Divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico: la Cassazione sulla differenza tra misure di prevenzione e cautelari

Le misure di prevenzione perseguono una finalità differente rispetto alle misure cautelari ed i presupposti su cui si basano sono diversi nelle prime, la pericolosità sociale è già stabilita, specialmente quando si tratta di indiziati, mentre nelle questioni cautelari, le misure personali rispondono alle esigenze specifiche di un procedimento penale in corso, anche se legate al pericolo di reiterazione di reati.

Pertanto, secondo la Cassazione, l'applicazione di prescrizioni più stringenti nelle misure di prevenzione personale rispetto alle misure cautelari personali non risulta irragionevole né viola in alcun modo i principi costituzionali. In seguito alla pronuncia della Corte di Appello di Ancona, sezione misure di prevenzione, con cui si disponeva per il proposto il divieto di avvicinamento alla residenza, domicilio e luogo di lavoro della vittima e dei suoi familiari mantenendo una distanza di almeno 500 metri, nonché l'applicazione di strumenti di controllo a distanza mediante mezzi elettronici braccialetto elettronico previo suo consenso, il condannato adiva la Suprema Corte. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente contestava una presunta violazione di legge riguardante gli articolo 6 e 8 d.lgs. 159/2011 e sollevava dubbi sull'incostituzionalità di tali norme in relazione all'articolo 275 bis c.p.p. per violazione dell'articolo 32 Cost. Il divieto di avvicinamento, inizialmente considerato come una prescrizione facoltativa del suddetto articolo 8, è stato reso più vincolante e obbligatorio dalla l. numero 168/23, che ora impone anche di mantenere una distanza minima di 500 metri. Questa nuova disposizione - secondo la difesa, risulta più stringente rispetto a quella presente nell'articolo 282 ter c.p.p. riguardante misure cautelari, anch'essa modificata dalla suddetta norma che propone come alternative il divieto di avvicinamento e l'obbligo di mantenere una distanza di almeno 500 metri. Con il secondo motivo, invece, si sollevava la questione di una presunta violazione di legge in relazione all'articolo 14, comma 2 ter, d. lgs. 159/2011, avanzando l'ipotesi di illegittimità costituzionale della norma. Inoltre, il condannato denunciava il fatto che la Corte territoriale non avesse considerato adeguatamente alcune circostanze particolari del caso specifico, alla luce delle quali avrebbe dovuto verificare l'attualità della pericolosità sociale, anche acquisendo informazioni dalle autorità competenti, anziché basarsi esclusivamente sulla prognosi del Tribunale. La Cassazione, ritenendo infondato il ricorso, ha chiarito quanto segue. Sulla differenza tra misure preventive e misure cautelari La prima obiezione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente è, per la Suprema Corte, manifestamente infondata. Le misure preventive e cautelari perseguono scopi diversi e si basano su presupposti differenti è legittimo che ci sia differenza di trattamento tra le due tipologie di misure, poiché le prime mirano alla prevenzione generale della pericolosità sociale, senza richiedere la commissione di un reato, rispetto alle misure cautelari che si attuano, invece, per necessità processuali in un procedimento penale in corso. L'applicazione di prescrizioni più stringenti nelle misure preventive personali rispetto alle misure cautelari personali non è, dunque, irragionevole e rispetta i principi costituzionali. Assenza di motivazione specifica e questione di pericolosità sociale Il secondo motivo di ricorso è inammissibile poiché privo di fondamento e non sollevato in precedenza nell'atto di appello alcun riferimento alla valutazione della pericolosità sociale era stato avanzato dal ricorrente e il giudice di secondo grado lo sottolineava nel decreto, procedendo comunque ad una valutazione di prognosi di pericolosità sociale con motivazione non apparente, ma per relationem affermando di esprimere ampia condivisione circa la prognosi di pericolosità sociale formulata dal Tribunale rispetto al condannato, «e ciò sia quanto alla pericolosità generica che alla specifica di cui all'articolo 4, comma 1, lett. i-ter, d.lgs. 159 del 2011.» Conseguentemente – per i Giudici – anche tale questione di legittimità costituzionale, peraltro prospettata in modo del tutto generico, non risulta rilevante.

