Per il Tribunale di Torino, una volta che vi sia simmetria tra gli elementi fattuali dell’istanza di mediazione e quelli indicati nella domanda giudiziale, non costituisce motivo di improcedibilità l’eventuale diversa qualificazione delle ragioni di diritto.
Il caso La questione nasce dall'impugnazione di una delibera condominiale, presentata da un condomino, al quale era stato imposto dall'assemblea condominiale di rimuovere delle sbarre che questi aveva fatto montare sulle sue finestre, per ragioni di sicurezza. Secondo la delibera assembleare, le suddette inferriate avrebbero pregiudicato il decoro del Condominio e mettevano in pericolo l'uso della cosa da parte degli altri condomini Le ragioni dell'impugnazione erano relative alla nullità o comunque all'annullabilità della delibera, in quanto né la violazione del decoro, né il motivo relativo all'uso comune della cosa sussistevano minimamente. Il Condominio si costituiva in giudizio, eccependo la regolarità della delibera, la nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza, nonché l'improcedibilità del giudizio per asimmetria tra la domanda di mediazione e quella giudiziale, con la conseguenza dell'ormai avvenuto decorso del termine di trenta giorni per l'impugnazione della delibera, e quindi la sua definitività. Naturalmente, parte attrice insisteva nelle proprie domande. La decisione del Tribunale di Torino La qualificazione dell'invalidità di una delibera assembleare in termini di nullità comporta la piena conoscenza dei fatti posti a fondamento della domanda e quindi non pregiudica la piena efficacia del procedimento di mediazione . Il Tribunale di Torino ha ribadito questo principio, peraltro già indicato anche dal Tribunale di Roma con la sentenza numero 9450 del 13 giugno 2023, rigettando l'eccezione del Condominio che asseriva esserci asimmetria tra la domanda di mediazione e quella giudiziale, in quanto le attrici avrebbero fatto valere unicamente la nullità della delibera nella procedura di mediazione, mentre soltanto nel giudizio ne hanno sostenuto invece e alternativamente, l'annullabilità. Secondo la sentenza in commento, infatti, l'eccezione del condominio è infondata in quanto la condizione di procedibilità è soddisfatta quando gli accadimenti narrati in fase di mediazione siano corrispondenti a quelli che saranno poi esposti in fase processuale . Infatti, pur non richiedendosi l'equivalente di un atto giudiziario sotto il profilo formale e delle indicazioni degli elementi di diritto , l'istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, includendo tutti e gli stessi elementi fattuali che saranno introdotti nel futuro giudizio, come è accaduto nel caso che ci occupa, senza però che vi debba essere simmetria nelle questioni giuridiche. Ciò che rende corrispondente la domanda introdotta in sede di mediazione, sono dunque gli elementi di fatto, e non la qualificazione giuridica dell'invalidità in termini di nullità o annullabilità. Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato come irrilevante il fatto che le attrici abbiano affermato in sede di mediazione la nullità della delibera , mentre nel procedimento giudiziario ne hanno sostenuto alternativamente anche l'annullabilità. Secondo la sentenza in commento, infatti, come detto, le questioni giuridiche che vanno a qualificare la domanda giudiziale non vanno ad influire sulla simmetria tra la domanda di mediazione e quella giudiziaria purché, come nel caso di esame detta simmetria sussista sui fatti posti a fondamento delle domande e non venga impedita la piena conoscenza degli stessi. Conseguentemente, entrando poi nel merito della questione, e valutando come la delibera impugnata violasse il diritto delle attrici all'uso della cosa comune, pienamente legittimo ai sensi dell'articolo 1102 c.c., l'ha annullata condannando alle spese il Condominio convenuto.
