Buoni pasto per i lavoratori: un diritto di natura assistenziale riconosciuto dalla contrattazione collettiva

Il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce un'erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore proprio per la suindicata natura, il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono.

Le condizioni per l'erogazione dei buoni pasto Con ricorso depositato avanti al Tribunale di Roma alcuni lavoratori, premettendo di aver fornito la prestazione tipica su turni per quattro giorni su sei alla settimana, deducevano di non aver mai percepito i buoni pasto. Secondo i ricorrenti, l'articolazione oraria osservata in forza della quale i dipendenti prestavano servizio su turni di sei ore e mezzo per quattro giorni alla settimana era tale da comportare il diritto al buono pasto veniva perciò richiesta la condanna del datore di lavoro al pagamento di una somma di denaro pari al valore nominale dei buoni mai erogati a partire dall'anno 2019.   L'articolazione dell'orario di lavoro e le modalità di fruizione del servizio di mensa La parte datoriale si difendeva deducendo di aver attivato il servizio di mensa per mezzo di convenzioni con vari esercizi commerciali, nel rispetto del contratto collettivo applicato ai rapporti di lavoro. Il datore inoltre contestava la turnazione indicata in sede di ricorso ed il valore nominale attribuito dalla controparte ai buoni pasto asseritamente non corrisposti. Il Tribunale di Roma era dunque chiamato a decidere se l'articolazione oraria della prestazione lavorativa eccedente le sei ore giornaliere fosse di per sé argomento sufficiente per fondare il diritto all'erogazione del buono pasto.   Il ruolo del CCNL ai fini del riconoscimento del diritto al buono pasto Il Giudice del lavoro constata, innanzitutto, che la consistenza dei turni lavorativi non era stata provata dai ricorrenti. A fronte della puntuale contestazione della datrice di lavoro, i lavoratori non avevano prodotto alcun documento a sostegno della propria allegazione, né avevano formulato istanze istruttorie sul punto. Già a fronte di ciò, nota il Tribunale, la domanda avrebbe dovuto essere rigettata. La sentenza in commento preferisce comunque soffermarsi sui presupposti del diritto all'erogazione dei buoni pasto, richiamandosi in proposito alla giurisprudenza più affermata. Nel dettaglio, il Tribunale si riporta alla recente ordinanza della Corte di Cassazione numero 21440/2024, secondo cui «il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore proprio per la suindicata natura il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono». La fonte del diritto in questione – chiosa il Giudice del lavoro – va dunque individuata nelle previsioni del contratto collettivo da applicare al rapporto. Nel caso di specie la parte ricorrente non era riuscita a individuare alcuna norma collettiva che statuisse la ricorrenza del diritto in esame, nonostante un mero richiamo all'articolo 29 del CCNL 20 settembre 2001 cui però non era seguita una più puntuale descrizione del contratto evocato né tanto meno la produzione del testo contrattuale. Al contrario, la parte resistente aveva prodotto il contratto collettivo applicato ai rapporti di lavoro dedotti in giudizio si trattava del CCNL Servizi Ambientali del 10 luglio 2016 e gli accordi nazionali del 2021 e del 2022. L'attenzione del Giudicante si concentrava dunque sull'articolo 32, lett. H, del citato contratto, a mente del quale «Nelle Aziende in cui non opera il servizio di mensa interna, saranno individuate adeguate soluzioni alternative, ivi comprese convenzioni con attività di ristoro esterne, previo esame congiunto con i soggetti sindacali competenti individuati nell'articolo 1 del presente CCNL. L'irrealizzabilità del servizio mensa non può determinare la corresponsione di indennità sostitutive». Per il Tribunale, la lettera della norma collettiva è tale da escludere l'attribuzione di un diritto al buono pasto, prevedendo invece l'istituzione di un servizio mensa interno all'impresa oppure eseguito con modalità alternative nella specie, la parte datoriale aveva proprio dimostrato di aver istituito convenzioni con altri esercizi per garantire la fruizione dei pasti. La pronunzia in commento si sofferma poi sulla tesi dei lavoratori secondo cui il diritto al buono pasto si fonderebbe sull'articolo 8 del d.lgs.99/2003 questa argomentazione non è condivisa, dal momento che la norma testé richiamata regola il diverso tema del diritto alla pausa. Allo stesso modo il Giudice del Lavoro non accoglie il rinvio dei ricorrenti alla giurisprudenza pronunciatasi in materia di «diritto al pasto» dei dipendenti delle aziende sanitarie. Il parallelo non è ritenuto convincente, dal momento che tali sentenze intervenivano nel contesto di rapporti lavorativi regolati da una contrattualistica collettiva ben diversa, soffermandosi in particolare sul punto della «particolare articolazione dell'orario» che a mente dell'articolo 29, comma 2, del CCNL integrativo Santità attribuisce il diritto alla mensa ai dipendenti presenti in servizio. Sulla scorta di quanto precede il Tribunale di Roma rigetta la domanda di accertamento al diritto del buono pasto. Viene anche rigettata la domanda di condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'illegittimo comportamento datoriale, anche alla luce della mancanza di allegazioni e prova del danno patito sia sotto il profilo dell'an che del quantum.   FONTE IUS/ Lavoro ilGiuslavorista

Il testo della pronuncia sarà disponibile a breve.