p. riconosce a “chiunque vi abbia interesse” il diritto di ottenere il rilascia a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti”. E il giornalista vanta un diritto che deriva nientemeno che dall'articolo 21 Cost. La legge Nordio l. numero 114/2024 ha imposto una stretta al rilascio ai terzi di copia delle intercettazioni articolo 116.comma 1, c.p.p. , vietando il rilascio di copia delle intercettazioni a soggetti diversi dalle parti e loro difensori nel procedimento in cui le intercettazioni sono state disposte, ma non ha menzionato i giornalisti. Tuttavia, i rapporti tra l'ufficio di Procura e gli organi di informazione sono già disciplinati dall'ordinamento giudiziario, prescrivendo al procuratore della Repubblica di mantenere personalmente, ovvero tramite un magistrato dell'ufficio appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione, esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa. La determinazione di procedere a conferenza stampa è assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che la giustificano. Inoltre, ogni informazione inerente alle attività della procura della Repubblica deve essere fornita attribuendola in modo impersonale all'ufficio ed escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari del procedimento. La diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico. Le informazioni sui procedimenti in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell'imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. È fatto divieto ai magistrati della procura della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'ufficio. Quando la diffusione di informazioni sui procedimenti penali è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o per altre specifiche ragioni di interesse pubblico, il procuratore della Repubblica può autorizzare gli ufficiali di polizia giudiziaria a fornire, tramite comunicati ufficiali oppure tramite conferenze stampa, informazioni sugli atti di indagine compiuti o ai quali hanno partecipato. L'autorizzazione è rilasciata con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che la giustificano. Comunque, le informazioni sui procedimenti in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell'imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Vige comunque il divieto ai magistrati della procura della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'ufficio. Nei comunicati e nelle conferenze stampa è fatto divieto di assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza. Il procuratore della Repubblica ha l'obbligo di segnalare al consiglio giudiziario, per l'esercizio del potere di vigilanza e di sollecitazione dell'azione disciplinare, le condotte dei magistrati del suo ufficio che siano in contrasto col divieto fissato al comma 3 articolo 5 d. lgs. 20.2.2006, numero 106 . Il divieto di rilascio ai terzi di copia delle intercettazioni articolo 116, comma 1, c.p.p. La l. numero 114/2024 vieta il rilascio di copia delle intercettazioni a soggetti diversi dalle parti e loro difensori nel procedimento in cui le intercettazioni sono state disposte. Ma non si può impedire l'utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui esse sono state disposte articolo 270 c.p.p. perciò è riconosciuto il diritto delle parti di utilizzare i risultati delle intercettazioni in un altro procedimento che però deve essere “specificamente indicato”. Quindi il giornalista, che è un terzo, ancorché eserciti il diritto-dovere di informazione ex articolo 21 Cost. non ha accesso diretto alle intercettazioni può pubblicare ciò che avviene in dibattimento se non è celebrato a porte chiuse ad es. intercettazione utilizzata per le contestazioni oppure il contenuto di intercettazioni riprodotto nella motivazione di un provvedimento del giudice. Poiché nella fase delle indagini preliminari il provvedimento più frequente del G.I.P. è un'ordinanza cautelare, la quale, come sappiamo, non è pubblicabile testualmente ma solo nel suo contenuto, quindi riassuntivamente, per commento o per parafrasi, proprio dall'ordinanza cautelare il cronista può apprendere se una data conversazione intercettata è stata utilizzata dal giudice nella motivazione e in questo caso può pubblicarla integralmente. Quali regole per il cronista giudiziario? È noto che l'articolo 115 bis c.p.p. Garanzia della presunzione di innocenza prescrive all'autorità giudiziaria che «nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell'imputato, che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, l'autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento». Ma nessuna prescrizione è dettata per il giornalista , che resta libero di riferire il contenuto dell'ordinanza senza alcun vincolo e quindi potendo al limite rappresentare l'indagato o imputato come colpevole. Se poi il cronista pubblicasse testualmente l'ordinanza cautelare risponderebbe della contravvenzione di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale articolo 684 c.p. , ma potrebbe comodamente estinguere il reato con