INAIL e procedimento penale: come individuare il termine di decadenza triennale per agire in regresso?

La questione di diritto devoluta alla Suprema Corte riguarda l’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale di cui all’articolo 112 d.P.R. numero 1124 del 1965.

La sentenza in commento ha genesi dal provvedimento emesso dalla Corte di appello di Genova con il quale confermava la decisione di primo grado con cui veniva rigettata l'azione di regresso esercitata dall'INAIL poiché prescritta ai sensi dell'articolo 112 del d.P.R. numero 1124 del 1965. A fondamento del decisum, la Corte osservava che nel triennio successivo alla liquidazione dell'indennizzo non veniva iniziato alcun procedimento penale per il reato di cui all'articolo 590 c.p., il quale è necessario ai fini della sospensione del termine triennale di cui all'articolo 112 del d.P.R. numero 1124 del 1965 poiché non può riguardare la mera violazione di norme antinfortunistiche, ma deve avere ad oggetto il fatto causativo dell'evento lesivo e, quindi, l'infortunio stesso. Nel caso di specie dunque, il termine di prescrizione decorreva non dal provvedimento di archiviazione emesso con riferimento al reato contravvenzionale, ma dal momento di liquidazione dell'indennizzo al danneggiato, ragion per cui l'azione risultava prescritta. Avverso la decisione proponeva ricorso per cassazione l'INAIL deducendo violazione degli articolo 10, 11 e 112 d.P.R. numero 1124 del 1965 per avere la Corte di appello affermato il decorso del termine triennale di prescrizione dal momento di liquidazione della prestazione economica e non dal decreto di archiviazione per i reati contravvenzionali contestati al datore di lavoro in relazione ai fatti da cui derivava l'infortunio. Per la Suprema Corte il motivo è infondato. La questione di diritto devoluta alla Corte riguarda l'individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale di cui all'articolo 112 d.P.R. numero 1124 del 1965, nel caso in cui, erogato l'indennizzo al lavoratore infortunato, nel triennio successivo sia iniziato, in relazione alla vicenda che ha condotto all'infortunio, un procedimento penale per reati contravvenzionali e non per il reato di lesioni colpose o per omicidio colposo . Il Collegio quindi, per chiarire ogni dubbio, ha affermato che «nei casi in cui vi è stata la liquidazione della prestazione in relazione all'infortunio e, successivamente, per i fatti di cui all'infortunio, è iniziato un procedimento penale, il termine di prescrizione dell'azione di regresso dell'INAIL nei confronti del responsabile civile decorre dal giorno in cui la sentenza penale di condanna è divenuta irrevocabile, purché il procedimento penale sia iniziato entro tre anni dal pagamento dell'indennizzo o dalla costituzione della rendita». Inoltre, «il procedimento penale intervenuto nel triennio dal riconoscimento dell'indennizzo utile a spostare in avanti il dies a quo, è solo quello attivato nei confronti dei soggetti verso i quali l'INAIL intende esercitare il regresso, non essendo invece rilevante un processo penale “purchessia” in relazione ai fatti dell'infortunio». Dunque, ciò che giustifica l'azione di regresso è, pur sempre, l'accertamento di una responsabilità civile del soggetto nei cui confronti l'Istituto intende agire in rivalsa in merito al fatto-reato che costituisce l'infortunio. Questo presuppone l'accertamento non solo della violazione delle norme antinfortunistiche, ma altresì della sussistenza del nesso di causalità tra la violazione stessa e la lesione dell'integrità psicofisica, con relativa imputabilità. Ciò premesso la Suprema Corte conclude «per collegare il dies a quo di decorrenza del termine triennale di cui all'articolo 112 d.P.R numero 1124 del 1965 al provvedimento conclusivo del procedimento penale è necessario che lo stesso sia attivato nei confronti dei soggetti verso cui l'INAIL intende promuovere l'azione di regresso, per i reati previsti e puniti dagli articolo 589 e 590 c.p., e ove sia stata già disposta la liquidazione dell'indennizzo, nel triennio successivo al riconoscimento della prestazione. Resta, invece, irrilevante l'eventuale procedimento penale instaurato per i soli reati contravvenzionali, legati alla violazione di norme antinfortunistiche».

