In tema di mezzi di prova, sono affetti da inutilizzabilità patologica, in considerazione della loro natura di corrispondenza, i messaggi WhatsApp acquisiti, in violazione dell'articolo 254 c.p.p., mediante screenshots eseguiti dalla polizia giudiziaria, di propria iniziativa e senza ragioni di urgenza, in assenza di un decreto di sequestro del pubblico ministero.
L'imputato, condannato per il delitto di cui all'articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, ha proposto ricorso in Cassazione eccependo l'inutilizzabilità degli screenshots del telefono cellulare relativi a conversazioni effettuate tramite WhatsApp, trattandosi di una prova acquisita contra legem e in violazione della segretezza della corrispondenza, giacché non era stato disposto il sequestro del dispositivo-contenitore e in assenza di una rituale estrazione del suo contenuto tramite copia forense, con la conseguenza che la riproduzione fotografica dei messaggi non consente di avere la certezza dell'identità del mittente, del destinatario e del contenuto stesso del messaggio. La Cassazione, pur annullando la sentenza limitatamente la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, ha ritenuto fondato tale motivo, muovendo dal presupposto che i messaggi inviati o ricevuti tramite WhatsApp non hanno natura di documenti, dovendo ricondursi al più ampio concetto di corrispondenza tutelata dall'articolo 15 Cost., non potendo essere acquisiti attraverso una mera riproduzione fotografica, ma la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall'articolo 254 c.p.p. per il sequestro della corrispondenza. La questione in esame è la seguente quali sono le modalità di acquisizione dei messaggi Whatsapp? La pronuncia in commento ha stabilito che i messaggi di posta elettronica, i messaggi WhatsApp, le e-mail e gli sms conservati nella memoria di un dispositivo elettronico costituiscono corrispondenza anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, per il decorso del tempo o per altra causa, essi non abbiano perso ogni carattere di attualità, in rapporto all'interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento «storico», sicché, fino a quel momento, la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall'articolo 254 c.p.p. per il sequestro della corrispondenza. I giudici di legittimità si muovono seguendo le coordinate individuate dalla Corte di Giustizia e dalla Corte costituzionale. Invero, la recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea causa C-548/21, Bezirkshauptmannschaft Landeck, in tema di accesso della polizia ai dati contenuti in un telefono cellulare, ha precisato che è necessaria l'autorizzazione da parte di un giudice e non sono utilizzabili gli screenshots della messaggistica, contenuta dal dispositivo elettronico, eseguiti dalla polizia giudiziaria. La Corte di giustizia ha precisato che l'accesso all'insieme dei dati contenuti in un telefono cellulare può costituire un'ingerenza grave, se non addirittura particolarmente grave, nei diritti fondamentali della persona interessata tali dati, che possono includere messaggi, foto e la cronologia di navigazione su Internet, possono, se del caso, consentire di trarre conclusioni molto precise riguardo alla vita privata delle persone, essendo taluni di essi particolarmente sensibili. Un simile insieme di dati permette di trarre precise conclusioni sulla vita privata delle persone i cui dati sono stati conservati, come le abitudini di vita quotidiana, i luoghi di soggiorno permanenti o temporanei, gli spostamenti giornalieri o di altro tipo, le attività esercitate, le relazioni sociali di tali persone e gli ambienti sociali da esse frequentati, precisando che per garantire il rispetto del principio di proporzionalità in ciascun caso concreto, il cui esame implica una ponderazione di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, tale accesso deve, inoltre, essere subordinato a una previa autorizzazione da parte di un giudice o di un'autorità indipendente, salvo in casi di urgenza debitamente comprovati. Ma come precisato, l'iter motivazionale seguito dalla pronuncia in commento si sviluppa secondo i principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 170/2023, a mente dei quali in tema di mezzi di prova, i messaggi di posta elettronica, i messaggi whatsapp e gli sms custoditi nella memoria di un dispositivo elettronico conservano natura giuridica di corrispondenza anche dopo la ricezione da parte del destinatario, sicché la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall'articolo 254 c.p.p. per il sequestro della corrispondenza, salvo che, per il decorso del tempo o altra causa, essi non perdano ogni carattere di attualità, in rapporto all'interesse alla riservatezza, trasformandosi in un mero documento «storico». In