Presidente Scarlini - Relatore Pilla Ritenuto in fatto l. Con decreto depositato in data 8 luglio 2024, la Corte di Appello di Ancona, sezione misure di prevenzione, ha parzialmente riformato - revocando l'obbligo di soggiorno - il decreto emesso dal Tribunale cittadino, sezione misure di prevenzione nei confronti di C.R.P., in data 11 dicembre 2023, con il quale era stata disposta nei confronti del proposto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni due con obbligo di soggiorno nel Comune di OMISSIS o, in caso di mancata disponibilità della struttura che lo aveva attualmente in carico, all'accoglimento prolungato in altro Comune da individuarsi ove fosse presente una struttura disposta a seguire il suo percorso terapeutico. Tra le prescrizioni disposte, il decreto faceva divieto al proposto di avvicinarsi alla residenza, domicilio e luogo di lavoro di D.C.B. e dei suoi familiari mantenendo una distanza di almeno 500 metri, nonché l'applicazione di strumenti di controllo a distanza mediante mezzi elettronici braccialetto elettronico previo suo consenso. 2. Avverso tale decisione ha avanzato ricorso C.R.P. con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nei comuni motivi qui di seguito enunciati. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge quanto agli articolo 6 e 8 D.Lgs. 159/2011 e l'incostituzionalità degli stessi in relazione all'articolo 275 bis cod. proc. penumero per violazione dell'articolo 32 Cost. 2.1.1. Evidenzia la difesa che la procedura in esame ha avuto inizio con la istanza depositata dalla Questura di Pesaro in data 25 ottobre 2023 di applicazione della misura di sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza con divieto di soggiorno nel Comune di Pesaro, a seguito della emanazione del DL. 123/23 conv. in 1. 159/23 e dopo poche settimane dall'inserimento di nuove disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica con la 1. 168/23 in vigore dal 9 dicembre 2023. Il Tribunale, nel rigettare la richiesta di divieto di soggiorno in Pesaro, imponeva tuttavia le prescrizioni - dell'obbligo di soggiorno in un Comune in cui fosse disponibile una struttura di cura per consentire a C.R.P. di seguire il percorso terapeutico obbligo revocato dal provvedimento impugnato - del divieto al proposto di avvicinarsi alla residenza, domicilio e luogo di lavoro di D.C.B. e dei suoi familiari mantenendo una distanza di almeno 500 metri - dell'applicazione di strumenti di controllo a distanza mediante mezzi elettronici braccialetto elettronico previo suo consenso. 2.1.2. Il divieto di avvicinamento, già previsto come prescrizione facoltativa dall'articolo 8 comma quinto del D.Lgs. 159/2011, è stato rafforzato dalla 1.168/23 che lo ha previsto come obbligo accompagnato dalla ulteriore prescrizione di mantenere una distanza non inferiore a 500 metri. Si tratta di una previsione ancora più incisiva dell'altra contenuta nell'articolo 282 ter cod. proc. penumero in tema di misure cautelari, egualmente modificata dalla 1. 168/23, che ha previsto come alternative le prescrizioni del divieto di avvicinamento e dell'obbligo di mantenere una determinata distanza almeno di 500 metri. Secondo la difesa appare irragionevole che le prescrizioni imposte con la misura di prevenzione personale debbano essere più gravose e stringenti di quelle previste dalla misura cautelare. 2.1.3. Analoghe considerazioni riguardano l'applicazione dello strumento di controllo a distanza mediante mezzi elettronici. La legge 168/23 è intervenuta sull'articolo 6 comma 3 bis D.Lgs. 159/2011, stabilendo che per i soggetti indiziati dei delitti di cui all'articolo 4 comma 1 lett. I-ter , gli obblighi e le prescrizioni della sorveglianza speciale di cui al comma 3 bis sono disposti con le particolari modalità di controllo dell'articolo 275 bis cod. proc. penumero , disponendo dunque l'obbligatorietà dell'applicazione del cd. braccialetto elettronico. Nella vicenda cautelare, mentre nell'ipotesi di applicazione della ben più grave misura cautelare detentiva degli arresti domiciliari l'applicazione dello strumento di controllo a distanza è rimesso alla discrezionalità del giudice, nelle ipotesi di cui agli articolo 282 bis e 282 ter cod. proc. penumero divieto di avvicinamento alla persona offesa e allontanamento dalla casa familiare la applicazione è irragionevolmente obbligatoria. Va ulteriormente evidenziato che le prescrizioni imposte al proposto sono entrate in vigore successivamente alla richiesta avanzata dalla Questura di Pesaro. Il provvedimento impugnato ha respinto le censure innanzi evidenziate con le seguenti argomentazioni - quanto alla normativa applicabile, le misure di prevenzione si applicano secondo la normativa vigente all'esito della decisione anche se si tratta di normativa sopravvenuta - quanto all'applicazione delle prescrizioni dell'obbligo di mantenere una certa di stanza e dell'applicazione del braccialetto elettronico, alcuna discrezionalità è consentita dalla legge. 