Unioni di fatto: la Suprema Corte sul vincolo solidaristico anche dopo la cessazione del rapporto

Il vincolo solidaristico ed affettivo che trae origine dalla pregressa unione di fatto trova rispondenza nel mutato contesto valoriale di riferimento e si pone in lineare rapporto con la valutazione corrente nella società, stante l’affermazione, progressivamente sempre più estesa, di una concezione pluralistica della famiglia. Lo ha stabilito la Cassazione con un'importante pronuncia, nella quale per la prima volta chiarisce la questione legata al dovere di assistenza anche dopo la cessazione della convivenza.

Con l'ordinanza in analisi, la Cassazione si è pronunciata in materia di unioni di fatto, stabilendo che persiste un dovere morale e sociale di assistenza anche quando il rapporto è ormai finito. Nel caso di specie, i Giudici hanno respinto il ricorso con il quale un fratello unilaterale chiedeva al fratello maggiore quanto speso da sua madre per il mantenimento del comune padre, dalla fine dell'unione di fatto in poi, enunciando il seguente principio di diritto «Le unioni di fatto sono un diffuso fenomeno sociale, che trova tutela nell'art.2 Cost., e sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale, di ciascun convivente nei confronti dell'altro, che possono concretizzarsi in attività di assistenza materiale e di contribuzione economica prestata non solo nel corso del rapporto di convivenza, ma anche nel periodo successivo alla cessazione dello stesso e che possono configurarsi, avuto riguardo alla specificità del caso concreto, come adempimento di un'obbligazione naturale ai sensi dell'art.2034 c.c., ove siano ricorrenti pure gli ulteriori requisiti della proporzionalità, spontaneità ed adeguatezza. Il vincolo solidaristico e affettivo che trae origine dalla pregressa unione di fatto trova rispondenza nel mutato contesto valoriale di riferimento e si pone in lineare rapporto con la valutazione corrente nella società, stante l'affermazione, progressivamente sempre più estesa, di una concezione pluralistica della famiglia». La rilevanza di questa pronuncia è legata al dovere di assistenza non solo nel corso dell'unione di fatto, ma anche al “dopo”, non essendoci precedenti pronunce giurisprudenziali sul punto. La Suprema Corte ha osservato - richiamando anche la Consulta - che, per quanto riguarda le convivenze di fatto, «pure nell'ambito della cornice normativa dettata dalla legge numero 76 del 2016 e dai provvedimenti legislativi settoriali successivi, restano ancora affidati alla spontaneità dei comportamenti tutti quegli aspetti che caratterizzano la gestione delle esigenze della coppia, quali coabitazione, collaborazione, contribuzione ai bisogni comuni, assistenza morale e materiale, determinazione dell'indirizzo familiare e fedeltà, durata della relazione.» Una situazione, dunque, che porta i Giudici ad affermare che «il dovere morale e sociale di assistenza materiale nei confronti dell'ex convivente more uxorio, anche dopo la cessazione del rapporto, si ponga in linea coerente e conforme “alla valutazione corrente nella società” cfr. Cass. 19578/2016 citata , stante l'affermarsi di una concezione pluralistica della famiglia, e sia pertanto idoneo a configurarsi come obbligazione naturale, nella ricorrenza anche degli altri requisiti previsti dall'art.2034 c.c. spontaneità, adeguatezza e proporzionalità e avuto riguardo alla specificità del caso concreto.» La Cassazione ha, dunque, concluso che la Corte di merito aveva validamente deciso che il contributo dato dalla ex compagna al padre di suo figlio fosse stato da lei considerato un adempimento di un obbligo di tipo morale, stante l'importanza dell'uomo nella sua vita.

Presidente Giusti - Relatore Parise Il testo della pronuncia sarà disponibile a breve.