particolare, il giudice delle leggi, ha preliminarmente affrontato il tema della differenza tra il sequestro di corrispondenza e le intercettazioni di comunicazioni di conversazioni e, a tal fine, in assenza di una definizione di queste ultime contenuta nel codice di procedura penale, ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite penali numero 36747/2003, che ha chiarito che le intercettazioni consistono nella «apprensione occulta, in tempo reale, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione in corso tra due o più persone da parte di altri soggetti estranei al colloquio». Da tale premessa consegue che per aversi intercettazione debbono ricorrere due condizioni la prima delle quali è di ordine temporale, giacché la comunicazione deve essere in corso nel momento della sua captazione da parte dell'estraneo, ossia deve essere colta nel suo momento «dinamico», con la conseguente estraneità a tale nozione dell'attività di acquisizione del supporto fisico contenente la memoria di una comunicazione già avvenuta e, quindi, oramai quiescente nel suo momento «statico» la seconda condizione attiene alle modalità di esecuzione, l'apprensione del messaggio comunicativo da parte del terzo deve avvenire in maniera occulta, ossia all'insaputa dei soggetti, tra i quali intercorre la comunicazione. Nel caso dell'acquisizione dei messaggi custoditi nella memoria del dispositivo mancano entrambe tali condizioni, con la conseguenza che non può parlarsi di intercettazioni con riguardo alla loro acquisizione. Così escluso che l'acquisizione dei messaggi di che trattasi possa considerarsi un'intercettazione, la Corte Costituzionale ha poi rimarcato che essi rientrano senz'altro nell'amplissima nozione di corrispondenza, che abbraccia ogni comunicazione di pensiero umano idee, propositi, sentimenti, dati, notizie e che prescinde dalle caratteristiche del mezzo tecnico utilizzato ai fini della trasmissione del pensiero. Con l'ulteriore precisazione che la garanzia di cui all'articolo 15 Cost. – che assicura a tutti i consociati la libertà e la segretezza della “della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”, consentendone la limitazione “soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria” – si estende “a ogni strumento che l'evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini educativi, compresi quelli elettronici e informatici”. Il Giudice delle leggi par. 4.2 del Considerato in diritto si è così espresso «in linea generale, che lo scambio di messaggi elettronici – e-mail, sms, WhatsApp e simili – rappresenti, di per sé, una forma di corrispondenza agli effetti degli articolo 15 e 68, comma 3, Cost. non può essere revocato in dubbio. Posto che quello di “corrispondenza” è concetto ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano idee, propositi, sentimenti, dati, notizie tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza, questa Corte ha ripetutamente affermato che la tutela accordata dall'articolo 15 Cost. – che assicura a tutti i consociati la libertà e la segretezza “della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”, consentendone la limitazione “soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge” prescinde dalle caratteristiche del mezzo tecnico utilizzato ai fini della trasmissione del pensiero, “aprendo così il testo costituzionale alla possibile emersione di nuovi mezzi e forme della comunicazione riservata” sentenza numero 2/ 2023 . La garanzia si estende, quindi, ad ogni strumento che l'evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e informatici, ignoti al momento del varo della Carta costituzionale sentenza numero 20 del 2017 già in precedenza, con riguardo agli apparecchi ricetrasmittenti di debole potenza, sentenza numero 1030 del 1988 sulla libertà del titolare del diritto di scegliere liberamente il mezzo con cui corrispondere, sentenza numero 81 del 1993 ». Da qui la certa riconducibilità alla nozione di corrispondenza della posta elettronica, dei messaggi WhatsApp e più in generale della messaggistica istantanea, che – quindi – rientrano nella sfera di protezione dell'articolo 15 Cost., «apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi». La Corte ha sottolineato ulteriormente che «soccorre, peraltro, nella direzione considerata anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la quale non ha avuto incertezze nel ricondurre sotto il cono di protezione dell'articolo 8 CEDU – ove pure si fa riferimento alla “corrispondenza” tout court – i messaggi di posta elettronica Corte EDU, grande camera, sentenza 5 settembre 2017, Barbulescu contro Romania, paragrafo 72 Corte EDU, sezione quarta, sentenza 3 aprile 2007, Copland contro Regno Unito, paragrafo 41 , gli SMS Corte EDU, sezione quinta, sentenza 17 dicembre 