l'oblazione di modiche 129 euro. Un incentivo per gli editori a pubblicare tutto e sempre. Quali rimedi? In realtà, basterebbe una informazione giornalistica equilibrata, che non dia per colpevole l'imputato o anche il semplice indagato come da sempre prescrive la CEDU ma siccome alla stampa non si possono dettare regole giuridiche di comportamento professionale esistono già quelle deontologiche che però non sono abbastanza efficaci , il legislatore delegante ha introdotto il divieto di pubblicazione del testo dell'ordinanza cautelare, un rimedio all'attuale anarchia mediatica che è forse peggiore del male. Se dovessimo indicare qualche strumento idoneo a contrastare le degenerazioni della cronaca giudiziaria sarebbe opportuno prevedere l' illiceità di qualsiasi forma di comunicazione pubblica conferenza stampa della polizia o del P.M., articolo giornalistico, programma televisivo, ecc. che rappresenti implicitamente o esplicitamente l'accusato come colpevole, senza cioè che sia chiarito, senza alcun dubbio, che si tratta solo dell'ipotesi del P.M., basata solo sugli atti dell'accusa, e che la responsabilità è ancora tutta da dimostrare in dibattimento. Per i casi di violazione della presunzione di innocenza, si dovrebbe prevedere l'applicazione di sanzioni disciplinari, amministrative e interdittive a chiunque pubblicamente affermi o lasci intendere come accertata la colpevolezza di una persona indagata o imputata, ma non da parte di una giustizia domestica magistrati che giudicano magistrati giornalisti che giudicano giornalisti appartenenti alle forze dell'ordine che giudicano appartenenti alle forze dell'ordine avvocati che giudicano avvocati, ecc. , ma affidando il compito di valutare e sanzionare simili condotte comunicative ad una Autorità di garanzia indipendente e composita, con la opportuna pubblicazione di tali sanzioni. La vera soluzione al problema è una stampa responsabile che informi obiettivamente la società sulle decisioni del giudice e non sulle indagini del P.M. Sarebbe sufficiente pubblicare la notizia della limitazione della libertà personale dell'indagato e l'indicazione del reato ascrittogli. Il processo dirà poi se è responsabile o meno di quel reato e gli organi di informazione informeranno i cittadini sulla decisione del giudice circa la responsabilità dell'imputato. Quindi, è sicuramente rispettoso della presunzione d'innocenza il divieto di pubblicare l'ordinanza cautelare testualmente, sia integralmente o per estratto ma non è rispettoso della presunzione di innocenza consentire al giornalista di “raccontare senza citare”, cioè fare un libero riassunto, una suggestiva interpretazione e un personale commento sulle indagini, che rischia di fraintendere ed enfatizzare il vero contenuto del provvedimento basato, peraltro, sugli atti del solo organo d'accusa. Infatti, il giudizio di colpevolezza non può mai precedere il processo ed essere affidato in fase di indagini al “circuito mediatico-giudiziario”. Gli stralci dell'ordinanza maggiormente rappresentativi della responsabilità dell'indagato vengono utilizzati, oggi, per la messa in scena della “gogna mediatica”, che è funzionale ad acquisire audience più che a informare il cittadino e ad esercitare il controllo democratico su fatti di pubblico interesse. Al momento della pubblicazione dell'ordinanza, in genere, il processo non ha ancora avuto inizio ma, nell'immaginario collettivo, la ricostruzione contenuta nell'ordinanza cautelare, basata sulle sole ipotesi dell'accusa, è percepita come una definitiva affermazione di responsabilità, poiché proviene da un giudice. I dati statistici dimostrano la distanza tra questa percezione contrabbandata dal processo sommario che si celebra sui media, senza regole e senza diritti, e la realtà delle aule di giustizia, posto che sono circa ottomila ogni anno le persone che hanno subito l'esecuzione di una misura cautelare personale che vengono poi assolte. Il risultato pratico della riforma è una solo apparente maggiore tutela della riservatezza, e invece una più disinvolta cronaca giudiziaria, che partirà dal commento all'informazione di garanzia, ora contenente anche la descrizione sommaria del fatto, e terminerà con il riassunto all'ordinanza cautelare, spacciata come una pre-condanna, senza rispetto per la presunzione di innocenza e per il diritto all'indipendenza del giudice da ogni influenza esterna. Forse, quindi, il rimedio è peggiore del male che si voleva evitare. Nessun accenno, invece, a potenziare il diritto di difesa nella fase delle indagini dove il P.M. era e si conferma il dominus incontrastato mentre il difensore resta, in tale fase, il “convitato di pietra”. Insomma, il nostro legislatore non ha le idee molto chiare in proposito le alterne vicende della pubblicazione dell'ordinanza cautelare, che sono passate da un ritenuto divieto, all'estremo opposto della pubblicazione del testo, per concludere ora con la pubblicazione del solo contenuto dimostrano che finora si è cambiato tutto per non cambiare niente.