Occupazione del giardino per lavori condominiali: è dovuta al proprietario un’indennità per il mancato utilizzo del bene?

In caso di inibizione della facoltà di uso nella sua interezza di un giardino di proprietà esclusiva, in conseguenza dello svolgimento di lavori condominiali, al proprietario spetta un’indennità da liquidarsi in via equitativa in tale ipotesi, infatti, il danno-evento si identifica nel fatto stesso dell’occupazione, e quindi nella sua impossibilità di utilizzazione, quale circostanza legittimante del diritto al conseguimento di un’adeguata indennità ex articolo 843, comma 2, c.c.

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte chiarisce la portata della previsione di cui all'articolo 843, comma 2, c.c., precisando che spetta al proprietario un'indennità in caso di mancato utilizzo del bene, da qualificarsi come responsabilità da atto lecito e, quindi, integrata per il fatto stesso che il transito e l'accesso avessero determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato danno-evento , consistente nella persistente occupazione dell'area per tutto il corso dei lavori obligatio propter rem . Il caso La sentenza in commento si presenta alquanto articolata in ordine allo svolgimento dei fatti alla base della decisione così assunta e che hanno origine da due giudizi di opposizione a decreti ingiuntivi – poi riuniti – relativi a rivendicazioni promosse nell'ambito di un contratto di appalto in ordine ad una serie di lavori da svolgersi in un condominio. Da una parte, infatti, l'appaltatore richiedeva al condominio il pagamento dei compensi per i lavori svolti dall'altra, alcuni condomini chiedevano che fosse revocato il decreto ingiuntivo che aveva disposto la condanna a loro carico e in favore del condominio per la quota dovuta in ordine ai lavori relativi all'appalto. Contestualmente, i suddetti condomini spiegavano domanda riconvenzionale con la quale chiedevano che il condominio e l'appaltatore fossero condannati, in solido, al risarcimento del danno per l'illegittima occupazione del loro giardino e per l'impossibilità di avere accesso nella loro abitazione, in conseguenza dei lavori svolti. I giudizi venivano riuniti e decisi in primo grado in favore del condominio, con rigetto delle domande dei condomini. La sentenza veniva appellata, con sostanziale conferma delle statuizioni del giudice di prime cure ma con il  riconoscimento in favore dei condomini di una somma a titolo di risarcimento del danno, riconoscendo che l'obbligo di cui all'articolo 843 c.c. aveva natura di obbligazione propter rem, sicché l'indennità sarebbe stata dovuta dall'occupante se e in quanto l'intrusione nella proprietà altrui fosse stata foriera di danni , quale presupposto indefettibile per il sorgere dell'obbligazione indennitaria. Avverso la sentenza in questione sono stati promossi ricorso principale ed incidentale e, per quanto di rilievo, anche ricorso incidentale da parte dei condomini, per avere la Corte di merito disatteso la richiesta condanna del condominio e/o della società appaltatrice al pagamento di un'indennità anche per l'occupazione per cinque mesi del loro giardino, utilizzato per la costruzione dell'andito necessario ad eseguire i lavori condominiali di manutenzione straordinaria, ritenendo che i danneggiati non avessero dato la prova del danno e che comunque per la liquidazione di tale pregiudizio non si potesse ricorrere al regolamento sull'occupazione di suolo pubblico, utilizzato per altri fini, mentre l'indennità sarebbe spettata anche in assenza della prova del danno. La previsione dell'articolo 843 c.c. la responsabilità da atto lecito L'articolo 843 c.c., nel prevedere l' obbligo di corrispondere un'adeguata indennità se l'accesso al fondo , resosi necessario al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune, ha cagionato danno , costituisce una fattispecie riconducibile al modello della responsabilità da atto lecito dannoso, basato sull'insorgenza di un obbligo indennitario in capo al proprietario autore di un pregiudizio non antigiuridico alla sfera giuridica del proprietario confinante, e mira ad evitare, in una logica di conciliazione di opposti interessi, che l'attività connessa alla costruzione o alla riparazione dell'opera propria o comune si risolva in uno svantaggio per un altro proprietario, e ciò pur al di fuori di condotte stricto sensu illecite. Indennità ed assenza di colpa L'articolo 843 c.c., come visto in precedenza, riconosce al proprietario del fondo, sul quale venga eseguito l'accesso ed il passaggio per costruire o riparare opere del vicino o comuni, il diritto ad una congrua indennità nel caso in cui l'accesso gli produca un danno. Tale responsabilità, ed il conseguente obbligo indennitario prescinde dall'accertamento della colpa ma, in ogni caso, esige che il transito e l'accesso abbiano determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato, fermo in ogni caso l'obbligo di ripristinare la situazione dei luoghi Danno da occupazione lecita e onere della prova Nel caso di specie, è stata preclusa al proprietario del giardino l'utilizzo dello stesso per la realizzazione di una serie di lavori condominiali, oggetto di diverse contestazioni, come desumibile dalla sentenza. Tale situazione è suscettibile di tutela indennitaria , in ragione della dimostrazione del fatto stesso dell'occupazione per un tempo significativo dell'intera superficie, senza che sia necessario fornire la prova – anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza – del concreto godimento che il proprietario ne avrebbe avuto. Limitazione della proprietà ed indennità Il Supremo Consesso, in particolare, sottolinea come la tematica del danno presunto – come nel caso di specie - manifesta la sua massima espressione nell'ambito della lesione del diritto di proprietà derivante dall'esercizio di “poteri” compressivi prescritti dalla legge e comunque legittimi. In altri termini, ciò che viene in evidenza in questo ambito è la primaria esigenza di protezione conseguente alla “consentita” contrazione del diritto di godimento del bene e, quindi, una limitazione all'esercizio di una delle facoltà riconnesse al diritto stesso Appalto e responsabilità contrattuale Diversamente dalle ipotesi di cui sopra, l'obbligo del committente di pagare all'appaltatore il cosiddetto prezzo dell'appalto, ossia il corrispettivo della sua prestazione, traendo la sua origine dal contratto d'appalto, si configura come debito di valuta , senza che tale natura muti nel caso di revisione del prezzo originariamente pattuito, sia per fatti non imputabili al committente, sia per le variazioni del progetto che egli ha la facoltà di disporre in corso d'opera. Da ciò deriva che il compenso supplementare per le maggiori spese derivanti dalla modifica del progetto in corso d'opera è dovuto all'appaltatore a titolo di corrispettivo contrattuale e non a titolo di indennità da atto lecito o di risarcimento del danno. Condominio, sopraelevazione ed indennità Un'ulteriore ipotesi analoga a quella sopra menzionata si rinviene nella norma che consente al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio ed al proprietario esclusivo del lastrico solare di realizzare nuovi piani o nuove fabbriche in sopraelevazione, con l'onere di corrispondere un'indennità agli altri condomini . Tale responsabilità – da atto lecito - sorge solo se la sopraelevazione venga realizzata con la creazione di nuovi piani o di nuove fabbriche e non in ogni caso di sopraelevazione intesa come pura e semplice costruzione oltre l'altezza precedente del fabbricato.

Presidente Di Virgilio – Relatore Trapuzzano Il testo integrale della sentenza sarà disponibile a breve.