2020, Saber contro Norvegia, paragrafo 48 e la messaggistica istantanea inviata e ricevuta tramite Internet Corte EDU, Grande Camera, sentenza Barbulescu, paragrafo 74 ». Così escluso che l'acquisizione dei messaggi possa rientrare nella nozione di intercettazione e una volta riconosciuto in via generale che essi rientrano nella nozione di corrispondenza, la Corte Costituzionale evidenzia che l'interrogativo principale da risolvere è quello di stabilire se i messaggi di posta elettronica, i messaggi WhatsApp e la messaggistica istantanea in generale mantengano la natura di corrispondenza anche quando siano stati ricevuti e letti dal destinatario e ormai conservati e giacenti nella memoria dei dispositivi elettronici dello stesso destinatario o del mittente. A tale proposito la Corte costituzionale ha evidenziato che su tale tema si fronteggiano due opposte soluzioni. Secondo la prima, la corrispondenza già ricevuta e letta dal destinatario non è più un mezzo di comunicazione, perde la natura di corrispondenza e diventa un semplice documento. Tale concezione assume che la nozione di corrispondenza coincide con l'atto di «corrispondere», che si esaurisce nel momento in cui il destinatario prende cognizione della comunicazione. Concezione, questa, che trova eco in un orientamento consolidato della Corte di Cassazione, che ha definito i confini applicativi della fattispecie del sequestro di corrispondenza delineata dall'articolo 254 c.p.p. ciò, sia con riguardo alla corrispondenza epistolare Cass. penumero , numero 24919/2014 Cass. penumero , sez. unumero , numero 28997/2012 , sia in relazione ai messaggi elettronici. Con tale orientamento, invero, la Corte di Cassazione ha affermato che i messaggi di posta elettronica, SMS e WhatsApp, già ricevuti e memorizzati nel computer o nel telefono cellulare del mittente o del destinatario, hanno natura di «documenti» ai sensi dell'articolo 234 c.p.p. La loro acquisizione processuale, pertanto, non soggiace né alla disciplina delle intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche articolo 266-bis c.p.p. , né a quella del sequestro di corrispondenza di cui al citato articolo 254 c.p.p., la quale implica una attività di spedizione in corso in quest'ultimo senso, con riguardo alle singole categorie di messaggi che di volta in volta venivano in rilievo, Cass. penumero numero 39529/2022 Cass. penumero numero 22417/2022 . Secondo altro formante, al contrario, la natura di corrispondenza non si esaurisce con la mera ricezione del messaggio e la presa di cognizione del suo contenuto da parte del destinatario, ma permane finché la comunicazione conservi carattere di attualità e di interesse per i corrispondenti, venendo meno solo quando il decorso del tempo o altra causa abbia trasformato il messaggio in documento “storico”, cui può attribuirsi un valore retrospettivo, affettivo, collezionistico, artistico, scientifico o probatorio. La Corte costituzionale ha fatto propria la seconda soluzione, in quanto la degradazione della comunicazione a mero documento quando non più in itinere restringerebbe l'ambito della tutela costituzionale apprestata dall'articolo 15 Cost. alle sole ipotesi – sempre più rare – di corrispondenza cartacea tutela che sarebbe del tutto assente in relazione alle comunicazioni operate tramite posta elettronica e altri servizi di messaggistica istantanea, in cui all'invio segue la ricezione con caratteri di sostanziale immediatezza. In tal senso osserva ulteriormente che la Corte europea dei diritti dell'uomo non ha avuto, d'altro canto, esitazioni nel ricondurre nell'alveo della «corrispondenza» tutelata dall'articolo 8 CEDU anche i messaggi informatico-telematici nella loro dimensione «statica», ossia già avvenuti. FONTE IUS/Penale ilPenalista
Presidente De Amicis - Relatore Tripiccione Ritenuto in fatto 1. Di.Fr. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che, in parziale riforma della sentenza di condanna, emessa all'esito di giudizio abbreviato condizionato, per il reato di cui all'articolo 73, comma 5, D.P.R. numero 309 del 1990, ha concesso le circostanze attenuanti generiche e ridotto la pena inflitta ad anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 1.400 di multa. Deduce quattro motivi di ricorso, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione. 1.1. Con il primo motivo deduce vizi di violazione di legge articolo 191,234,266 e 354 cpp e della motivazione in relazione alla mancata declaratoria di inutilizzabilità degli screenshot del telefono cellulare dell'imputato relativi a conversazioni effettuate tramite WhatsApp, trattandosi di una prova acquisita contra legem e in violazione della segretezza della corrispondenza. Assume il ricorrente che, non essendo stato disposto il sequestro del dispositivo-contenitore e in assenza di una rituale estrazione del suo contenuto tramite copia forense, la riproduzione fotografica dei messaggi non consente di avere la certezza dell'identità del mittente, del destinatario e del contenuto stesso del messaggio. 