Foto hot di ragazzine pubblicate su Instagram: legittimo parlare di pornografia minorile

Nessun dubbio sulla responsabilità dell’uomo che gestiva uno specifico profilo sul social network e che si era presentato a diverse ragazzine come minorenni, convincendo queste ultime a inviargli loro foto erotiche.

A finire sotto processo è un uomo. A metterlo nei guai è la gestione di una pagina su Instagram, caratterizzata dalla pubblicazione di immagini sensuali ed erotiche di belle ragazze, alcune però minorenni, da lui contattate presentandosi falsamente come anch’egli minorenne. Inevitabile, quindi, per l’uomo, lo strascico giudiziario, che lo vede condannato, sia in Tribunale che in appello, per adescamento di minorenni, pornografia minorile, detenzione di materiale pedopornografico e, infine, sostituzione di persona. Per quanto concerne la pena, essa viene fissata in venti mesi di reclusione. Col ricorso in Cassazione, però, la difesa prova a ridimensionare i fatti, o, almeno, a darne una differente chiave di lettura. In prima battuta, con riferimento al delitto di adescamento, il legale sostiene non sia stato provato il dolo specifico nella condotta tenuta dal suo cliente, e aggiunge poi che «sui profili Instagram non è possibile pubblicare materiale pedopornografico, trattandosi, al più, di fotografie riproducenti figure femminili», nel caso specifico, e «il più delle volte con indumenti intimi o in costume da bagno». Di conseguenza, sempre secondo il legale, è illogico anche ipotizzare il delitto di pornografia minorile, posto che «non è mai avvenuta, sui profili Instagram, la pubblicazione di materiale pedopornografico, attesi anche la policy e gli algoritmi di tale social network». Per i magistrati di Cassazione, però, le obiezioni difensive sono assolutamente fragili, e quindi va confermata in via definitiva la condanna dell’uomo sotto processo. Comunque, i giudici tengono a precisare che «la Corte di Appello non ha affatto affermato che, in relazione al delitto di adescamento di minorenni, non sia necessario accertare il dolo specifico, avendo, invece, correttamente affermato che esso consiste non nell’intento di soddisfare il proprio istinto sessuale, bensì – ove consistente, come nella specie, nello scopo di commettere il delitto di detenzione di materiale pedopornografico – nella volontà di procurarsi, secondo le modalità previste dalla norma incriminatrice, «materiale riproducente momenti della sfera intima della persona offesa minorenne «al fine di poterne farne uso», come in effetti accertato in questa vicenda. Tale conclusione è aderente, precisano i giudici di Cassazione, con il principio secondo cui «in tema di adescamento di minorenni, la sussistenza del dolo specifico, ove consistente nello scopo di commettere il reato di detenzione di materiale pedopornografico, deve essere necessariamente desunta facendo ricorso a parametri oggettivi, dai quali possa inferirsi il movente sessuale della condotta». Per quanto concerne, poi, il delitto di pornografia minorile, a inchiodare l’uomo è «l’avvenuta pubblicazione, sul profilo Instagram da lui gestito, di immagini a contenuto intimo-sessuale che egli si era procurato mediante la realizzazione del delitto di adescamento di minorenni». Per chiudere il cerchio, infine, viene ritenuta evidente la sostituzione di persona compiuta dall’uomo, il quale «aveva attribuito a sé una falsa identità, quale soggetto minorenne» e ciò, ovviamente, per «la realizzazione del delitto di adescamento» di ragazzine minorenni.

