La Suprema Corte, con la sentenza in commento, dirime una questione previdenziale legata all'utilizzo di associati in partecipazione da parte di una società a responsabilità limitata, enunciando un rilevante principio di diritto.
L'INPS emetteva avvisi di addebito per il pagamento di contributi arretrati, sostenendo che la società destinataria aveva impiegato più di tre associati in partecipazione, violando l'articolo 2549 del codice civile, modificato dalla riforma Fornero. A seguito dell'accoglimento, da parte dei giudici di primo grado, dell'opposizione della società, l'INPS presentava ricorso per cassazione. Questa lamentava violazione e falsa applicazione dell'articolo 2549 c.c. derivante dall'erronea interpretazione fornita dalla Corte distrettuale, secondo la quale il limite di tre associati si riferisce a ciascuna unità produttiva e non all'impresa nel suo insieme. I giudici di merito hanno ritenuto infatti, che l'inciso in una medesima attività dovesse riferirsi alle singole unità produttive in cui l'attività imprenditoriale, come le sale giochi nel caso in di specie, è effettivamente strutturata e esercitata. Sulla base di tale assunto e poiché il numero di associati in ciascuna sala giochi non superava il limite legale, l'opposizione è stata accolta. La Suprema Corte ha ritenuto errata l'interpretazione fornita dai giudici di prime cure. Il secondo comma dell'articolo 2549 del codice civile stabilisce che il limite di tre associati, il cui contributo comprenda anche una prestazione lavorativa, deve riferirsi alla medesima attività , che può essere identificata in un singolo affare o in una delle varie attività produttive proprie dell'impresa considerata nel suo complesso. Alla luce di tale premessa, i Giudici hanno affermato il seguente principio di diritto «l'articolo 2549, comma 2, c.c., nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 28, l. numero 92/2012, si interpreta nel senso che il limite di tre associati in partecipazione, il superamento del quale determina la trasformazione di tutti i rapporti di associazione in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, va riferito non già alla singola unità produttiva in cui sia eventualmente articolata l'attività d'impresa, ma a ciascun affare o a ciascuna delle attività produttive proprie dell'impresa, indipendentemente dal fatto che ognuna di esse sia a sua volta articolata in una pluralità di unità produttive».
Presidente Berrino - Relatore Cavallaro Rilevato in fatto che, con sentenza depositata l'8.8.2018, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l'opposizione proposta da OMISSIS s.r.l. avverso gli avvisi di addebito con cui l'INPS le aveva ingiunto il pagamento di differenze contributive rivenienti dall'impiego di associati in partecipazione in numero superiore a tre, in violazione dell'articolo 2549 c.c. come modificato dall'articolo 1, comma 28, l. numero 92/2012 che avverso tale pronuncia l'INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura che OMISSIS s.r.l. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria che, chiamata la causa all'adunanza camerale del 27.9.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di giorni sessanta articolo 380-bis.1, comma 2°, c.p.c. Considerato in diritto che, con l'unico motivo di censura, l'INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2549 c.c., nel testo risultante dalla modifica apportata dall'articolo 1, comma 28, l. numero 92/2012, per avere la Corte di merito ritenuto che il limite dei tre associati di cui alla norma cit. dovesse riferirsi a ciascuna unità produttiva e non all'impresa nel suo complesso che, in punto di fatto, è incontroverso che l'odierna controricorrente, all'epoca dei fatti per cui è causa luglio 2012-ottobre 2013 , oltre ad occuparsi dell'acquisto, produzione, commercializzazione, gestione, manutenzione, montaggio, noleggio e prestito di apparecchi di intrattenimento ex articolo 110 T.U.L.P.S., gestiva sul territorio nazionale numero 73 sale giochi, la cui conduzione e gestione era affidata a numero 183 associati in partecipazione che, con decorrenza dal 18.7.2012, l'articolo 1, comma 28, l. numero 92/2012, nell'aggiungere un secondo comma all'articolo 2549 c.c., ha stabilito che “qualora l'apporto dell'associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo”, precisando che “in caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato” che i giudici di merito, accogliendo la prospettazione dell'odierna controricorrente, hanno ritenuto, per quanto rileva in questa sede, che l'inciso “in una medesima attività” andasse riferito alle singole unità produttive in cui l'attività imprenditoriale concernente le sale giochi è in concreto articolata ed esercitata e, constatato che il numero degli associati in ciascuna sala giochi non aveva superato il limite legale, hanno accolto l'opposizione che trattasi, ad avviso del Collegio, di interpretazione non condivisibile che, sul piano letterale, va rilevato che il secondo comma dell'articolo 2549 c.c. riferisce il limite dei tre associati il cui apporto consista “anche in una prestazione di lavoro” alla “medesima attività”, il che, avuto riguardo alla disposizione di cui al comma precedente che, com'è noto, definisce l'associazione in partecipazione come il contratto con cui “l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto” , permette di individuare quest'ultima o in un singolo “affare” ovvero in qualcuna delle attività produttive che possono essere proprie dell'“impresa” complessivamente considerata che, per contro, la nozione di “unità produttiva” designa ogni articolazione autonoma dell'azienda che abbia idoneità, sotto il profilo funzionale e finalistico, ad esplicare, in tutto o in parte, l'attività dell'impresa medesima, della quale costituisca una componente organizzativa, connotata da indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si possa concludere una frazione dell'attività produttiva aziendale così, tra le più recenti, Cass. numero 20600 del 2014 che l'interpretazione anzidetta appare coerente con la ratio restrittiva che ha ispirato dapprima l'articolo 86, comma 2, d.lgs. numero 276/2003, che – al dichiarato fine di “evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e contratto collettivo” – ha previsto, in funzione integrativa della disciplina dell'associazione in partecipazione, che ove tali rapporti fossero “resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora”, si applicassero all'associato le più favorevoli disposizioni previste per il lavoratore dipendente cfr. Cass. numero 2371 del 2015 , e da ultimo la riscrittura del comma 2° dell'articolo 2549 c.c. ad opera dell'articolo 53, d.lgs. numero 81/2015, che ha drasticamente previsto che “nel caso in cui l'associato sia una persona fisica l'apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro” che, d'altra parte, l'anzidetta interpretazione non appare revocabile in dubbio nemmeno in relazione ai sospetti d'incostituzionalità sollevati da parte controricorrente, ove si osservi che rimane nella discrezionalità del legislatore l'individuazione del necessario bilanciamento tra la libertà d'iniziativa economica di cui all'articolo 41 Cost. e la tutela del lavoro “in tutte le sue forme e applicazioni” articolo 35 Cost. e che il c.d. principio di indisponibilità del tipo contrattuale non può considerarsi d'ostacolo alla conversione del rapporto di associazione in partecipazione in rapporto di lavoro subordinato, traendo quest'ultima origine da una condotta datoriale violativa di norme imperative ed essendo semmai coerente con la finalità antielusiva perseguita dal legislatore cfr. in tal senso Cass. numero 9471 del 2019 che del pari rimane affidata alla discrezionalità del legislatore la scelta se differire l'entrata in vigore del nuovo regime con una qualche disposizione transitoria come accaduto con l'articolo 53, d.lgs. numero 81/2015, cit., che al comma 2 ha previsto che “i contratti di associazione in partecipazione in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, nei quali l'apporto dell'associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro cessazione” ovvero stabilirne l'immediata applicazione rispetto a tutti i destinatari che versino nella situazione oggetto della nuova disciplina così già Cass. numero 7092 del 1995 che il ricorso va conseguentemente accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto “l'articolo 2549, comma 2°, c.c., nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 28, l. numero 92/2012, si interpreta nel senso che il limite di tre associati in partecipazione, il superamento del quale determina la trasformazione di tutti i rapporti di associazione in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, va riferito non già alla singola unità produttiva in cui sia eventualmente articolata l'attività d'impresa, ma a ciascun affare o a ciascuna delle attività produttive proprie dell'impresa, indipendentemente dal fatto che ognuna di esse sia a sua volta articolata in una pluralità di unità produttive” che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.