1.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di violazione di legge e della motivazione in ordine al giudizio di colpevolezza, in quanto fondato su indizi privi di precisione e su una motivazione illogica e contraddittoria. Si sostiene che non vi è prova della riferibilità al ricorrente della sostanza stupefacente rinvenuta sul cornicione, trattandosi di un luogo posto sulla pubblica via e non di pertinenza esclusiva dell'imputato. La motivazione della sentenza impugnata è, inoltre, contraddittoria, nella parte in cui riferisce la disponibilità della sostanza al ricorrente, ma dà atto che la zona ove si sono svolti i fatti era una piazza di spaccio, ed è manifestamente illogica, là dove reputa irrilevante l'esito negativo della perquisizione personale del ricorrente. La Corte ha, inoltre, errato nel ritenere provato il passaggio del denaro nonostante la distanza a cui si trovavano gli operanti e le dichiarazioni del teste Sa., alla cui audizione è stata subordinata la richiesta di giudizio abbreviato, che ha ammesso di essere lui la persona che si trovava con il ricorrente, negando di avergli consegnato del denaro. Tale testimonianza è stata inopinatamente reputata non rilevante dalla Corte territoriale sulla base della sola circostanza risultante dal verbale di arresto, in cui si descrive la persona che avrebbe acquistato la sostanza stupefacente dal ricorrente come un ragazzo , mentre il teste è un ultracinquantenne. La sentenza impugnata ha, infine, omesso di considerare che nel corso della perquisizione domiciliare non sono stati rinvenuti né sostanza stupefacente né quaderni o appunti riconducibili ad un'attività di spaccio. 1.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di violazione di legge e della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell'articolo 131-bis cod. penumero , stante la tenuità del fatto, in ragione dell'esiguo quantitativo della sostanza stupefacente ritenuta nella disponibilità dell'imputato, e la occasionalità della condotta, essendo l'imputato incensurato. 1.4. Con il quarto motivo si deducono vizi di violazione di legge e della motivazione in relazione al mancato contenimento della pena nel minimo edittale, alla erronea riduzione della pena per le circostanze attenuanti generiche e alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Sostiene il ricorrente che la motivazione sulla pena è illogica nella parte in cui, pur concedendo le circostanze attenuanti generiche in ragione della giovane età, dell'incensuratezza e del comportamento dell'imputato che ha condotto gli operanti presso l'abitazione ove furono rinvenuti bilancino e materiale per il confezionamento, non considera tali elementi anche per la quantificazione della misura della riduzione della pena nella massima estensione. Nel corpo del motivo si afferma, inoltre, che la Corte territoriale ha apoditticamente negato il beneficio della sospensione condizionale della pena nonostante l'incensuratezza dell'imputato, valorizzando esclusivamente la sua mancanza di resipiscenza. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte. 1.1. Come rilevato anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, la Corte territoriale ha illegittimamente rigettato l'eccezione di inutilizzabilità, muovendo dall'erroneo presupposto che i messaggi inviati o ricevuti tramite WhatsApp hanno natura di documenti e possono, pertanto, essere acquisiti attraverso una mera riproduzione fotografica. Tale impostazione ermeneutica, seppure coerente con un indirizzo della giurisprudenza di legittimità cfr. da ultimo, Sez. 6, numero 22417 del 16/03/2022, Sgromo, Rv. 283319 , è stata definitivamente superata da questa Corte a seguito della sentenza della Corte costituzionale numero 170 del 2023 in cui il Giudice delle Leggi, pur pronunciandosi nell'ambito di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ha chiarito che lo scambio di messaggi elettronici - e-mail, SMS, WhatsApp e simili - rappresenta, di per sé, una forma di corrispondenza , e ciò anche nel caso in cui si tratti di messaggi già ricevuti e letti dal destinatario, con l'unica eccezione che, in ragione del tempo trascorso, il messaggio non abbia perso ogni carattere di attualità, in rapporto all'interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento storico . Tale attualizzazione della nozione di corrispondenza rispetto ai nuovi mezzi di comunicazione ha comportato l'estensione anche ai messaggi elettronici della sfera di tutela prevista dall'articolo 15 Cost., che assicura a tutti i consociati