Giudice Ciccarelli Motivi della decisione omissis e omissis , rispettivamente nuda proprietaria e usufruttuaria dell'unità immobiliare sita al 1° piano dell'edificio di via Goito 43 in Grugliasco, impugnano la delibera assunta in data 21.10.2022 dall'assemblea del omissis convenuto, limitatamente al punto 2 dell'ordine del giorno. A fondamento dell'impugnazione allegano che a nel mese di giugno 2022 hanno installato inferriate alle finestre e alle porte-finestre che affacciano sui balconi del loro immobile b le inferriate sono state installate per la maggior sicurezza del proprio alloggio, anche in considerazione del fatto che la sig.ra omissis , che soffre di disturbi claustrofobici, ha la necessità di tenere sempre aperte le finestre di casa c le inferriate sono di modello e colore confacenti all'estetica dell'edificio condominiale d con la delibera impugnata il Condominio, a maggioranza, ha deliberato che le inferriate siano “rimosse” e “messe internamente”. Richiamano il diritto di ciascun condomino di servirsi della cosa comune ai sensi dell'articolo 1102 c.comma e sostengono che l'installazione delle grate è legittima, perché riconducibile a questa previsione. Concludono chiedendo che sia accertata “l'annullabilità, la nullità, l'illegittimità e comunque la giuridica inefficacia della delibera assembleare del 21/10/2022” omissis - eccepisce preliminarmente la nullità dell'atto di citazione “per assoluta indeterminatezza delle ragioni di diritto in virtù delle quali la delibera sarebbe nulla ovvero annullabile” - eccepisce, sempre in via preliminare, la “asimmetria” fra la domanda di mediazione in cui era stata dedotta soltanto la nullità della delibera e quella giudiziale in cui si chiede una alternativa pronuncia di annullabilità evidenzia altresì che nella domanda giudiziale sono stati dedotti anche fatti nuovi i disturbi claustrofobici della sig.ra omissis - deduce che le attrici non allegano alcuna ragione di invalidità della delibera, limitandosi a richiamare il proprio diritto di utilizzo del bene comune ai sensi dell'articolo 1102 c.c. - evidenzia che il regolamento condominiale articolo 5 e 13 vieta le opere e le innovazioni che alterino l'aspetto estetico dell'edificio e sostiene che la presenza di inferriate alle sole finestre e porte-finestre dell'alloggio delle attrici altera il decoro architettonico dello stabile. Conclude per la nullità della citazione, per la improcedibilità delle domande e, in subordine, per il loro rigetto. 1. L'eccezione di nullità dell'atto di citazione, fondata sull'asserita “indeterminatezza delle ragioni in diritto in virtù delle quali la delibera impugnata sarebbe nulla, ovvero annullabile, ovvero illegittima”, è manifestamente infondata. Secondo il omissis convenuto, le attrici non dovevano limitarsi ad argomentare la legittimità del proprio operato consistito nell'installazione e nel mantenimento delle inferriate, ma avrebbero dovuto “evidenziare le criticità” della delibera impugnata. E questa carenza ha compromesso il diritto di difesa del convenuto. Va anzitutto evidenziato che la nullità dell'atto di citazione sussiste quando in esso manchi la determinazione della cosa oggetto della domanda articolo 163 numero 3 o l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda articolo 163 numero 4 . Al contrario, l'indeterminatezza delle ragioni di diritto non è causa di nullità dell'atto. In secondo luogo, le censure rivolte dalle attrici alla delibera sono chiarissime esse sostengono che la delibera è invalida perché ha illegittimamente compresso il diritto di ciascun partecipante di servirsi della cosa comune nei limiti di cui all'articolo 1102 c.comma Esse, dunque, hanno correttamente argomentato in merito alla sussistenza del loro diritto di installare le inferriate alle proprie finestre e sulla conformità del proprio operato alla legge e al regolamento. Si osserva, da ultimo, che le modalità di esposizione della domanda non hanno compromesso in alcun modo il diritto di difesa del omissis che, al contrario, si è ampiamente difeso anche nel merito, sostenendo la contrarietà della condotta delle attrici al regolamento condominiale e la compromissione del decoro architettonico dell'edificio. 