Presidente Galterio – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di appello di Bologna ha confermato la decisione resa dal G.u.p. del Tribunale di Bologna all'esito del giudizio abbreviato e appellata dall'imputato, la quale aveva condannato D.D.M. alla pena di un anno e otto mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, perché ritenuto responsabile dei delitti di cui agli articolo 81 cpv., 609-undecies cod. penumero capo A , 81 cpv., 600-ter, comma 3, cod. penumero capo B , 61 numero 2, 81 cpv., 494 cod. penumero capo C e 600-quater, comma 2, cod. penumero capo D . 2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, che denuncia 2.1. il vizio di motivazione con riferimento alle contestazioni di cui ai capi A - in parte - e B , riferibili al profilo OMISSIS . profilo che non è mai stato utilizzato dall'imputato, come egli ha chiarito nel proprio memoriale, in atti sul punto, la motivazione sarebbe illogica e frutto di travisamento 2.2. il vizio di motivazione e l'inosservanza della legge penale con riferimento al delitto di adescamento, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto non necessario il dolo specifico, che, invece, caratterizza la fattispecie in esame aggiunge il difensore che sui profili OMISSIS non è possibile pubblicare materiale pedopornografico, trattandosi, al più, di fotografie riproducenti figure femminili il più delle volte con indumenti intimi o in costume da bagno 2.3. l'inosservanza della legge penale con riferimento al delitto di pornografia minorile, posto che non è mai avvenuta, sui profili OMISSIS , la pubblicazione di materiale pedopornografico, attesi anche la policy e gli algoritmi di tale social network 2.4. l'inosservanza della legge penale con riferimento all'aggravante di cui all'articolo 61 numero 2 cod. penumero contestata al capo C , difettando ab origine l'esistenza di qualsivoglia reato scopo asseritamente perseguito dall'imputato 2.5. il vizio di motivazione e l'inosservanza della legge penale con riferimento all'aggravante dell'ingente quantità, ritenuta, con riferimento al delitto di detenzione di materiale pedopornografico, solamente sulla base del dato numerico, senza accertare la sua strumentalità con l'incremento del mercato illecito. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché reitera censure per lo più di contenuto fattuale e generiche, non confrontandosi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, la quale ha rigettato le medesime doglianze con una motivazione immune da errori di diritto e da vizi logici. 2. Quanto alle condotte illecite realizzate impiegando il profilo OMISSIS oggetto di contestazione da parte del primo motivo, la Corte di merito ha ribadito che l'imputato, nel memoriale a sua firma, ha ammesso tutti i fatti a lui ascritti, senza circoscrivere la sua responsabilità a questo o a quel profilo OMISSIS . A fronte di tale motivazione, il ricorrente avrebbe dovuto produrre l'intero memoriale per consentire a questa Corte di verificare l'asserito travisamento del contenuto delle dichiarazioni rese dell'imputato, ciò che non è avvenuto al proposito, va ribadito il principio, costantemente predicato e qui da confermare, secondo cui sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione Sez. 2, numero 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071 Sez. 3, numero 19957 del 21/09/2016, dep. 2017, Saccomanno, Rv. 269801 Sez. 4, numero 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053 . 3. Con riferimento al secondo motivo, si osserva che la Corte di appello non ha affatto affermato che, in relazione al delitto di adescamento di minorenni, non sia necessario accertare il dolo specifico, avendo, invece, correttamente affermato che esso consiste non nell'intento di soddisfare il proprio istinto sessuale, bensì - ove consistente, come nella specie, nello scopo di commettere il delitto di cui all'articolo 600-quater cod. penumero - nella volontà di procurarsi, secondo le modalità previste dalla norma incriminatrice, materiale riproducente momenti della sfera intima della persona offesa al fine di poterne farne uso, come accertato nel caso in esame. Si tratta di una conclusione aderente con il principio secondo cui, in tema di adescamento di minorenni, la sussistenza del dolo specifico, ove consistente nello scopo di commettere il reato di detenzione di materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater cod. penumero , deve essere necessariamente desunta facendo ricorso a parametri oggettivi, dai quali possa inferirsi il movente sessuale della condotta Sez. 3, numero 26266 del 26/05/2022, B., Rv. 283345 , come appurato nella vicenda qui al vaglio dai giudici di merito con valutazione pienamente convergente. 4. Con riguardo al delitto di pornografia minorile, contestato al capo B , oggetto di contestazione da parte del terzo motivo, anche a prescindere dal contenuto pienamente confessorio del memoriale, la Corte di merito ha dato atto che, dalla documentazione agli atti, risulta provata l'avvenuta pubblicazione sul sito OMISSIS gestito dall'imputato delle immagini a contenuto intimo-sessuale che si era procurato mediante la realizzazione del delitto di cui al capo A . A fronte di tale motivazione, il ricorrente si limita ad opporre contestazioni di fatto, essendosi limitato a negare che le fotografie, per un verso, avessero contenuto pedopornografico, e, per altro verso, che fossero state pubblicate sui profili OMISSIS , liberamente accessibili, di cui aveva la disponibilità. 5. Allo stesso modo, le restanti censure sono inammissibili perché assertive e di contenuto fattuale. La Corte di merito, invero, da un lato, ha evidenziato che la sussistenza del nesso teleologico, contestata al capo C , risulta pienamente integrata proprio perché l'attribuzione a sé di una falsa identità, quale soggetto minorenne, era chiaramente finalizzata alla realizzazione del delitto di adescamento dall'altro, ha correttamente ribadito la sussistenza dell'aggravante di cui al capo D sulla base della quantità smisurata cfr. p. 2 della sentenza impugnata di materiale pedopornografico contenuta nei 158 dvd sequestrati presso l'abitazione dell'Imputato, in ciò facendo corretta applicazione del principio, a cui il Collegio intende dare continuità, secondo cui la configurabilità della circostanza aggravante della ingente quantità nel delitto di detenzione di materiale pedopornografico impone al giudice di tener conto non solo del numero dei supporti informatici detenuti, dato di per sé indiziante, ma anche del numero di immagini, da considerare come obiettiva unità di misura, che ciascuno di essi contiene Sez. 3, numero 39543 del 27/06/2017, R., Rv. 271461 . 5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.