Se l’abusante è il (sostituto del) medico di medicina generale

La condotta del medico che compie atti incidenti sulla sfera sessuale del paziente, dopo avergli consapevolmente fornito informazioni inesatte, reticenti o incomplete, così precludendo l’effettivo esercizio del diritto ad autodeterminarsi, integra gli estremi della violenza sessuale con abuso di autorità, in quanto strumentalizza la posizione di preminenza per costringere il soggetto passivo a subire tali atti.

Una donna si reca dal medico curante lamentando un gonfiore allo stomaco e trova il sostituto che dopo averle fatto alcune domande la fa sdraiare sul lettino e, sostenendo dovesse controllare se le ovaie fossero ingrossate, indossava i guanti e introduceva un dito nell'organo sessuale della paziente, muovendolo per alcuni secondi. Perplessa, la donna chiedeva informazioni ad altri medici che le confermavano trattarsi di un trattamento anomalo. Condannato per violenza sessuale aggravata dalla violazione dei doveri inerenti ad un pubblico servizio medico di medicina generale e concessa l'attenuante della minore gravità, l'imputato ricorreva in cassazione adducendo che vi era stato un errore sul consenso della vittima all'attività di esplorazione genitale. La Suprema Corte richiama la consolidata giurisprudenza sul tema. In particolare, ricorda che il consenso espresso da un paziente è vero e proprio presupposto di liceità dell'attività del medico che somministra il trattamento, non essendogli attribuibile un generale diritto di curare a prescindere dalla volontà dell'interessato. Vera e propria condizione di liceità, il consenso informato trova fondamento nell'autodeterminazione intesa come libertà di disporre del proprio corpo. Il consenso deve essere libero e consapevole, preceduto da informazioni complete, aggiornate e comprensibili relative a diagnosi, prognosi, benefici e rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, possibili alternative e conseguenze dell'eventuale rifiuto al trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi Corte cost. 14/2023 . Può ravvisarsi errore rilevante e scusabile nel medico che compia atti incidenti sulla sfera di libertà sessuale del paziente, in quanto l'agente si rappresenti di agire avendo ricevuto un valido consenso da parte del secondo, sulla premessa di aver fornito informazioni complete, aggiornate e comprensibili, tali da consentire al titolare un effettivo esercizio del diritto ad autodeterminarsi rispetto agli atti che si accinge a compiere. Non vi è errore scusabile, invece, se il medico abbia consapevolmente fornito al paziente informazioni inesatte o lacunose in ordine ai trattamenti e alle ragioni che rendono necessario o utile procedervi, così precludendo al titolare l'effettivo esercizio all'autodeterminazione. Nell'esercizio di attività diagnostica o terapeutica, il medico può lecitamente compiere atti incidenti sulla sfera della libertà sessuale di un paziente solo se abbia acquisito il suo consenso, esplicito e informato, o se sussistono i presupposti dello stato di necessità e deve, inoltre, immediatamente fermarsi in caso di dissenso. Nel caso in esame, il consenso non era stato prestato in modo valido e non vi era necessità o urgenza, in quanto l'esplorazione vaginale non era necessaria a fronte dei disturbi lamentati né eseguita in modo corretto. Per i giudici, pertanto, l'imputato aveva abusato della posizione di sanitario e dell'affidamento riposto dai pazienti, strumentalizzando la posizione di supremazia per eseguire attività sessuali non necessarie. Inoltre, l'imputato non aveva spiegato alla paziente il nesso tra il fastidio lamentato e l'ingrossamento delle ovaie né il tipo di manovra che si apprestava a compiere, limitandosi ad indossare i guanti e infilare il dito nella vagina in modo repentino e insidioso. In definitiva, l'imputato non versava in errore sul consenso, perché consapevolmente aveva omesso di fornire informazioni corrette e dunque aveva compiuto atti incidenti sulla sfera sessuale della vittima senza aver ottenuto un valido consenso. La consapevole reticenza, incompletezza e inesattezza delle informazioni fornite ha precluso alla vittima l'effettivo esercizio del diritto fondamentale ad autodeterminarsi.

Presidente Di Nicola - Relatore Corbo Il testo della pronuncia sarà disponibile a breve.