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all'articolo 14 comma 2 ter D.Lgs. 159/2011 e la illegittimità costituzionale della norma. La Corte territoriale inoltre ha omesso di considerare del tutto alcune peculiari circostanze del caso concreto e cioè che C.R.P. sin dall'arresto intervenuto in data 5 aprile 2022 per il delitto di atti persecutori non è mai stato posto in libertà alternando senza soluzione di continuità periodi in regime di arresti domiciliari presso il Centro di Salute Mentale di Pesaro e periodi in regime di custodia cautelare in carcere presso la locale Casa circondariale. In ragione di queste circostanze la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare la persistenza e attualità della pericolosità sociale assumendo le necessarie informazioni presso gli organi di Polizia giudiziaria e di Pubblica sicurezza articolo 14 D.lgs. 159/2011 mentre si è limitata a condividere la prognosi di pericolosità sociale formulata dal Tribunale nel provvedimento genetico. Se si ritenesse che l'obbligo contenuto nell'articolo 14 commi 2 bis e 2 ter TUA sussiste solo nella ipotesi di espiazione della pena definitiva e non nella ipotesi di custodia cautelare, la disposizione risulterebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell'articolo 3 Cost. per una irragionevole differenziazione. Considerato in diritto Il ricorso è nel suo complesso infondato. Va premesso che in tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio, ex multis, Sez. 6, numero 21525 del 18/06/2020, Rv. 279284 1. Il primo motivo è infondato. 1.1. In relazione all'applicazione della disciplina legislativa intervenuta per effetto della modifica introdotta con la legge numero 168 del 24 novembre 2023, entrata in vigore il 9 dicembre 2023, occorre in primo luogo ricordare la consolidata giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la retroattività della disciplina sopravvenuta in tema di misure di prevenzione personali e patrimoniali, come del resto evidenziato dallo stesso provvedimento impugnato, attraverso il richiamo alle misure di sicurezza. Si evidenziano, a titolo esemplificativo, le indicazioni di questa Corte secondo cui l'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza previsto dall'articolo 6, comma 2, legge 13 dicembre 1989, numero 401, avendo natura di misura di prevenzione e non di pena nell'accezione di cui all'articolo 7 CEDU, è assoggettato alla disciplina vigente al momento della sua applicazione. Sez.3 numero 23435 del 30/01/2020, Rv. 279822 . Nello stesso senso, è stato affermato che è convenzionalmente legittima l'applicazione retroattiva delle misure di prevenzione patrimoniale, con riferimento a fatti anteriori all'entrata in vigore delle norme che le disciplinano, poiché le stesse, in quanto connotate da natura preventiva e non sanzionatoria, non sono riconducibili alla nozione di pena di cui all'articolo 7 CEDU Sez. 2, numero 30938 del 10/06/2015, Annunziata, Rv. 264173 . 1.2. Le pronunzie richiamate risultano pienamente coerenti e aderenti alle decisioni della Corte costituzionale ed in particolare della sentenza numero 24/19 - il requisito della pericolosità per la sicurezza pubblica del destinatario delle misure di prevenzione personali accomuna le stesse alle misure di sicurezza disciplinate dal Codice penale, dalle quali tuttavia le prime si differenziano in quanto non presuppongono l'instaurarsi di un processo penale nei confronti del soggetto - la circostanza che, ai fini dell'applicazione di una misura di prevenzione personale, sono comunque necessari elementi che facciano ritenere pregresse attività criminose da parte del soggetto, non comporta che le misure in questione abbiano nella sostanza carattere sanzionatorio-punitivo, sì da chiamare in causa necessariamente le garanzie che la CEDI , e la stessa Costituzione, sanciscono per la materia penale. - le misure di prevenzione personale hanno una chiara finalità preventiva anziché punitiva, [ ] L'indubbia dimensione afflittiva delle misure stesse non è, in quest'ottica, che una conseguenza collaterale di misure il cui scopo essenziale è il controllo, per il futuro, della pericolosità sociale del soggetto interessato non già la punizione per ciò che questi ha compiuto nel passato. [ ]. 