la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione , consentendone la limitazione soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge . Facendo tesoro delle chiare indicazioni della Corte costituzionale, questa Corte ha abbandonato l'orientamento sopra citato, condiviso dalla sentenza impugnata, ed ha affermato che i messaggi di posta elettronica, i messaggi WhatsApp e gli SMS conservati nella memoria di un dispositivo elettronico costituiscono corrispondenza anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, per il decorso del tempo o per altra causa, essi non abbiano perso ogni carattere di attualità, in rapporto all'interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento storico , sicché, fino a quel momento, la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall'articolo 254 cod. proc. penumero per il sequestro della corrispondenza Sez. 2, numero 25549 del 15/05/2024, Tundo, Rv. 286467 . Ne consegue, pertanto, che la sua acquisizione agli atti del procedimento penale deve necessariamente avvenire sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, ovvero, quanto al sequestro in questione, con decreto motivato del pubblico ministero. Tale conclusione è stata condivisa anche dalle Sezioni Unite, che, risolvendo un contrasto in tema di ordine Europeo di indagine non rilevante nel caso in esame, oltre ad abbracciare le indicazioni della Corte costituzionale sulla nozione di corrispondenza, hanno chiarito che la tutela prevista dall'articolo 15 Cost. non richiede che per la limitazione della libertà e segretezza della corrispondenza e, dunque, per la sua acquisizione ad un procedimento penale, sia necessario un provvedimento del giudice Sez. U, numero 23756 del 29/02/2024, Giorgi, in motivazione, par. 14.2 Sez. U, numero 23755 del 29/02/2024, Gjuzi, in motivazione, par. 11.2 . Ciò in quanto, come emerge anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia cfr. Corte di Giustizia, 08/12/2020, Staatsanwaltschaft Wien, C-584/19 , il sintagma autorità giudiziaria indica una categoria in cui sono compresi sia il giudice che il pubblico ministero. Tale conclusione, proseguono ancora le Sezioni Unite, trova conferma nel codice di rito e, in particolare, nell'articolo 254 cod. proc. penumero in cui si prevede che il sequestro di corrispondenza è disposto dalla autorità giudiziaria senza alcun riferimento alla necessità dell'intervento del giudice, richiesto, invece, ai fini del sequestro negli uffici dei difensori dall'articolo 103, comma 4, cod. proc. penumero Ad ulteriore conferma delle conclusioni qui sostenute, va, inoltre, aggiunto che la Corte di giustizia, pronunciandosi in un caso analogo a quello in esame, con sentenza depositata nelle more della stesura della presente motivazione si tratta della sentenza emessa nella causa C-548/21, Bezirkshauptmannschaft Landeck , ha affermato che l'accesso ai dati personali conservati in un telefono cellulare può costituire un'ingerenza grave, o addirittura particolarmente grave, nei diritti fondamentali dell'interessato, e, pertanto, deve essere subordinato - salvo in casi di urgenza debitamente comprovati - a una previa autorizzazione da parte di un giudice o di un'autorità indipendente, volto a garantire un giusto equilibrio tra i legittimi interessi connessi alle esigenze dell'indagine nell'ambito della lotta alla criminalità e i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali. 1.2. Applicando tali coordinate ermeneutiche nel caso in esame, merita, dunque, accoglimento l'eccezione di inutilizzabilità dedotta dal ricorrente con il motivo in esame e ciò in considerazione dell'assorbente rilievo che, stante la natura di corrispondenza dei messaggi rinvenuti nell'applicazione WhatsApp, la loro acquisizione al presente procedimento è avvenuta in violazione degli articolo 15 Cost. e 254 cod. proc. penumero , essendosi la polizia giudiziaria limitata ad effettuare, di propria iniziativa e in assenza di ragioni di urgenza, delle fotografie dei messaggi senza, tuttavia, alcun provvedimento del Pubblico ministero che ne disponesse il sequestro, autorizzando l'esecuzione di una copia forense del contenuto memorizzato nel telefono cellulare del ricorrente con tutte le dovute garanzie anche in termini di integrità delle comunicazioni acquisite. Va, peraltro, chiarito che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza di primo grado, si tratta di una inutilizzabilità patologica della prova, conseguente alla lesione del diritto alla segretezza delle comunicazioni costituzionalmente tutelato ne consegue che, in tal caso, non opera la sanatoria prevista dall'articolo 438, comma 6-bis, cod. proc. penumero in conseguenza della scelta del rito abbreviato cfr., con riferimento alla acquisizione dei tabulati acquisiti in assenza del decreto di autorizzazione dell'Autorità giudiziaria, in violazione dell'articolo 132, comma 3, D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, Sez. 6, numero 15836 del 11/01/2023, Berera, Rv. 284590 . 