La cultura del digitale e l’equo compenso tra gli obiettivi del Correttivo al Codice degli appalti

La rivoluzione digitale ha determinato un ripensamento dell’organizzazione interna della Pubblica Amministrazione con l’obiettivo di creare una vera e propria “cultura del digitale”. È in tale ottica che si colloca il Correttivo al Codice dei Contratti pubblici, recante «Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, numero 36».

Il documento «tiene conto dei pareri espressi dal Consiglio di Stato, dalla Conferenza Unificata e competenti Commissioni Parlamentari», sicché, è il risultato di un confronto dialettico tra le parti. Tra i diversi interventi, il Correttivo ha previsto l’innalzamento della soglia a base di gara per l’obbligatorietà del Bim da parte delle stazioni appaltanti, che da milione di euro passa ad una soglia di due milioni di euro.  Come testualmente prevede l’articolo 43 riformato, «a decorrere dal 1° gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti con stima del costo presunto dei lavori di importo superiore a 2 milioni di euro ovvero alla soglia dell’articolo 14, comma 1, lettera a , in caso di interventi su edifici di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42». A spingere verso l’innalzamento della soglia sono stati i diversi attori, gli operatori del settore e le parti interessate per le quali l’obbligo del Bim è apparso sin da subito un onere eccessivo per lo più a causa di carenze tecniche o di personale che hanno comportato spesse volte blocchi o ritardi nelle procedure. Il fine degli interventi è, dunque, quello di velocizzare il processo di digitalizzazione anche nell’ambito dei contratti pubblici interessati, talvolta solo di riflesso, dalla rivoluzione tecnologica e, allo stesso tempo, di evitare che si traduca in un orpello a carico delle stazioni appaltanti. Da opportunità di sviluppo, infatti, si tradurrebbe in un dispendio di tempo e risorse. Non solo digitalizzazione, il Correttivo ridefinisce anche i compiti del Rup al quale viene riconosciuto il potere di delega nello svolgimento di “mere attività operative”, nell’ambito del ciclo digitale, in favore di altri dipendenti. Tale previsione risolve una serie di criticità sorte già in passato e attinenti alla mancata definizione di compiti e funzioni dei soggetti coinvolti nei procedimenti di appalto. È prevista, inoltre, anche la nomina di un Responsabile esterno alla stazione appaltante, laddove, non sia possibile reperirlo all’interno. La regola, tuttavia, resta pur sempre, la nomina di un responsabile interno, in assenza si ricorre all’esterno.  Nell’ottica solidaristica si interviene anche sull’equo compenso, ovvero quel compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, su cui più volte anche la giurisprudenza si è pronunciata, prevedendo un prezzo fisso al di sotto del quale non è possibile scendere ex multiis Tar Venezia Sez. III, 3 aprile 2024, numero 632 . In particolare, si prevede che il 65% delle tariffe sia considerato “prezzo fisso” non ribassabile, mentre il restante 35% possa essere oggetto di ribassi. Viene, dunque, fissata la soglia minima al 35%. Il Correttivo al Codice degli appalti interviene anche sulla fase di esecuzione del contratto, per la quale, non si introducono innovazioni sostanziali, ma solo chiarimenti per risolvere criticità legate a incertezze, derivanti dal ricorso a riserve e varianti contrattuali in corso d’opera, spesso per ovviare a criticità della progettazione. L’obiettivo è introdurre una normativa chiara e uniforme, utile a stazioni appaltanti e appaltatori nel rispetto del principio di certezza del diritto e a prevenire il contenzioso.