2. Parimenti infondata è l'eccezione di improcedibilità della domanda per “asimmetria” fra la domanda di mediazione e quella giudiziale. Sotto un primo profilo, il omissis deduce che, in sede di mediazione, le attrici hanno fatto valere unicamente la nullità della delibera e che soltanto nel presente giudizio ne hanno sostenuto, alternativamente, l'annullabilità. L'eccezione è infondata. Come chiaramente esposto nella stessa sentenza citata dal convenuto T. Roma 13.6.2023 numero 9450 , la condizione di procedibilità è soddisfatta quando “gli accadimenti narrati in fase di mediazione” siano corrispondenti a quelli che saranno poi esposti in fase processuale. La sentenza precisa ancora “Pur non richiedendosi l'equivalente di un atto giudiziario sotto il profilo formale e dell'indicazione degli elementi di diritto , l'istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, includendo tutti, e gli stessi, elementi fattuali che saranno introdotti nel futuro giudizio…”. Ciò che rende “corrispondente” la domanda introdotta in sede di mediazione rispetto a quella giudiziale sono dunque gli elementi di fatto, non la qualificazione giuridica dell'invalidità in termini di nullità o di annullabilità. La domanda di mediazione proposta dalle attrici docomma 4 convenuto individua i fatti posti a fondamento della domanda in termini del tutto corrispondenti a quelli proposti nel presente giudizio “violazione del diritto di proprietà privata delle istanti e del diritto che ciascun condomino ha di servirsi della cosa comune, per carenza di motivazione della decisione assunta dall'assemblea e per impossibilità della stessa”. È irrilevante che le attrici abbiano affermato in quella sede la nullità della delibera mentre in questa sede ne hanno sostenuto, alternativamente, l'annullabilità. Infatti, la qualificazione dell'invalidità in termini di nullità o di annullabilità è questione giuridica che non impedisce la piena conoscenza dei fatti posti a fondamento della domanda e non pregiudica, quindi, l'efficacia del procedimento di mediazione. In ogni caso, come si dirà, l'invalidità dedotta dalle attrici costituisce causa di nullità della delibera, perché incide sul diritto individuale di singoli condomini sulla cosa comune. Pertanto, anche sotto il profilo della qualificazione giuridica, vi è piena corrispondenza rispetto alla domanda proposta in mediazione. Sotto un secondo profilo, il omissis deduce l'incompleta esposizione della domanda mediatoria perché le attrici, in quella sede, non hanno fatto riferimento al “disturbo claustrofobico” da cui è affetta la sig.ra omissis e che le renderebbe necessario tenere aperte le finestre di casa. L'omessa indicazione di questo fatto è però irrilevante. Il diritto azionato dalle attrici è quello di fare uso della cosa comune a norma dell'articolo 1102 c.c. e le ragioni personali per cui esse intendono fare un determinato uso del bene sono assolutamente irrilevanti. Non è, dunque, l'esistenza del disturbo claustrofobico a rendere legittima la condotta delle attrici né esse affermano ciò, come risulta dalla lettura dell'atto di citazione, dove tale circostanza è esposta soltanto incidentalmente ad colorandum. 3. Le attrici invocano il diritto, riconosciuto dall'articolo 1102 c.c., di servirsi della cosa comune, anche in modo più intenso rispetto agli altri condomini, senza alterarne la destinazione d'uso e senza impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso. Evidenziano che il regolamento del omissis non vieta l'installazione di grate alle finestre e che i manufatti installati, anche per la loro conformazione e il loro colore, non alterano le linee architettoniche dell'edificio. Il Condominio, per converso, richiama le norme del regolamento volte a preservare l'uniformità estetica e il decoro dell'edificio articolo 5 e 13 e sostiene che “La presenza di inferriate alle sole finestre ed ai soli balconi delle attrici, peraltro sulla facciata esterna dello stabile, quando nessun altro appartamento ha finestre guarnite di grate costituisce indubitabilmente una lesione del decoro architettonico dello stabile ed in ogni caso, ammesso e non concesso che la lesione del decoro architettonico indicato nel codice civile non sia così importante come dedotto da controparte, tuttavia non può non ritenersi che le inferriate in questione ledano l'uniformità estetica dell'edificio condominiale”. 