1.3. Quanto alle conseguenze di quanto sopra esposto, anticipando quello che si dirà di seguito nell'esame degli altri motivi di ricorso, l'accoglimento dell'eccezione di inutilizzabilità ha una limitata ricaduta esclusivamente sul punto della decisione relativa al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre non ha alcuna incidenza sulla tenuta della motivazione relativa agli altri punti oggetto di ricorso, rispetto ai quali la Corte territoriale è pervenuta alla conferma delle conclusioni cui era pervenuto il primo Giudice sulla base di elementi differenti da quelli emergenti dai messaggi illegittimamente acquisiti. 2. Il secondo motivo di ricorso è infondato. La Corte territoriale, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha confermato il giudizio di responsabilità dell'imputato sulla base delle risultanze dei verbali di arresto, di perquisizione e sequestro, dai quali emerge che l'imputato è stato visto cedere per 20 Euro ad un ragazzo una dose di sostanza, prelevata dal cornicione di un immobile attraverso l'impiego di una scopa proprio su tale cornicione gli operanti hanno rinvenuto 34,8 gr. di hashish pari a 433 dosi e 11 gr. di cocaina, suddivisa in 45 involucri presso l'abitazione del ricorrente sono stati, inoltre, rivenuti strumenti di pesatura e di confezionamento della sostanza. In particolare, la Corte territoriale, sulla base di una motivazione non manifestamente illogica, ha escluso che la sostanza rinvenuta sul cornicione potesse ritenersi nella disponibilità di terzi, valorizzando le modalità di occultamento, la circostanza, risultante dal verbale di arresto, della presenza sul posto esclusivamente del ricorrente e il riscontro emerso dalla perquisizione domiciliare. L'ulteriore censura relativa all'identità della persona cui il ricorrente ha ceduto la sostanza non evidenzia alcun vizio di legittimità della motivazione, ma si limita ad esprimere un dissenso rispetto alle argomentazioni della Corte territoriale che, senza incorrere in alcun vizio logico, ha escluso che tale persona potesse essere il teste escusso nel corso del giudizio abbreviato e ciò in ragione della discordanza tra l'età anagrafica di tale persona e la descrizione dell'acquirente contenuta nel verbale di arresto in cui si faceva riferimento ad un ragazzo . 3. Anche il terzo motivo è infondato. La sentenza impugnata, infatti, con motivazione non manifestamente illogica, ha escluso la tenuità del fatto, ponendo l'accento sulle modalità professionali della condotta criminosa, sulle circostanze direttamente constatate dagli operanti nonché sulla qualità e quantità di sostanza stupefacente sequestrata. Come anticipato, anche tale valutazione risulta fondata sugli elementi fattuali emergenti dai verbali di arresto e di sequestro e non sul contenuto dei messaggi illegittimamente acquisiti dagli operanti, cosicché anche tale punto della decisione rimane indenne dalle conseguenze dell'accoglimento del primo motivo di ricorso. 4. Il quarto motivo è parzialmente fondato. Innanzitutto, è infondata la censura relativa alla omessa riduzione della pena nella massima estensione in conseguenza della concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale, infatti, anche in tal caso senza alcuna considerazione dei messaggi acquisiti, con motivazione non manifestamente illogica, ha posto a fondamento della minore misura della riduzione di pena il bilanciamento tra gli elementi favorevoli all'imputato già valutati ai fini della concessione delle attenuanti generiche giovane età e l'aver indicato agli operanti il luogo ove sono stati rinvenuti il bilancino e il materiale per il confezionamento , l'assenza di qualunque forma di resipiscenza e la gravità del fatto valutata ai fini della quantificazione della pena base . 4.1. Come già anticipato, va, invece, accolta la doglianza relativa al diniego della sospensione condizionale della pena in quanto la Corte territoriale ha posto a fondamento della prognosi negativa anche il contenuto dei messaggi illegittimamente acquisiti dalla polizia giudiziaria. Si rende, pertanto, necessario un annullamento della sentenza limitatamente a tale punto, per un nuovo giudizio che tenga conto della inutilizzabilità patologica di tali messaggi. 5. Alla luce di quanto sopra esposto, va, dunque, disposto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto relativo al diniego della sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio su detto punto ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Il ricorso va, invece, rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.