Presidente Berrino Relatore Marchese Fatti di causa 1. La Corte di appello di Genova ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato l'azione di regresso esercitata dall'Inail in quanto prescritta ai sensi dell'articolo 112 del d.P.R. nr. 1124 del 1965. 2. A fondamento del decisum, la Corte ha osservato che nel triennio successivo alla liquidazione dell'indennizzo non era stato iniziato alcun procedimento penale per il reato di cui all'articolo 590 cod.penumero 3. Ripercorsa l'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, la Corte territoriale ha osservato come il procedimento penale che rileva ai fini della sospensione del termine triennale di cui al cit. articolo 112 in oggetto non può riguardare la mera violazione di norme antinfortunistiche ma deve avere ad oggetto il fatto causativo dell'evento lesivo e, quindi, l'infortunio stesso. 4. Nel caso di specie, il temine di prescrizione decorreva, dunque, non dal provvedimento di archiviazione emesso con riferimento al reato contravvenzionale ma dal momento di liquidazione dell'indennizzo al danneggiato l'azione era pertanto prescritta. 5. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l'INAIL con un motivo. 6. Ha resistito con controricorso la parte privata. 7. Entrambe le parti hanno depositato memoria. 8. Con l'unico motivo di ricorso – ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – l'INAIL deduce la violazione degli articolo 10,11 e 112 D.P.R. nr. 1124 del 1965 per avere la Corte di appello affermato il decorso del termine triennale di prescrizione dal momento di liquidazione della prestazione economica e non dal decreto di archiviazione per i reati contravvenzionali contestati al datore di lavoro in relazione ai fatti da cui era derivato l'infortunio. 9. Il motivo è infondato. 10. La questione di diritto devoluta alla Corte riguarda l'individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale di cui all'articolo 112 d.P.R. nr. 1124 del 1965, nel caso in cui, erogato l'indennizzo al lavoratore infortunato, nel triennio successivo sia iniziato, in relazione alla vicenda che ha condotto all'infortunio, un procedimento penale per reati contravvenzionali e non per il reato di lesioni colpose o per omicidio colposo . 11. In altre parole, è controverso se, per ritenere che il termine triennale di cui all'articolo 112 del d.P.R. nr. 1124 del 1965 decorra dalla conclusione del procedimento penale, è sufficiente l'attivazione di un qualunque procedimento in sede penale nei confronti del responsabile civile anche solo per i reati contravvenzionali connessi alla violazione delle misure antinfortunistiche o se, invece, è necessario il procedimento penale per il reato di lesioni colpose o di omicidio colposo , mancando il quale il termine di prescrizione resta ancorato alla data di liquidazione dell'indennizzo da parte dell'Inail. 12. In base all'articolo 112, ult. co., del D.P.R. 30 giugno 1965, nr. 1124 «Il giudizio civile di cui all'articolo 11 non può istituirsi dopo trascorso tre anni dalla sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per le cause indicate nello stesso articolo. L'azione di regresso di cui all'articolo 11 si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile». 13. Le sezioni unite di questa Corte, investite in merito al contrasto sorto in ordine alla individuazione del dies a quo del termine previsto dal citato articolo 112 -e alla necessità di un chiarimento anche circa la natura del termine con la pronuncia nr. 5160 del 2015, oltre ad affermare che il termine triennale previsto dall'articolo 112 ha natura di prescrizione, hanno chiarito, quanto alla sua decorrenza, che, ove non sia stato iniziato alcun procedimento penale, lo stesso decorre dal momento di liquidazione dell'indennizzo al danneggiato, quale evento che costituisce il fatto certo e costitutivo del diritto sorto dal rapporto assicurativo. 14. Il principio è espressione della pacifica autonomia del sistema civilistico della rivalsa rispetto al sistema penale della responsabilità del datore di lavoro ed è, dunque, coerente con il mutato quadro normativo, riassumibile nella abolizione della cd. pregiudiziale penale. 15. L'Inail, dunque, può agire in regresso anche indipendentemente dall'azione penale, esercitando un diritto che deriva direttamente dal rapporto di assicurazione ed è finalizzato al recupero delle somme erogate in favore del proprio assicurato. 16. Resta, ovviamente, fermo che ove vi sia stato l'esercizio dell'azione penale ovvero un provvedimento penalistico che ne sanzioni il mancato esercizio, v. Cass. nr. 12607 del 2020 continua ad operare la disciplina speciale prevista dall'articolo 112 TU la quale individua il termine di decadenza triennale dal momento in cui il fatto è stato definito in sede penale. 17. La Corte ha, quindi, chiarito Cass. nr. 20853 del 2015 che, nei casi in cui vi è stata la liquidazione della prestazione in relazione all'infortunio e, successivamente, per i fatti di cui all'infortunio, è iniziato un procedimento penale, il termine di prescrizione dell'azione di regresso dell'INAIL nei confronti del responsabile civile «decorre dal giorno in cui la sentenza penale di condanna è divenuta irrevocabile» purché «il procedimento penale sia iniziato entro tre anni dal pagamento dell'indennizzo o dalla costituzione della rendita». 