3.1 È pacifico che il regolamento condominiale non contiene un espresso divieto di installare grate o inferriate agli infissi. Le previsioni invocate dal omissis si limitano a vietare quelle opere o quegli interventi di manutenzione che compromettono la “uniformità estetica” e “il decoro” dell'edificio, recependo, in sostanza, la previsione dell'articolo 1120 ultimo comma c.comma Non pare, infatti, che le previsioni regolamentari intendano dettare una nozione più rigorosa e restrittiva di decoro architettonico, tale da escludere ogni e qualsiasi modifica dell'edificio. Il riferimento all' “aspetto estetico dell'immobile” articolo 13 regolamento non può essere inteso in senso diverso rispetto al decoro architettonico, cioè – secondo la definizione comunemente recepita dalla giurisprudenza – all'insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti e imprimono alle varie parti dell'edificio una determinata fisionomia, unitaria e armonica. Una interpretazione strettamente letterale della previsione “è vietato eseguire opere o lavori … che possano alterare l'aspetto estetico dell'immobile” finirebbe per impedire ogni intervento, anche di impatto minimo e trascurabile, giacché quasi tutti gli interventi alterano, in qualche modo, la struttura e l'estetica del fabbricato. Occorre dunque, in applicazione sia del regolamento che della generale previsione dell'articolo 1120 c.c., verificare se le inferriate realizzate dalle attrici alterino le note architettoniche e ornamentali caratteristiche dell'edificio condominiale. 3.2 L'esame delle inferriate realizzate dalle attrici chiaramente visibili nei docomma 1 e 2 prodotti dal omissis e nei docomma 5 di produzione attorea evidenzia che • si inseriscono perfettamente nell'apertura dell'infisso esistente, senza ampliarla o alterarla • non creano volume aggiuntivo • hanno un disegno lineare e semplice, costituito da elementi orizzontali e verticali, che richiama quello della sagoma dell'edificio e delle ringhiere dei balconi • hanno lo stesso colore delle ringhiere dei balconi. In definitiva, si tratta di elementi che non confliggono con le linee strutturali dell'edificio in cui sono inseriti e, proprio per questo, sono difficilmente percepibili come elemento di differenziazione ad un esame complessivo dell'immobile. Deve pertanto escludersi che essi alterino il decoro architettonico dell'edificio condominiale. 3.3 Infine, è appena il caso di rilevare che l'installazione delle inferriate da parte delle attrici non impedisce agli altri condomini di fare un analogo uso della facciata e installare, a loro volta, analoghi manufatti di protezione. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono deve affermarsi che, nel caso di specie, l'installazione effettuata dalle sig.re omissis e omissis o inferriate sulle proprie finestre e porte finestre costituisce un uso della cosa comune pienamente legittimo ai sensi dell'articolo 1102 c.comma Ne consegue che la delibera adottata il 21.12.2022 dall'assemblea del omissis , con cui si dispone la rimozione di tali manufatti, è nulla perché viola i diritti spettanti ad alcuni condomini sulla cosa comune. La medesima delibera, nella parte in cui l'assemblea ha disposto che le inferriate “vengano messe internamente” è manifestamente nulla, perché diretta a imporre al singolo condomino un intervento su un bene di proprietà esclusiva. Va comunque rilevato che anche il omissis , nelle sue difese, sostiene che la delibera, in questa parte, costituisce un semplice “consiglio” o “suggerimento”, privo, dunque, di reale efficacia prescrittiva. 5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste interamente a carico del omissis convenuto. Esse vengono liquidate come segue, sulla base dei parametri di cui alla Tabella A allegata al D.M. Giustizia numero 55/2014 come da ultimo modificata con D.M. 147/2022 . Ai fini della liquidazione fra il minimo e il massimo previsti dallo scaglione di riferimento, si tiene conto dell'importanza del procedimento, della complessità e del numero delle questioni trattate, nonché del pregio dell'attività difensiva, desunto anche dalle tecniche redazionali degli atti difensivi • fase di studio € 1.701 • fase introduttiva € 1.204 • fase di trattazione € 1.300 • fase decisoria € 2.905 E dunque in totale € 7.110, oltre € 570 per spese vive spese generali, IVA e CPA come per legge. Va ordinata la distrazione delle spese in favore del procuratore antistatario. P.Q.M. Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando sulla domanda come sopra proposta, così provvede dichiara la nullità della delibera assunta in data 21.10.2022 dall'assemblea del omissis , limitatamente al punto 2 dell'ordine del giorno condanna il omissis all'integrale rimborso delle spese del giudizio in favore di omissis e omissis , liquidandole in € 7.110, oltre € 570 per spese vive spese generali, IVA e CPA come per legge visto l'articolo 93 c.p.c., ordina la distrazione delle spese in favore del procuratore antistatario avv. omissis .