Inutilizzabili le intercettazioni compiute dopo il termine massimo di durata delle indagini preliminari

Esemplare pronuncia della Corte di Cassazione, che attribuisce al P.M. l’onere della prova della legittimità dell’intercettazione, in difetto della quale riconosce l’inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni eseguite dopo la scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari e sulle quali si basava la misura cautelare.

La fattispecie concreta La Corte di Cassazione ha pronunciato un'interessante sentenza Cass. penumero , numero 46604/2024 in tema di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di comunicazioni perché eseguite dopo la scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari. Si trattava di una fattispecie relativa al reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, di cui all'articolo 74 d.P.R. numero 309/1990, iscritto a carico dell'imputato il 26 agosto 2020, e quindi con durata massima delle indagini, comprese le proroghe, di due anni le intercettazioni delle conversazioni, sulle quali si basava la misura cautelare,  erano intervenute nel periodo agosto/dicembre 2021 ma non risultavano proroghe dell'iniziale termine e quindi le intercettazioni risultavano eseguite dopo la  scadenza delle indagini. Il tribunale del riesame aveva rigettato la questione, che era stata riproposta con ricorso in cassazione. Una inutilizzabilità di carattere speciale e assoluto Com'è noto, l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni è prevista, in via generale, dall'articolo 271 c.p.p. Invece l'inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari non è contemplata dalla disciplina generale dell'articolo 271 c.p.p., ma è ricavabile dallo specifico divieto di utilizzazione posto dall'articolo 407, comma 3, c.p.p. secondo cui «non possono essere utilizzati gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari stabilito dalla legge o prorogato dal giudice». In questo senso si può, perciò, parlare di una inutilizzabilità speciale, anche se riguarda tutti gli atti di indagine, e trova il suo fondamento sul difetto di potere investigativo del pubblico ministero. Si tratta, in particolare, di una inutilizzabilità assoluta, nel senso che impedisce di porre l'atto tardivo a fondamento di qualsiasi provvedimento e contro qualunque soggetto. Infatti, tale inutilizzabilità opera non soltanto ai fini della decisione dibattimentale, ma anche nelle fasi anteriori al dibattimento. Pertanto, gli atti di indagine compiuti oltre i termini non possono essere valutati dal giudice che provvede sulle richieste del pubblico ministero aventi ad oggetto, ad esempio, le misure cautelari. Un'inutilizzabilità rilevabile d'ufficio o deducibile dalle parti in ogni stato e grado del procedimento La sentenza riconosce che tale inutilizzabilità è rilevabile d'ufficio e può essere eccepibile ad istanza di parte in ogni stato e grado del procedimento, e, quindi, anche nella fase cautelare e, a fronte della motivata eccezione proposta dal difensore del ricorrente, il tribunale del riesame avrebbe dovuto esercitare il potere-dovere di verificare la legittimità delle intercettazioni per accertare se fossero intervenute entro il termine di legge ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, che fondavano la misura cautelare. L'onere della prova della legittimità dell'intercettazione incombe sul P.M. e poi sul giudice La pronuncia ne fa discendere la conseguenza che non è onere della parte che propone l'eccezione ma del P.M. trasmettere al G.I.P. e, successivamente, del Tribunale della libertà in sede di riesame o di appello, e, comunque, onere del tribunale acquisire i provvedimenti di iscrizione della notizia di reato e quelli di proroga, nonché quelli eventualmente adottati a carico del ricorrente nel procedimento che direttamente lo riguarda, tanto al fine di esercitare le funzioni di controllo demandate dalla legge. Nel caso di specie era infatti accaduto che né il P.M. aveva trasmesso i provvedimenti di iscrizione della notizia di reato e gli eventuali decreti di proroga della durata delle indagini, né il tribunale li aveva acquisiti. Osservazioni conclusive La pronuncia fa buon governo dei principi della prova e della sua inutilizzabilità e perciò merita un incondizionato plauso. Anche perché la giurisprudenza è, in generale, piuttosto rigorosa nell'ammettere l'inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni. Infatti, si è affermato che la previsione normativa di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di durata, ed in assenza di proroga, non trova applicazione nei procedimenti contro ignoti Cass., Sez. VI, 14.5.2014, numero 20064 . Si è precisato che la sanzione dell'inutilizzabilità per le acquisizioni tardive - le quali devono costituire oggetto di specifica deduzione e documentazione - riguarda solo gli atti di indagine del P.M. e non gli elementi di prova acquisibili indipendentemente da qualsivoglia impulso della pubblica accusa. Ne consegue che detta sanzione non riguarda l'incidente probatorio, il quale non è atto di indagine ma mezzo di acquisizione anticipata della prova, il cui espletamento non è correlato a termini perentori, trattandosi dell'assunzione anticipata di prove non rinviabili al dibattimento, indispensabili per l'accertamento dei fatti e preordinati a garantire l'effettività del diritto alla prova, altrimenti irrimediabilmente perduto Cass., Sez. V, 5.4.2013, numero 15844 . Si è chiarito che non rientrano, tra gli atti di indagine inutilizzabili se compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, quelli costituenti mera rielaborazione di attività precedentemente svolte, come ad esempio le note riassuntive o conclusive della polizia giudiziaria, e quelli meramente ricognitivi giacché finalizzati a documentare la permanenza ed attualità di situazioni già in precedenza compiutamente accertate Cass., Sez. III, 31.1.2012, numero 4089 . Si è ribadito che la sanzione di inutilizzabilità prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine previsto per le indagini preliminari non opera quando l'atto sia stato assunto nell'ambito di indagini diverse volte ad individuare i soggetti responsabili di altri reati, in quanto la sanzione è geneticamente connessa alle indagini endoprocessuali Cass., Sez. I, 28.5.2004, numero 24564 . Nello stesso senso si è affermato che gli atti di indagine assunti nell'ambito di un altro procedimento ed acquisiti ai sensi dell'articolo 238 c.p.p. sono utilizzabili, ai fini dell'emissione di una misura cautelare personale, anche se intervenuti dopo la scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari Cass., sez. I, 15.5.2003, numero 21367 . Va, pertanto, dato atto alla pronuncia in esame di aver correttamente interpretato sia la esplicita  lettera delle disposizioni sulla durata massima delle indagini preliminari, sia la loro ratio, ravvisabile nella perdita del potere investigativo del P.M. dopo la scadenza della durata massima delle indagini preliminari, attribuendo al P.M. l'onere della prova della legittimità dell'intercettazione e, in difetto di  questa prova, riconoscendo l'inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni eseguite dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari stabiliti dagli articolo 405, comma 2, 406 e 407 c.p.p.