18. Tornata, di recente, ad occuparsi del perimetro di applicazione dell'articolo 112, la Corte ha ulteriormente precisato Cass. nr. 12777 del 2024 che il procedimento penale, intervenuto nel triennio dal riconoscimento dell'indennizzo, utile a spostare in avanti il dies a quo, è solo quello attivato nei confronti dei soggetti verso i quali l'Inail intende esercitare il regresso, non essendo invece rilevante un processo penale «purchessia» in relazione ai fatti dell'infortunio. 19. Coerente corollario dei principi esposti è l'affermazione per cui il procedimento penale rilevante, ex articolo 112 d.P.R. nr. 1124 del 1965, ai fini della decorrenza della prescrizione dell'azione di regresso, è solo quello che ha oggetto l'accertamento del reato di lesioni colpose, ovvero del reato di omicidio colposo, in relazione al fatto causativo dell'infortunio, restando invece irrilevante l'attivazione di altri procedimenti in sede penale seppure relativi a «segmenti» costitutivi dell'illecito civile. 19. Ciò che giustifica l'azione di regresso è, pur sempre, l'accertamento di una responsabilità civile del soggetto nei cui confronti l'Istituto intende agire in rivalsa in merito al fatto-reato perseguibile d'ufficio che costituisce l'infortunio. Ciò, però, presuppone l'accertamento non solo della violazione delle norme antinfortunistiche ma, altresì, della sussistenza del nesso di causalità tra la violazione stessa e la lesione dell'integrità psicofisica, con relativa imputabilità soggettiva. 20. L'elemento costitutivo della responsabilità civile non è, infatti, solo l'agire illecitamente contra ius ma l'agire cagionando il danno. 21. È, dunque, logico sostenere, come già argomentato dal giudice di merito, che l'attesa del giudizio penale -ai fini dello spostamento in avanti del dies a quo di decorrenza del termine triennale di cui all'articolo 112 sia necessaria solo ove il giudizio penale investa la medesima condotta rilevante in sede civile, integrata in tutti i suoi elementi costitutivi. 22. Non sfugge, tuttavia, al Collegio che la raggiunta conclusione si pone in contrasto con un risalente orientamento che, formatosi nella vigenza della cd. pregiudiziale penale, ha privilegiato un'interpretazione estensiva dell'articolo 112 del D.P.R. nr. 1124 del 1965, inclusiva dei procedimenti aventi ad oggetto anche i soli reati contravvenzionali. Ai fini della proponibilità dell'azione di regresso dell'Istituto, si riteneva sufficiente anche il procedimento penale avente ad oggetto il reato contravvenzionale legato alla violazione di norme antinfortunistiche ancorché l'infortunio sul lavoro non costituisse elemento integrante della fattispecie criminosa. 23. Si tratta, per quanto fin qui argomentato, di un orientamento che, finalizzato a consentire all'Inail l'esercizio dell'azione di regresso nel maggior numero di casi, è privo di coerenza con l'attuale sistema normativo, governato dal principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile. Il giudice civile può procedere ad un autonomo accertamento della astratta configurabilità come reato del fatto causativo dell'infortunio, con pienezza di cognizione e senza vincoli derivanti dalle soluzioni del giudice penale in argomento, Cass., sez. unumero , nr. 5160 del 2015 cit. Cass. nr. 22876 del 2021 Cass. nr. 29769 del 2022 . 24. Pertanto, deve ritenersi che il procedimento penale per il «fatto da cui l'infortunio è derivato», di cui all'articolo 10 DPR 1124 del 1965, è quello iniziato, nei confronti dei soggetti verso i quali l'Inail intende esercitare il regresso del responsabile, per condotte astrattamente punibili ai sensi degli articolo 589 e 590 cod.penumero omicidio colposo e lesioni colpose . 25. Conferma indiretta dell'esegesi accolta si trae, peraltro, dall'articolo 61 del TU nr. 81 del 2008. La norma infatti prevede che «In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all'INAIL […], ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso». 27. In conclusione, va, dunque, affermato che per collegare il dies a quo di decorrenza del termine triennale di cui all'articolo 112 DPR nr. 1124 del 1965 al provvedimento conclusivo del procedimento penale la sentenza passata in giudicato e/o, in difetto dell'esercizio dell'azione penale, il decreto di archiviazione è necessario che lo stesso sia attivato nei confronti dei soggetti verso cui l'Inail intende promuovere l'azione di regresso, per i reati previsti e puniti dagli articolo 589 e 590 cod.penumero , e, ove sia stata già disposta la liquidazione dell'indennizzo, nel triennio successivo al riconoscimento della prestazione. Resta, invece, irrilevante l'eventuale procedimento penale instaurato per i soli reati contravvenzionali, legati alla violazione di norme antinfortunistiche. A tale regola di diritto, si è uniformata la sentenza impugnata che è, dunque, immune dai mossi rilievi 28. Il ricorso va, pertanto, rigettato. 29. La sostanziale novità delle questioni trattate giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite. 30. Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, ove dovuto. P.Q.M La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.