1.3. In ossequio ai principi suindicati, con specifico riferimento al caso in esame vanno operate alcune ulteriori considerazioni che rendono la misura disposta legittimamente applicata in ossequio ai principi enunciati di proporzionalità, ma anche di prevedibilità. Con riferimento al divieto di avvicinamento - già previsto come prescrizione facoltativa dall'articolo 8 comma quinto del D.Lgs. 159/2011, e rafforzato dalla L. 158/23 che lo ha previsto come obbligo accompagnato dalla ulteriore prescrizione di mantenere una distanza non inferiore a 500 metri - va evidenziato che la prescrizione già sussisteva ed era dunque applicabile dal giudice della prevenzione non solo la ulteriore indicazione del mantenimento di una distanza non inferiore a 500 metri altro non è che una specificazione della prescrizione già esistente divieto di avvicinamento , attraverso la tipizzazione di una distanza minima da non superare. Con riferimento al presidio del controllo elettronico nelle forme del braccialetto anche in tal caso era espressamente prevista la sua adozione come facoltativa previo consenso dell'interessato e dunque anche in tal caso i canoni della proporzionalità e prevedibilità risultano essere del tutto rispettati. La modifica normativa, intervenuta successivamente alla richiesta, ha riguardato prescrizione accessorie che già sussistevano come facoltative e che non attengono al nucleo essenziale della misura di prevenzione in esame che è rimasta immutata. 2. Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente e anche in tal caso correttamente respinta dal provvedimento impugnato. La misura di prevenzione assolve rispetto alla misura cautelare una funzione diversa e diversi ne sono i presupposti. È legittima una diversità di disciplina sulla base della funzione di prevenzione generale delle misure di prevenzione rispetto alle misure cautelari, che giustifica che tra loro non vi sia un assoluto parallelismo, richiamando la legittimità di scelte di politica criminale necessariamente discrezionali in funzione dei diversi presupposti della misura di prevenzione, applicabile per la pericolosità sociale, ma non presupponendo la commissione di un fatto di reato. La diversità disciplina non può declinarsi in termini di irragionevolezza atteso che - in materia di misure di prevenzione è già acclarata - sia pure secondo lo statuo proprio delle misure in particolare quando si tratta di indiziati - la pericolosità sociale - in materia cautelare, le misure cautelari personali sono serventi rispetto alle specifiche esigenze di un procedimento penale in corso, anche quando la esigenza cautelare è rappresentata dal pericolo di reiterazione di reato. Dunque, una applicazione di prescrizioni maggiormente cogenti in materia di misure di prevenzione personale rispetto alle corrispondenti misure cautelari personali non si rivela in alcun modo irragionevole o non conforme ai dettami costituzionali. 2.Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato, nonché inedito. Nell'atto di appello alcun riferimento alla valutazione della pericolosità sociale era stato avanzato dal ricorrente, e la Corte di appello lo sottolinea nel decreto impugnato Quand'anche non sia oggetto del precipuo ricorso , procedendo comunque ad una valutazione di prognosi di pericolosità sociale con motivazione non apparente, ma per retationem affermando di esprimere ampia condivisione in ordine alla prognosi di pericolosità sociale formulata dal Tribunale nei confronti di C.R.P., e ciò sia quanto alla pericolosità generica che alla specifica di cui all'articolo 4, comma 1, lett. i-ter, d.lgs. 159 del 2011. Il riferimento per relationem al provvedimento di primo grado esclude che si possa ravvisare una motivazione inesistente o apparente, anche perché, su tale specifico profilo, il ricorrente non ha articolato in sede di appello alcun motivo di censura e dunque correttamente la Corte, dovendo comunque riferire il giudizio di pericolosità al momento di emissione del provvedimento di primo grado salvo appunto specifici profili articolati dalla difesa che rendano necessaria una specifica disamina , ha fatto riferimento a tale provvedimento. Conseguentemente, la questione di legittimità costituzionale, peraltro prospettata in modo del tutto generico, non risulta rilevante. Considerato altresì che, in ragione dei rapporti di affinità sussistenti tra le parti, va disposto - ai sensi dell'art 52 D.Lgs. 30 giugno 2003 numero 196 e in caso di diffusione del presente provvedimento - l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.